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Autore: Shichan    30/07/2010    8 recensioni
[Special di Rinnega il tuo nome]
«…stop. Per la terza volta, stop.» pronunciò con tono tra il rassegnato e lo stressato una figura seduta che sembrava in pieno atto di schiaffarsi una mano in faccia.
«Certo che proprio non gli riesce, eh?»
«Forse hanno lucidato con troppa cera il corrimano.»

[OOC volontario; presenza di scene della fanfiction "Rinnega il tuo nome"]
[Rating giallo per il linguaggio; tutti i personaggi][Dedicata a tutti i lettori, per un anno di pubblicazione raggiunto]
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gilbert Nightray, Glen Baskerville, Jack Vessalius, Oz Vessalius
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Le scale erano perfette

Le scale erano perfette.

La luce era perfetta.

La tempistica lo era: Oz era lì, dove avrebbe dovuto essere.

«Largo, largo, non voglio beghe se investo qualcunooo!… Cazzo che maleeeee»

«…stop. Per la terza volta, stop.» pronunciò con tono tra il rassegnato e lo stressato una figura seduta che sembrava in pieno atto di schiaffarsi una mano in faccia.

«Certo che proprio non gli riesce, eh?»

«Forse hanno lucidato con troppa cera il corrimano.»

«O forse» riprese la figura rimasta seduta, lanciando sguardi di fuoco – no, il fuoco sarebbe stato una rosea alternativa al principio di irritazione che le si leggeva nello sguardo «qui non siamo in grado di fare un fottuto scivolo sul corrimano!» sbottò mentre Noah era impegnato nella sacra arte del massaggiarsi il posteriore. Oz lo fissava invece con aria preoccupata.

La ragazza si alzò stizzita, lo sguardo che si posò nuovamente su Noah: «Pausa. E non mi interessa quale compromesso raggiungi con quel corrimano, ok? Promettigli la cera più costosa, digli che non avrai occhi per nessun altro oggetto d’arredamento e mobilia, incollaci il tuo culo, quello che vuoi ma rimani in equilibrio abbastanza da non costringerci di nuovo a ripetere questa scena.» sibilò impietosa.

Noah la fissò terrorizzato chinando il capo: «S-S-Sì signore.» bofonchiò, approfittando della distrazione dell’altra per attaccarsi ad una gamba di Oz.

«Aiuto, mi ammazzerà.» piagnucolò.

Ci fu il silenzio finché la figura – e la sua aura maligna – non furono sparite alla vista; ci fu un sospiro sollevato generale.

«Vaaa bene, su col morale fanciulli!» sentirono esclamare, voltandosi verso la voce, Noah compreso: «Ma mi uccide se non faccio decentemente quella scena!» fece notare, la voce della disperazione o quasi.

Ma la ragazza di fronte a lui non aveva l’aria di qualcuno spaventato, no – magari di un’invasata, ecco. O di qualcuno che sapeva il fatto suo.

«Ci pensa zia Gioielle.» assicurò, fissandolo. Con quell’espressione.

«Ovviamente non faccio nulla per nulla.» chiarì.

«…Tipo che devo pagarti? E con cosa?»

«Tipo con foto vietate ai minori tue e di Marcus?» propose innocentemente calcando il suo modo di parlare.

E Noah, guardandola, si ricredette: quello era proprio lo sguardo di un’invasata, altroché.

«Aw, Gioielle è una maniaca delle foto.» sospirò uno dei tecnici, eilantha3 per l’esattezza.

«E che pretendi?» fece eco qualcuno nell’ombra: «Lei è il direttore della fotografia, lo sai che le inquadrature sono il suo secondo amore.»

«E il primo?» fu l’ovvia domanda di rimando: «…ripensandoci, non rispondetemi, non lo voglio sapere.» si corresse.

«E allora?» Gioielle tornò ad incalzare Noah che, pur cosciente del pericolo decise che quello era il minore, rispetto alle implicite minacce di poco prima: «Va bene.» acconsentì, mentre Oz lo fissò sconvolto.

«…Che c’è?»

«Gli hai… gli hai promesso… d-delle foto di quel tipo!» esclamò palesemente sconvolto dalla cosa. Noah lo guardò con l’aria di chi, tornato da una lunga battaglia o con alle spalle anni di esperienza sul campo sapeva ormai dare delle priorità.

Gli posò una mano sulla spalla: «Un giorno capirai.» disse solennemente.

Il biondo gli guidò la mano lontano da sé: «Spero che quel giorno non arrivi mai.»

«Forza!» interruppe Gioielle battendo le mani con fare organizzativo, dando poi un’occhiata generale: «Agiremo secondo il piano E.I.F.Y» comunicò sicura di sé.

Lo stesso sguardo passò per i volti di tutti i presenti, carico di tensione, consapevolezza e sorpresa. Era un piano pericoloso, dalle mille incognite. L’ultima volta – era usato solo in casi estremi – qualcuno era caduto nel tentativo, lasciando un enorme vuoto nel cuore di tutti loro.

«E la sigla EIFY starebbe per…?» azzardò uno dei tecnici – potevano capirla dopotutto, Natsu VIII era nuova lì.

Ma Gioielle chiarì ogni dubbio.

«Ovviamente sta per “Evitiamo l’Ira Funesta di Yoko891”.» concluse pratica.

La consapevolezza – ancora di più – scese su tutti loro accolta da un silenzio solenne.

«Stavolta ci scappa il morto e sappiate che io non pulisco il sangue sudicio di nessuno, chiaro?» sbottò con la finezza di un triceratopo incazzato colei che era conosciuta da tutto il gruppo. Il terribilissimo, cattivissimo, spilorcissimo – e infatti andava d’accordo con Yoko891 – Direttore di Produzione.

Lei.

Gweiddi at Ecate.

«Ma dai, andrà bene. Mal che vada, puliamo noi.» assicurò Gioielle con una certa naturalezza che ricevette in risposta un: «Questo mi pare ovvio. Non andrò fuori budget per degli inservienti che puliscano quando può farlo lo staff già presente.» chiarì.

«Scusate, se il piano è sopravvivere, perché parliamo di gente potenzialmente ferita se non morta?» interruppe Noah, incontrando il consenso di molti.

Alcuni giurarono di sentire in sottofondo quella musica, quella sorta di carica o marcia militare tipica degli anime quando il personaggio capo di turno stava per spiegare lo spietato piano per raggiungere l’obiettivo – variabile da dei buono pasto per la mensa, alla salvezza del mondo.

«Saremo disposti secondo questa formazione!» esordì Gioielle: «Tu, recluta! Nome!» disse puntando il dito contro uno dei tecnici che, incurante del pericolo, si fece avanti deciso.

«Yammy_, signore!» rispose.

«Bene. Tu ti occuperai del caffè! Faglielo scuro, senza troppo zucchero se non vuoi che te lo risputi in faccia!»

«Sì, signore!» replicò avviandosi alla malefica macchina del male – quella del caffè – dando quindi modo a Gioielle di concentrarsi sul seguente passo da fare.

«Tu!» puntò un altro tecnico: «S-sì!» replicò quello con vocetta incerta ma che esprimeva la determinazione di fondo di non tirarsi indietro – insomma, sì, quella dell’uke che ti dice “lasciami, lasciami” e due secondi dopo ti chiede… vabbé, ci siamo capiti.

«Nome.»

«Ma sono qui da un sacco…» piagnucolò più a se stessa che non a Gioielle, arrendendosi al triste destino del suo nome: non essere mai ricordato. Forse doveva smettere di cambiarlo spes—

«Non me lo ricordo. Nome!»

«BeyondBirthday

«Tu sarai il diversivo!» esclamò trionfante la direttrice della fotografia che ormai molti avevano smesso di chiedersi se fosse del tutto sana di mente.

E mentre molti sguardi compreso quello di BeyondBirthday si chiedevano cosa esattamente significasse fare il diversivo, la risposta arrivò implacabile ed esaltata: «Ciò vuol dire che tu sarai quella che andrà a richiedere coccole.»

«…Lo sapevo che dovevamo pulire sangue a fine giornata.» commentò Gweiddi, parole alle quali BeyondBirthday si chiese perché sempre a lei. Però c’erano di mezzo delle coccole.

Si poteva fare.

«Accetto la missione signore!» decise quindi, mettendosi sull’attenti: «Però avrei una domanda!»

«Dimmi soldato!»

«Perché proprio io?»

Pathos.

«…non vuoi saperlo soldato. La tua giovane mente non reggerebbe alla rivelazione.»

«Perché sei ukeeeeee» partì dal fondo oscuro della stanza: «Ma ma ma io non sono uke!» rimbrottò Beyond, ma ormai l’attenzione si era spostata altrove – colpa dell’addetto alle luci che aveva spostato il faro in realtà.

«E infine tu!» Gioielle puntò nuovamente il dito contro un povero, malcapitato tecnico.

«Angelicascerra, signore!»

«Tu avrai un compito importante.»

«Sarà il tuo supporto?» si mise in mezzo makotochan, la scenografa, spuntata poi da chissà dove – ormai anche una botola nascosta era qualcosa da prendere in seria considerazione lì.

Gioielle sospirò: «No. Lei sarà l’addetta al massaggino alle spalle! L’ultima risorsa nel malaugurato caso in cui il caffè si rovesciasse e il diversivo venisse ucciso!»

«Ehm, una domanda.» pronunciò una vocetta incerta tra i tecnici scampati al preludio di massacro: «Sì?» incalzò Gioielle calma come se dovessero andare a farsi un tuffo in piscina.

«E tu cosa farai?» chiese Eithriadol dando voce ad un grande dubbio comune.

«L’EROE!» sbraitò Makoto esaltata.

«Basta con le citazioni di Hetalia, cazzo!» arrivò la fine replica di Gweiddi alla quale seguì una più umana spiegazione di Gioielle.

«Io guarderò tutto dall’alto.» concluse seria, annuendo.

«Praticamente quindi non farai nulla.» sottolineò Noah, zittendosi quando qualcosa che somigliava ad un “vuoi che alle foto aggiunga pure video strani?” risuonò troppo vicino a lui.

«Tutti ai propri posti, forza!» incitò infine Gioielle.

Quel giorno, lo staff del film “Rinnega il tuo nome” comprese molto delle verità della vita: Yoko891 si comprava con del buon caffè, mentre la pucchosità intrinseca delle altre persone non era sempre d’aiuto – a quanto pareva, c’erano delle condizioni particolari che a loro non era dato sapere.

Se non altro però non c’erano stati feriti, né uccisioni cruente e nel frattempo una seria e competente equipe si era occupata di far scivolare correttamente Noah dimostrando che il lavoro di squadra compiva miracoli – in realtà qualcuno quel giorno sospettò dei tranquillanti nel caffè, ma si guardarono tutti bene dal domandarlo.

 

«Largo, largo, non voglio beghe se investo qualcunooo!» sentì esclamare, obbligato da quella voce sconosciuta ad alzare lo sguardo per vedere una testa rossa e dai capelli arruffati sfrecciare sul corrimano in marmo della scala. Lo vide raggiungere la fine dandosi un lieve slancio - o così gli parve - e atterrare con un gesto tecnico che con quello che stava facendo non c'entrava nulla, o comunque dubitava servisse davvero a qualcosa.

Lo vide fare un inchino verso il portone, una folla invisibile che fungeva da pubblico immaginario.

«Ed è ancora Noah Keynes a battere i record di Latowidge! Un salto perfetto, e la folla è in delirio. As usual.» lo sentì commentare e davvero Oz non poté fare a meno di ridacchiare, per quanto perplesso da quel tipo a dir poco singolare.

 

 

La pallina era al suo posto.

Xerxes la guardava con la giusta concentrazione che il suo personaggio richiedeva.

Anche Oz fissava con Noah in direzione di Break come da copione.

Pochi secondi – avevano consigliato a Xerxes di contarli mentalmente dal “ciak” – e sarebbe avvenuta l’azione portante della scena. Ed eccola! Xerxes l’aveva colpita e ora…

«…stop.» dichiarò esasperata Yoko891 praticamente una manciata di secondi prima che si levasse sulla scena un: «Io lo ammazzo. Io. Lo. Ammazzo.» mezzo ringhiato da parte di Rufus.

«Ehi, io qui non posso fare i miracoli con il visivo se sul labiale la cosa più carina che si legge è una minaccia di morte!» esclamò Agito, togliendosi le cuffie e facendo capolino con la testa, rimasta nascosta dietro il monitor da cui guardava le riprese.

Rufus le lanciò un’occhiataccia. O almeno, lo fece con l’occhio non colpito in pieno dalla pallina di carta: «Dillo a quel cerebroleso!» sbraitò strofinandosi la parte per così dire “lesa”.

Yoko sospirò nuovamente , esasperata quasi più di prima: «Barma, mi ci manca solo che ti prenda un isterismo degno di una donna col ciclo e poi ho finito la collezione di stranezze di voi attori. Qualcuno gli sistemi il trucco e per l’amore di Dio non mettiamoci ore, ok?!» diede direttive.

Agito sbuffò: «Io vedo se si può sistemare senza ripetere la scena dall’inizio.» dichiarò, risistemandosi le cuffie sulle orecchie.

«Qualcuno chiami l’addetto al cast, qui rischiamo che due attori si ammazzino.» aggiunse qualcun altro di non meglio identificato che stava maneggiando i vari fili.

«Tu proprio non sai essere professionale.» osservò Xerxes casualmente, quasi.

«E tu hai una mira del cazzo! Quanto ci vuole a capire che se nella scena devi tirarmi una pallina sulla nuca forse devi aspettare che io sia di spalle?!» gli sbraitò contro Rufus, mentre Break si voltava fingendo di non sentirlo.

«Ehm… signor Barma?» azzardò LadyGreedy, temendo di prendersi uno schiaffo volante – insomma, non era un mistero che Rufus avesse una certa età che infieriva su tre cose quali l’umore altalenante, la vista e i chili di trucco che servivano a farlo sembrare un quasi trentenne come il copione esigeva.

«Che c’è?!» le ringhiò praticamente contro.

«Devo rifarle il trucco e—»

«Xerxes, ti prendesse una colica stanotte!» gli imprecò contro quando lo notò ridacchiare della questione trucco. Si sentì tuttavia strattonare per il colletto dell’abito e nella sua visuale rientrò Gweiddi: «Muovi quel culo e siediti, per la puttana, che non voglio spaccarmi a trovare il modo di far quadrare pure i conti per le riprese in più!» chiarì, e Rufus si disse che l’orgoglio non sarebbe servito a molto se il direttore di produzione l’avesse ucciso durante uno sclero come quello.

«…Gweiddi?» azzardò nuovamente LadyGreedy.

«Che vuoi?» ribatté diretta mollando Rufus: «Forse non dovrai pagare le riprese in più, ma così dovremo ricomprare i costumi.» chiarì indicandole il punto in cui aveva strattonato il costume di scena di Rufus. Gweiddi abbassò lo sguardo e se anche non imprecò ad alta voce, chiunque lì avrebbe potuto scommettere che interiormente metà del calendario fosse stato spodestato dai propri giorni di ricorrenza.

«Qualcuno chiami il costumista.» tagliò corto, andandosene in breve – forse in cerca del pallottoliere per far quadrare i conti delle nuove spese costumi?

«Che dici, LitaChan? Puoi ricucirlo in tempi brevi?» chiese BeyondBirthday, osservando come la costumista fosse concentrata nell’analisi dell’abito di Barma.

Alzò lo sguardo su BeyondBirthday. Scosse la testa.

A Beyond tutto apparve più chiaro: sapeva cosa stava succedendo, e il suo fragile cuore non avrebbe retto. Non poteva sopportarlo, non ci riusciva. Pur sapendo che le fatidiche parole stessero per arrivare, non poteva accettarlo.

«Quest’abito non ce la farà. Mi dispiace.» comunicò lapidaria LitaChan.

«Oh, beh, sicuramente non lo posso sistemare addosso a qualcuno, insomma. Forza, Barma!» incitò – Beyond era ancora presa dalla commozione, ma fu professionale fino alla fine, e annuì in direzione di Rufus.

Il quale non sembrava capirci molto.

«Cos’è che dovrei fare?» fece quindi eco, fissandola eloquentemente. All’improvviso, e causando il sobbalzare di diversi addetti ai lavori, partì a volume alto nella sala una canzone indubbiamente italiana.

«E ADESSO SPOGLIATIIII! COMEEEE SAI FARE TUUU!»

E tra un «Cosa?!» e un «Agito, togli la musica!» seguito poi dal rimbrotto: «Pensavo ci stesse bene una colonna sonora!» la musica venne spenta e ad accogliere il silenzio fu un pacato commento di LitaChan.

«Beh, il succo della questione era quello.» pronunciò annuendo.

«Non esiste! Non fuori dal camerino!» obiettò Rufus ormai a pochi passi dal burrone dell’isteria.

«Va bene, va bene. Non volevo farlo, ma tu non mi lasci scelta Barma.» replicò, schioccando le dita – in realtà non accadde nulla, ma faceva figo – e chiamando un generico: «Ragazze?»

E apparve lei: KiraraNamidachi e la sua squadra.

Lita le guardò. Poi guardò Rufus.

Poi sorrise loro. E ghignò verso Rufus.

«Spogliatelo, mi serve il vestito. Se fa storie, intanto fategli indossare questo.» concluse dando loro una busta anonima.

Quel giorno lo staff imparò un’altra lezione molto importante: i costumisti avevano il potere – lo senti Kronk? Ne avverti il nero potere? – e Rufus Barma con un grembiulino a girasoli non era affatto male, no.

 

E fissava intensamente una pallina.

Sì. Proprio una pallina, neanche questa fosse un uccellino che dovesse spiccare il volo.

Oz cercò di capire cosa mai potesse aspettarsi dal piccolo oggetto, che vide l'uomo avvicinare la mano piano, quasi aspettandosi che la pallina scappasse spaventata, dandogli... un colpetto veloce.

Quella volò via, prendendo in pieno la testa di un uomo al tavolo accanto che dava loro le spalle. Nel silenzio della sala - cosa innaturale e che si era formato da un po', ora che ci faceva caso - vide la persona colpita alzarsi con calma.

Con molta calma.

E in seguito voltarsi velocemente mentre un libro prendeva il volo - e l'albino lo evitava con nonchalance e un sorrisetto da far innervosire anche un santo.

«Xerxes Break la mia pazienza ha un limite.» tuonò glaciale l'uomo lanciatore di libri - così lo aveva soprannominato Oz, in attesa di conoscerne il nome - guardando male l'altro che aveva assunto un'aria divertita degna della migliore faccia da schiaffi che Oz avesse mai visto.

«Quanto sei noioso Rufy.» si lamentò l'uomo chiamato Break, mentre il biondo temeva seriamente di vedere l'altro azzannarlo alla giugulare entro breve.  

 

 

Yoko891 quasi non ci credeva. La scena stava andando avanti senza intoppi.

C’era stato l’ingresso nella stanza, il primo scambio e ora finalmente si avviavano alla fine.

Vide Gilbert guardare confuso Vincent, il quale portava la mano all’altezza del colletto della camicia del moro: «Vince, cosa…?» pronunciò la battuta esatta. Vincent lo guardò.

Intensamente.

«Scusate, possiamo ripeterla?» chiese il biondo interrompendo la scena e voltandosi verso lo staff intento nelle riprese. Yoko si schiaffò una mano in faccia, senza nemmeno la forza di dire l’ennesimo “stop”.

«Che problema c’è stavolta?» chiese quasi spossata; Gilbert sospirò facendosi da parte mentre Vincent si rivolgeva alla regista: «Come dire…» iniziò, con l’aria di uno poco convinto, la mano a sorreggere il mento in una posa pensosa.

«Questa scena mi riesce difficile.» ammise infine – qualcuno avrebbe sottolineato “con aria melodrammatica”.

«Io direi che andava benissimo!» assicurò quasi scodinzolante makotochan, la stessa espressione di un cane davanti alla ciotola stracolma di cibo di prima qualità. Vincent sorrise con cortesia – lo stesso sorriso che gli era valso la nomina per il suo personaggio, tra l’altro.

«Veramente sono quasi certo di non riuscire ad esprimermi al meglio. Non so, è come se mancasse qualcosa di basilare.» ammise con un sospiro. Ma makoto era dura a morire. O meglio, forse lei no, ma il suo animo profondamente yaoi fan girl non sarebbe morto nemmeno uccidendolo, lanciandogli una maledizione, dandolo in pasto agli spiriti maligni ed infine resuscitandolo per ucciderlo di nuovo.

C’era chi, ormai dell’ambiente, sosteneva che la sua anima di yaoi fan girl fosse indiscutibilmente immortale.

«Tu e Gil siete perfetti, siete così awrrr.» commentò – e nessuno si chiese per cosa stesse esattamente quel verso – guardandoli adorante. Probabilmente però anche Vincent lo notò, quel luccichio insano nello sguardo della scenografa. Chissà farle notare che non erano loro la coppia principale quanto gli sarebbe costato.

La paga?

La salute fisica?

La vita?

«Per quanto Gilbert sia un bocconcino appetitoso, ammetto che c’è ancora qualcosa che non mi convince.» dovette ribattere – ma tanto makoto si perse sul “bocconcino appetitoso” e non sentì tutto il resto, perciò il biondo poté continuare a sognare una famiglia e non la morte precoce.

«Ok, basta perdere tempo.» tagliò corto Yoko; sul suo viso si allargò poi quello che poteva senz’altro definirsi ghigno sadico: «Ora ti dimostrerò visivamente perché tu devi sbattere Gilbert al muro in maniera celere e senza fare storie.» chiarì, accavallando le gambe, seduta com’era sulla sedia che recava la dicitura “regista” sullo schienale.

Spostò lo sguardo su Gilbert: «Scambiatevi i ruoli.» ordinò, passando ad Agito e i vari cameraman «Voi invece riprendete. Voglio una ripresa degna di questo nome.» specificò con un luccichio molto simile a quello che poco prima aveva animato lo sguardo di makoto – ma un conto era che venisse da una cosina esaltata come lei, un conto era che assumesse più la connotazione di un’aria assassina come nel caso di Yoko.

Gilbert si limitò ad annuire mentre Vincent ancora non sembrava molto convinto; si alzò dalla sedia sulla quale si era accomodato durante quella pausa imprevista e si mosse in avanti con passi sicuri, il portamento fiero. Lo stesso Vincent lo guardò perplesso, finché anche per i muri non fu chiaro quello che stava succedendo.

Mantenendo un’espressione più che seria, Gilbert avanzò verso di lui fino a raggiungerlo; a quel punto si chinò in avanti, una mano nella tasca dei pantaloni, l’altro braccio che si posò contro il muro al lato del volto di Vincent. Il viso si fece ancora più vicino, lo sguardo penetrante.

Un sorrisetto che era un programma incurvò le labbra di Gilbert, gli occhi dorati fissi in quelli di Vincent mentre il volto si avvicinava, e deviava lateralmente per raggiungere l’orecchio dell’altro: «Nii-san…» vi sussurrò.

Dopodiché, in rapida sequenza ci fu il rossore di Vincent in stile scolaretta, lo scostarsi di Gilbert con una faccia a dir poco annoiata mentre andava di nuovo pigramente a sedersi, una serie di “awwwwrrrr” che si sapeva già da dove provenissero e ciò che Yoko non avrebbe voluto scatenare mai.

Doveva ammetterlo: era stata tremendamente incauta.

«HO DECISO!» tuonò qualcuno – Yoko sapeva chi era, ma non ci voleva pensare. Come gli avevano insegnato da piccola “se non lo vedi non esiste” – e tutti seppero che sarebbe stata dura per il seguente quarto d’ora lavorare.

E poco dopo il motivo fu chiaro anche per chi lavorava con loro per la prima volta: ShAiW fece la sua comparsa, lo sguardo esaltato. No, non esaltato. Invasato. No, nemmeno.

Ah, già.

Assatanato.

«Eravate perfetti, PERFETTI. Io vi pretendo insieme! Io  che mi occupo di individuare le parti più efficaci delle riprese non ho dubbi! VinGil, VinGil, VinGil!» prese ad esclamare alla stregua di un coro da stadio; Yoko si chiese perché tutte a lei.

«Veramente era una GilbertVincent quella.» obiettò una voce dietro le telecamere – qualcuno azzardò mentalmente a Jack London, che c’era e non c’era e se c’era tu non lo vedevi, ma era come i film horror.

Lui non dorme maaaai. Lui ci vedeeee. – anche se Jack era una lei. O un lui.

Era qualcosa.

Yoko decise di ignorarle tutte in massa e si rivolse a Vincent: «Capisci? Gilbert è seme. Ma non il suo personaggio. E poi a guardarvi in faccia sei te quello con l’espressione maniaca Vince. Ora possiamo riprendere senza che tu ci fermi di nuovo in preda ad ansia da prestazione, vero?» incalzò, anche se la domanda sembrava più che altro retorica.

«Ma io voglio inquadrature VinceGi—» tentò Shaiw, prima di vedere l’espressione di Yoko.

«Come dicevo. Torno al mio posto, sì.» riprese come se non avesse mai nemmeno sollevato la questione – il potere dell’occhiata del leader, che volete farci.

Lo stesso leader che si voltò nuovamente verso Vincent con l’intento di estrapolargli un “sì, ricominciamo, lavorerò senza fiatare” quando notò che il biondo non era sulla scena. E non seppe se temere più per il ritardo che stavano accumulando o se per il fatto che sentì alla propria sinistra: «Giiiiil, insegnami come fare uno sguardo seme come il tuo!»

Seppe solo che si rifiutò di voltarsi.

Cosa che invece fecero Shaiw e makoto quando, abituate ad un pacato e tranquillo Gilbert uke, sentirono un rozzissimo e crudele: «Non vado a puttane, mi dispiace.» a seguito del quale la matita che Yoko teneva in mano come antistress di frantumò nello stesso istante in cui Vincent fuggiva via piangendo ferito nell’animo per quelle rudi parole.

«Nightray.» sibilò, e qualcuno temette che i capelli divenissero serpenti iniziando ad ondeggiare sinistramente: «Vai a recuperarlo o ti giuro che ti farò essere uke pur essendo donna.» sbraitò.

Anche per quel giorno, lo staff apprese un insegnamento che nel loro ambiente era effettivamente alla base dell’ottimo lavoro: l’attore va sempre accontentato, perché può decidere di non lavorare bene e metterti nei guai, dunque ogni suo malumore è pericoloso.

Un regista donna con le palle girate lo è di più – persino più degli addetti al montaggio yaoi fan girl, sì.

 

Lo osservò confuso, senza capire, mentre Vincent portava la mano libera all'altezza del colletto della camicia del maggiore: «Vince, cosa...?»

«Gil, è davvero un bene per te avvicinarti di nuovo ai Bezarius?» sussurrò, il tono sottile che quasi si insinuava direttamente nella sua testa. Gilbert sgranò appena gli occhi, portando la mano che non era tenuta dall'altro ad afferrare il polso che era praticamente all'altezza del suo collo.

«Questo che significa, Vince?!» sbottò, nel tono quasi il timore di scoprire l'ennesimo colpo di testa del minore.

Non sarebbe stata certamente la prima volta.

Il biondo sorrise, pacato; lo conosceva, quel modo di sorridere rivolgendo lo sguardo a lui, Gilbert.

Vide il viso del fratello avvicinarsi impercettibilmente e, per riflesso, allentò la presa sul suo polso: l'altro non raggiunse mai il volto del moro. Semplicemente, prese il nastro della divisa tenuto sotto il colletto della camicia e lo tirò appena, sciogliendo il nodo.

«Non significa nulla, Gilbert. Solo, mi preoccupo per te.»

 

 

Lo staff stava per piangere dalla commozione.

No, non perché ci fosse una scena particolarmente drammatica in corso, né perché ci fosse stato finalmente il bacio tra i due che formavano la coppia principale. E no, nemmeno perché si era raggiunta una fase risolutiva delle trama – in realtà tutti si chiedevano se esistesse un punto risolutivo, e ormai molti si erano risposti tristemente “no”.

Il motivo delle lacrime era un altro: stavano finendo esattamente in quel momento di girare una scena senza intoppi  e senza interruzioni.

Forse l’Apocalisse era vicina, ma non importava in quel momento.

«Sì, ti raggiungo subito in camera, Ruf.» sentirono pronunciare da Break e con una certa soddisfazione Yoko poté finalmente decretare uno “stop” non esasperata, non arrabbiata, non rassegnata ma soddisfatta.

Oh, sì.

«Non credevo che lo avrei mai detto ma sì. Sapete anche fare il vostro lavoro ogni tanto, durante l’anno, per sbaglio.» commentò – forse, si dissero alcuni, secondo la regista quello era un complimento.

…vero?

«…Ohi? Fiamma?» chiamò ShikabaneHime picchiettando sulla spalla della ragazza di fianco a lei, cui faceva da assistente. Ma il loro fonico di presa diretta – per gli amici: lo scemo che tiene il microfono peloso in modo che non si veda nell’inquadratura – Fiamma Drakon per l’appunto, sembrava persa in un mondo tutto suo.

«…L’abbiamo persa di nuovo.» osservò ShikabaneHime.

«Si accettano scommesse!» partì dal fondo: «In quale mondo sarà oggi?»

«Voto il mondo dove Break e Rufus fanno porcate!» si sentì da dietro i macchinari per riprendere.

«Ti piace vincere facile, non vale!»

«Bonshi, bonshi, bobobòn!»

«…questa era triste, lo sai vero?»

«Sarà mica il mondo dei minipony? Sennò son problemi, vuol dire che ha preso qualcosa che fa male sul serio.» commentò pensierosa Bacinaruto.

Fiamma, fortunatamente, non era persa in fantasie di uomini in atteggiamenti poco casti (forse) né in altre in cui era a cavallo di un pony dalla criniera laccata, il pellame rosa e una stellina lillà stampata sul grande posteriore – dalla coda fluente e boccolosa ovviamente.

Infatti si riscosse, rivolgendosi a bacinaruto che si era occupata delle luci per creare ancora più pathos nelle inquadrature: «E che bisogno ho di chiudermi in un altro mondo? Questa ripresa era così reale, c’era così tanto feeling, che—»

«Xerxes, che cazzo fai?!»

A cosa facesse pensare il feeling, Fiamma non lo disse mai.

In compenso, Rufus diede sfoggio del suo erudito e pacato vocabolario di insulti.

La risatina di Xerxes attirò gli sguardi di molti, che seguendo la scena compresero: la mano sinistra dell’albino era casualmente posata sul posteriore di Barma. Che non sembrava entusiasta.

«Come che faccio? Ti palpo!» canticchiò allegro.

«Lo vedo, e tu noti che non è gradito o sei cieco pure nella realtà?!»

«Ma veramente non sono cieco nemmeno nel film.» fece notare Break.

Rufus sogghignò: «Per ora.» sottolineò «La sceneggiatrice potrebbe sempre cambiare idea, ricordalo.» fece notare.

«Oh, oh» Break gli pungolò un braccio con il gomito: «Non dirmi che ti svendi alla sceneggiatrice?» insinuò malizioso e ricevendone uno simile di rimando dall’altro.

«Geloso?» chiese, ma l’espressione mutò in qualcosa che ricordava l’istinto omicida della regista e ad un’occhiata più attenta il motivo parve chiaro: la mano di Break era di nuovo casualmente sul fondoschiena di Barma, palpando senza nemmeno troppo ritegno.

Rufus fece per mollargli un cazzotto sulle gengive: «La smetti?!» sbraitò, ma Xerxes per tutta risposta gli infilò una mano nei pantaloni, in corrispondenza del medesimo punto palpato poco prima.

«Uhuhuh, no che non smetto!» lo prese in giro: «Ne ho tutto il diritto, Rufy, tu mi tratti male mentre giriamo le scene!» si lamentò, fingendosi ferito dal suo atteggiamento.

«Ma lo richiede il mio personaggio!» sbottò – in realtà lo richiedeva anche la sua voglia di fare violenza psicologica e fisica su Break, dove per fisico non si intendeva nulla di sessuale – ma Break non parve dello stesso avviso.

«Però anche il mio personaggio è malizioso.» fece notare, di nuovo con quel tono con cui quasi canticchiava anziché parlare: «Malizioso non è sempre sinonimo di “maniaco perverso”!» rimbrottò Rufus, sentendosi rispondere in coro una serie di “veramente sì”, “ma in che mondo vivi”, “guarda che siamo nel 2010 e non nell’età dei mutandoni alle gambe dei tavoli”.

Break lo guardò. Rufus seppe che non era nulla di buono.

Break palpò. Rufus lo prese per il bavero: «Ora mi hai—»

Cosa avesse fatto Xerxes, lo videro tutti. E fu immortalato da un immondo, immenso, gaio – dove “gaio” aveva doppia valenza – inconfondibile: «KYAAAAAAAAA!»

E Rufus finalmente ebbe una vaga idea di cosa potesse essere quella cosa che sul suo telefilm preferito – Dr. House Medical Division – avevano chiamato “esofagograstroduodenoscopia”.

Anche se supponeva che i dottori non la facessero con la lingua.

 

«Non chiamarmi "Ruf". Sai che non lo sopporto quasi quanto non sopporto te, Xerxes.» sibilò, il viso talmente vicino che i nasi si sfioravano. Break ridacchiò, osservandolo come se la posizione assunta dall'altro fosse una cosa abituale: le mani poggiate ai suoi lati, sulla parte in legno della sedia per poggiare le braccia e leggermente piegato in avanti, Rufus aveva avvicinato repentinamente il viso al suo. Lo sguardo severo come suo solito, le ciocche più corte dei capelli scivolate in avanti a circondargli appena il viso.

Break si sistemò sulla sedia non con nervosismo, al contrario con naturalezza: nel movimento, nel suo farsi leggermente più avanti verso il viso dell'altro per provocazione, le labbra quasi si sfiorarono.

Lasciò che le proprie venissero incurvate da un sorrisetto malizioso: «Ma tu mi sopporti eccome, professor Barma.» insinuò, quell'appellativo formale assolutamente in contraddizione con l'atteggiamento e la situazione in cui si ritrovavano in quel momento.

«Hai un'idea della sopportazione tutta tua, come al solito d'altronde.» rimbeccò Rufus, senza muoversi di un centimetro o cambiare espressione.

«Oh, andiamo.» lo riprese Break: «Non puoi pensare davvero di essere credibile visto che vieni al letto con me.» parlò chiaro, senza nemmeno un vago pudore.

Rufus lo osservò, lasciando cadere il silenzio per qualche istante. Gli diede quindi le spalle, tornando sui propri passi verso la porta che dava nella stanza dell'alloggio, quella da cui era venuto.

«Parola mia, Xerxes, fai perdere la fiducia nel genere umano.» fu il suo unico commento, mentre oltrepassava la soglia senza preoccuparsi di chiudersi o meno la porta alle spalle.

Break ridacchiò, prendendo la tazza deciso a finire il thé: «Sì, ti raggiungo subito in camera, Ruf

 

 

«Direi che questo valzer è perfetto per la scena, tienilo pure pronto per le riprese Agito.» decretò Yoko dopo aver ascoltato un paio di tracce sulle quali si era ancora indecisi.

Riprese quindi posto sulla sua sedia, facendo un cenno ai vari addetti ai lavori.

Gli attori furono in breve portati sulla scena e a quel punto pralinedetective si fece avanti posizionando il ciak davanti all’inquadratura: «La Barma fa il culo a Noah e Oz a lezione, prima. Ciak!» disse con voce chiara, allontanandosi mentre si iniziava a riprendere.

 

Noah si lasciò scivolare sulla prima panca libera: «Oz, ti prego, uccidimi.» implorò, fissando un punto dritto di fronte a sé, il resto della classe – ossia delle comparse – che scemava chi al bagno, chi verso le altre panche perdendosi in chiacchiere.

Oz sorrise, sedendosi affianco a lui: «Perché ti hanno pestato i piedi?» domandò, tirando ad indovinare.

Noah lo fissò allucinato: «… A parte che è più plausibile che io pesti i piedi a qualcuno. Ma no. Senti, perché devo esercitarmi a ballare se al ballo ci verrò per un incontro romantico col buffet?» ironizzò, fissandolo eloquentemente.

Oz ridacchiò appena: «Non lo so, perché?» chiese, curioso di sentire l’uscita dell’altro in proposito.

«Ecco, non lo so perché! Qualcuno lassù evidentemente mi odia! E sì, magari non sarò proprio stato un bravo bambino, ma se questo è Babbo Natale che porta rancore giuro che gli avveleno le renne quest’anno.» sibilò – suscitando in Oz una risata vera e propria.

«Che spirito natalizio…» commentò per prenderlo in giro.

«Si chiama “istinto di sopravvivenza”, Oz. Ma non mi stupisco, il tuo fa cilecca ogni tanto.» replicò di rimando.

 

Tutti seguivano con attenzione la ripresa della scena che stava venendo piuttosto bene.

All’entrata della Barma, Fiamma mosse il microfono con attenzione perché si sentissero chiaramente le battute, mentre bacinaruto con estrema professionalità guidava le luce in modo da rendere al meglio la ripresa.

Agito, dalla sua postazione, controllava come sempre video e audio contemporaneamente, le cuffie a coprirle le orecchie.

Fu mentre Oz avrebbe dovuto prendere la mano di Noah che si sentì un ringhio che somigliava ad uno “stop” e no, non era Yoko stavolta – lei fu occupata a voltarsi con sguardo spiritato verso il folle che aveva osato interrompere quella che sarebbe potuta essere la seconda scena fatta senza intoppi nel mezzo.

Niente meno che Gilbert Nightray stava avanzando quasi a passo di marcia verso il set: «Cosa vuoi?!» sbottò la regista, fissandolo mentre la scena si era chiaramente fermata.

«Tu stai facendo ballare Oz con Keynes!»

«Vatti a lamentare dalla sceneggiatrice se ci tieni tanto! E smetti di fare il geloso, che sei, un padre che non vuole lasciare la sua innocente bambina al lupo cattivo?!» sbraitò Yoko, fissandolo.

Ma Gilbert mise su un sorrisetto arrogante, sicuro di sé – quello che in “Rinnega il tuo nome” era considerato utopia per il suo personaggio – puntando poi il dito contro Noah: «Non azzardarti ad allungare le mani, caccola!»

«Ma se Marcus mi trucida se solo mi azzardo!» sbottò di rimando Noah, offeso nel suo animo di gentleman: «Oz, diglielo anche tu!» gli fece presente, spostando lo sguardo sul biondo.

Che aveva il proprio puntato a terra.

Noah assunse un’aria preoccupata quasi subito: «Ohi, tutto bene? Forse sei stanco perché sei in quasi tutte le riprese?» chiese, premuroso, ricevendo in risposta un cenno di negazione.

«Io…» mormorò, alzando lo sguardo e lo videro.

Capirono subito.

Oz era arrossito vistosamente; Yoko si schiaffò una mano in faccia – ormai era un rituale o qualcosa di simile: «Andiamo bene, gli è presa di nuovo una crisi di timidezza.» sbuffò.

«E-Ecco, non… non si potrebbe fare la scena senza dover stare così vicini per ballare?» trovò il coraggio di farfugliare. Il giovane attore aveva ormai risvegliato l’istinto materno – o l’istinto di protezione che potevi avere per una specie protetta del WWF – della maggior parte dei membri dello staff. Ciò era avvenuto nello stesso istante in cui si erano rese conto di quanto fosse timido, impacciato e pudico.

Sì, l’opposto del suo personaggio praticamente.

«…Qualcuno mi chiami l’addetto al cast, io non ho la forza mentale.» ammise Yoko, dandosi per sconfitta. Ebbene sì – ma solo per i prossimi dieci minuti.

Un brivido passò per le schiene dei presenti, mentre pralinedetective si avviava trotterellando a chiamare colei che tutto poteva, tutto voleva (più o meno) e che era niente più che un animale raro – correva voce che la sceneggiatrice la pagasse in grattini e che questo risollevasse un po’ il budget.

L’addetta al cast era l’unica non yaoista.

Ed ella giunse: passo felpato quanto quello di uno gnu che crepa di caldo, aria serena e pacata come quella di un suino al macello che vede il suo boia affilare la lama che reciderà la sua esistenza rendendolo salsicce, Meimei arrivò sul set.

Li fissò tutti, e si soffermò su Oz: «Che problema c’è?» chiese con un sorriso gentile.

Il biondo ne abbozzò uno un po’ più timido, ma incoraggiato quasi: «M-Mi dispiace per il disturbo, ma… mi sento un po’ a disagio in questa scena. N-Nulla contro Noah, assolutamente, lui è un ragazzo molto corretto! È solo che ecco… non sono bravo nei contatti con le persone e non vorrei c-che risentisse sulle riprese e il lavoro di tutti, perciò—»

Un piede pestò rumorosamente su un punto rialzato dal pavimento – uno dei bauli che conteneva qualcosa per le scene probabilmente: Meimei, in una posa che era la yakuza degli anime personificata, braccia incrociate al petto, lo guardò.

«Sta a sentire moccioso. Sei pagato profumatamente sai per fare cosa, eh? Lo sai?!» incalzò aggressiva: «Per stare lì a fare il deficiente incompreso dal mondo, depresso per il fratello crepato che scriveva diari apocalittici allo scopo di torturarti una volta che ci avesse lasciato le penne. Tra l’altro fai lo psicotico che fa sogni di dubbia origine: sei un adolescente, cazzo, dovresti fare sogni porno, PORNO! E con le donne, non con gli uomini, diamine! Dov’è finito il lato etero del mondo, eh? Io sto qua a sbattermi a vedervi fare pucci pucci senza concludere una beneamata ceppa da più di dieci capitoli di sceneggiatura e ora tu vieni a dire a me che ti senti a disagio? Sai quanto me ne fotte a me del tuo disagio, piccolo coso biondo insopportabile?!» sbraitò, agitandosi e gesticolando finché non lo vide.

Il labbro tremulo e lo sguardo da Gatto con gli Stivali di Shrek.

Alzò lo sguardo al cielo: «Oddio no, non metterti a frignare!» sbottò come se non fosse colpa sua tra l’altro.

Prima che Oz potesse dire qualsiasi cosa, tuttavia, Gilbert gli fu accanto e più precisamente lo stava abbracciando. Il biondo, visibilmente sorpreso, rimase fermo sul momento, senza capire.

«Io ti proteggerò.» sussurrò galante Gilbert, scostandosi appena e mantenendosi ad una distanza calcolata: «Non darle ascolto, se non vuoi avvicinarti a nessun altro che non sono io, per me va più che bene.» assicurò con uno di quei sorrisi con lo scintillio dei personaggi che si credono fighi – ah, il gioco di luci dei faretti!

«V-Veramente… m-mi vergogno un po’ anche con te, Gilbert-san.» ammise Oz impacciato e Meimei stava per gridargli contro qualcos’altro, ma si sentì quasi lanciare via.

Non ebbe bisogno di chiedere chi fosse stato. Il potente: «AWWWW» che le arrivò all’orecchio fu molto esplicativo.

Gilbert, voltandosi, notò uno stuolo di fangirl che li guardavano e sogghignò: dopotutto, perché non accontentarle?

Si mosse con gesti studiati: un braccio scese a cingere la vita di Oz, attirandolo a sé in un gioco di “sfiorare ma non toccare” fra i loro corpi; l’altra mano salì fino al volto del più giovane, due dita a prendere il mento con delicatezza. Il viso si fece vicino fino ad un certo punto, rimanendo ad una distanza calcolata. Gli occhi dorati si fissarono intensamente in quelli verdi dell’altro, ad animarli uno sguardo suadente quasi.

«Oz…» sussurrò sensualmente, le labbra che se solo si fosse fatto più avanti ancora avrebbero inevitabilmente sfiorato quelle dell’altro. Il biondo arrossì vistosamente, deviando lo sguardo di lato: «G-Glbert-san… davanti a tutti…» farfugliò.

Gilbert strinse la presa sulla sua vita, leggermente: «Non curarti degli altri, quello che conta non siamo forse noi due?» mormorò con lo stesso tono, volutamente modulato.

«P-Però…» tentò di nuovo il biondo.

Sarebbero andati avanti e chissà, forse avrebbero coronato il sogno di molte fangirl dello staff, ma Gilbert ad un certo punto capì che rimanere lì in quel momento e dando quel tipo di spettacolo, avrebbe potuto essere solo letale.

Glielo suggerirono vari versi, ma soprattutto un inquietantissimo: «Oh mio Dio, oh mio Dio! Gilbert sta facendo una scena d’amore con il piccolo Oz fuori dal lavoro! Awww, ma questo è amore vero, allora! Come sospettavo!» che aveva sperato appartenesse a Gioielle, o a chiunque altro.

Ma che poi aveva intuito appartenere tristemente a Vincent – il cui naso veniva tamponato dall’abile assistente riprese Kaho_chan per limitare la fuoriuscita di sangue.

E mentre metteva in pratica la recente decisione di imboscarsi con Oz dietro l’attrezzatura inutilizzata magari - «Sarò gentile, te lo prometto.» gli aveva sussurrato all’orecchio con fare figo – si era detto di non voler davvero sapere perché Vincent fosse un supporter della GilbertOz.

Anche quel giorno, come tutti gli altri ormai, qualcuno imparò una lezione su qualcun altro: Gilbert apprese che c’erano momenti nella vita in cui bisognava dare ad una fangirl ciò che era di una fangirl. Ma che bisognava farlo da dietro uno schermo, una barriera mistica o comunque qualsiasi cosa garantisse la tua incolumità – mai e poi mai dal vero.

 

«Ora, signor Keynes, passi la mano destra intorno alla vita del suo compagno.» ordinò.

Noah fissò Oz, senza muoversi: «Ciò vuol dire che posso risparmiarmi il baciamano, deduco.» commentò, portando il braccio dietro la schiena di Oz, circondandogli la vita alla meno peggio.

L’altro cercò di non ridere, più che altro.

La docente li osservò: «Ora, la mano libera a sostenere la mano della dama.» disse, aspettando che Noah eseguisse.

Sospirò come chi si vede costretto a ripetere per l’ennesima volta la stessa cosa: «Signor Keynes, educazione e cortesia vogliono che se anche la dama con cui si danza non piace la si deve trattare con il massimo riguardo. Perciò, a meno che il signor Bezarius non abbia qualche malattia contagiosa direi che può tenerlo più vicino a sé.» gli fece presente.

Quando fu soddisfatta almeno in parte della posizione iniziale dei due, la docente fece partire la musica: un valzer dei più comuni.

Noah mosse un primo passo non proprio convinto, mentre Oz lo seguiva; poteva facilmente immaginare il disagio e le imprecazioni dell’altro: essendo di famiglia medio locata, era quasi ovvio che non gli fosse mai capitato di dover partecipare a qualcosa di vagamente simile ad un ballo e che di conseguenza non avesse mai imparato.

Né sentito la necessità di farlo, oltretutto.

Per questo Oz non ebbe cuore di sottolineare che i suoi piedi non erano di gomma e che quindi le sei volte di seguito in cui glieli aveva pestati non erano passate inosservate; non lo aveva fatto presente all’altro anche per tutti gli “scusa” che Noah era stato capace di bofonchiare nell’arco di un valzer.

Probabilmente quello era un nuovo record a tutti gli effetti.

Aveva optato per la solidarietà di cui solo un amico vero poteva essere capace, e alla fine della lezione gli aveva proposto di sgattaiolare in mensa a chiedere una cioccolata calda.

«L’unica cosa che mi fa tornare speranza nella vita è il pensiero che non dovrò mettere in pratica tutto questo, quel giorno.» commentò Noah soffiando sulla tazza piena del liquido scuro e fumante.

Oz ridacchiò: «Non sei andato così male.» gli fece presente, un po’ sincero un po’ solidale.

Noah lo fissò eloquentemente: «Tu dov’eri, che lezione hai visto?»

 

 

Un mistero inquietante era serpeggiato tra lo staff di quel film.

Chissà per quale motivo, la regista Yoko891 aveva detto quella mattina appena arrivati: «Oggi non sarò io a dare lo stop alle riprese. Visionerò dall’alto.»

Nessuno aveva compreso l’intrinseco significato di quelle parole – avevano azzardato molte ipotesi, alcune anche banali e plausibili, ma avevano smesso quando si era iniziato a parlare di rapimenti alieni – ma non avevano certo potuto bloccare il lavoro di tutti.

Perciò, le veterane del gruppo avevano guidato tutte le altre per far sì che tutto andasse filato come avrebbe dovuto – e come non andava mai, ma vabbé.

Certo, c’erano stati alcuni piccoli ritardi dovuti alle incomprensioni o allo smarrimento di oggetti di scena.

«Ehi, qualcuno ha visto gli oggetti di scena dei Nightray?» chiese Kaho_chan, mezza testa affossata in un baule – ma di là non c’erano leoni parlanti, tassi che ti ospitavano nelle loro tane e fortunatamente non c’era nessun signor Thumlus.

«Hai guardato nel camerino di Oz?» fece eco qualcuno scatenando l’ilarità di molti e la voglia di sotterrarsi del biondo – tornato misteriosamente spettinato e arrossato in volto.

«Sì, vabbé, ma qui non si trovano le forbici di Vincent.» si sentì comunicare mentre tutti si chiedevano chi fosse così poco sano di mente da aver bisogno di quelle forbici.

«Le ho trovateee!» esclamò giuggiolina, indicando ai propri piedi come a dire “d’altra parte era la mia seconda opzione su dove potessero essere” e guidando nello stesso punto lo sguardo di molti dello staff.

Seduta per terra, gambe incrociate e con un grosso rotolo di negativo vicino – visto quant’era lungo qualcuno si aspettò di leggervi la dicitura “rotoloni regina” – lingua fra le labbra ed espressione concentrata, Talpina Pensierosa tagliava il negativo.

Con le forbici di scena di Vincent, sì.

«Tal, quante volte ti ho detto di non fregare gli oggetti di scena?» le fece notare giuggiolina e solo allora Talpina alzò lo sguardo verso di lei, quasi uscita dalla trance: «Eh? Ah. Sì. Vabbé ma mi serviva.»

«…Ma non è una spiegazione.» rimbrottò Kaho_chan dalla sua postazione, ma troppo tardi. Talpina era dedita al suo lavoro di addetto al taglio negativo tanto quando Vincent – il personaggio – era dedito a tagliare le bambole di pezza.

…Magari uno di questi giorni gli organizzavano un appuntamento fatto di cenetta a lume di candela, violino che strimpellava e roba da tagliuzzare.

Hai visto mai.

«Siamo pronti per la scena con Sirjan e Oz!» decretò DominoWhite vicino ad Agito, lanciando un’occhiata a Yoko che sembrava decisa a non occuparsi della scena quel giorno, lasciando il tutto all’aiuto regista.

Pralinedetective andò nuovamente al suo posto: «Sirjan e Oz amichetti del bosco di dubbio gusto di fronte ad una lapide, prima. Ciak!» dichiarò, ed iniziarono.

Quello che non sapevano, era che non si sarebbero fermati alla prima…

…trentina.

 

«Stop, stop, STOP.» sbraitò DominoWhite iniziando a capire quanto duro fosse lo sforzo di nervi che toccava a Yoko ogni volta, ogni scena, ogni giorno.

Sirjan assunse un’aria afflitta mentre Oz gli faceva un “pat pat” comprensivo sulla spalla con un sorriso gentile e consolatorio.

«Rifacciamo.» ringhiò Domino, e pralinedetective con la stessa vitalità di un bradipo in coma allungò la mano: «Sirjan e Oz amichetti del bosco e bla bla bla, cinquantatreesima. Ciak e che sia l’ultimo, Dio.»

Sirjan inspirò.

«Non ricordo di avertene parlato o meno, perciò forse mi ripeterò. Glen Baskerville si è suicidato, e ti assicuro che non aveva motivi “ufficiali” per farlo. Per questo molti suppongono che si sia trattato di qualcosa che non comprendeva problemi di alta società o che potessero emergere facilmente. Il motivo preciso, è qualcosa che nemmeno io so. L’unico che potrebbe parlarne è Glen, ma immaginerai tu stesso che non si tratta di qualcuno facile da avvicinare. E personalmente, non ho interesse nel farlo. Non sono un investigatore, il mio compito è solo mantenere celato quello che mi affidano in termini di segreti ed informazioni.»

Qualcuno tirò un impercettibile sospiro di sollievo, qualcuno iniziò a ponderare l’idea di credere ai miracoli e qualcun altro si chiese se ci aveva messo lo zampino il mago Silvan, ma poi tutto precipitò di nuovo, tristemente.

«Le persone menzionate da Jack sono Charlotte e Glen Baskerville. Lei è stata una servitrice di Glen per anni e non ha mai completamente accettato l’acimizia con tuo—»

«STOP! AMICIZIA, CRISTO SANTO, NON ACIMIZIA!» sbraitò Domino nuovamente e tutti interruppero il loro lavoro – chi le riprese, chi il controllo audio, che il fancazzismo.

Sirjan si alzò in piedi: che volesse prendere una posizione?

«Allora, stammi a sentire, avete dei dialoghi oblunghi! Che tanto il personaggio di Oz manco avrà capito tutto quello che ho detto, alla fine! Accorciateli, facciamoli separati, ma io mi dimentico e mi si inceppa la lingua, ok?!» sbottò frustrato il ragazzo.

AliceOfAbyss si fece avanti: «Adesso non facciamo le vittime! Se avevi lamentele sui dialoghi potevi dirlo quando hai accettato il lavoro. E poi scusami, ma se hai problemi di lingua ingegnati!» gli rispose.

«Alice, quest’ultima frase suonava di un male che tu nemmeno ti imma—» tentò ami90.

«Slingua con qualcuno, annoda gambi di ciliegie, fai gli scioglilingua prima di andare a dormire, ripeti sei volte “supercalifragi- quel coso lì” ma non incepparti che ci siamo rotti di fare la stessa scena più di cinquanta volte!» tagliò corto.

Domino guardò Yoko.

Lei era l’unica che potesse decidere sul serio cosa fare.

Ma la regista, il ritratto del relax, si limitò ad un: «Suvvia, possiamo tentare un’altra volta ancora, no? L’importante è che la scena venga bene.»

Il gelo attraversò la sala caduta in un silenzio più che religioso.

La quiete prima della tempesta.

«No, scusa, fammi capire.» partì in quarta una voce che – poi fu chiaro – apparteneva a Rufus Barma sopravvissuto dalla personalissima “giornata all’insegna del porno” di Break: «Se sbaglio io perché quel maniaco cerebroleso mi palpa cercando di consumarmi nel farlo mi mangi e se sbaglia cinquanta volte il moccioso va tutto bene?» insinuò, fissandola duro.

Yoko si voltò con molta calma, ma se avesse potuto lanciare saette con gli occhi Rufus sarebbe già stato incenerito.

«Ma cosa abbiamo qui?» disse con sguardo veramente ma veramente maligno e subdolo: «Osi lamentarti Barma? Innanzitutto mi sembra evidente da qualcosa molto più in basso del tuo presunto cervello che l’attacco maniaco di Xerxes non ti schifi, ma fingerò di non averlo notato sottolineandoti che se arrivi a fine mese è anche merito mio che ti do lavoro. E il dio denaro può tutto. Perciò smetti di fare la ragazzina isterica alla sua prima cotta e gentilmente non contraddirmi. Mi innervosisce i neuroni.» aggiunse, togliendo con un gesto non curante la polvere dalla propria spalla – tutta scena – e tornando a rivolgersi a Sirjan.

«Riprendi pure quando ti senti più a tuo agio.» assicurò premurosa.

«…sarà il potere degli ormoni?» azzardò Ami90 in un sussurro verso AliceOfAbyss: «Non lo so, ma se lo è ho paura. Da quando la nostra regista è così umana da farsi influenzare dagli ormoni addirittura? Non la intacca manco lo sguardo da B.A.C.H.U.M!» replicò.

«Il cosa?» chiese piuttosto perplessa l’altra.

«Ma dai, è famoso, è un pilastro del cinema! Lo sguardo da Bambi A Cui Hanno Ucciso la Mamma!»

Lo staff quel giorno apprese più di una lezione.

A, il regista può avere preferenze: nel caso, non contraddirlo.

B, il regista con le preferenze se lo contraddici diventa subdolo.

C, Rufus può essere molestato, tanto non frega a nessuno.

D, Bambi ha segnato la carriera di molti. Amen.

 

«Le persone menzionate da Jack sono Charlotte e Glen Baskerville. Lei è stata una servitrice di Glen per anni e non ha mai completamente accettato l’amicizia con tuo fratello. Tutti e tre i fratelli Nightray: anche se non so dirti quanto Gilbert ricordi dopo l’amnesia che sostiene di aver avuto. E… c’è qualcuno, fra le persone a te vicine, Oz. Qualcuno che volente o nolente non ti sta dicendo la verità. Ma il suo nome, non posso dirtelo.» dovette ammettere, per quanto le sue intenzioni fossero buone.

Si alzò, così senza preavviso che Oz sussultò involontariamente.

Fece per dire qualcosa, vedendolo togliere qualche filo d’erba rimasto sui pantaloni e in procinto di andare via, ma il maggiore lo interruppe.

«Ma ti dirò questo.» aggiunse, quasi volesse farsi… perdonare, per la mancanza del nome?

«So che sarà doloroso. Ma cerca di arrivare in fondo a quel diario, è l’unica cosa che non può mentirti dal momento che è stata scritta dallo stesso Jack, e che non ha restrizioni su cosa può rivelarti e cosa no, come invece ho io. Ti consiglio di andare da Xerxes Break, ma dopo averlo letto e solo quando avrai domande precise da porgli. Lui cercherà di metterti alla prova, ti farà sudare quelle informazioni: anche con parole crudeli o subdole insinuazioni. Ma se riesci a dare a lui e Barma quello che vogliono, o ad entrare nelle loro “grazie”, sono alleati preziosi se davvero hai deciso di andare in fondo a questa storia.» continuò, quando mai aveva parlato così a lungo e rivelato così tanto.

 

 

Come fossero arrivati a tutto quello, nessuno di loro in realtà avrebbe saputo dirlo.

Era partito tutto nel modo più ingenuo e insospettabile del mondo: una pausa pranzo.

Eppure si era trasformata in breve in una carneficina – vabbé, non proprio dai: Yoko aveva detto a Meimei di chiamare Elliot e Reo, che tecnicamente quel giorno non avrebbero dovuto fare riprese, ma dal momento che si era liberato del tempo erano chiamati a lavorare comunque.

Mentre Meimei gesticolava parlando al telefono – le dolci parole quali “me ne frego che si deprime perché non gli viene Lacie, vorrà dire che suonerà in playback, moccioso viziato!” fecero supporre che parlasse di Elliot con il povero Reo – la porta si era aperta e un furente Glen seguito da uno scodinzolante Jack si era fatto avanti.

Aveva raggiunto Yoko, che aveva alzato lo sguardo dalla sua ciotola di ramen precotti annoiata.

«Ora io e te parliamo. Pretendo una spiegazione scientifica e soprattutto sensata per questo evidente trattamento ai limiti del razzismo.» se ne uscì fissandola – ciao ciao eleganza e portamento che ostentava nel film.

Yoko prese una generosa porzione di spaghetti, scolò un po’ del brodo, portò le bacchette alle labbra; masticò con gusto e ingoiò. E lo fissò.

«Ah, sei ancora qui. Che razzismo?» chiese apatica.

Glen si disse che non avrebbe trovato lavoro in futuro se fosse girata la voce secondo la quale ammazzava i registi – anche se lo spadino che fungeva da oggetto di scena, magari…

«Qui non si ha il rispetto per gli anziani. Insomma, fanno un’opera originale e il mio personaggio fa l’ombra figa per quaranta capitoli senza che lo si veda. Ci fate un film e o parlo con presunti spiriti felini o possiedo corpi aitanti di giovanotti. Cos’è questa diversità di trattamento, eh? Che io sono pure allergico al pelo di gatto, fra le altre cose!» sbottò offeso.

«…Aitanti giovanotti?!» fece eco Gioielle – probabilmente era il richiamo del sangue (o degli ormoni) che le aveva permesso di cogliere quell’unico pezzo del discorso – mentre Yoko liquidava il tutto con un: «Già che li definisci aitanti non ti dispiace. A parte che sembri un vecchio bavoso maniaco, ma…» lasciò in sospeso.

«COSA?!» urlò praticamente, ma fu fermato.

No, niente accoltellamenti e no, non fu nemmeno l’Abisso del film che gli fece bubù settete terrorizzandolo. Naah, nemmeno Yoko che gli rovesciava il ramen in testa.

Fu una mano che gli scompigliò pucchosamente i capelli: «Dai, Glen, danno a te questo ruolo perché hai esperienza e sei uno dei pochi che può portarlo a termine con efficienza.» gli spiegò un Jack Bezarius che in quel momento esibiva una delle sue espressioni da cucciolo bagnato migliori.

Glen lo guardò. Borbottò qualcosa.

E si arrese.

Lo staff rimase allibito come tutte le volte.

«…Ma ci crede veramente? Cioè, che quello di Jack sia un complimento vero?» chiese in un sussurrò Gloglo_96, turbata nel profondo.

«No, non hai capito. Jack è serio.»

«…stai scherzando.» si rivolse a giuggiolina che l’aveva profondamente turbata con quella rivelazione.

«Macché. Magari scherzassi e invece no. Jack è convinto di quello che dice, è che Glen non ha la forza di dirgli di no.» chiarì con espressione grave.

«Lo ama troppo?»

«No, Jack gli passa la polvere che sembra talco ma non lo è.» ammise rivelando quel terribile segreto – altro che tragedia di Sabrié.

«Bene» esordì di nuovo Yoko dopo aver bevuto il suo amato brodo di ramen: «Se nessuno ha nient’altro da obiettare, io—»

«Adesso basta, ok?! Basta!» si sentì gridare dalla stanza adiacente.

Yoko portò una mano a massaggiarsi una tempia più pazientemente possibile mentre la porta si apriva – alt, veniva scardinata era più appropriato – e qualcosa di nero e peloso avanzò vero di lei.

Dopo aver velocemente vagliato diverse opzioni sulla natura di quel coso, come la possibilità di uno Yeti del sud e quindi abbronzato, un homo erectus mai sviluppatosi oltre quello stadio, uno che non conosceva un buon estetista e l’animale impagliato di Glen (Jabb-qualcosa) Yoko riuscì a riconoscere uno dei suoi attori.

«E tu che vuoi?» si rivolse a Cheshire.

«Sono stufo di fare il gatto in questo film, ok?! Sto diventando un felino sul serio e quella PSICOPATICA mi lancia gomitoli!» esclamò indicando una makoto saltellante che entrava in quel momento al suo seguito.

Yoko rise sadicamente – ma nessuno se ne stupì davvero – specie quando la scenografa raggiunse Cheshire con lo stesso sguardo di quando aveva guardato la scena con Vincent e Gilbert.

Si piegò sulle ginocchia.

Allungò una mano con un tondo, rosso gomitolo.

«Eddaaai, vieni a giocareee» lo chiamò con voce melensa.

Cheshire si voltò allarmato verso Yoko: «Lo vedi?! Continua così da ore! Mi dà dei croccantini a pranzo, mi tira gomitoli, pensa che mi faccia schifo lavarmi! Se continua così diventerò un gatto sul serio!» spiegò inquietato e la regista lo guardò – ignorando l’imminente pericolo di makoto.

«…Vai già in estasi per l’erba gatta?» indagò serissima.

«No ma fra un po’ sputerò pelo e cagherò in una lettiera!» sbraitò lui: «Salvami prima che mi porti al lato oscuro!» aggiunse.

«Tranquillo» si mise in mezzo Gweiddi spuntata da chissà dove: «Saresti in famiglia, ci siamo tutte.»

«Mi viene quasi voglia di dire “che culo”!» sputò lui velenoso.

Ma non si rispondeva mai male a Gweiddi senza pagarne le conseguenze – momentaneamente espresse dal sorriso del demonio che le increspava le labbra: «Bene. Allora muori nei tuoi bisognini. E spera che siano “ini”.» concluse.

Ciò che lo staff imparò l’ultimo giorno delle riprese, fu che nel loro gruppo di lavoro c’era qualcosa di profondamente insano e grottesco, sì.

E pensare che la sceneggiatrice non si faceva mai vedere non faceva ben sperare manco per niente.

 

 

Alla fine, comunque, erano tutti lì a festeggiare.

Non erano finite le riprese, certo, ma quelle che avrebbero dovuto concludere entro il giorno prima erano miracolosamente riusciti a far sì che venissero fatte. Avrebbero ritardato un pochino con il montaggio e la sistemazione dell’audio, certo – sai, fra un’imprecazione e l’altra degli attori da coprire… – ma la cosa certa era che il lavoro fosse in un modo o nell’altro concluso.

Perciò si erano presi una serata per bere qualcosa e mangiucchiare qualcos’altro tutti insieme, perché alla fine la lezione più importante era l’armonia di un team quando la situazione lo richiedeva.

E loro erano riusciti a funzionare quando la scadenza si era fatta vicina.

«Ah già, a proposito di scadenze, ma la sceneggiatrice non viene nemmeno oggi?» domandò Fiamma, rivolta a Gioielle.

Non era un mistero che di tutto lo staff, a parte la regista, la scenografa e la costumista per ovvie ragioni, la presa diretta fra tutto il loro gruppo e la sceneggiatrice fosse Gioielle.

C’era chi diceva che fosse la sua musa, ma la ragazza una volta aveva svelato il mistero: «Il fatto è che Shichan spesso non si ricorda cosa ha messo in certe scene e siccome io rileggo spesso senza un motivo preciso, lo chiede a me.» aveva spiegato candidamente – ma molti si erano chiesti: ma che sceneggiatrice è una che si scorda quello scrive?!

«Oh, eccola! Shichan!» esclamò Gioielle verso la porta e tutti si voltarono.

C’era chi la sceneggiatrice – Shichan appunto – l’aveva immaginata come una persona distaccata e presa dalla diligenza verso il proprio lavoro.

Chi si era immaginato una in stile mangaka con tanto di mandarino in testa.

Qualcuno forse aveva azzardato l’immagine mentale di una vera e propria eroina, e qualcun altro invece aveva proiettato nella sua mente un’adulta fatta e finita.

Sicuramente a vedere una in pantaloncini (da maschio) e canotta (da maschio) con i capelli legati (stavolta da femmina) e gli occhiali, con fogli e penna in mano e l’aria disperata, tutte quelle ipotesi morirono in molti modi, e luoghi – magari anche laghi, se qualcuno s’era affogato nel water dalla disperazione.

Cadde il silenzio e Yoko si fece avanti.

«Non so che succede, ma so che non va bene per niente.» la fermò sul nascere.

E Shichan la guardò. Con occhi colmi di lacrime – Yoko decise che Shichan e Jack non dovevano frequentarsi: quella ragazza stava padroneggiando un po’ troppo la tecnica del cucciolo bagnato.

«Yokochan…» piagnucolò.

«C-Che c’è?» replicò muovendo un passo indietro molto lentamente – magari si buttava per terra  a pelle d’orso e si fingeva morta, in caso estremo.

«Io… io…» iniziò, tirando su col naso: «Non ho il capitolo 16 della sceneggiatura pronto.»

«…Ma dovremmo iniziare dopodomani le nuove riprese.»

«Lo so.»

«E perché non è pronto?!» sbraitò.

«Perché mi si è complicata troppo la trama e non riesco a sbrogliarlaaaa» ammise scoppiando a piangere – nascondendo abilmente nella tasca il collirio.

E mentre lo staff si chiedeva a chi cavolo avessero dato retta per quindici capitoli di sceneggiatura, Gioielle teneva Yoko in modo che non azzannasse Shichan e qualcuno sventolava Gioielle perché non svenisse allo shock di avere una sceneggiatrice così scema, nel suo angoletto Artemis89 finiva il suo lavoro di segretaria di edizione, ossia colei che curava la stesura del diario di lavorazione con tutti gli aneddoti sulle riprese.

 

Anche oggi è una giornata tranquilla. Abbiamo impiegato una mezza esistenza per le vecchie riprese e mentre ci rilassavamo felici di essere nella tempistica, abbiamo scoperto che sicuramente saremo indietro con le prossime.

Rufus Barma vuole fare causa per molestie, Glen e Cheshire sputacchiano palle di pelo insieme, Elliot è migrato come gli augelli, Vincent è ancora preda dell’emorragia dal naso.

Yoko sta cercando di effettuare una mutazione in vampiro per azzannare la giugulare della nostra sceneggiatrice, il che potrebbe essere un problema se morisse davvero.

Il nostro gruppo è scemo come sempre, su questo non c’è dubbio. Ma la sceneggiatrice sembra molto felice di averci con lei, perciò in qualche modo andrà tutto bene.

 

 

Due parole dall’autrice

 

Scriverla per me è stato divertente. Forse ho un senso dell’umorismo tutto mio, ma spero davvero che possa avervi strappato almeno un sorriso XD

“Rinnega il tuo nome” compie un anno di pubblicazione (lo compiva tre giorni fa ma vabbé, siamo lì dai XP)

E nonostante io faccia capitoli oblunghi, e non abbia proprio l’aggiornamento veloce, mi avete seguita e di questo vi ringrazio *inchino*

 

Spero che nessuno si sia sentito offeso da parole che gli ho fatto pronunciare XD

La differenza dei ruoli e dello spazio nella fanfic, è dovuto al fatto che con alcuni potevo prendermi più libertà conoscendoli da molto tempo o avendo avuto diversi scambi anche per msn magari o essendo riuscita ad evincere qualcosa dalle recensioni ad esempio.

Perciò non è che c’è qualcuno più importante di qualcun altro eh XD

Un sentito ringraziamento a tutti quanti nella stessa maniera; il 16 ritarderà un po’, ma pazientate: metterò la parole fine a “Rinnega il tuo nome” (perché a differenza della me stessa in questa oneshot, io so come va a finire tutto XD).

   
 
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