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Autore: Night Sins    03/06/2010    1 recensioni
"A mezzanotte, sono sei mesi." disse Joe, voltandosi verso di lui; ora era ad alcuni metri di distanza.
L'uomo avrebbe voluto dire qualcosa, ma benché tentasse di muovere le labbra, non riusciva ad emettere alcun suono.
"Andiamo." continuò il bambino, riprendendo a camminare.
Edward lo seguì, ancora sconvolto.
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Sei mesi dopo
Fandom: Originale - Sovrannaturale
Personaggi: Edward Evans, Joseph Evans
Pairing: //
Rating: PG
Genere: sovrannaturale
Avvertimenti: one-shot
Prompt: #90 uno scorcio impossibile, per la Criticombola @ Criticoni
Conteggio Parole: 1247 (Criticoni)
Betareader: nessie_sun ♥
Disclaimer: I personaggi non sono miei (così come la storia)! E' tutto nato dalla mia mente malata, quindi vi consiglio di non prendere nulla... per il vostro bene -sono dotati di una propria e forte personalità, potrebbero farvi diventar pazzi. ;D "Io scherzo... forse." (cit. A.Costa)



Passi lenti avanzano sui ciottoli della via solitaria.
Ai lati, pallide lapidi debolmente illuminate dai fiochi raggi della luna osservano quell'insolito passaggio umano.
Le due figure avevano un'andatura nettamente diversa.
Il piccolo Joe guardava dritto davanti a sé, un passo dietro l'altro con estrema sicurezza. Era lui che guidava l'esiguo gruppetto.
Poco più indetro, Edward incespicava nei suoi stessi piedi, osservandosi intorno con sospetto. L'aria ferma rendeva quasi più opprimente il silenzio che li circondava.
"Non c'è nulla di cui aver paura." lo rassicurò Joe, un sorriso che non riguardava i suoi occhi apparve sulle sue labbra. Era una fortuna, per Edward, non poterlo vedere.
"Le tombe sono nostre amiche. Beh, le lapidi." si corresse il bambino. "Le lapidi ci proteggono, sono come dei sigilli."
"Joe..."
"Io ci vengo spesso. Non devi aver paura, papà."
Edward Evans si bloccò. All'improvviso cominciò ad assalirlo la consapevolezza di aver sbagliato tutto con lui. In fondo, da quando Karen era morta, si era concentrato solo sul suo lavoro, lasciando a Kate, la sua adorata sorellina poco più che ventenne, l'onere di crescere suo figlio. Non aveva avuto idea che Joseph avesse degli 'hobby' così macabri, almeno non finché lui non gli aveva detto di vedere sua madre.
All'inizio non gli aveva dato retta, pensava stesse scherzando o che fosse solo un modo per elaborare il lutto - non erano passati nemmeno sei mesi da quell'infausto giorno.
"A mezzanotte, sono sei mesi." disse Joe, voltandosi verso di lui; ora era ad alcuni metri di distanza.
L'uomo avrebbe voluto dire qualcosa, ma benché tentasse di muovere le labbra, non riusciva ad emettere alcun suono.
"Andiamo." continuò il bambino, riprendendo a camminare.
Edward lo seguì, ancora sconvolto.
Non sapeva quando lo sguardo di suo figlio fosse diventato così serio e maturo. Sembrava aver imparato così tante cose in un tempo estremamente breve; e il peggio era che non se ne era accorto prima di quella sera, quando Joe gli aveva detto che voleva portarlo da Karen, e ne aveva quasi paura.
Joe lo guidò fino ad una vecchia cripta abbandonata. Il portone era socchiuso, ma Edward non riusciva a vedere all'interno.
"Joe..."
Il bambino si voltò verso di lui, tornò indietro e lo prese per mano, tirandolo all'interno.
Prima che il signor Evans riuscisse ad abituarsi all'oscurità del luogo passarono alcuni minuti, istanti nei quali l'unico rumore che riusciva a sentire era quello dei battiti del proprio cuore.
La prima cosa che vide fu un sarcofago, in quello che sospettava fosse marmo, e vide che c'era inciso qualcosa sul coperchio e sui lati, ma non riusciva a scorgere bene i contorni di quel lavoro.
Man mano che notava nuovi dettagli, capiva che quella cripta, oltre ad essere molto vecchia, era anche stata abbandonata da molti anni; le pareti erano scrostate e sotto i piedi sentiva lo scricchiolio dei pezzi di intonaco che erano caduti.
Joe attese che il padre si fosse ambientato un poco e riuscisse a camminare senza il rischio di andare a sbattere contro qualcosa.
Lo guidò attraverso una porta, giungendo così in una piccola anticamera, e si voltò verso di lui, prendendolo per mano.
"Non spaventarti, papà." disse innocentemente.
Edward guardò nella direzione dove immaginava fosse -dato che lì non arrivava più nemmeno il leggero riverbero dei raggi lunari- e fu tentato di mettersi a ridere. Una risata nervosa, che nulla aveva di allegro, ma che sempre più prepotentemente saliva verso la sua gola.
"Sei pronto? Devo aprire, non c'è più molto tempo." disse ancora Joe, e solo allora Edward si accorse della porta di fronte a lui.
"Joe, tesoro, ma cosa c'è lì?" chiese, tentando di far ragionare il figlio e poter tornare a casa.
"La mamma. Possiamo raggiungere la mamma e stare per sempre con lei." rispose il bambino.
Edward ebbe la sensazione di vedere, finalmente, uno scintillio di vita nei suoi occhi scuri.
Per un attimo, anche se sapeva che non era possibile, l'uomo si lasciò cullare dalla piacevole sensazione che rivedere sua moglie, la sua amatissima Karen, gli dava. Probabilmente, era solo l'acuirsi di un sentimento che già albergava in lui (per questo aveva seguito il figlio in quell'impresa), ma, come se si fosse svegliato da un sogno, cominciava a rendersi conto di quella follia e ad aver paura di tutto ciò.
Strinse la mano che suo figlio gli aveva dato e fece per tirarlo via, ma sembrava che il piccolo Joe fosse attaccato al suolo; non riusciva a smuoverlo nemmeno di un millimetro.
"Dobbiamo andare dalla mamma." ripeté il bambino.
"Lì non c'è la mamma!" urlò Edward, strattonandolo.
"Sì, l'ho vista!" protestò.
"Joe, basta fare i capricci!"
"No!"
Il bambino riuscì a fare un passo avanti e raggiungere la porta, spalancandola.
Padre e figlio vennero accecati da una luce innaturale.
Come era avvenuto prima, Edward ebbe bisogno di diverso tempo per abituarsi al nuovo, repentino, cambio di luminosità.
La stanza dove si trovavano, per quel che poteva vedere, era vuota.
Sulla parete di fronte a loro, un proiettore invisibile mostrava la finestra di una casa mal ridotta che si affacciava su un paesaggio di montagna; poco distante c'era una baita tutta costruita il legno.
Edward ricordava quella baita, ci andavano in vacanza quando Karen stava ancora bene. Avevano passato molte estati lassù.
Come era possibile tutto quello? Era uno scherzo? Se lo era, era di pessimo gusto.
L'uomo si guardò intorno, ma non notò nessun oggetto elettronico, né altra presenza umana oltre alla sua e quella del figlio.
Non riusciva a capire.
"Cos'è questo?" domandò, sempre più allarmato.
"La mamma è lì." disse Joe, avvicinandosi al muro.
Edward lo bloccò di nuovo.
"E' solo un'immagine sul muro. Non c'è la mamma." spiegò "E' lo scherzo di qualcuno che non sa come divertirsi."
"Non è vero, l'ho vista! Dobbiamo superare la finestra, e poi saremo per sempre con la mamma! Me lo ha detto lei, ma solo se andiamo entro mezzanotte."
Joseph Evans riuscì a scappare dalla presa del padre e corse verso l'immagine luminescente.
Contro ogni più logica aspettativa, Joe non si scontrò con il muro, ma al contrario ne fu come assorbito e si ritrovò in quel paesaggio che sarebbe dovuto essere così lontano.
Quando si voltò, Edward ebbe un colpo. Il viso che sapeva essere roseo, ora si mostrava scarno e estremamente pallido. Scosse la testa e quando tornò a guardarlo aveva di nuovo il suo solito aspetto.
"Vieni." disse il figlio allungando una mano nella sua direzione.
Sembrava tutto così strano... era tutto così strano, eppure anche così reale.
Suo figlio aveva sul serio raggiunto quel luogo che tanti ricordi felici riportava alla sua mente, solo 'attraversando il muro'.
Suonava strano, e se lo avesse raccontato lo avrebbero preso per pazzo, ma era accaduto sotto i suoi occhi. Come poteva non crederci?
E se era vero, forse era vero anche che lì c'era Karen, che avrebbero potuto vivere ancora tutti e tre insieme. Perché no?
L'immagine stava svanendo, vedeva tutto che diventava sempre più trasparente.
"Entro mezzanotte, papà. Poi non potrai più venire!" gli ricordò Joe.
Edward osservava intorno a sé.
"Presto, papà!" urlò ancora il bambino.
Oramai quasi non riusciva più a distinguere suo figlio dal paesaggio circostante, mentre il tutto andava scomparendo dalla parete; l'uomo guardò l'orologio, mancavano un paio di minuti alla mezzanotte.
Chiuse gli occhi e si lanciò contro il muro.
Era inutile stare a pensare ancora. Qualsiasi cosa ci fosse, oltre quell'insieme di calce e mattoni, aveva preso possesso della mente e di suo figlio, conducendolo a sé. Aveva la netta sensazione che, se non lo avesse seguito, non lo avrebbe piu rivisto e sapeva che, in qualsiasi modo, non sarebbe riuscito a vivere se gli fosse stato tolto anche Joseph.

***

... Ed ora ripetiamo l'appello della famiglia Evans. Chiunque avesse informazioni di Edward e Joseph Evans, padre e figlio, scomparsi lo scorso giovedì, è pregato di mettersi in contatto con la redazione...
   
 
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