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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    03/07/2010    4 recensioni
"Quando lascio il Georgetown Waterfront Park sono ormai le tre del più afoso pomeriggio di primavera della mia vita e l’aria stagnante mi opprime con la forza di un macigno. Dannazione! Mille volte dannazione! Mi sbatto i pugni in testa, in mancanza di Gibbs…" Ho controllato attentamente nella sezione se qualcuno per caso non avesse già scritto una cosa del genere, ma non ho trovato nulla. Nel caso però mi sia sbagliata fatemelo notare e provvederò a cancellare la fic in questione. Si tratta di un Missing Moments del primo episodio della Quinta stagione, per la serie: “come ha fatto ad arrivare in ufficio quel disgraziato di Tony?” Cioè, dopotutto era in compagnia del Ranocchio e, come si può intuire, era senza macchina, esplosa poco prima. DISCLAIMER: NCIS e i relativi personaggi non mi appartengono, il mio unico scopo è divertirmi e far divertire, se possibile. Ringrazio Google Maps per avermi fornito le indicazioni stradali che mi servivano.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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BURY YOUR DEAD – MISSING MOMENT

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AUTORE: SHUN DI ANDROMEDA
TITOLO: BURY YOUR DEAD – MISSING MOMENT
SERIE: NCIS
TIPO:  OneShot, Missing Moments, TonyPOV
GENERE: Generale, Introspettivo
RATING: Verde-Giallo (XD) (Possibile presenza di linguaggio non propriamente educato)
PERSONAGGI: Tony DiNozzo

NOTE: Ho controllato attentamente nella sezione se qualcuno per caso non avesse già scritto una cosa del genere, ma non ho trovato nulla. Nel caso però mi sia sbagliata fatemelo notare e provvederò a cancellare la fic in questione. Si tratta di un Missing Moments del primo episodio della Quinta stagione, per la serie: “come ha fatto ad arrivare in ufficio quel disgraziato di Tony?” Cioè, dopotutto era in compagnia del Ranocchio e, come si può intuire, era senza macchina, esplosa poco prima.
DISCLAIMER: NCIS e i relativi personaggi non mi appartengono, il mio unico scopo è divertirmi e far divertire, se possibile.
RINGRAZIAMENTI: Google Maps per avermi fornito le indicazioni stradali che mi servivano.

 

§§§

 

Quando lascio il Georgetown Waterfront Park sono ormai le tre del più afoso pomeriggio di primavera della mia vita e l’aria stagnante mi opprime con la forza di un macigno.
Dannazione! Mille volte dannazione!

Mi sbatto i pugni in testa, in mancanza di Gibbs…

Cammino lungo le rive del Potomac nel tentativo disperato di ragionare sull’intera faccenda e sul gran casino in cui mi sono andato a cacciare, mi sento molto come un pesce nella rete in questo momento ed è impossibile cercare di valutare le proprie priorità in questa circostanza!

Da una parte, ho ancora la voce della Rana che mi martella e mi parla e dall’altra, il frastuono dell’esplosione della mia auto.

Stringo i pugni; giuro che se trovo l’idiota che si diverte a fare il sicario del Dottor No, al mio confronto, Freddie Kruger sarebbe un bambino dell’asilo: passi disintegrare la macchina ma tentare di privare il mondo della mia presenza è da corte marziale!

Attorno a me, il traffico di Washington sembra rallentato; sono quasi sicuro che abbiano chiuso la 29th per l’esplosione e sono quasi tentato di fare dietrofront per andare a controllare la situazione: chissà, magari la fortuna mi dà una mano e trovo qualcuno che può darmi uno strappo sino all’NCIS.

Mi blocco improvvisamente, rischiando di cadere in avanti e dare una facciata contro un palo della luce, come nei peggiori film comici.

Cazzo, non ci avevo pensato!

Il Direttore avrà sicuramente allertato la squadra e ciò significa che…

Sono morto.

Mi concedo un attimo per riflettere, per valutare le mie azioni e per decidere che fare: quello scimmione si è preso il mio distintivo, la mia patente, perfino la pistola e i cellulari, ogni cosa. Quindi, Abby e gli altri avranno già trovato i miei effetti personali e avranno tirato le ovvie conclusioni.

Io, Tony DiNozzo, sono saltato in aria come un petardo a Capodanno.

“Beh, però ho una bella cera per essere morto!” esclamo, guardandomi in una vetrina di un bar lungo la strada, devo sdrammatizzare l’assurdità della mia posizione o ne esco pazzo: respiro profondamente, chiudendo gli occhi e soffermandomi sui rumori attorno a me, i clacson e gli insulti gridati da una macchina all’altra in un certo senso mi tranquillizzano. Li riapro di scatto, girandomi nella direzione opposta a quella che sto percorrendo.

 Oh, al diavolo!

Devo tornare in fretta all’agenzia prima che a qualcuno venga una crisi di nervi e soprattutto prima che Gibbs si mangi il Direttore in un sol boccone: non credo di voler essere la causa dell’arresto del mio capo per omicidio.

Mi guardo attorno per un momento, poi comincio a correre: questa volta, però, verso il teatro della mia prematura dipartita.

§§§

Quando finalmente arrivo lì, sono in un bagno di sudore e ansimo come un mantice con l’asma.

La scena che mi trovo davanti non ha nulla da invidiare ad Apocalipse Now, quando gli aerei al napalm bombardano tutto e tutti lasciando alle loro spalle solo distruzione, morte e un puzzo micidiale: l’odore fastidioso è lo stesso e vedo la povera carcassa della mia auto abbandonata in un angolo, con quello che ne resta dell’abitacolo sparso sull’asfalto rovente per il sole che picchia; attorno, come tante formichine laboriose, vedo alcuni uomini lavorare alacremente alla scena del crimine, raccogliendo tutto ciò che può essere utile all’indagine.

Scorgo anche un sergente che ordina ad alcuni sottoposti di spostare ciò che resta del mio mezzo e me la rido, nessuno potrebbe pensare di sollevare o muovere un telaio d’auto bruciato, pesa da morire!

Osservo ciò che accade attorno a me, ma non vedo né l’ambulanza di Ducky né il furgone nero della squadra, solo macchine della polizia e camionette dei vigili del fuoco, oltre che un gran numero di curiosi che assistono al lavoro agitati e borbottanti, quasi fosse il set dell’ultima produzione di Tarantino o Spielberg.

No cari miei, è la vita reale.

Scavalco con nonchalance la corda di plastica che delimita il luogo e subito vengo placcato da un agente di polizia, un ragazzo dai muscoli pompati a tal punto da stargli stretta perfino la divisa: “Chi è lei? Non ha visto che la zona è delimitata?” mi rimprovera con un tono basso e minaccioso, spingendomi indietro con una manata; mi raddrizzo subito, sistemandomi la giacca che questo tipo mi ha afferrato, “Scusi agente, ma si da il caso che il morto sarei io!” gli dico con il mio miglior sorriso; lui mi fissa come si fissa un verme particolarmente grosso e schifoso, “Molto divertente,” mi replica ironico, “E, mi dica, come ha fatto a uscirne fuori? Non sembra uscito da un attentato, piuttosto da una sartoria.” continua con l’aria di chi ha a che fare con un bambino molto stupido.

Sospiro, trattenendomi dal mollargli un pugno.

“Sono l’Agente Speciale Anthony DiNozzo, NCIS, non posso spiegare in dettaglio l’accaduto perché si tratta di informazioni riservate. Purtroppo nello scoppio ho perso il mio tesserino e anche il distintivo ma se qui da queste parti c’è ancora qualcuno dei miei colleghi, loro mi riconosceranno di certo. Faccio parte della squadra di Gibbs.” gli dico tutto d’un fiato; sono stanco e vorrei farmi una doccia, non sarà certo un dannato poliziotto a impedirmi di ritornare a casa.

Il mio interlocutore mi guarda pensieroso: “Quelli dell’NCIS sono andati via due ore fa, portandosi via il corpo.” mi dice con estrema lentezza, “Però ho visto che è rimasto qui uno dei funzionari per raccogliere le deposizioni. Aspetti qui, lo vado a cercare.” conclude, questa volta sul suo volto grassoccio c’è un’aria seria, che abbia finalmente capito che non ho detto una cazzata?

Passano i minuti e io intanto friggo come un pesce nell’olio bollente, ma quanto ci mette?

Finalmente, lo vedo ritornare: cammina a larghi passi ed è seguito da un uomo alto, magro e abbronzato con gli occhiali da sole che non mi sembra di conoscere; ci troviamo a guardarci negli occhi e sulle prime non sembra avere una qualche reazione, è come se si fosse congelato.

Però poi, lo vedo sussultare e levarsi gli occhiali, ha le pupille dilatate e spalancate; infine lo riconosco, è nel mio stesso ufficio, qualche scrivania dietro le nostre, ma non ricordo come diavolo si chiami…

Lui mi afferra per le spalle, scuotendomi come un bambolotto, non sento quello che mi dice perchè parla troppo velocemente ma l’importante è che mi abbia riconosciuto.

Ah, Markus, ecco come si chiama.

Markus si volta verso il poliziotto parlandogli con quella sua voce nasale che ogni tanto sento quando risponde al telefono: “è lui, garantisco io.” riesco a distinguere tra le parole che gli dice poi il mio collega mi tira per il braccio facendomi cenno di seguirlo oltre la transenna; sorrido sornione all’agente che continua a fissarmi con aria sconvolta, quasi avesse visto un fantasma: “Ciao Ciao!” gli faccio prima di allontanarmi con un’espressione trionfale in viso.

Raggiungo il mio compagno presso la sua auto, posteggiata poco lontano dalla camionetta dei pompieri; lui sale al posto di guida e io al posto del passeggero e in nemmeno dieci minuti siamo in mezzo al traffico cittadino, diretti verso il quartiere navale: “Hanno portato via il corpo e sicuramente sarà già in sala autopsie.” mi comunica, guidando a tutta velocità lungo Independence Ave, lasciandosi alle spalle il Lincoln Memorial, “Ma cosa ti è successo?” mi chiede incuriosito, “E soprattutto, chi era alla guida se tu sei qui vivo e vegeto?” mi incalza.

“Di tutto…” gli rispondo vago, osservando malinconicamente le acque del fiume alla mia destra e il verde del parco del Memorial che scorre veloce alla mia sinistra; Markus non dice altro, si limita a darmi una pacca di conforto sulla spalla e ad aumentare la velocità.

Superati almeno una decina di ponti, finalmente, la macchina rallenta per imboccare Isaac Huil St; sospiro, borbotto qualcosa di vago e credo pure stupido, ma la mia attenzione è interamente assorbita dall’edificio in mattoni rossi che finalmente si staglia all’orizzonte.

L’auto frena esattamente davanti al portone dell’NCIS e non aspetto oltre a lanciarmi fuori dalla macchina come se fossi inseguito e fiondarmi oltre la porta dell’agenzia: tutto è tranquillo e normale, per fortuna non sembra essere successo niente.

 Mi avvicino al bancone dell’accettazione trafelato come se avessi fatto la Maratona di New York in mezz’ora: “Scusi, signorina, sto cercando la squadra dell’Agente Gibbs.” le chiedo con urgenza, sporgendomi abbastanza da finirle quasi addosso; lei annuisce e comincia a digitare qualcosa sul suo computer, “Sono rientrati.” mi dice solo ma nulla di più.
Intanto anche il mio collega è arrivato e osserva con curiosità la ragazza; ringrazio frettolosamente lei e Markus dirigendomi verso gli ascensori, li troverò da solo, anche a costo di frugare l’ufficio di Jenny, il laboratorio e perfino la sala medica di Ducky.

Se vedessi il brutto muso di McGee in questo esatto momento uscire da uno degli ascensori sarei l’uomo più felice di questa terra, anche gli scappellotti del capo e gli abbracci da orsacchiotto di Abby sarebbero ben accetti adesso, tutto piuttosto che sentire questa sensazione di ansia e preoccupazione che mi attanaglia le viscere.

Finalmente arriva la cabina e salgo a bordo, pigiando il tasto del piano corrispondente.

Mi rilasso e, anche se per pochi istanti, posso chiudere gli occhi e respirare.

Sono al sicuro.

Lontano da bombe, rane varie e agenti di polizia idioti.

Di nuovo a casa.

   
 
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