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Autore: Ariadne Oliver    12/08/2010    2 recensioni
Incontro immaginario tra Cesare Borgia e Leonardo Da Vinci, poco tempo prima della celebre Congiura di Senigallia
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anonimo, Incontro tra Niccolò Machiavelli, Cesare Borgia, Don Miguel De Corella e il cardinale Pedro Loys Borgia, 1500 circa
(Roma, collezione privata)

 

In effetti non avrebbe potuto essere vestito che di rosso.
Una lunga tunica di velluto morbido, con ricami d’oro e perle.
Il fuoco che ardeva nel camino si dichiarava, col suo crepitio eccitato, suo fratello.
Leonardo non gradiva particolarmente gli incontri col Valentino, ma non aveva mai osato sottrarvisi.
Non che ne avesse timore, ma ogni volta che si trovava al suo cospetto per riferirgli del proprio operato sentiva di dover alzare un invisibile muro di difesa, come se non ci si potesse offrire vulnerabili al suo sguardo.

Uomo d’arme in tutto e per tutto

Quel giovane principe doveva essere stato abituato fin da bambino a cercare i punti deboli del proprio interlocutore, tanto che ora la cosa gli veniva spontanea, suscitando negli altri una comprensibile reazione di disagio.
Leonardo si stava sforzando di superarla.
Il Duca Valentino era un soggetto tutto sommato interessante da studiare.
Nell’ascoltare sapeva atteggiare il viso in pose neutre di condiscendenza elargita a piccole dosi, l’atteggiamento tipico del sovrano che sa di avere ben saldo nel pugno il proprio regno.
Tuttavia, Leonardo aveva imparato presto a leggere i piccoli bagliori del suo sguardo per capire quando la curiosità faceva capolino, rendendo più umano quel dipinto vivente di audacia e ferocia.
Sapeva che il Valentino aveva un lato giocoso e bambino, e vederglielo tirare fuori anche solo nello sgranare gli occhi o nello schiudere le labbra lo riempiva di soddisfazione.
Era allora, che si pentiva di aver temuto l’incontro, quando poteva studiarne il viso allungato senza temere reazioni di sorta.
Il Valentino, con quei capelli ricci dai riflessi rossi, gli ricordava Salai, il suo amante.

Forse perché entrambi sono emissari del Diavolo

Ma era un’illusione che durava poco, il tempo di incappare nei lineamenti marcati, nelle labbra piene che emergevano dalla corta barba e negli occhi neri.
Cesare Borgia poteva essere estremamente sensuale, quando voleva.
Una sensualità maschia decisamente lontana dai suoi gusti e dalle sue pulsioni, ma viva e forte.
Era un peccato, incontrarlo sempre in occasioni così ufficiali.
Avrebbe voluto vederlo più spesso sul campo di battaglia, proprio com’era capitato ad Urbino.
Forse allora si sarebbe deciso a ritrarlo, magari anche solo attraverso uno schizzo. 

-Maestro Leonardo, c’è qualcos’altro di cui avete bisogno? Lo sapete: per voi sarei disposto a dilapidare le fortune del Vaticano.

Leonardo scuote il capo, trattenendo a stento un sospiro.
Il Valentino si era di nuovo allontanato, sfoderando il sorriso di lusinga che usava per invitare i suoi vassalli a parlare. 

Chissà se è lo stesso che usa quando ordina un’esecuzione 

-Allora siate sollevato: per questa volta non c’è bisogno di mandare Roma in rovina. 

Gli occhi tornano a sgranarsi, le labbra a schiudersi.
Leonardo sente di nuovo di essere lui, quello che tiene le redini di quell’incontro.
Il Valentino corre a cercare lo sguardo del suo segretario, Don Miguel de Corella.
Occhi neri che ammiccano verso altri occhi neri.
Don Miguel è ombra già nell’incarnato bruno, e più ancora nella piega sinistra del sorriso.
È lo specchio che riflette i pensieri del Valentino, spogliandoli di ogni orpello.
A legarli c’è, mescolata, la complicità dei briganti e quella dei soldati. 

Monelli che tirano sassi per gioco 

Monelli che usano la penisola come un vicolo in cui scatenarsi. 

-Con queste vostre parole, avete fatto felice Sua Santità. 

Il tono, questa volta, ha una sfumatura più calda e profonda, lo sguardo si assottiglia.
Leonardo sente di aver oltrepassato una soglia, di essersi avvicinato al duca senza aver mosso un passo, come se il suo carisma fosse in grado davvero di accorciare le distanze comprimendo lo spazio. 

-Mi preoccupa molto di più fare felice voi. 

Lo sguardo di Leonardo è aperto e franco, l’unico ornamento delle sue parole il senso pratico. 

-Dunque, devo dedurre che anche voi, come il vostro caro amico Vitellozzo, temete di venir divorato dal dragone? 

Il Valentino scambia di nuovo uno sguardo d’intesa con don Miguel, che si limita a mantenere inalterato il suo sinistro sorriso.

-Soprattutto: credete anche voi che io sia davvero un dragone? 

Leonardo inspira a fondo, raccogliendo i pensieri.
Il Valentino si sta chiaramente prendendo gioco di lui, e ovviamente non ha voglia di dargli la soddisfazione che brama. 

-Io credo che voi siate un ottimo condottiero e un altrettanto valido signore, altrimenti non avrei accettato di servirvi. 

Piega le labbra in un sorriso mellifluo, palese imitazione dei modi del duca.
Cesare lo osserva a lungo, prima di rispondere. 

-L’ambiguità è dei vili e io speravo che voi non lo foste. 

Leonardo rimane in piedi immobile, senza abbassare lo sguardo. 

-L’ambiguità è una delle vesti di cui si maschera la prudenza, e la prudenza è la prima dote di chi vuole salvarsi in guerra. 

Il Valentino piega appena le labbra. 

-Se fossi stato sempre prudente, a quest’ora non avrei tutto quello che ho.
-Al contrario: se non foste stato prudente, probabilmente non sareste andato oltre le avventure di alcova.

Cesare distende finalmente il viso, annuendo ammirato.

-Ora che avete appurato che potete parlare liberamente, Maestro Leonardo, siete disposto, alfine, a darmi il giudizio che bramo? 

Il Da Vinci scuote la testa sconsolato.
È davvero impossibile far desistere Cesare Borgia da alcunché. 

-Perché vi preme tanto sapere cosa penso di voi? Non è nel vostro modo di fare cercare rassicurazione.
-Non è una rassicurazione, quella che cerco. Ho bisogno della vostra sincerità, ci terrei a titolo personale. 

Leonardo solleva le sopracciglia, dubbioso. 

-Così da poterla sbandierare a destra e a manca? 

Cesare, piccato, batte un pungo sul bracciolo della pesante sedia su cui è seduto. 

-Maestro Leonardo, a tal punto la vicinanza di quel sangue marcio del Vitelli ha influenzato il vostro giudizio? Davvero pensate che io vi metta sullo stesso piano di quella massa di bifolchi perdigiorno romagnoli che di continuo vengono ad elemosinare qualche commessa? 

Leonardo scuote la testa, cacciando un sospiro.
Sotto questo punto di vista non può certo dare torto al Valentino. 

-La domanda che avete appena posto in realtà ne contiene due, e ad entrambe accetterò di rispondere senza indugi. No, la vicinanza del Vitelli non mi ha condizionato affatto, so scindere la simpatia personale dai miei doveri. Su quanto effettivamente penso che mi stimiate … so che per voi sono un bene prezioso. E so che c’era sincerità nelle parole che avete fatto scrivere nell’editto con cui mi avete proclamato vostro ministro.
-Ma per voi sono e resterò sempre una bestia feroce di cui diffidare, non è così? Nonostante siano i miei generali quelli che stanno tramando per eliminarmi! 

Il duca prende a mordersi un labbro.
Per la prima volta Leonardo Da Vinci prova pena nei suoi riguardi.
Era certo che le trattative con i congiurati fossero solo una manovra atta a prendere tempo, come gli aveva indirettamente confermato anche il Machiavelli, ma era comunque evidente che quella situazione di costante pericolo stavano mettendo a dura prova i nervi del Valentino. 

-Non vi tradirò, Eccellenza: perché mai dovrei farlo? Io sono fedele solo al mio sapere, e voi mi permettete di espanderlo molto più di altri signori di cui sono stato al servizio. 

Leonardo prova a rivolgergli la stessa benevola condiscendenza che si riserva, solitamente, agli infanti.
Il duca Valentino scambia un nuovo sguardo d’intesa col suo segretario. 

-State usando gli stessi argomenti che, mi hanno detto, avete usato contro Vitellozzo per sfuggire alle sue insistenze. Fate il Ministro della Guerra, ma non volete sentir parlare di politica. 

Leonardo, adirato, riesce a stento a trattenere la propria ira. 

-Mi avete fatto spiare e conoscete già le risposte alle domande che mi state rivolgendo. Mi stupisce che questa conversazione stia avvenendo in un salone e non nelle segrete. 

Cesare non riesce a trattenere un ghigno soddisfatto.

-È proprio per l’eccezionalità del vostro intelletto, e perché conosco le risposte alle domande che vi sto rivolgendo, che questa conversazione si sta svolgendo in un salone e non nelle segrete, come voi avete appena detto.

Si alza dallo scranno, portandosi di fronte a Leonardo.
La sua figura alta e massiccia sovrasta abbondantemente quella del maestro fiorentino. 

-Da quando siete entrato in questa stanza non ho fatto altro che cercare di farvi capire quanto io vi ammiri, e quanto sia disposto a fare per permettervi la più completa libertà d’azione, mentre voi non avete esitato a trattarmi con disprezzo. Come faccio a non credere che c’entri Vitellozzo in tutto questo, me lo spiegate? 

Leonardo sente il respiro del duca accarezzargli il viso.
La sua vicinanza è davvero simile a quella di una bestia feroce, con quegli occhi neri spalancati e furenti, e le narici dilatate dalla rabbia. 

-Quindi è tale, il potere che attribuite al Vitelli, Eccellenza? Se davvero mi ammirate tanto quanto andate dicendo, dovreste sapere che non è sulle chiacchiere altrui che fondo i miei giudizi. 

Leonardo sfoggia la sicurezza di un giocatore d’azzardo, ma sa benissimo che potrebbe volerci un attimo per ritrovarsi alle spalle il De Corella, pronto a stringergli una corda attorno al collo.
Per ora il segretario del Valentino si sta limitando ad osservare la scena in silenzio, ma lo sguardo con cui lo sta fissando non lascia intendere nulla di buono. 

-Preferite l’osservazione diretta, lo so, ed è proprio di quella che vi sto chiedendo di parlarmi. Ma voi continuate a non capirmi, Maestro, e ad evitare le mie domande con grande abilità. 

Nella stanza cala un silenzio pesante, che nemmeno il crepitio del fuoco riesce a spezzare. 

-A Roma mi hanno raccontato che amate dilettarvi nelle giostre dei tori. 

Il Valentino aggrotta la fronte, interdetto.

-Sì, e allora?
-Vi fidate mai del toro, quando siete nell’arena?-

Il duca alza un sopracciglio, ma comincia a capire dove Leonardo voglia andare a parare.

-No, nemmeno quando è un vitello. Anzi, visti i tempi che corrono, soprattutto quando è ancora un vitello.

Leonardo sorride trionfante.

-Bene, allora non vedo perché dovrei farlo io, che delle lotte coi tori sono profano. 

Il Valentino si arrende, scoppiando in una fragorosa risata.

-Sentito, Miguelito? Il maestro ha più coraggio di certe canaglie di nostra conoscenza. E ha timore tanto dei vitelli quanto dei tori! Potevo trovare ministro migliore?
-Certo che no, señor. Il sapere è un padrone potente che sa difendere bene i suoi vassalli.

La voce del De Corella è bassa e cantilenante, caratterizzata da un accento catalano decisamente più marcato di quello del suo signore.
Non ha perso una certa ostilità nello sguardo, simile a quella di un cane da guardia.

-Non tutti, Miguelito: solo quelli che gli sono veramente devoti. Come me, del resto.

Leonardo non può davvero fare a meno di restare affascinato dall’affinità tra il Valentino e il suo segretario.

-Che mi crediate o no, Eccellenza, io mi sento davvero onorato di poter godere dell’appoggio incondizionato di entrambi.

Cesare Borgia lo squadra di nuovo a lungo.

-Io vi credo, Maestro Leonardo, e sempre lo farò. Ma per il vostro bene, continuate a tenervi fuori dagli affari della politica, e a concentrarvi sulle cose inerenti la guerra. Questo è un anno difficile per tutti.

Leonardo annuisce.
Non ha mai abbassato lo sguardo, ogni volta che il Valentino lo ha aggredito col suo.
Forse è davvero per questo che, a differenza di altri, ha potuto parlare con tanta franchezza al duca in un salone anziché confinato in una cella.
O perché da lui abbia ricevuto solo attestati di stima, anziché pugnale e veleno.
Quando si ritrova finalmente solo nella propria stanza si lascia cadere pesantemente sul letto.
La fiamma del camino crepita con lo stesso sinistro bagliore degli occhi del suo attuale signore.
Rossa, come l’ambizione che non conosce limiti.

   
 
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