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Autore: valentina_black_cullen    22/06/2010    14 recensioni
Capii subito le sue intenzioni ed iniziai a piangere. -Ti prego Jacob, cerca di ragionare- dissi, alzando la voce. -Shh, vedrai ti piacerà- sussurrò, tappandomi la bocca con le sue labbra. Poi, con ferocia mi tolse il vestito che avevo indosso e le sue mani presero a toccare avide il mio corpo. Era inutile piangere. Era inutile chiedere aiuto. Era inutile cercare di farlo ragionare, perché lui era più forte di me e avrebbe vinto comunque. Così chiusi gli occhi, inerme, sperando che finisse tutto al più presto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                 MI FIDO DI TE

PROLOGO

--Bella, Bella-- mi chiamò mia madre.
--Mmm-- risposi, e mi girai dall'altra parte del letto.
--Bella, amore, svegliati abbiamo visite-- continuò a chiamarmi.
Guardai la sveglia. Erano le otto di mattina di un caldissimo giorno di giugno, lì a Jacksonville.
--E chi è lo stupido che viene a casa delle persone alle otto del mattino?-- chiesi, piuttosto irritata.
--Bhè, sono io-- disse una voce maschile, a me molto conosciuta.
Mi alzai subito dal letto, e corsi verso di lui.
--JACOB-- urlai felice.
--Scusa l'orario, piccola, ma sono appena arrivato e avevo una voglia incredibile di vederti--
Lo abbracciai forte. --Ti voglio bene--
--Anch'io-- rispose.
Jacob, era il mio migliore amico.
Prima abitava a Jacksonville e quindi eravamo inseparabili. Ogni giorno lo passavamo insieme, giocando e divertendoci come matti.
Un pomeriggio però, all'età di dieci anni, lui venne da me con le lacrime agli occhi:

--Ehi che succede?-- chiesi.
--Bella ti devo dare una brutta notizia-- disse, abbassando il capo.
--Jacob, arriva al punto mi stai facendo spaventare--
--Hanno offerto un lavoro importante a mio padre...--
Lo guardai stranita. --E non sei contento?--
--No, perché dobbiamo trasferirci a Seattle-- rispose, con voce spezzata dal pianto.
--Non possono separarci-- risposi, e lo abbracciai.

Scacciai via quel brutto pensiero e ritornai al presente.
--Ragazzi vi preparo la colazione?-- domandò mia madre.
--In effetti io avrei un po' di fame-- rispose il mio amico e poi mi guardò. --E anche Bella ne ha--
Era inutile, ci capivamo con uno sguardo.
Mentre io mangiavo il latte con i cereali, gli chiesi:
--Quanto pensi di fermarti?--
Lui e mia madre si guardarono complici.
--Non dirmi che te ne vai domani?-- domandai spaventata.
--No Bella, io tornerò ad abitare qui--
Lacrime di gioia rigarono il mio viso. --Sì-- dissi saltando come una bambina.
Finalmente tutto ritorna al suo posto, pensai.
Mi sbagliavo.
Il pomeriggio eravamo in camera mia a parlare, come ai vecchi tempi.
--Ti devo chiedere una cosa, ma tu mi devi promettere che accetterai-- disse Jacob.
--Okay, sì, ma ho paura che mi pentirò di questa mia risposta--
Si morse il labbro per non ridere e poi parlò. --Questa sera, ci sarebbe una festa a casa di Embry, un mio vecchio amico, e tu verrai con me--
Mi lasciai cadere sul letto. --Ecco lo sapevo. Jacob, tu lo sai che odio le feste--
--Ti prego, ci saranno tutti i miei amici d'infanzia-- disse in modo supplichevole. --E poi hai già detto di sì--
--Ti odio Jacob Black--
--Ti voglio bene anch'io-- rispose, stampandomi un bacio sulla guancia.
Poi, andò verso l'armadio e mi lanciò un vestito bianco. --Questo andrà benissimo per questa sera--
Sorrisi. Sapeva benissimo che odiavo la moda, quindi faceva tutto lui per me.
--Come mi sei mancato-- sussurrai.
--Anche tu Bella, anche tu-- rispose. --Adesso io vado a casa a cambiarmi, ti passo a prendere alle otto--
--Okay a dopo-- risposi.
Così, iniziai a sistemarmi, mettendomi quel vestito, che faceva risaltare le mie forme.
I capelli li lasciai naturali, con i boccoli che ricadevano delicatamente sulle spalle.
Non mi truccai molto, solo un leggero strato di lucido sulle labbra.
Quando scoccarono le otto, Jacob puntualmente suonò alla mia porta.
Andai ad aprire. --Sei uno splendore-- disse, guardandomi dalla testa ai piedi.
--Anche tu-- risposi lusingata.
Lui era vestito con un paio di jeans, una camicia scura e i lunghi capelli erano legati in una coda.
--Vedrai ti divertirai-- disse.
--Lo spero-- risposi sconsolata.
Durante l'inizio della festa, rimasi seduta in disparte, mentre gli altri ballavano.
--Signorina, mi permette questo ballo-- domandò Jacob, che si era assentato un po' per salutare i suoi amici.
Lo guardai contrariata. Il suo alito sapeva di alcool. --Hai bevuto?--
--Giusto un po'. Sai, per festeggiare il mio arrivo--
Ingenuamente non ci badai più di tanto e mi alzai per ballare con il mio amico, anche se odiavo il ballo.
Mentre ci muovevamo a ritmo di una canzone movimentata, lui mise le sue mani sul mio sedere.
Le tolsi subito, arrabbiata. --Jacob, ma che fai?--
--Sei uno schianto-- rispose semplicemente e avvicinò le sue labbra al mio collo.
Mi allontanai. --Mi stai spaventando-- e uscii fuori, cercando di allontanarlo da me.
Rimasi lì per una ventina di minuti, cercando di capire il comportamento del mio migliore amico.
--Ehi piccola, ti stavo cercando-- disse Jacob, uscendo fuori barcollando.
Ero terrorizzata, non l'avevo mai visto così. --Non ti avvicinare-- sussurrai.
Ma lui non mi ascoltò. --Vieni con me--  disse, prendendo con la forza il mio braccio.
Cercai di divincolarmi, ma era inutile, lui era più forte di me.
Rientrammo in quella casa ed io cercai con la sguardo qualcuno, sperando che mi aiutasse, ma nessuno badava a noi due.
Arrivati davanti a una porta lui l'aprì e mi buttò sul letto.
Capii subito le sue intenzioni ed iniziai a piangere.
--Ti prego Jacob, cerca di ragionare-- dissi, con un tono di voce molto alta.
--Shh, vedrai ti piacerà-- sussurrò, tappandomi la bocca con le sue labbra.
Poi, con ferocia mi tolse il vestito che avevo indosso e le sue mani presero a toccare avide il mio corpo.
Era inutile piangere. Era inutile chiedere aiuto. Era inutile cercare di farlo ragionare, perché lui era più forte di me e avrebbe vinto comunque.
Così chiusi gli occhi, inerme, sperando che finisse tutto al più presto.

 


 

  
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