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Autore: Kagura92    14/07/2010    3 recensioni
Perfino i suoi capelli avevano ormai lo stesso colore del muro dietro di lui. Il blu della sua divisa però doveva ancora distinguersi dalla polvere, perché una donna gli aveva appena gettato nel cappello una moneta d’argento. Trattenne una risata; e pensare che l’aveva tolto in segno di rispetto.
[Francia!Centric. Rivoluzione e Impero]
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Laissez faire, laissez passer les merchandises

GENERE: Generale
RATING: Verde
AVVERTIMENTI: One-Shot, Non betata
FANDOM: Axis Power Hetalia
PERSONAGGI: Francia (Francis Bonnefoy), Personaggi Storici
NOTE: Il 14 luglio è un giorno importante per due ragioni; la prima è che il 14 luglio è la festa nazionale in Francia per celebrare la presa della Bastiglia, un evento tradizionalmente ritenuto come l’inizio della Rivoluzione Francese – la seconda è che il 14 luglio è anche il giorno in cui in Germania vennero banditi tutti i partiti al di fuori di quello nazista. È una cosa che voglio semplicemente ricordare e non ha nessuna attinenza con il testo seguente. O almeno credo.

Laissez faire, laissez passer les merchandises

Perfino i suoi capelli avevano ormai lo stesso colore del muro dietro di lui. Il blu della sua divisa però doveva ancora distinguersi dalla polvere, perché una donna gli aveva appena gettato nel cappello una moneta d’argento. Trattenne una risata; e pensare che l’aveva tolto in segno di rispetto.
Si accontentò di tentare un sorriso; lei però era già andata avanti, dietro a un’altra donna stretta in un abito di nastri e balze, che agitava le mani guantate verso gli altri innumerevoli cappelli , tesi. Lì la sua damigella lasciava cadere altre monete e non ne ascoltava i ringraziamenti. L’uomo soffocò un sospiro: Voi non sapete quel che passa nell'animo di un soldato.
Era difficile che potesse saperlo una donna dalla pelle bianca come porcellana, le labbra contratte in un sorriso e al collo una croce di perle; ella, un soldato vero, semplicemente non l’aveva mai veduto. Ne vedeva solo le ombre che affollavano le dieci, cento, mille strade di Francia, con nient’altro che le vecchie divise e quel che rimaneva del loro giovane corpo. E nessun nastrino ad aprire loro le porte del Louvre.

Ma lui il capello davanti a loro l’aveva tolto lo stesso; li si poteva rimproverare forse dei loro sogni e delle loro ambizioni? Strappati alla semina e al raccolto, non avevano avuto forse diritto di aggrapparsi anche solo al ricordo del sole? Essi avevano seguito il loro cuore, che era caldo e pulsante, avevano seguito il comandante che l’aveva fatto battere così forte – e nemmeno lui aveva fatto diversamente: il suo cuore si chiamava Parigi.

Parigi in quegli anni gli era mancata continuamente – e gli mancava anche ora, che era seduto su una delle sue strade con la schiena su una delle sue chiese. Nella sua memoria la rivedeva com’era vent’ anni fa, quando tornato dalle Americhe aveva costretto Monsieur La Fayette a fermarsi a pochi metri da Parigi e a guardare la sua Nazione arrampicarsi su un albero e sporgersi come la vedetta della Marseillais, il vento tra i capelli che aveva impiegato una mattina a sistemare e una risata limpida di pura gioia. La stessa che aveva riecheggiato a Versailles tra gli organi, i violini, il suono delle scarpe danzanti e la risata del suo re, così rara in quelle occasioni. Amava ricordarlo in quel modo il suo ultimo re, nella sera in cui perfino l’austriaca gli era parsa bella con i suoi capelli cotonati; tra lo scintillio dei vetri e dei cristalli, Luigi XVI che per una volta sorrideva in risposta alla sua Francia. Amava ricordare in quel modo anche Parigi, come l’aveva vista dalla cima di un albero, un insieme di vicoli umidi e case splendide, mendicanti per le strade e carrozze sui marciapiedi.

Quei preziosi frammenti di ricordo Francia aveva imparato a tenerli stretti tra le dita e a scolpirli nel cuore, perché l’amore e l’odio non glieli strappassero, nemmeno se quelle dita gli venivano tranciate via, prima di essere baciate sanguinanti dal carnefice che chiedeva perdono. In fondo Robespierre l’aveva amato, di un amore tale da farlo impazzire; l’aveva tirato fuori dai tumulti e dai pianti e gli aveva mostrato una visione meravigliosa, una luce che nasceva dal sangue spruzzato sui marciapiedi e dagli occhi delle teste mozzate. Francia stesso si era ritrovato a cantare ebbro di gioia tra le picche su cui spuntavano nobili profili e graziosi volti, gonfio di pianto tra i corpi della sua gente abbandonati nelle strade. Allora Robespierre gli baciava i capelli biondi, gli parlava e splendeva; Francia dimenticava le fitte, i tormenti e la stanchezza pur di seguirlo, diventava la baccante ebbra di vino e il Dioniso coronato d’alloro a cui offrire la testa di Orfeo, che aveva rinnegato il loro dio e preso i loro mariti. Ogni tanto singhiozzava sui giocattoli di bambini troppo grandi, sfogliando i libri che purtroppo quei bambini sapevano leggere.

Francia cercò di riaccomodarsi, di appoggiare al muro una schiena dritta mentre ricordava quel folle sogno a cui aveva creduto troppo perché non si frantumasse e i suoi pezzi non rotolassero miseramente nel fango.

Il volto di Maximilièn dai denti sporchi di sangue l’aveva sempre accompagnato in quel lungo sonno in cui era crollato prima di svegliarsi in un letto bianco e vedere il volto, stranamente famigliare, di Seyes. Era passato troppo tempo perché sapesse qual era ora il suo grado, ma la mano che aveva allungato a indicargli il quadro davanti a lui era perfettamente guantata.
- Viene dall’Italia – aveva detto con un sorriso – Il Generale era certo che l’avrebbe gradito. Le ha anche inviato una copia del nuovo quotidiano – aveva aggiunto porgendogli un foglio ingiallito “Sur le Grande arméé d’Italie”.
- Quanto ho dormito? – aveva chiesto, lentamente; e Seyes aveva risposto “Abbastanza”.

Aveva ancora quel quadro Francia, appeso sulla tappezzeria di damasco in rue Lombard per quanto la sua nuova graziosa maestà potesse non gradirlo; francamente se ne infischiava. Luigi XVIII il Generale non l’aveva mai visto, non conosceva il modo in cui sguainava la spada scintillante ed avanzava sulle montagne, la neve e la verde erba, più di quanto non avesse mai sentito il suono della voce di Cesare mentre spronava le sue legioni e attraversava il Rubicone con il mantello al vento.
Non aveva idea della gloria che li aveva circondati, del sapore vero della vittoria, della magnificenza dell’Imperatore di Francia e delle sue aquile superbe nei cieli d’Europa.
Non aveva visto Maria Luisa d’Asburgo varcare la soglia di Vienna e di Parigi sono il triplice arco di legno del dismisé, con un sorriso dolce sul volto candido e i capelli scuri raccolti in una crocchia ornata di fiori bianchi. E poteva solo immaginare il volto di Austria teso e rigido mentre Francia ne accarezzava lentamente la linea del volto, odiandolo perché era bello e nobile anche nella miseria, anche mentre deformava le labbra in un sorriso inclinando appena il capo per lasciargli baciare il suo collo:

– Bella l’Auchtrienne, davvero bella. – aveva sussurrato Francia - Ha una capo così grazioso. Dici che questa potrebbe piacermi, Austria? -

Non aveva visto un’amico ritorceglisi contro, la spada di Prussia da parare in ogni istante, lo sguardo d’Antonio rosso d’ira mentre urlava “Por mi Dio, mi Re, mi Sangre y mi Amor!”, il sorriso di Russia mentre lo guardava tra i fiocchi neve, troppo bianco tra i cadaveri intorno a loro.

Sì, erano tante le cose che Luigi XVII non aveva mai visto né sentito; come il terrore, l’angoscia, le mille grida intorno a una carrozza buia mentre Maria Antonietta stringeva la mano di suo figlio e suo marito stringeva la sua, i cancelli abbattuti di Versailles, le donne dagli abiti laceri e le pagnotte infilzate sulle picche in un coro trionfante: “Riportiamo il fornaio, la fornaia e il garzoncello!”
No, sua maestà di tutto questo non aveva visto nulla più della donna con la croce di perle e l’abito azzurro che faceva l’elemosina a chi aveva combattuto, combattuto e combattuto e alla fine, come unica ricompensa, aveva perso tutto.

Francia cominciava a tremare e l’uomo accanto a lui gli diede una pacca sulla spalla. Non poteva avere più di venticinque anni, e ai piedi calzava quegli stivali che si litigavano gli ufficiali ad Austerlitz sui cadaveri da cui li avevano appena tolti :
- Sei tornato no? – diceva, mentre Francia continuava a fissare quegli stivali, nemmeno lontanamente pesanti come quelli russi foderati di pelliccia che con i suoi uomini aveva disperatamente desiderato mentre marciavano nella neve bruciando ad ogni passo.
- E sei ancora tutto intero!-
Francia lo guardò negli occhi, guardandone il marrone caldo e il blu scheggiato.
Sì, sì, tutto intero; e a palazzo l’attendeva un letto e un bagno caldo, qualcosa da mangiare e anche qualcosa di più da bere, un vestito di raso e una spazzola d’oro, dei cavalli e una carrozza, un vecchio ufficiale appena restaurato e il ministro degli Esteri che gli garantiva il Belgio con scritte eleganti anziché sangue fresco.

Mentre nelle dieci, cento, mille strade di Francia rimanevano le ombre di giovani corpi e vecchie divise, i cappelli tesi e nessun nastrino ad aprire loro le porte del Louvre.

Note
[1] Laissez faire, laissez passer les merchandises : "motto dei fisiocratici e parola d’ordine del liberismo, cioè di quella dottrina economica che sostiene che le fore della concorrenza e del mercato devono essere lasciate libere di agire, senza vincoli da parte dello stato" - Studiare storia, saperi di base.
[2] E nessun nastrino ad aprire loro le porte del Louvre : è un episodio del periodo napoleonico; pare che un soldato, veterano di guerra, rimasto invalido volesse entrare al Louvre e che le guardie non lo volessero farlo passare. Allora lui mostrò la sua decorazione e loro gli aprirono la porta con un inchino.
[3] Marseillais : – una delle navi ammiraglie della flotta di La Fayette.
[4] La sui giocattoli di bambini troppo grandi senza fonte; tuttavia pare che se i figli dei realisti erano abbastanza grandi per poter capire ciò che accadeva Robespierre non li rieducasse ma li mandasse a morte con i genitori.
[5] Seyes : Ex-abate, Seyes è uno dei pochi politici che è riuscito a promuovere sia la Rivoluzione che l’Impero attraversandoli e uscendone ricco e felice.
[6] Maria Luisa d’Asburgo molto amata da Napoleone, si sposò piena di timori per la fine che era toccata a sua zia Maria Antonietta. Nonostante l’amore dell’Imperatore i francesi chiamarono anche lei Auchtrienne, esattamente come Maria Antonietta. Per quanto riguarda Austria, ho intenzione di approfondire questa parte come si deve altrove.

È inutile, ogni volta che prendo in mano Francia mi lascio prendere dalla malinconia. Anche se c'è qualcosa di comico nel mettere tra gli avvertimenti "Slice of Life" o "Missing Moments". Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, ricordato, aggiunti tra le seguite o preferito sia Guantamanera che Sorridere, nonchè tutti loro che le hanno lette così come coloro che sono giunti fin qui. Grazie infinite anche per qualunque recensione o commento vorrete lasciare. Nel caso io abbia sbagliato qualcosa o qualche riferimento è poco chiaro sentitevi liberi di farmelo notare anche tirandomi coltelli.

  
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