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Autore: beesp    12/09/2010    0 recensioni
Mondo distrutto, mondo perverso. Mondo creato.
"We have broken": Abbiamo distrutto. Un titolo, una garanzia, una promessa vecchia di millenni.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You’re in the wrong place, my friend, you better leave!'
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We Have Broken



Il mondo è la riproduzione di ciò che possediamo dentro di noi.

Da questo deduco che siamo degli esseri immondi. O che lo siamo diventanti nel corso dei secoli.

E non saremo mai i padroni del Pianeta, per quanto cerchiamo di crederlo con ogni nostra forza, anche senza ascoltare la nostra logica, la nostra più o meno rilevante intelligenza.

Ci siamo sempre persi tra le pieghe del tempo, pregando per le nostre anime sporche, e infuriandoci con il destino quando ci veniva strappato ciò che possedevamo.

Il primo uomo scoprì il pianto attraverso gli occhi infuriati del suo Dio, quando, scoprendo il tradimento di quell'uomo, si accorse dell'enorme errore, e di non avere il coraggio di rimediarlo.

L'umanità, forse, è il Suo figlio prediletto.

Immagini di morte, di distruzione. E ci promise un apocalisse, un modo per ricongiungerci a Lui, un modo per scappare dalla confusione e dal male che abbiamo creato. L'apocalisse non è ancora giunta, e già rimpiangiamo e ci infuriamo – di nuovo – contro ciò che è stato già scritto. Se solo potessero leggere il Libro del Tempo, in cui soltanto le lettere del passato sono vergate dal sangue rosso di chi lo scrisse.

Ed io, da quando la scoprii, fui certa che i segreti dell'umanità che possedevamo fossero bruciati assieme alla Biblioteca d'Alessandria, e che il futuro di noi tutti fosse stato intravisto dagli antichi tra le menti di quelli che avrebbero preso il loro posto nel futuro.

E vedemmo piangere Dio, commosso della nostra creazione, speranzoso di averci donato abbastanza perché riuscissimo a essere giusti, e buoni, e sacrificarci per il bene altrui.

Inventammo le minoranze etniche, e ci riparammo dietro una fasulla normalità per nascondere la nostra innata paura dell'ignoranza. Il non voler accettare che, non per obbligo, giusto è ciò che siamo e non l'altro.

Piansi, piansi tanto da quando fui messa al mondo. Piansi al tal punto da voler congiungermi con la terra su cui poggiavo i piedi, sotterrata sotto metri di cemento e asfalto e menzogne di un benessere artificiale, e voler raggiungere con le braccia il mare ricoperto di cenere e fuliggine e distrutto dall'interno, dalle barche che l'hanno solcato e inquinato. Desideravo immensamente abbracciare entrambi e soddisfarli, compiangerli, renderli un po' più tranquilli; che smettessero di piangere speravo.

Mai non vi riuscii, perché nascemmo per non creare certi problemi, e di certo non nascemmo per risolverli. Poiché non avrebbero dovuto mai esserci.


Sperammo di estinguerci. Tante volte sbagliammo, e mai nessuno tra i diretti interessati smise di riuscire a dormire la notte.

E noi, creature disperate e senza casa, speravamo soltanto che una morte atroce ci colpisse e che ogni nostro sbaglio venisse espiato.

Neppure questo accadde.

Paghiamo con ogni nostro minuto del nostro tempo sulla terra, perché è più doloroso vedere cosa abbiamo creato, che perderlo.





























Angolo dell'autrice: Un piccolo pezzo di pensieri contorti e dolori che tormentano chiunque – suppongo. Una sorta di spin-off della storia, oppure una side-story. Decidete voi cosa vogliate che sia. Spero vi sia piaciuta.

   
 
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