Una Voce nell’Oscurità
DISCLAIMER:
Tutti i personaggi, i luoghi e gli avvenimenti citati in questa fanfiction non
appartengono a me, ma al legittimo proprietario e creatore George Lucas. Non
scrivo per fini di lucro, ma per puro divertimento.
La luce accecante le fece sbarrare
gli occhi dopo aver ripreso conoscenza, e fu colta da una momentanea sensazione
di cecità.
Tutto intorno a lei taceva.
Si udivano piccoli
bip sommessi, ma francamente, l’origine di quei rumori era l’ultimo dei
suoi pensieri in quel momento.
Pochi attimi più tardi riaprì
nuovamente gli occhi e un forte biancore le annebbiò la vista.
Questa volta tenne le palpebre aperte
e, riuscendo a superare quel bianco chiarore, mise a fuoco la stanza
all’interno della quale si trovava.
Era distesa, stremata su un lettino
metallico e freddo; le pareti nelle quali si sentiva soffocare, le apparvero
semplici, quasi spoglie, in un ambiente interamente asettico.
Il suo respiro era grave e lo sentiva
chiaramente rimbombare pesantemente all’interno della sua cassa toracica.
Si sentiva stanca, estremamente
stanca, come mai nella vita.
Ogni fibra del suo corpo sembrava
volersi arrendere proprio in quel momento, come se fosse in fiamme.
Le palpebre erano pesanti, ma si
costrinse a tenerle aperte, perché per qualche strano istinto, sapeva che se si
fosse abbandonata anche solo per un attimo a quella
spossata debolezza, i suoi occhi non avrebbero avuto più la forza di riaprirsi.
La testa le girava come fosse in un turbine di sensazioni; gli arti si rifiutavano
di obbedire ai più semplici comandi di movimento, così da lasciarla inerme là
dov’era stesa.
Passata l’agonia del momento, riuscì
a focalizzare anche solo minimamente quel tanto che bastava da restare
cosciente.
Improvvisamente, come se nella sua testa
le si fosse acceso un fuoco, le immagini di tutto ciò
che era accaduto le si fecero vivide davanti agli occhi, oscurandoli a quel
forte chiarore assaporato poco prima, sulle palpebre affaticate.
Il peso della consapevolezza
cominciava a gravare sulle sue spalle, schiacciandola, facendola apparire più
piccola e insignificante di quanto già non si sentisse in quegli istanti.
Non ci fu tempo per pensare.
Tutto fu interrotto da una voce
concitata, simile ad un bisbiglio, che mormorava il nome, implorandole di
svegliarsi.
Una voce che la chiamava.
Che
la costringeva a tornare indietro, prima che raggiungesse luoghi da cui non era
possibile fare ritorno.
Ciò che lei non era riuscita a fare
con lui.
“…Padmé?”. Aveva già udito quella voce, non le era
estranea. Ora sì, la riconosceva.
Si voltò con disagio, ma la forte luce puntata su proprio volto, faceva rimanere in
ombra tutto ciò che vi era oltre.
Riuscì soltanto a distinguere la
figura di un uomo, l’unica presenza all’interno di quell’angusta camera nello
sperduto Centro Medico di Polis Massa.
La voce la chiamò ancora una volta e
lei fece di tutto pur di rispondere a quel disperato, e non bel celato,
richiamo.
Doveva farsi sentire, doveva far
capire che non era tutto finita, che lei non era stata ancora avvolta dal
gelido abbraccio della Morte.
Solo in quel momento poté realmente
definire i contorni dell’uomo che aveva accanto.
Obi-Wan.
Quella sua muta risposta sembrò essere percepita dall’altro, che si mosse
nervosamente sul posto.
“Devi resistere…i tuoi bambini hanno bisogno di
te…”.
“Non posso, non ce la faccio” riuscì finalmente a dire lei, non senza
fatica.
Obi-Wan
le strinse la parte superiore del braccio destro, come a voler farla rimanere
sveglia ad ogni costo.
“Non anche tu…” continuò lui, e Padmé
avvertì la tristezza e la frustrazione nel tono della sua voce.
“Credo…” cominciò, sentendo che il momento
stava per giungere e le forze la stavano sempre più abbandonando. “Credo che la
mia presenza nella sua vita abbia rovinato tutto, portando un’intera Galassia
in un baratro senza fine…”.
Obi-Wan
non ebbe bisogno di chiedere per sapere a chi o a cosa si riferisse
la giovane donna.
Abbassò
lo sguardo e, senza neanche accorgersene, si trovò le ciglia umide di lacrime
al pensiero dell’amico perduto per sempre.
Padmé,
avvertendo il suo disagio e il silenzio che era calato improvvisamente tra loro
rendendo l’aria nervosa, continuò.
“Non lasciarti ingannare dal fatto che sto
morendo” e la parola fu seguita da un singhiozzo.
“Non è una specie di confessione ciò che sto per dirti. E’ solo che me ne sono resa conto ora, ora
che è troppo tardi…”.
Sospirò,
presa da un improvviso crampo che la pervase di spasmi.
Obi-Wan le si avvicinò ancora di più, abbassando leggermente il capo
per timore di non riuscire ad udire le parole della donna.
“Lo amavo… lo amo,
ma so che non sarebbe mai dovuto accadere, tutto questo. Sapevo fin dall’inizio
che il nostro amore avrebbe distrutto il nostro futuro, ma… stata tutta colpa
mia”.
“Se c’è qualcuno
da incolpare” riprese Obi-Wan, “quello sono io. Ho cresciuto un essere che
semina morte, invece di aiutare a vivere. Era un bambino meraviglioso, Padmé! Se da adulto si è tramutato in un mostro, la colpa può
essere solo mia, per i miei cattivi insegnamenti. Ora capisco quanta maturità
ed esperienza ci voglia per crescere un figlio. E
sicuramente, allora non ne avevo abbastanza…”.
Padmé
sospirò, soppesando quelle ultime parole, chiudendo gli occhi, cedendo al
dolore che le attanagliava ogni fibra del corpo.
Obi-Wan
le strinse con più forza il braccio: non poteva
lasciarla andare.
Provava
un improvviso affetto per quella donna; così piccola e minuta e al tempo stesso così maestosa e regale. Una
grande Senatrice e una donna forte nel corpo e nell’anima.
Ricordava
ancora quel giorno così lontano, più di dieci anni prima, prima ancora di
conoscere Anakin… quando l’aveva vista per la prima volta.
Allora
non vi avevo dato molta importanza.
Una
bambina. Una bambina e una regina.
Una
coraggiosa regina, pronta a tutto pur di donare al suo popolo la pace cui
spettava di diritto, e al quale era stata improvvisamente negata.
Si
sorprese di ricordare quando aveva conosciuto l’ancella Padmé, e di come non avevano capito fin dall’inizio la sua
vera identità.
Solo in
quel triste momento comprese quanto vero affetto e amicizia lo legassero alla donna distesa sotto i suoi occhi gonfi di
commozione; di quante volte avevano fatto l’impossibile per proteggerle la
vita, prima come Regina di Naboo, poi come Senatrice… e di come proprio chi
aveva giurato di proteggerla, l’aveva invece uccisa.
Anakin
aveva venduto l’anima per evitare la morte della persona che più amava al mondo, non sapendo che proprio
lui sarebbe stato la causa della sua sofferenza, che
l’avrebbe poi portata a morire di dolore.
Distolse
lo sguardo da quei pensieri struggenti, concentrandosi sul momento, per quanto potesse risultare difficile.
Prese la
mano di Padmé e, cercando di non badare a quanto fosse gelida, la strinse tra
le sue, grandi e calde.
Lei aprì
gli occhi color nocciola, più affaticati che mai, e si specchiò in quelli
azzurri di lui.
“Amico mio…” sospirò, voltando per un
attimo la testa dall’altra parte. “…Stai
soffrendo”.
“Non come te” Obi-Wan
face scorrere lo sguardo sull’intera figura di Padmé.
“Soffri nell’animo… amavi Anakin” continuò
lei, con voce sempre più flebile.
“Ho scoperto troppo tardi quanto” rispose
il giovane Jedi.
Chiuse
gli occhi per un istante e un ombra di immensa
tristezza gli velò il volto, quando un’immagine di Anakin sorridente gli guizzò
nella mente.
“Non doveva finire così…” riprese Padmé,
quasi inconsciamente. “Pensavo te l’avesse rivelato…Obi-Wan, è un peso troppo
grande!” i suoi occhi scuri scattarono impauriti da una parte all’altra della stanza
e Obi-Wan si sentì stringere il cuore dalla compassione.
Improvvisamente,
gli occhi della giovane donna si spalancarono, le pupille si dilatarono e
boccheggiò come in assenza di aria.
“No, Padmé…”.
Obi-Wan
la circondò con la braccia forti, facendone passare
uno dietro la testa della donna e l’altro appoggiandolo sul fianco.
Padmé si
contrasse per il dolore, irrigidendosi.
Obi-Wan
appoggiò il proprio mento sui capelli ricciuti, imperlati di sudore.
Padmé
cominciò a tremare nervosamente e Obi-Wan fu preso dallo sconforto, soffocando
il panico.
Lanciò
per la prima volta uno sguardo disperato oltre il vetro che separava l’angusta
stanza da un’anticamera più ampia.
Incrociò
gli occhi ambrati di Yoda, i quali esprimevano un dolore tale da sembrare quasi
fisico, che neppure il più saggio fra i Jedi sapeva
celare.
Obi-Wan
distolse lo sguardo, serrando gli occhi, come a voler trasmettere a Padmé tutto
il suo calore.
Si
concentrò.
Sondò la
Forza con i sensi ormai affaticati e percepì la debole presenza della donna,
pronta a svenire da un momento all’altro.
Aprì gli
occhi e osservò Padmé, sfinita tra le sue braccia, ormai in preda agli spasmi
sempre più frequenti.
“Obi-Wan…”.
“Sono qui…”.
“Digli che mi dispiace, digli che lo amo…”.
“Shh, Padmé, non parlare”.
“Deve sapere…Obi-Wan, crede che l’ho tradito…! Crede che non ho fiducia in lui…”
Obi-Wan
la cullò dolcemente, sperando che il delirio passasse presto. Padmé scoppiò a
piangere.
“Amica mia, ascoltami” continuò lui,
abbassando la testa fino a guardarla negli occhi arrossati ed esausti.
“Anakin non c’è più… non era
l’Anakin che ami…”.
“Basta! No…” gridò Padmé, gli occhi
improvvisamente spalancati mentre con le ultime forze cercava di divincolarsi.
“Aspetta, Padmé…” la bloccò il giovane
Maestro Jedi, sempre più disperato.
“Devi pur essere cosciente di cosa ha
fatto… di cosa ci ha fatto..”.
La
giovane Senatrice si bloccò così velocemente come si era mossa pochi attimi
prima.
“Non era lui…cosa gli hanno fatto, Obi-Wan?”
singhiozzò aggrappandosi al saio dell’uomo e nascondendo il volto nella sua
spalla.
Obi-Wan
le accarezzò la schiena, non sapendo come reagire davanti alla sua improvvisa
lucidità.
“Padmé, ascoltami, Anakin ti ama... ne sono
sicuro, ma vedi, è accaduto qualcosa in lui, che lo ha fatto sprofondare nelle
tenebre…ma sono anche convinto che quello stesso ragazzo che entrambi amiamo è
ancora lì, da qualche parte, che lotta per uscire, per tornare da te…” concluse
Obi-Wan non sapendo neppure lui se ciò che aveva detto fosse vero, ma avrebbe
fatto qualsiasi cosa pur di alleviare le sofferenze di Padmé in quel momento.
“Obi-Wan…” sospirò, stringendo la presa
sulla sua spalla. “C’è del buono in lui, lo so che c’è…”.
Obi-Wan
non fece in tempo a formulare una risposta coerente: poté solamente assistere
impotente mentre un’ultima lacrima rigava il volto già bagnato di Padmé, e
mentre i suoi occhi si facevano improvvisamente vuoti e velati, come se si
fossero chiuse delle persiane dietro quelle iridi color nocciola.
La vita
la stava lentamente abbandonando, mentre un ultimo respiro, carico di
un’infinita amarezza, rimbombava nell’aria come fosse stato
un tuono.
I suoi
occhi vacui indugiarono per un istante su Obi-Wan, prima di scivolare lenti
verso l’oblio.
Il
Maestro Jedi rimase pietrificato prima che la consapevolezza si facesse strada
nel suo cuore come un fiume in piena.
Posò
lentamente il corpo senza vita di Padmé sul lettino metallico.
Rimase qualche istante a fissarlo, poi si lasciò scivolare a terra, non badando a
qualsiasi riguardo.
Appoggiò
la schiena alla parete metallica del letto, e i gomiti sulle ginocchia.
Si coprì
il viso con mani tremanti per coprire le prime lacrime che si riaffacciavano,
bagnandogli le gote sudate.
Si
abbandonò tristemente ai pensieri che non gli davano tregua.
Ripercorse
mentalmente più di dieci anni della sua vita.
Quando
era vivo Qui-Gon… quando Anakin era solo un bambino… quando Padmé era solo una
regina.
All’epoca
non avrebbe mai creduto che il mondo attorno a lui si sarebbe potuto evolvere
così; le situazioni rovesciate, i pensieri contraddittori…
E
invece era accaduto.
Tutto era
talmente mutato che un paragone tra Presente e Passato era
impossibile.
Erano
altri tempi, se non di pace, almeno di tolleranza…
Quel
passato aveva portato ad un presente disastroso e privo di ogni
prospettiva rosea.
Il suo
flusso di pensieri fu interrotto da un improvviso pianto, che irruppe rumoroso
anche nella camera, rimbombando nel silenzio.
Uno dei
bambini… era ora di andare.
Sbatté
più volte le palpebre, per mettere nuovamente a fuoco; si alzò lentamente,
voltandosi per guardare per l’ultima volta il corpo di Padmé, che sarebbe stato
presto trasferito su Naboo.
Mentre
raggiungeva silenziosamente Yoda e il Senatore Organa nella stanza adiacente,
andando incontro a un destino di nuovo incerto, un
pensiero crudelmente ironico lo assalì.
Se al
tempo della morte di Qui-Gon, per qualche strano motivo, gli avessero detto a
che punto si sarebbe trovato una decina di anni più
tardi, ci avrebbe fatto probabilmente una risata su.
F I N E
Ciao a tutti!! ^^
Ok, ok… niente pomodori!
Ci ho provato, ma non riesco proprio a non torturare Obi!
>_<’’
Spero che un pochino pochino vi sia piaciuta,
fatemelo sapere! ^^’
Vi ricordo che potete trovarmi anche QUI !
Un bacione grosso grosso a tutti voi che siete arrivati fin qui!
^___________^
A presto! ^^
Valeria