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Autore: Gea_Kristh    30/07/2010    7 recensioni
E' passato un anno dalla fine della guerra, ma la tanto agognata pace non è destinata a durare. In India, una nuova minaccia mette in pericolo quanto di più caro Shaka possieda. La sua terra. La sua gente. I suoi ricordi. Il suo cuore.
Dal primo capitolo:
- Tornerò Raja, te lo prometto.-
Allora lo guardò; e il mare dorato che erano i suoi occhi brillava di lacrime trattenute. Shaka sorrise; non pensò, quando con la mano carezzò piano una guancia arrossata.
- Attenderò il momento in cui potrò rivederti ancora, Shaka. Non dimenticarti di me, io non lo farò.-
Sorrise, e con gesti aggraziati sfilò dal proprio collo una catenina d'oro; la ruota del dharma brillò alla luce del sole. [...]
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti, Virgo Shaka
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bleeding Sunset'
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Ciao a tutti!

L'idea per questa fanfic mi è venuta mesi fa e, dopo mille indecisioni, finalmente, mi sono decisa a scriverla.

Vedete, io adoro Shaka. Ma proprio alla follia, eh. Mi piacciono tutti i Gold Saints, per carità - decisamente meglio di quelle mezze seghe dei Bronze! - però per quel biondino ho proprio un grande debole. Non è da stupirsi, quindi, se la storia sarà principalmente incentrata su di lui, ma... non solo.

Non so se aggiornerò regolarmente, perché, per la verità, non so esattamente come si evolveranno le cose.

- Go with the flow, Gea! -

La fanfic parte dal presupposto che, dopo Hades, tutti i Gold Saints tornino alla vita - a dilettare noi donzelle!

Non mi resta che augurarvi una buona lettura e raccomandarmi di lasciare una recensionina-ina-ina.

Baci baciottoli,

Gea Kristh

Bleeding Sunset - Occhi di Tigre

Capitolo 1 - Namasté

 - Namasté Shakamuni. -

 Alzò lo sguardo sulla figura di fronte a lui. Rajani gli sorrideva, le mani congiunte davanti al petto e la testa appena china.

 - Namasté Raja. -

 Ricambiò il gesto, rendendosi marginalmente conto di stare sorridendo a sua volta.

 Shaka tornò ad ammirare la vista della valle: dall'alto del pendio, baciata dal sole nascente, l'acqua del Gange sembrava una colata d'oro in terra; e lì, sulle montagne che incorniciavano quel dono divino, il tempio giaceva immobile.

 - E' una vista meravigliosa, non trovi?-

 Lo era. E Shaka, cavaliere di Virgo, sapeva che gli sarebbe mancata una volta lontano da quella che era la sua terra. Molte cose, in realtà, gli sarebbero mancate; molte persone, anche.

 - E così parti. Te ne vai.-

 Rajani... Piccola, bella, Rajani. La sua voce quasi tremava, nel sussurrare quelle parole; come se, pronunciandole, le rendesse più vere.

 - E' il mio dovere. Sono un cavaliere di Atena. -

 Lei chinò il capo, gli occhi di brace puntati a terra. E Shaka, osservandola, non poté non pensare quanto quella creatura fosse bella: preziosa, come un gioiello raro. L'affetto che provava per lei gli strinse il cuore nel vederla così triste, così affranta. Per lui. Perché quello poteva essere un addio.

 - Tornerò Raja, te lo prometto.-

 Allora lo guardò; e il mare dorato che erano i suoi occhi brillava di lacrime trattenute. Shaka sorrise; non pensò, quando con la mano carezzò piano una guancia arrossata.

 - Attenderò il momento in cui potrò rivederti ancora, Shaka. Non dimenticarti di me, io non lo farò.-

 Sorrise, e con gesti aggraziati sfilò dal proprio collo una catenina d'oro; la ruota del dharma brillò alla luce del sole. Shaka guardò curioso il piccolo ciondolo. Quando lei gli si avvicinò di un passo il cuore gli sobbalzò in petto. Che strana sensazione quella! Rimase immobile mentre lei si alzava sulle punte dei piedi e gli circondava il collo con le braccia. Che profumo meraviglioso, pensò; lavanda, e qualcosa che era puramente donna, puramente lei. Sentì qualcosa di morbido, vellutato, sfiorargli appena una guancia; che l'avesse solo immaginato?

 Troppo in fretta quel momento ebbe fine. Raja fece un passo indietro, le gote imporporate, e Shaka sentì il freddo della catenina sulla pelle del collo.

 - E' il mio regalo per te. Così, forse, potrai ricordarmi anche quando sarai dall'altra parte del mondo.-

 - Mi mancherai Rajani, prenditi cura di te. - Fu tentato di abbracciarla, ma non lo fece. Però le sorrise dolcemente, e per lei quel sorriso valse più di qualsiasi gioiello.

 - Namasté, Shaka. Mi mancherai.-

 - Namasté.-

 

 

 

 Si svegliò, il viso della ragazza ancora impresso nella mente. Perché quel sogno? Perché adesso, dopo oltre cinque anni?

 Namasté.

 La sua voce gli risuonò nelle orecchie mentre si sollevava dal giaciglio che era il suo letto. Shaka sospirò, poi se ne sorprese. Quei gesti, così... umani, non gli appartenevano da tempo.

 Portò la mente al dolce peso della catenina al suo collo; nonostante tutto, ancora la portava.

 Ricordò la prima volta che, ancora bambino, aveva visto Rajani. Gli era sembrata una visione angelica mentre, col tramonto negli occhi, cantava in riva alle acque del Gange; il vento la carezzava e i lunghi capelli sciolti si arricciavano come lingue di fuoco vivo alle sue spalle. L'aveva colpito la sua pelle diafana, così simile alla sua e così diversa da quella di tutti gli altri.

 Lei si era girata e gli aveva sorriso; e quel sorriso, quegli occhi, gli erano entrati nel cuore: Shaka sapeva che mai ne sarebbero usciti.

 

 Quel giorno il Santuario celebrava l'anniversario della fine della Guerra Sacra. Festeggiavano la pace, e la gloria di Atena. Tutti i dodici cavalieri d'oro erano richiesti alla Tredicesima casa per il ballo che si sarebbe tenuto quella sera.

 Un anno era trascorso in fretta; il Santuario, riportato allo splendore, pullulava di vita.

 Shaka non s'ingannò: non sarebbe durata, quella pace. Non durava mai.

 Ciononostante si preparò a quello sfoggio di ipocrisia come tutti gli altri. Indossò l'armatura della Vergine e si pettinò i lunghi capelli d'oro con un pettine d'osso – uno dei pochi beni materiali che possedeva. Era un dono di Sheetal, e pertanto lo teneva caro.

 Uscì dalla sua casa, preparandosi a risalire fino alla Tredicesima.

 

 - Non mangi nulla? - Si voltò verso la timida voce del cavaliere di Andromeda.

 Gli occhi chiusi non gli permettevano di vedere il suo viso gentile, ma Shaka non aveva bisogno della vista per sapere esattamente cosa lo circondasse.

 Quando il silenzio si protrasse Shun abbassò il viso imbarazzato; fu Milo di Scorpio ad intervenire, mollando una pacca sulla spalla del giovane che lo fece sbilanciare e quasi cadere a faccia avanti.

 - Non sia mai che il nostro santone preferito mangi carne! - Rise sonoramente, attirando gli sguardi di parecchi in sala. Come se il bel greco non ottenesse già abbastanza attenzione solo respirando.

 - Tu sei matto amico! - Ed ecco arrivare il ragazzino più irritante dell'anno. Ma come faceva Shaina a sopportarlo? Santa, santa ragazza...

 - Seiya, - lo riprese pacatamente Shiryu. Quello scrollò solo le spalle, tornando ad abbuffarsi di tartine.

 - Scusatelo. Qualcuno dovrebbe insegnare a quel ragazzo come comportarsi... -

 - Sarebbe come cercare di insegnare a un salice la recitazione in versi, - furono le prime parole di Shaka quella sera. Milo sghignazzò.

 - Se volete scusarmi. - Shaka non attese risposta e si diresse verso la balconata; l'aria quella notte era tersa e fresca, un vero piacere sulla pelle. Avvertì la presenza di Mu avvicinarsi ancora prima di sentirne i passi.

 - La tua inquietudine è quasi palpabile nell'aria, - affermò il cavaliere dell'ariete. E attese. In silenzio.

 Era vero, pensò Shaka. La sensazione di preoccupazione che l'aveva colto quella mattina ancora non accennava a sparire. C'era qualcosa nell'aria... Un senso di pericolo, quasi. Nella notte non avvertiva cosmi ostili, eppure... Eppure.

 - Tu non l'avverti, Mu? Qualcosa sta per accadere, è nell'aria. -

 Il suo interlocutore gli si fece affianco, osservandolo. Shaka se ne stava immobile, gli occhi chiusi sul mondo e la brezza leggera trai capelli dorati. E quell'alone di inquietudine non lo abbandonava. Mu scosse la testa; non avvertiva nulla, nell'aria attorno a loro.

 - Qualcosa sta per accadere, - ripeté Shaka, come a rafforzare la propria convinzione.

 

 

Tempio della Devi, India

 

 - Sheetal! Sheetal! Ti prego amica mia, rispondimi! -

 Non doveva andare così. Non doveva succedere.

 Tra le lacrime, tutto ciò che Rajani riusciva a vedere era il rosso del sangue che le impregnava le mani. L’amica di una vita, esanime tra le sue braccia, moriva, colpita da una lancia al ventre. Sentiva le loro voci urlare, raggiungerla.

 Rajani sapeva che l’ombra della foresta nella notte non l’avrebbe protetta ancora a lungo. Ogni istante gli inseguitori si facevano più vicini; portavano la morte, e non avrebbero esitato un solo momento ad uccidere quella che era stata una loro compagna, una loro amica. Non l’avevano fatto, con Sheetal.

 Si sentiva esausta. Coperta da sudore e sangue, nell’afosa notte indiana, il suo solo desiderio era quello di lasciarsi andare, di permettere alle sue ultime forze di abbandonarla e di accasciarsi a terra, nell’oblio. Ma Rajani sapeva di non poterlo fare, perché avrebbe significato la morte per quella che considerava una sorella.

 Respirò a fondo, deglutì – e il gesto le causò dolore, poiché la sua bocca era arida. Sapeva cosa doveva fare. Era riuscita a trasportare l’amica sin fuori i confini del tempio, doveva solo racimolare quelle misere energie che ancora aveva in corpo. Anche se faceva male, anche se ci avrebbe rimesso la vita; poiché non fare nulla avrebbe portato la certezza di morire.

 Un ultimo sforzo, Raja. Un ultimo, piccolo sforzo.

 Chiuse gli occhi di tigre, rivolse una preghiera alla Devi e si teletrasportò.

 

 

Grande Tempio, Atene

 

 Una perturbazione. Un’energia sconosciuta in avvicinamento.

 Mu dell’Ariete alzò lo sguardo al cielo, percependo chiaramente quel cosmo farsi sempre più chiaro e, al contempo, sempre più debole. No, si corresse. Due cosmi, entrambi così flebili, morenti.

 - Bèh amico mio, credo proprio che, dopo tutto, avremo visite. –

Quando si voltò verso il viso, solitamente imperturbabile, del cavaliere della vergine, si stupì di trovarvi dipinta un’espressione turbata. La sua mano stringeva forte il ciondolo d’oro dal quale Mu non l’aveva mai visto separarsi. Cosa stava accadendo?

 Senza una parola Shaka si voltò e, evitando a passo svelto coloro che erano accorsi in balcone dopo aver percepito l’energia avvicinarsi, uscì.

 - Cosa gli prende? – Aldebaran espresse ad alta voce la domanda che tutti si chiedevano.

 Mu scosse la testa, confuso.

 

 Fuori dalla Tredicesima Shaka era immobile. Sentiva gli altri avvicinarglisi alle spalle, ma la sua attenzione era rivolta ad altro. Quei due cosmi… Lui li conosceva. Non aveva dubbi, non poteva sbagliare. Anche dopo anni.

 La mano di Mu si poggiò salda sulla sua spalla, ma non si voltò verso l’amico. Gli occhi, sebbene chiusi, scrutavano il cielo notturno, carico di stelle. I due cosmi aleggiavano nell’aria, inconsistenti. Perché non erano ancora arrivate?  Il cuore gli palpitò forte nel petto.

 Eccole, pensò.

 Istanti dopo, due figure comparvero sulla pavimentazione bianca. I cavalieri di Atena impiegarono qualche secondo a distinguere le due ragazze nella notte: l’una riversa a terra, immobile; l’altra genuflessa, affannata.

 L’odore metallico del sangue si levò nell’aria.

 Rajani non sapeva dove fosse. Sapeva di non trovarsi più sulle sponde del Gange, perché l’aria era fresca e solleticava piacevolmente la sua pelle accaldata. Alzò lentamente gli occhi, ma distinguere le persone che si trovavano davanti a lei le risultava impossibile: la sua vista era appannata, e la sua mente confusa. Luccichii dorati riflettevano la luce delle stelle.  Oro?

 Poi, nel silenzio, una voce: - Rajani… -

 E la ragazza, per la prima volta da troppo tempo, seppe che tutto si sarebbe risolto.

 Era Shaka.

   
 
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