Desiderio ad una stella

Alzò gli occhi al cielo, aggiustandosi gli occhiali sul naso: incollò le pupille a quella brillante, e pregò con un filo di voce.
Avrebbe voluto una macchina del tempo. L'avrebbe voluta grande, dai colori brillanti, avrebbe voluto che si notasse sia in cielo che in terra. Ma andava bene in qualsiasi modo. Avrebbe voluto che qualcuno la creasse: lui ci sarebbe entrato dentro e avrebbe sbattuto i piedi tre volte, “Nessun posto è meglio di casa propria”, poi si sarebbe seduto, avrebbe stretto le ginocchia al petto, si sarebbe rannicchiato come un pulcino per aspettare che la macchina funzionasse. Sarebbe andato indietro di tre secoli, avrebbe aspettato di vedersi addormentare tra le braccia di suo fratello. Si sarebbe avvicinato all’orecchio di se stesso e avrebbe ripetuto per ore, come un mantra: “Dormi per sempre, Alfred, non svegliarti mai più, rimani qui per sempre. Non ti svegliare, non ti svegliare. Rimani così per sempre. Non soffrire mai.”