Chi
non muore si rivede!
Ebbene si, sono ritornata con l'ennesima shot, le uniche
cose che riesco a portare a termine in maniera più o meno decente.
Questa
storia nasce un sabato sera, da una canzone, una delle mie preferite, che da il
titolo alla storia, appunto "Don't look back in anger".
Sally è la
protagonista indiscussa di questa sei pagine, accompagnata da un Nicholas, che
non è il solito, è diciamo "diverso".
E' un pò triste, lo è quasi per tutta
la durata, ma diciamo che in un modo o nell'altro, le sorti di questa ragazza,
si risollevano.
Ad ogni modo, credo che molto presto rileggerete di questa
Sally, visto che è sta diventando un po’ il “mio personaggio”.
Ma adesso non
voglio anticipare o dire altro ;)
Spero di ricevere almeno qualche vostra
opinione, che la storia vi sia piaciuta o meno.
Inoltre, ringrazio Abigail e
Giulia per aver letto ed anche assistito alla nascita di questa storia!
E
anche grazie a voi che leggerete e/o commenterete!
Un
bacione,
Letizia.
So Sally can wait,
she knows It’s too late as we're
walking on by
Her soul slides away,
but don't look back in anger I hear
you say
(Oasis – Don’t Look Back In Anger)
<<
Merci beaucoup >> sussurrò appena Sally, scostandosi una ciocca castana
dal viso stanco.
Era il secondo caffè quella sera, e Parigi, intorno lei,
continuava a vivere freneticamente, senza fermarsi neanche un secondo, neanche
per darle il tempo per respirare.
Quel locale su Place du Parvis
Notre Dame aperto per miracolo,
sembrava esser stata la sua salvezza.
Di solito, in sere come quelle,
preferiva restare a Montmatre, per tornare solo l’indomani mattina.
Eppure
quella sera era andata diversamente, aveva preferito girovagare per la città,
senza badare alla meta, alle ore, ai secondi che scorrevano inarrestabili.
La
città le sembrava solo un tumulto ed una confusione di colori, luci appena
accennate, immagine sfocate, sbiadite. Opache.
Era solo Dicembre, e si moriva
di freddo, quasi fosse la Siberia.
Sally si strinse ancora nel suo giaccone
trasandato, provando ad avvertire meno freddo di quanto ne sentisse. Era ormai
da due ore fuori, ed era solo mezzanotte e quaranta.
La notte è
giovane – pensò con un sorriso amaro.
Parigi era sempre stato il suo
sogno, fin da bambina, fin da quando sua madre, l’aveva portata lì per il suo
quinto compleanno. Fu come un colpo di fulmine, una attrazione intensa, un
legame innato, ma forse già predestinato, già scritto da chissà chi.
Sally
non credeva di poter dire “per caso”, niente per lei, succedeva per caso.
Ma
forse, in momenti come quelli, le sarebbe davvero servito per darsi una
spiegazione più o meno plausibile a quel meschino gioco che la vita le aveva
posto di fronte.
Alla fine, per lei la vita era solo una lunghissima
passeggiata nel vuoto, dove non si intravede né gioia, né dolore, né luce, né
buio più pesto.
Sperava in Dio, qualcosa di superiore che potesse seguire
quel cammino alla cieca al quale
ormai, si era completamente rassegnata.
Ma non le sarebbe bastato nemmeno
quello per accettare, perché per rivivere ancora, aveva bisogno di qualcosa che
ormai, aveva perso da tempo.
Al sol pensiero, le mani ricominciarono a
tremare, con intensità, forte.
Guardò fuori dai vetri lucidi del
locale, avvertendo una forte nostalgia d’aria fresca, quasi come stare al
chiuso, le impedisse di respirare.
Lasciò i soldi del caffè sul bancone con
non curanza, e poi, uscì di corsa, presa da un improvviso impeto. Chissà se
aveva con sé qualcosa che l’aiutasse a sentirsi un po’ meno sola, qualcosa che
le avrebbe tenuto compagnia in una fredda serata parigina.
Non aveva paura
della notte, delle insidie o dei pericoli che avrebbe potuto incontrare in quel
cammino matto contro il destino, piuttosto preferiva lasciarsi andare dietro
ogni cosa.
Tutto le scivolava addosso con indifferenza, come fossero solo
gocce di pioggia superflue.
Ma a volte erano lacrime che copiose, le rigavano
il volto rosso dal freddo.
Sally non temeva il buio, né tantomeno la
luce.
Aveva solo paura di inciampare, inciampare nel tramonto, magari.
E
di respiri sospesi a mezz’aria non ce ne sarebbero mai stati abbastanza, e di
secondi colmi di fiato non ci sarebbe stato il tempo.
Perché Sally doveva
riconquistare qualcosa, qualcosa che aveva perduta tanto tempo
fa.
Sì.
Sally doveva riconquistare sé stessa, i lunghi respiri, i sorrisi,
le carezze.
Quello che aveva lasciato fermo in un angolo del tempo, lì dove
nessuno le avrebbe mai preso niente, lì dove solo loro avevano accesso.
In quello spazio del
cuore in cui solo chi ama riesce a penetrare.
Ma Sally avrebbe aspettato,
sapeva di poterlo fare.
Il tempo, non avrebbe mai perduto due cuori
innamorati, neanche se avesse voluto.
Magari, ricordare sarebbe servito per
non dimenticare di vivere un presente, un presente che Sally aveva pensato come
una rivoluzione, affinchè niente potesse mai sembrarle uguale.
Invece adesso,
era tutto diverso, sembrava la stessa armonia, che non ti colpisce più come una
volta, ma che diventa pesante, fastidiosa, opprimente.
Molto spesso, magari
mentre camminava, si sentiva chiamare “Sally aspettami!”
Ma lei non si
voltava mai, neanche per vedere se magari era stato il vento, un
soffio.
Niente.
Sally sembrava quasi rassegnata, anche l’ultima volta,
quando gli disse “Non voltarti arrabbiato, me ne vado”.
Via, via come la
luce, qualcosa che si muove abilmente, senza dar conto a nulla.
Non
riconosceva più notte e giorno, le sembrava tutto così dannatamente
inutile.
Non sprecare tempo con me, sei già la voce che riempie la mia
testa.
Giorni come anni, minuti come ore, secondi come minuti.
Attimi
come vite.
Era tutto sprofondato verso il basso, un orribile oblio dal quale
sarebbe stato davvero troppo difficile riemergere, mettere la testa
fuori.
Dopotutto, era tanto bello sguazzare nel dolore, in quella sofferenza
che lacera il petto tanto da privarti del più insignificante sentimento.
Ma
era tutto insignificante, ormai, senza quella luce, quel sole che da
sempre e che per sempre - o almeno
così doveva essere – l’avrebbe illuminata.
Che senso avrebbe avuto adesso, il
mondo, senza questo? Cosa avrebbe significato, adesso, vivere e andare avanti,
senza quella luce?
Non sarebbe stato possibile pensare ad una vita senza
luce, avrebbe significato morire, dissolvere ogni senso, gesto,
compromesso.
Sally neanche avrebbe voluto ridursi in quel modo, iniziare a
vivere come fosse un automa, pilotata solo da alcuni istinti, che le impedivano
di vivere serenamente, e che avrebbero sempre, portato la sua vita
nell’oscurità. Ma quella era una abitudine, un luogo più che comune.
Che cosa
voleva vivere, dunque?
Morire, vedere molte che uno non vorrebbe, e molte,
anche soffrire.
Uno spreco di tempo, vivere, sì, senza sapere di
farlo.
Non avrebbe mai avuto senso.
Mai, mai, mai..
Ormai era persa,
insicura, distesa su un mucchio di foglie secche, senza vita, colori.
E neanche Parigi sembrava voler ascoltare
il suo grido, debole richiesta d’aiuto al cielo, perché potesse ascoltarla,
salvarla.
Non voltarti Sally, asciuga le tue lacrime, il cammino è ancora
lungo.
La vita, dopotutto, ti frega in questo modo.
Ti colpisce
l’anima mentre sei ancora addormentato, poi, lascia dentro di te qualcosa, che
sia un odore, un’immagine, una persona.
Te li scolpisce dentro, così non si levano più.
Capisci solo troppo
tardi che quelle era la felicità, mentre già intanto sei lontano da quell’odore,
immagine, persona. Sei completamente perso.
Ti prego, lasciami asciugare
i tuoi occhi, lasciami..
Io ci sono senza che tu abbia
bisogno di essere con me*
Era
iniziato tutto un freddo giorno di Novembre, sulla riva della Senna, circa un
anno e mezzo fa.
Era un giorno come un altro, un’abitudine come altre, niente
di speciale, niente di nuovo rispetto alle altre volte.
Sally era come al suo
solito seduta al terzo tavolino a sinistra, ma ad uno di quei tavolini con vista
sul fiume, che scorreva lentamente, e il ritmico rumore dell’acqua dava quasi
fastidio alle orecchie.
Le si avvicinò la solita cameriera dai capelli rossi,
e lei ordinò il suo classico the al limone con qualche biscotto. Prese dalla sua
borsa un fascicolo dalla copertina rosa e, con fare geloso, lo riconservò. Forse
per lei era così importante da non poter neppure aprirlo.
Poi, iniziò ad
osservare il paesaggio di fronte a lei: una natura autunnale, foglie giallastre
che scendevano dagli alberi lentamente per poi, ammucchiarsi vicino le
altre.
L’aria fredda fece diventare il naso di Sally rosso, come anche le sue
guance.
Si recava a quel cafè ogni giorno, ogni pomeriggio per le cinque meno
dieci, per l’esattezza.
Ogni suo gesto si svolgeva meccanicamente, non c’era
neanche bisogno di pensare.
Di fianco a lei, vi era un’allegra riunione di
amici che, in compagnia, degustavano i nuovi gusti delle tisane inglesi appena
arrivate.
In quel momento, le sembrò di essere la persona più sola sulla
faccia della terra.
Con i suoi genitori a migliaia di kilometri di distanza,
con gli amici tutti sull’altra faccia del globo.
Con le aspirazioni e la
voglia di vivere proprio di fianco a lei.
Almeno quelle le sarebbero
bastate.
Sospirò, facendo spostare una ciocca dei suoi capelli castani sulla
fronte, poi, come fosse sconfortata, iniziò a fissare il the nella tazza proprio
sotto i suoi occhi.
Quel liquido giallastro che lei tanto amava.
Ma lei,
era lì da sola, non aveva possibilità di condividere neanche un po’, dei suoi
pensieri.
Magari Sally aspettava qualcuno, qualcuno che probabilmente non
sarebbe mai arrivato, e che forse, era solo un suo vano pensiero.
Così, con
un gran peso alla gola cercò con gli occhi la signorina per chiederla il conto,
ma poi, una voce, profonda e giovanile la chiamò << Vuole già andar via?
>>
Sally si voltò verso il lato dal quale riteneva provenisse la voce,
intravide un cespuglio di ricci scuri e poi, alzando le spalle disse tristemente
<< Non credo d’avere motivi per restare >>
Il ragazzo ridacchiò
di gusto, poi le sorrise con dolcezza << Magari posso chiederti io, di
restare. Sempre che tu non mi scambi per un maniaco o altro. – rise – Ti vedo
qui molto spesso, e ho sempre desiderato parlarti, adesso però, mi sembra una
buona occasione, dimmi solo se vuoi >>
Mai avrebbe creduto ad un
avvenimento simile se, non fosse stata del tutto cosciente della realtà.
Dopotutto, Sally è sempre stata fin troppo razionale, pochi pensieri per la
testa.
Pochi per i quali però, avrebbe lottato fino alla fine.
Magari
avere una discussione con quel ragazzo non sarebbe stato poi così
male.
L’avrebbe aiutata, perlomeno, a sentirsi un po’ meno sola.
Giusto
per poco.
<< Non ho fretta, credo di poter restare >> fece lei
quasi sicura << Ad ogni modo, io sono Sally >>
Il giovane le
sorrise affabile << Questo già lo so. Io sono Nicholas, comunque
>>
Restarono così per un’ora buona, poi Parigi fu colpita da un
temporale a sorpresa e Sally, avrebbe faticato parecchio a raggiungere il suo
monolocale in Rue Tivoli se non si fosse sbrigata.
Nuvole scure iniziarono a
riempire il cielo, colorandolo di un grigio scuro e intenso.
Ma intanto, per
quell’ora, il mondo s’era fermato.
E questo Sally, lo sapeva.
<< Ci
rivedremo ancora? >> chiese Nicholas guardandola negli occhi.
Lei
abbassò il capo con un sorriso debole << Io vengo qui ogni giorno, ma
questo, tu già lo sai >>
Entrambi risero.
Proprio come succede
all’asilo, quando incontri quell’unico bambino che divide con te la merenda,
facendoti sorridere.
Magari poi, si diventa amici.
Magari poi, finisci
anche per amarla quella persona.
E questo Sally forse, non lo
sapeva.
Qualunque sia la strada, non importa, continua a camminare, le
luci finiranno per accecarti lo stesso.
Ormai Sally era da sola, senza
meta, senza destino, senza niente.
E cosa succede, quando cominci a correre
con tante voci che ti rimbombano nella testa, durante la notte? A che prezzo
continui a correre?
Non ti resta che asciugare le lacrime, aspettare che
arrivi il mattino, aspettando e danzando a ritmo dell’alba, del sogno, del
sonno.
E a che prezzo, se nella testa, continui a sentire quello che non
dovresti sentire?
Eppure, sembrava tutto così perfetto.
Forse lo era
troppo.
Ma se noi persone, lottiamo per le nostre esistenze, pur sapendo
d’essere libere, come potremmo mai essere padroni delle nostre vite?
Basta
qualunque cosa per farci sprofondare, alla fine.
Poco a poco, forse, si
potrebbe imparare.
L’importante è andare insieme.
Bastò quel niente,
quella parola fuori posto, per mandare tutto in frantumi.
<< Non
capisci, non vuoi capire! Cosa ne vuoi sapere tu della mia vita! Avanti,
sentiamo! >> aveva urlato Sally tra le lacrime, con il polso macchiato di
sangue.
“BASTA!” aveva gridato, tirando un pugno al vetro della sua
auto.
Nicholas la guardò glaciale << So quel che basta, ma visto che a
sembra non bastare ti lascio decidere. Forza Sal, vediamo quanto sei brava a
farci del male. >>
In quel momento, le forze della giovane si
annullarono.
Cadde sulle ginocchia, gli occhi ricolmi di lacrime.
<< Quello che mi fa impazzire di rabbia, sai cos’è? Che non vuoi
ammettere d’aver sbagliato, di non esserti fidato di me a sufficienza.. Adesso,
vuoi giudicarmi. Prego, fa con comodo. Dopotutto, te l’avevo fin da subito. Ci
abbiamo provato, mi spiace, lo so.. Sono un essere umano.. Donami la facoltà di
sbagliare.. E anche tu. Sbaglierai, non preoccuparti. >> si alzò in piedi,
con sul volto un sorriso doloroso ed amaro.
<< Ti prego, non voltarti
arrabbiato, me ne vado >>
Nicholas alzò il capo, portandosi una mano al
petto, come simbolo di dolore, profondo e forte.
Incapace anche di respirare,
guardò Sally andare via, con la consapevolezza che ormai, tutto si era
bruciato.
Con la consapevolezza che ormai, non c’era più niente da
fare.
Ed ora, sul fondo di quel viale, in quel secondo piano, ci sono
ancora i segni.
Avanti Sally, cammina, non perdere tempo..
Ma
Parigi non aspettava più nessuno, correva, andava avanti, lasciando quei vetri
rotti sui fondi delle strade, intorno ai mucchi di foglie ingiallite, ora,
ricoperti da un po’ di neve.
Parigi non avrebbe più atteso le cinque del
pomeriggio, per il the, per i sorrisi fatti d’ardore, d’amore, di qualunque
cosa.
Parigi avrebbe guardato con occhi severi chi fosse rimasto fermo lì,
senza seguirla.
E Sally continuava, imperterrita a vagare senza una meta,
fino a bruciare le suole, fino a bruciare il suo cuore, ormai completamente
andato in pezzi.
Anche Nicholas soffriva, di questo lei ne era
certa.
Sapeva che si erano amati troppo e in maniera incondizionata anche
solo per dimenticarsi una virgola, un qualunque ed insignificante
particolare.
Per la prima volta in vita loro, avevano amato senza pensare,
senza aver paura del presente o del futuro, l’unica cosa che importava era
esserci, viversi.
Che di sogni, ne avevano avuti tanti, di baci ce n’erano
stati troppi.
Di follia, ce n’era sempre bisogno.
<< Voglio
amarti, fino a domani, fino a che darò il mio ultimo respiro >> disse
Nicholas al cielo, tenendo forte la mano di Sally, che tremava
emozionata.
<< .. non hai detto per sempre.. >> sussurrò lei
debolmente, con un piccolo sorriso.
Il giovane rise, poi la prese in braccio,
facendola girare.
<< Non c’è bisogno di dire per sempre >>
rispose lui con sicurezza.
Sally lo baciò, con trasporto, anima.
<<
E’ vero, no, non c’è, non c’è.. >>
Sicuramente i fiori del suo
giardino erano cresciuti, sicuramente non c’era più tempo per piangere, guardare
indietro, magari pentirsi, magari provare a rimediare.
No, no, non si poteva,
non si poteva e basta.
La
verità è che si vedono e si sentono e si toccano così tante cose...
Sembra
come se ci portassimo dentro un vecchio narratore, il quale per tutto il tempo
continua a raccontarci una storia mai finita e ricca di mille particolari.
Lui racconta, non smette mai, e quella è vita.
Per Sally e Nicholas era
stato un po’ così, solo che loro, questo vecchio narratore, lo avevano sul serio
preso in parola, e avevano iniziato a vivere tutto ciò che egli gli
raccontava.
E avevano vissuto fantasie, avventure, altri amori, altre
vite.
Ma ora, no c’era niente.
E nessuno, neanche quel vecchio narratore,
li avrebbe aspettati.
Puoi fermarti, adesso, è l’alba, hai danzato
abbastanza.
In lontananza, aldilà di Ponte Alessandro, Sally intravide
una panchina fare capolino tra quei pochi fili di luce.
Sally iniziò a
camminare più veloce, avvertendo finalmente, un fortissimo dolore alla
caviglia.
Ma qualcosa, un braccio forse, la bloccò.
Quasi istintivamente
sentì il sangue gelarsi nelle vene, per poi, riprendere a circolare.
Come
fosse ghiaccio.
Quasi.
Le sue mani, come il suo corpo, iniziarono a
tremare senza controllo, senza che lei potesse darsi un attimo per respirare,
oppure razionalizzare.
Sapeva
perfettamente di chi fosse quel tocco.
Lo sapeva troppo bene.
I suoi occhi
si abbassarono, sprofondando in una visuale scura, senza alcun
colore.
Nicholas stringeva forte il pezzo di tessuto del cappotto di Sally
tra le mani.
<< Pe-Perché non ti sei mai fermata? Io.. E’ da un po’ che
cerco di capire dove vai.. >> il suo respiro fu mozzato da un brivido che
gli percorse la schiena.
Gli occhi della ragazza, si riempirono di
lacrime.
Ricordi, immagini..
<< Non potevo.. io.. dovevo..
camminare.. >> le sue parole erano deboli, afone, senza fiato.
Nicholas
l’attirò a sé con uno scatto, senza pensarci, senza pensare alla sua
reazione.
Piuttosto, l’avvolse tra le sue braccia, affondando il viso tra i
suoi capelli.
<< .. errare è umano.. >> le bisbigliò
delicatamente.
<< .. e perseverare è diabolico.. >> ribattè lei
tra le lacrime.
C’era di nuovo quella magia, quel qualcosa in più che li
rendeva diversi, da tutto, da tutti.
E non importava quanto tempo fosse
passato, come fosse finita.
Ora potevano riviversi.
<< Ma io ti
amo.. E persevero in questo.. Credi sia diabolico, Sal? >> domandò il
giovane con estrema tenerezza e amore.
Lei alzò stremata lo sguardo, giusto
per regalargli un po’ del suo sorriso stanco << No, non lo è.. Perché
anche io ti amo, e persevero in questo.. >>
E allora potresti pensare
che forse è solo un’illusione, una miserabile illusione, che tuttavia per un
attimo, finché hai suonato quella musica, è stata vera davvero. E solo per
quella hai vissuto la tua vita e ti pare che questo dia senso
all’insensatezza.
No?
<< .. stringimi la mano, adesso.. >>
bisbigliò Sally, tremante.
Nicholas fece come le disse, poi, accompagnato
dalle luci dell’aurora.
Intorno a loro, l’alba sprigionava i suoi riflessi, i
primi suoni della natura appena sveglia iniziavano a farsi sentire.
Anche
Parigi si stava svegliando.
Ma loro questo, non lo sapevano.
<< Te
le stringo, ora, per sempre.. >> rispose il giovane, per poi
baciarla.
Dopo tutto quel tempo.
Ma tu, amore mio, ci sarai di nuovo?
Avrai fatto come me il tuo viaggio di ritorno
e tutto starà per incominciare
di nuovo, ripartendo dal principio?*
<< Si, si ci sarò
>>
*da “Si sta facendo sempre più tardi” – Antonio
Tabucchi