Sono
così incapace che non riesco a
mettere il banner. Il computer mi odia*seppuku* .
Troverete i link
delle
altre storie (andate a leggerle e lasciate perdere questa! Sono
bellissime! *-*) qui
Ancora complimentissimi a tutte le altre partecipanti, alla giudiciA,
che è stata efficientissima e professionale ed altrettanti
ad
Elos per gli splendidi banner *-*
spazio
spazio
spazio
Tutto è relativo
Juugo
era poco più che un bambino, quando aveva finalmente
realizzato di essere pazzo.
Da quel momento, è quindi divenuto un pazzo
consapevole.
Per
tutti gli altri, una simile differenza non rappresenterebbe che un
particolare trascurabile. Ma per lui, che con la sua pazzia ci deve
convivere, significa tutto.
Juugo è un pazzo consapevole.
E la cosa lo rende un
po’ fiero di sé, in verità.
Quando si è consapevoli si è già un
passo avanti per uscirne. O almeno per limitare i danni.
E lui il suo passo avanti l’aveva compiuto decidendo di
andare da Orochimaru. Che, lì per lì,
gli era parsa l’idea
più sensata e responsabile.
Ben meno responsabile è stata la scelta di seguire
Sasuke.
Una decisione completamente folle ed istintiva, legata più
che altro al semplice fatto che Sasuke gli aveva subito ricordato
Kimimaro.
Era principalmente per questo che Juugo non aveva esitato a
riporre in lui cieca fiducia.
Anche adesso, a quasi due mesi da quando si è formato il
team Hebi, Juugo non nutre alcun dubbio nei riguardi del suo
capo.
Quale che sia la situazione, Sasuke risolve il problema.
Sicuramente.
« Magari entro questa decade, eh. »
Lo sbuffo di Karin quasi lo fa trasalire. E Juugo odia trasalire.
Rischia di distrarsi, perdere il controllo eccetera eccetera. Un
mucchio di problemi. E no, meglio evitare.
« Perché non la trovi tu una soluzione visto che
rompi tanto le palle, racchia? »
Juugo trasale di nuovo e sì dà mentalmente del
cretino.
Insomma, ormai dovrebbe aver capito come funziona: Karin
attacca, Suigetsu risponde.
Assolutamente ovvio. Solo un pazzo
trasalirebbe.
Ah, ma lui è pazzo.
« Zitti. »
L’ordine di Sasuke è secco e diretto. Come tutti
gli ordini di Sasuke.
Dare gli ordini deve essere una delle
attività che preferisce, perché gli viene proprio
naturale.
A Juugo, questo pare assolutamente logico: Sasuke è il capo,
Sasuke dà gli ordini. Lineare.
E invece pare di no.
Perché altrimenti proprio non riesce a spiegarsi
perché mai Suigetsu e Karin abbiano sempre da ridire. Ma,
visto che il pazzo è lui, probabilmente
c’è solo qualcosa che gli sfugge e che magari agli
altri è chiaro. E allora, anche se è quasi certo
che se Suigetsu e Karin la piantassero di contestare ogni inezia,
l’ambiente diventerebbe molto più sereno e le
faccende si sbrigherebbero nella metà del tempo, Juugo
tace.
E loro tre iniziano.
« Non puoi dirmi se posso o non posso star zitta, gran capo
dei miei stivali! E deciditi a fare qualcosa, sei lì da
un’ora a fissare quello stupido muro! »
Karin punta
il dito indice contro Sasuke, ancora fermo in piedi davanti alla parete
di roccia scoscesa che arresta la loro avanzata.
« E piantala, oca! » interviene Suigetsu.
« Ti prego Sasuke, posso farla fuori? Che differenza fa?
» si lamenta dalla sua postazione, accasciato scompostamente
accanto alla sua adorata Mannaia Decapitatrice, per la quale
è inspiegabilmente disposto a faticare il doppio di quanto
sarebbe consigliabile, parlando in termini di salute della sua colonna
vertebrale.
Portarsi appresso un “ciocco di ferro da due
quintali”, per citare Karin, è evidentemente
folle, nonostante Suigetsu si ostini a sostenere il contrario. Ma, del
resto, Juugo ha l’abitudine di far fuori la gente
così, tanto perché gli capita davanti: proprio
non si sente in diritto di giudicare i suoi compagni.
« Zitti. » rimbrotta Sasuke, di nuovo. E la sua
voce assume una vibrazione pericolosa, che per fortuna Suigetsu e Karin
– già pronta a lanciare una scarpa al compagno
– sembrano recepire con chiarezza.
Così decidono
saggiamente di chiudere il becco, senza però rinunciare a
scambiarsi occhiate bieche da lontano.
Juugo sospira di sollievo e alza lo sguardo
sull’impenetrabile muro roccioso che gli impedisce
l’avanzata.
Devono aver sbagliato strada.
Secondo la cartina, avrebbero dovuto attraversare un ponte
all’incirca dodici chilometri prima.
Solo che, mentre camminavano, insolitamente tranquilli, Sasuke aveva
deciso che no, avrebbero preso una scorciatoia.
La proposta – anzi, l’ordine – aveva
scatenato il consueto focolaio di proteste ed insulti che si era
concluso, come da copione, con Suigetsu ridotto ad una pozzanghera
lagnosa, Karin sull’orlo di una nevrosi e Sasuke impassibile,
fermo nei suoi propositi ed assolutamente propenso a sgozzare con la
Kusanagi chiunque avesse tentato incautamente di indurlo a cambiare
idea.
Perché, più che idee, quelle di Sasuke sono
postulati elevati al rango di assiomi, sulla base di dimostrazioni
chiare e lampanti.
Peccato siano chiare e lampanti a nessuno,
eccetto
lui stesso.
Questo però è solo quello che sostiene Karin
quando si lamenta: Juugo, come sempre, non si arrischia a giudicare.
Lui è pazzo, il suo metro di giudizio non è
valido.
E questa è la stessa ragione per cui non ha sottolineato a
Karin il fatto che, quando aveva strappato la cartina di mano a Sasuke
con ben poca grazia ed aveva cominciato ad osservarla strizzando gli
occhi dietro le lenti spesse, a lui era parso che la stesse tenendo al
contrario.
E per la stessa identica motivazione, non se l’è
proprio sentita di far notare a Sasuke che, forse, trascorrere
un’ora a costeggiare una parete rocciosa in cerca di un
pertugio presumibilmente inesistente dopo ben tre ore di cammino
– enormemente dilatate dalle continue soste abbeveramento di
Suigetsu – era stata una presa di posizione arbitraria, oltre
che palese sintomo di poca intelligenza e di una testa singolarmente
dura.
In effetti, a Juugo era persino venuto in mente di proporre di fare
dietrofront e ritornare al ponte, ché tanto ci avrebbero
comunque impiegato svariate ore per uscire da quella situazione e
allora tanto valeva percorrere una strada certa.
Solo che poi ci aveva riflettuto ed era giunto, come al solito, alla
conclusione che era meglio stare in silenzio e limitarsi ad aspettare
che Sasuke trovasse una soluzione a lui congeniale.
Ci avrebbero messo di più, ma almeno non ci sarebbe stata
un’altra lite. Forse.
Del resto, di Sasuke ci si può fidare.
Ha sicuramente in
mente una soluzione.
« Toglietevi. Sfondo la parete. »
Appunto.
Il problema sorge quando la soluzione di Sasuke non
è poi così brillante come ci si aspetterebbe
dalla sua faccia seria.
Iniziano le proteste e Juugo si fa piccolo, stringendosi nella sua
tenda.
« Ah, ma allora tu sei cretino!
»
E’
sempre incredibile constatare l’enorme estensione delle corde
vocali di Karin.
Attorno a loro un piccolo stormo di allodole batte in ritirata e
Suigetsu si tappa le orecchie con fare teatrale.
« Moriremo
sotto ad una frana! E questo perché tu » e leva
l’indice imperioso contro Sasuke, tanto rapidamente che Juugo
sussulta e gli pare quasi di scorgere un millimetrico movimento di
sopracciglia da parte dell’Uchiha. « Tu, caro Capo
dei miei stivali, signor Una sola parola, mr
Lo faccio
perché sì, ci hai trascinato a tre
ore dalla
strada maestra in giro per l’allegra boscaglia in cerca della
tua inesistente scorciatoia! »
Karin prende aria, giusto il
tempo di permettere a Suigetsu di togliersi le mani dai padiglioni
auricolari e fingersi dolorante.
Sasuke apre la bocca per ribattere
qualcosa, le sopracciglia lievemente aggrottate per via di
quell’aperta insubordinazione, ma lei non demorde, zittendolo
con un ringhio di frustrazione.
« Perché quello
che evidentemente non ti è ben chiaro, signor Mi credo
onnipotente perché ho gli occhietti rossi e vengo da un clan
famoso, le strade alternative non compaiono solo
perché tu
ordini loro di esistere! E se la gente fa le cartine con le
indicazioni, e costruisce ponti, e si prende la briga di tracciare
sentieri non è perché sia meno intelligente di
te! Ma perché, caro il mio Sovrano dei palloni gonfiati,
evidentemente quella è la strada migliore! »
Nei cinque secondi che seguono la sfuriata, l’unico suono che
si sente è l’ansimare di Karin, che tenta di
recuperare l’ossigeno perduto.
« Toglietevi. » ripete Sasuke, assottigliando gli
occhi.
Per qualche ragione, Suigetsu scoppia a ridere di gusto.
« Sentito, Racchia? Allontanati o ti fa fuori. Anzi,
perché non la fai fuori, Sasuke? Avremmo una bella seccatura
in meno! » sghignazza.
Sembra che sia il più
rilassato, con una delle sue preziose borracce stretta in pugno, seduto
a gambe incrociate sull’erba.
Sasuke lo ignora e carica il Chidori.
Quando ha accumulato un sufficiente quantitativo di chakra,
nell’arco del mezzo secondo che Karin ha impiegato per
decidere di togliersi dalla traiettoria dell’attacco, Sasuke
si avventa contro la roccia con la solita faccia impassibile, neanche
fosse lui e non Juugo, quello impalato in un angolo discosto, ad
osservare un pazzo che si scaglia addosso ad una solida parete rocciosa
di cui non si riesce a scorgere la cima, oltre lo strato fitto di
nebbiolina umidiccia.
Il tempo di rendersi conto, con un certo disappunto, di avere appena
definito pazzo Sasuke, e Juugo si deve spostare di scatto, trascinando
con sé Suigetsu, prima che la frana li travolga.
spazio
spazio
Strano
che non abbia ancora dato di matto.
A dire il vero, sarà la sicurezza che gli dà la
sola presenza di Sasuke, sarà che di solito è
molto impegnato ad evitare che Suigetsu e Karin si scannino a vicenda,
ma da quando si è formato il team Hebi, a Juugo pare proprio
che i suoi attacchi lo colgano molto più di rado.
Come se mantenere il controllo gli riuscisse più semplice,
in mezzo a loro.
Persino quando gli crolla addosso un quarto di montagna.
Folgorato da questa considerazione, Juugo è a tal punto
rallegrato che quasi accenna un sorriso, mentre si libera di pietre e
detriti e torna finalmente a respirare.
Con sollievo, scorge Sasuke poco più in là; tutto
intero, anche se visibilmente scocciato.
« Karin, levati di dosso. » sta brontolando.
« Perché? Non mi dirai che ti dispiace…
» miagola lei.
Persino seppellita da polvere e pietrisco, con la faccia coperta di
scuro e la voce roca e spezzata per la tosse, non ha rinunciato a
togliersi gli occhiali ed approfittare di quell’insperata
vicinanza a Sasuke. Gli è strisciata accanto, portandoglisi
sopra con un impaccio che di seducente ha molto poco.
In effetti,
più che altro sembra sia stata colpita in testa da un masso,
perché Juugo non riesce a spiegarsi altrimenti quel cambio
di tono: un minuto prima inveisce contro Sasuke come una pazza
nevrotica e quello dopo, nonostante lui non le abbia minimamente dato
retta e, anzi, l’abbia quasi ammazzata – e lo
stesso vale per lui e Suigetsu, del resto – sembra animata da
un’incontenibile passione amorosa.
Saranno cose di donne.
E
Juugo di donne non ne capisce un granché.
Del resto, sembra che anche Sasuke non sia particolarmente ferrato in
materia. E infatti se la scrolla di dosso in modo più che
brusco e recupera la Kusanagi, che sporge da un cumulo di
rocce.
Anche Juugo si rialza, ma non fa neanche in tempo a sistemarsi addosso
la tenda – che gli si è avvoltolata attorno
rischiando seriamente di stritolarlo – ed un urlo disumano
quasi lo fa crollare di nuovo, facendogli perdere il precario
equilibrio che ha riacquistato a fatica.
Suigetsu è appena filtrato dalle rocce, ricomponendosi in
maniera abbastanza soddisfacente, anche se pare ancora piuttosto
gelatinoso e provato, ed ha iniziato ad ululare frasi poco
intelligibili.
Preoccupato che il compagno abbia riportato danni cerebrali –
perché anche un pazzo come lui lo capirebbe, che Suigetsu ha
qualcosa che non va – Juugo si avvicina e con lui Sasuke,
un’espressione tra il perplesso e lo scocciato dipinta in
faccia.
«Suigetsu, piantala. » tossisce, serio.
Lo spadaccino si gira e strabuzza gli occhi, in una maniera tanto
spaventosa che
tutti i buoni propositi di Juugo si perdono nei due metri che ancora lo
separano dai compagni e lui pensa bene di fare due passi indietro.
Sasuke, al solito, resta impassibile.
« Non c’è! Non la trovo più!
» scandisce Suigetsu e dal tono che usa pare che abbia perso
la milza o qualche altro importante organo interno, nel
crollo.
« Cosa. » ribatte Sasuke.
Come faccia a conservare
tutta la serietà che un uomo possa avere pur coperto da capo
a piedi di polvere e terriccio, Juugo non se ne capacità.
Sarà che lui è pazzo, ma non riesce a non
trovarlo un pochino assurdo.
Karin li raggiunge, inciampando sui detriti.
« E piantala, coso! Che ti manca, a parte i soliti neuroni?
» strilla, nervosa.
Il “coso” in questione si scaglia su di
lei.
« L’ho persa, non capisci? La mia Mannaia
Decapitatrice! Non c’è più! »
e scuote la ragazza per le spalle, come fosse convinto di vederle
spuntare la spada da sotto i vestiti.
Karin gli assesta un calcio dritto in faccia, inzuppando Juugo, ancora
impalato ad osservare in silenzio.
« E chissenefrega! Anzi, un peso in meno! Così
forse riusciremo ad evitare l’ottanta percento delle tue
inutili soste! »
Suigetsu si ricompone in fretta ed inizia ad inveirle contro, curandosi
anche di farle il verso adottando un’irritante vocetta
stridula. Poi la scosta in malo modo e ricomincia ad aggirarsi come
un’anima in pena.
Mentre lui sposta pietre e chiama a gran voce la Mannaia col tono
addolorato di un padre che ha perso una figlia adolescente e non un
semplice ciocco di metallo, Juugo prende a scrutare la montagna, senza
individuare alcun sensibile cambiamento nella loro condizione, a parte
il fatto che un costone di roccia di sei quintali gli si è
appena sgretolato addosso.
Indeciso, cerca lo sguardo di Sasuke, ma lui
sta osservando i detriti con espressione assorta.
Karin, più in là, è ancora intenta a
picchiare Suigetsu: forse un contorto atto di gentilezza per aiutarlo a
rinsavire, forse solo un modo per sfogare i suoi nervi.
E ancora una volta Juugo finisce col chiedersi come sia possibile che
ancora non abbia ancora avuto una crisi.
Tra le grida di Karin, i lamenti accorati di Suigetsu e Sasuke che,
dalla faccia, pare aver voglia di ammazzarli tutti seduta stante
– a dispetto di tutta l’accortezza che è
solito adottare nell’evitare di uccidere gli avversari
occasionali – è assurdo che non abbia ancora avuto
un attacco omicida, fosse anche solo nei confronti di uno scarabeo di
passaggio.
« Ehi. »
Il richiamo di Sasuke, sebbene privo di qualsiasi intonazione, pare
essere l’unica cosa che riesca ad attirarsi la blanda
attenzione di Karin, che sta ormai calpestando una misera
pozzanghera.
Potrebbe quasi ricordare una bambina che gioca, se non fosse per
l’espressione di sadico piacere che ha dipinta in
faccia.
« Ehi.
» ripete Sasuke, e stavolta il tono
definitivo non riesce a celare del tutto l’implicita
minaccia.
Karin finalmente si volta del tutto, interrompendo la sua
attività e fa per rispondere.
Si ritrova però a
cacciare un gridolino e scivolare all’indietro, mentre
Suigetsu, sotto i suoi piedi, si ricompone e sguscia direttamente oltre
Sasuke, seguendo la traiettoria del suo sguardo, lì dove lui
ha ammiccato in modo tanto impercettibile che magari Juugo se
l’è solo immaginato.
E invece non deve essere così, perché Suigetsu si
è già messo a trafficare con foga attorno ai
cumuli di rocce per estrarre del tutto l’impugnatura della
sua Mannaia, spargendo detriti attorno.
Quando riesce finalmente a tirar fuori tutta la lama, seminando
manciate di terriccio e spostando massi come un pazzo furioso, vederlo
anche abbracciare il metallo affilato con trasporto è una
scena quanto mai degradante e Karin non si astiene dal farlo notare ad
alta voce, con poco garbo ed un disprezzo fin troppo eccessivo.
Soprattutto in considerazione del fatto che Juugo l’ha vista
tentare lo stesso approccio con Sasuke, con l’unica
differenza che la spada di Suigetsu sembra essere consenziente al
contatto fisico.
Suigetsu, comunque, non se ne cura, preso com’è
dall’emozione di aver recuperato indenne la sua adorata
Mannaia.
« Spero che ti mozzi le braccia. » conclude Karin,
astiosa, guardando con sprezzo e vaga esasperazione il compagno che
lava via la polvere dalla lama a mani nude, con amorevole
cura.
« Chiudi il becco, racchia! » ribatte lui, piccato,
per poi tornare a rivolgere lo sguardo alla spada, con
dolcezza.
« Piantatela. » scandisce Sasuke, bloccando sul
nascere la rispostaccia di Karin. « Torniamo indietro.
»
Lo dice con assoluta naturalezza, oltre che con una vaga punta di
fastidio, come fosse stato qualcun altro e non lui, a causare
quell’infinita perdita di tempo.
Lo dice, riflette Juugo, come se fosse assolutamente normale.
E finalmente realizza, con uno sbuffo divertito che non passa
inosservato.
« Beh, che hai da ridere, tu? » lo riprende
Suigetsu, forse pensando che rida di lui – e ce ne sarebbe,
anche solo per via della delicatezza che sta adottando nel maneggiare
la Mannaia Decapitatrice, mentre se la sistema sulla schiena.
Juugo scuote la testa e non risponde.
« Mah. Tu sei pazzo, sai? » brontola Suigetsu,
superandolo a passo deciso.
Juugo lo fissa per una frazione di secondo e poi scoppia davvero in
una breve risata soffocata.
Karin lo squadra da dietro le lenti ancora
impolverate, poi alza gli occhi al cielo e blatera qualcosa sui matti
che dovrebbero restare ben chiusi in manicomio.
Juugo la guarda raggiungere la schiena di Sasuke, che intanto si
è già allontanato a passo marziale in mezzo alla
boscaglia, con tanta decisione che sarà impossibile fargli
cambiare idea.
Ed è normale
che sia così.
Come è normale che Karin sia una nevrotica schizzata,
affetta da qualcosa che Juugo non riesce a definire in altro modo se
non ninfomania schizofrenica.
E come del resto è normale che Suigetsu ami la sua spada in
maniera fisica e carnale, neanche fosse un pezzo di lui, per quanto
questo sentimento contorto potrebbe in effetti essere associato ad una
monomania psicotica di notevole entità.
Eppure, Juugo è contento.
Contento di stare in mezzo a loro.
Perché sono pazzi, dal primo all’ultimo, e su
questo non ci piove.
E per di più sono pazzi inconsapevoli.
Perché
pensano, anzi, sono assolutamente convinti, di essere normali.
Solo che, tutto considerato, Juugo sta iniziando anche a chiedersi cosa
accidenti dovrebbe significare normale.
Perché, insomma, se Suigetsu, Karin e sì, anche
Sasuke, sono normali, lui non riesce a sentirsi poi così
pazzo.
« Muovetevi. Abbiamo perso un mucchio di tempo. »
rimbrotta Sasuke, dieci metri più avanti, mentre scruta
torvo il lungo sentiero che li separa dalla strada maestra.
Juugo accenna un sorriso, tranquillo, mentre Karin brontola
un’accusa e Suigetsu la zittisce, brusco.
Sì, seguire Sasuke è stata sicuramente una
decisione folle. Pazza.
Ma questo non significa affatto che sia stata anche sbagliata.
spazio
spazio
spazio
__________________________________________________________________________________
NdaNon c’è un modo carino per dirlo: semplicemente, è una grande stupidaggine ^^’ Era un sacco di tempo che volevo scrivere qualcosa col team Hebi protagonista, anche perché penso siano tra i più svitati del manga (e ce ne sono di svitati, in Naruto xD), quindi è uscito fuori questo. E’ ambientata da qualche parte prima della morte di Itachi, ma non sono in grado di riferire coordinate temporali più precise. E non sono affatto sicura dell’ic (né quello di Juugo né quello degli altri).
Metto qui il giiudizio della giudiciA ^^
1° Classificata: wari
Titolo della Storia: Tutto è relativo
Attinenza al Tema: 9
Originalità: 10
Correttezza: 9
Totale: 28/30
Commento: Una storia davvero, davvero particolare.
Hai descritto perfettamente una giornata tipo del team Hebi, senza tralasciare nulla.
Hai marcato i caratteri dei personaggi, ed hai tenuto fede alle antipatie che vi sono all’interno del gruppo ed ai loro modi di vedere le cose.
Juugo è fantastico, paradossale. Lui c’è, ma è come se non ci fosse, perché in fondo nessuno lo calcola; perciò è un ottimo soggetto attraverso il quale puoi raccontare quello che gli capita attorno, senza però entrare troppo in ciò che sta accadendo.
La cosa che mi è piaciuta di questa storia è proprio la pazzia: non è molto marcata, però c’è, è reale, è tangibile.
Nessuno sa di essere pazzo, a parte Juugo, però lo sono un po’ tutti: ognuno per un motivo che poi viene analizzato alla fine della storia.
E la demenzialità rende il tutto ancora più pazzesco!
Mi ha davvero strappato una risata, ed alla fine ti rendi davvero conto che tutto è effettivamente relativo!