Nontiscordardime
‹‹Posso
partire?››
La voce dolce
di Padmé attraversò
foglie e rametti. ‹‹Sì, Ani!››
Le aveva dato
un giusto,
cavalleresco vantaggio. Dopotutto, la sua amata non aveva il dono della
Forza,
ed era molto ingombrata dalle falde larghe del suo abito. Dopo aver
inspirato
uno dei caldi raggi di sole di quella giornata, Anakin sorrise ed entrò
nel
labirinto.
L'erba e il
fogliame caduto
scricchiolavano gentilmente sotto i suoi stivali, e, da qualche parte,
sentiva
l'eco dei passi della sua Padmé.
‹‹Milady, in
quanto tempo volete
essere presa?››
Arrivò, da
oltre qualche alta
siepe, una risata gentile. ‹‹Non mi prenderai mai, Ani!››
Il commento
lo fece solo
sorridere. Erano questi i loro divertimenti mattutini, quando non vi
era altro
che il loro amore. Anakin svoltò a sinistra, poi a destra, quindi pensò
di
tornare indietro e prendere l'altra biforcazione che gli si era
presentata, ma
scoprì di non essere più nello stesso punto dal quale era partito. Si
fermò e
si grattò la testa.
‹‹Padmé?››
chiamò. ‹‹Dove sei?››
La voce di
Padmé arrivò da
lontano. Doveva essere vicina al centro. ‹‹Nessun indizio, mio
cavaliere!›› E
dopo una pausa: ‹‹E Ani, non usare
‹‹Se c’è
qualcuno che sta
imbrogliando, Milady, quella siete voi,›› disse Anakin. ‹‹Conoscete
molto
meglio di me questo labirinto.››
Un sorriso
pigro si allargò sul
volto di Anakin. Quando l’avrebbe trovata, l’avrebbe condotta alla
villa
tenendole la mano. Sul palmo avrebbe riconosciuto tutte le linee che
aveva
memorizzato fin dalla prima volta in cui aveva tenuto quella mano nella
sua;
sul dorso, avrebbe accarezzato la pelle morbida come il velluto.
Dopo un
attimo di contemplazione,
Anakin si lanciò con più determinazione all’inseguimento. Più di una
volta
dovette ricordare a sé stesso di non cedere nelle facile tentazione di
utilizzare
Sentiva i
passi delicati della sua
Padmé. Era sempre oltre una siepe, sempre
soltanto una; e a volte gli pareva di sentire il suo respiro e lo
spandersi
della sua fragranza nell’aria. Cosa potevano essere? Rose, violette o
nontiscordardime?
In una di
quelle, mentre cercava di recuperare la propria
bussola, si fermò: e il suo occhio venne catturato da un discreto
forellino
nella siepe. Un po’ incuriosito, fece un
passo avanti nell’erba alta: e subito dall’altro lato si
sentì un
gridolino divertito e il suono di una corsa veloce.
‹‹Ah, ora sì
che ti prendo!›› gridò Anakin, e svoltò e si
diede alla corsa giù per il lungo corridoio di siepi. Non era così
semplice, in
quanto la sua Padmé era una creatura agile e snella, e non pareva
essere
rallentata dagli abiti voluminosi che amava indossare anche d’estate.
Quando
l’avrebbe catturata, l’avrebbe condotta per mano
alla villa, e lì avrebbero pranzato insieme. Padmé gli avrebbe offerto
il
dessert dal suo cucchiaino, i suoi occhi pieni di promesse.
Svoltò e sì!,
alla fine del corridoio finalmente vide
giusto un lembo traditore di stoffa porpora, presto scomparso dietro un
altro
muro vegetale.
Ma quando fu
lì, aspettandosi di vedersela davanti, scoprì
invece un antipatico incrocio.
‹‹Mia cara,
verrai severamente punita per questa
monelleria, dopo!›› disse ad alta voce, sentendo che era lì vicina e in
ascolto.
‹‹Non vedo
l’ora,›› disse Padmé, la sua voce una mescola
perfetta di allettante malizia e innocenza divina. E come l’avrebbe
potuta
punire, dunque? Anakin aveva molte idee in proposito, decisamente. Il
sole,
bruciante di giallo e di bianco, parve ammiccargli: era suo complice.
Rinfrancato
da piacevoli immagini di cibo e d’amore,
Anakin prese la via alla sua destra, sentendo che Padmé doveva
nascondersi da
quelle parti. Aveva un po’ barato, ma non era proprio un crimine
imperdonabile:
dopotutto, era soltanto uno stratagemma per portarli più vicini al
soleggiato
pomeriggio in riva al lago che li attendeva, e la ritrosia di Padmé era
soltanto una maniera per rendere più intrigante la caccia.
Ora più
attento e strategico, Anakin prese un paio di
corridoi con deliberata lentezza, facendo attenzione a non far rumore.
Anche
l’erba era sua complice, perché, alta e rigogliosa com’era, attutiva il
suono
di ogni suo passo; invece, un leggero rimescolio di foglie cadute da
qualche
parte alla sua sinistra lo indirizzò sulla strada giusta. La natura era
dalla parte dell'innamorato.
‹‹Dunque,
milady, avete dei progetti per questo
pomeriggio?››
Padmé, ora
piuttosto vicina, non gli negò la sua risposta.
‹‹Possibilmente. Ma soffro di una certa solitudine, ed ho davvero tanto
bisogno
di un compagno, se non voglio sprecare il meriggio nelle mie solite,
noiose
occupazioni. Avresti qualche suggerimento, qualche idea?››
Anakin finse
di pensarci su. ‹‹Ora che mi ci fate pensare,
direi proprio di sì.››
‹‹Parli di un
uomo alto, forte e bello, dagli occhi
azzurri come il nostro bel lago e i capelli biondi come la sabbia?
Quell’uomo?››
‹‹L’uomo che
ti ama,›› rispose Anakin, con una sincerità
talmente semplice e bruciante che avrebbe potuto scavare da sola un portale tra i loro cuori,
attraverso le
siepi, lo spazio ed il tempo.
L’avrebbe
amata quel pomeriggio, dopo il dessert:
l’avrebbe presa tra le braccia, e l’avrebbe portata su per gli scalini,
verso
la loro alcova. Nell’afa sognante del primo pomeriggio egli l’avrebbe
spogliata
dei suoi abiti sontuosi, scoprendo le altrettanto maestose distese di
candida
pelle, e avrebbe dedicato un’era alla venerazione del neo solitario che
ornava
la sua spalla, e due ere a quello che decorava il lato del seno destro;
e altre
ere sarebbero trascorse nelle dovuta contemplazione di quel mistero che
era la
sua amata.
‹‹E l’uomo
che mi ama,›› disse la voce, ora un po’
ironica, ‹‹non sarà forse che abbia usato i suoi poteri per vincere la
nostra
piccola gara?››
‹‹Non userei
mai
E cosa
avrebbe fatto a quel sorriso, nella loro camera da
letto? Bè, l’avrebbe baciato tante volte finché non ci sarebbe stato
più,
sostituito da un broncio insoddisfatto e implorante. Finalmente, nei
raggi
chiari del sole, sul letto-nuvola impossibilmente soffice, avrebbero
fatto
l’amore: un esercizio di tremante, onirica tenerezza.
Per qualche
istante nessuno dei due parlò, perché il sole,
l’odore delle piante e la solida certezza di essere vicini era
sufficiente. La
caccia stava per terminare; i pensieri di Anakin si persero languorosi
sul loro
pomeriggio in arrivo.
Svoltò,
percorse un paio di corridoi senza sapere dove
stesse andando esattamente, mantenendosi vigile sulla presenza di
Padmé, che
era lì vicino, davanti, dietro, ai suoi lati: lo circondava e lo
abbracciava
come se fosse lì tra le sue braccia.
Poi fu
costretto a fermarsi.
‹‹Fermo lì,
Jedi.››
Anakin obbedì
con un sorriso euforico sul volto.
‹‹A quanto
pare, sono io quella che ti ha trovata,›› disse
Padmé da qualche parte dietro di lui, divertita.
‹‹Come se non fossi sempre tu a trovarmi…›› disse Anakin, iniziando a ridere. ‹‹Direi quasi che mi perseguiti!››
Non disse
nulla per qualche istante, e ci fu silenzio assoluto, balsamico. ‹‹Può
darsi,›› concesse alla fine. ‹‹No, non girarti. Aspetta che venga io.
Chiudi gli occhi.››
‹‹Non ho
bisogno degli occhi per vedere.››
Padmé rise
dolcemente, e si avvicinò finché non furono che
a centimetri di distanza. Poteva sentire il calore di lei sulla
schiena, l’odore della sua pelle (erano
sicuramente nontiscordardime), il suo
sorriso contro una scapola.
‹‹Forse non
hai bisogno degli occhi per vedere, caro sbruffone,›› sussurrò
lei, poggiando le sue mani delicate sugli occhi di Anakin. ‹‹Ma hai
bisogno delle mani
per toccare.››
Gli
baciò la schiena. ‹‹Girati, amore mio!››
E con il
cuore pieno di sole e di gioia
Anakin si voltò, le braccia aperte, un grido esultante in gola e un
bacio già sulle labbra.
Ma non c’era
nessuno da abbracciare. Scomparsi erano il
sole, le piante, Varykino e il sorriso di Padmé.
Lo spazio era
nero inchiostro oltre lo schermo panoramico, e Darth Vader era solo.
___________________
Siete liberi
di
odiarmi nelle recensioni. Davvero.