“E
tu, Isabella Marie Swan, vuoi prendere come tuo
legittimo sposo il qui presente Edward Anthony Cullen,
per amarlo, onorarlo e rispettarlo per il resto della tua vita?”
Lo
sto per fare, sto per sposarmi. Con Edward. Dovrei essere felice – ed in
fondo lo sono, moltissimo -, ma a me i matrimoni non piacciono. E per questo
motivo, ora ci troviamo al Comune. Davanti a noi il Sindaco di Forks, dietro i miei genitori. Charlie è
felicissimo, soprattutto perché mi sto sposando con Edward Cullen. Carlisle è uno dei
suoi più grandi amici, ed anche di buona famiglia. Insomma, i soldi di
certo ai Cullen non mancano. Poi c’è Renèe. Per lei, è stato un trauma sapere che
mi sposavo, al Comune. Da quando si è fidanzata con Phil è
diventata una patita di moda. Non riconosco più la mia vecchia mamma,
quindi, sapere che sua figlia sarebbe arrivata ‘all’altare’ senza nemmeno un abito da sposa…
inutile raccontarlo. Dall’altra parte ci sono i genitori di Edward. Esme e Carlisle, con un sorriso
stampato sulle labbra. Dietro di loro c’è Alice, Emmett e Jasper. In tutto, siamo dieci, in quella saletta.
Ecco, il mio matrimonio perfetto. Lo stretto necessario,
per essere felice. Davvero, felice.
Stringo
la mano di Edward, e poi sorrido.
“Si, lo voglio”. Sussurro, prima di baciare mio marito.
Mi sveglio ancora più assonnata di
prima, con la fronte imperlata di sudore. L’ho sognato,
un’altra volta. Ho sognato il giorno del mio matrimonio, ho sognato
Edward. Sono più di due mesi che Jacob ha chiesto la mia mano, ed io ho
acconsentito. Da quel giorno, non faccio altro che rivivere il mio matrimonio.
Ogni santa notte.
“Mmh…
Isabella, vieni a letto”. Jake si stropiccia
gli occhi, voltandosi dalla mia parte. Abitiamo insieme da più di un
anno. Io me ne sono andata da Forks da tre. Da quando
ho lasciato Edward, da solo. Sono andata a Phoenix, da mia madre. E lì,
ho conosciuto Jacob Black, figlio di un amico di
Phil. All’inizio sembrava spocchioso, vanitoso e pieno di soldi. Poi ho
avuto modo di parlarci. Non è spocchioso, e nemmeno vanitoso. Un
po’ viziato, quello sì. Ed è strapieno di soldi. Ha una
concessionaria di auto, che suo padre gli ha lasciato in eredità.
E’ simpatico, da morire. E mia madre è stata felicissima, quando
le ho detto che mi sposavo con Jacob.
“Si. Vado a prendere un bicchiere d’acqua”. Mi alzo,
dirigendomi al piano inferiore. Quella casa, è
enorme. Nulla, in confronto alla piccola casa che avevo in campagna con Edward.
Era di due piani anche quella, isolata dal Forks.
Costruita da Edward in persona. Con l’aiuto di qualche abitante della
città, ovviamente. Tutta di legno, era la casa che sognavo fin da
bambina.
Lentamente scendo le scale, arrivando in
cucina. Nemmeno accendo la luce, visto che l’enorme frigorifero illumina
tutta la stanza. Prendo una bottiglia d’acqua, e torno a letto. Devo
riposare, dopodomani mi sposo.
Non mi era mai capitato, di fare due sogni
identici la stessa notte. Mai, tranne questa notte.
“Isabella, domani ti sposi. Ti decidi a dormire un po’,
per togliere quelle occhiaie?” Mia madre mi sgrida, come se fossi una
bambina piccola. Sospiro, guardando l’enorme salone. “Questa sala è davvero bellissima. Non vedo l’ora di fare la cena per la prova!” La
guardo, e sorrido. Un sorriso tirato, per niente felice. Se fosse stato
per me, mi sarei sposata di nuovo al Comune. Invece no. Questa volta le cose le
hanno organizzate alla grande. La chiesa più grande di Phoenix è
stata prenotata per il grande giorno. L’Hotel più lussuoso, per il
pranzo. Un abito bellissimo, che indosserà la sottoscritta. Sono felice,
con Jacob. Ma non volevo che esagerassero in questo modo. Soprattutto mia
madre, che si è fatta prendere la mano insieme a Rosalie.
Rose, è l’organizzatrice del
matrimonio, in tutta la sua bellezza. Inutile dire che lei è una dea,
felicemente single.
E’ bionda, alta, occhi celesti.
Bellissima, come ho già detto. E lei, ha organizzato il mio intero
matrimonio, insieme a mia madre.
“Già. E’ davvero tutto
stupendo”. Commento, guardando l’immenso tavolo. Non riesco
a crederci. Quel tavolo conterrà almeno duecento persone? Già,
gli invitati sono duecento. Ed io, ne conosco soltanto un terzo. Mia madre,
Phil, i genitori di Jacob e Rosalie. Charlie non viene. Ha preferito non
venire, al secondo matrimonio di sua figlia. Lui non è il tipo di persona
che ama questi eventi, proprio come me. Alice invece era indaffarata con il
lavoro, a New York. Ha lasciato Forks proprio quando
me ne sono andata io, per lavorare da Vogue. La sua smisurata passione per la
moda finalmente le era servita a qualcosa. E lei adorava lavorare lì.
Poi c’è stata la chiamata di Jasper, scusandosi per il
comportamento di Alice. Non è venuta non perché è
impegnata con il lavoro, ma per fare un favore a Edward. L’avevo capito,
fin dall’inizio. Continuo a guardare l’enorme tavolo, e le
prestigiose posate, quando il mio Blackberry inizia a
squillare.
Ce ne vuole, prima di trovare il tasto per
rispondere.
“Pronto?” Mi affretto a dire,
sperando che non abbiano attaccato.
“Hey,
Isabella! Senti, puoi
venire in ufficio? Devo parlarti di una questione molto
urgente”. Angela richiede la mia presenza nel suo ufficio. Spero
soltanto che siano buone notizie. Attacco, e spiego a mia madre che
l’avvocato Weber mi sta aspettando. Lei non dice niente, anche
perché sa di che cosa si tratta. Non dice niente, quando lascio la sala
e salgo sulla mia Lamborghini. Angela oltre ad essere il mio avvocato è
anche una mia fidata amica. La adoro. E così colta e educata che qualche
volta mi sento uno scalino inferiore a lei, quando stiamo insieme. Me l’ha
presentata Rosalie. Dicendo che una organizzatrice di
matrimoni deve avere sempre contatti con un avvocato. Non si sa mai. E
così ho conosciuto Angela, che in quel momento mi serviva come
l’acqua nel deserto. Io e Edward eravamo separati da tre anni, e quindi
potevo ottenere facilmente il divorzio. Il vantaggio era stato il matrimonio al
Comune. Però non avevo avuto il coraggio di far recapitare io stessa le
carte a Edward, e nemmeno di fargli una telefonata. Quindi, Angela l’ha
fatto per me, il giorno dopo che Jacob ha chiesto la mia mano. Doveva essere
una cosa veloce, indolore. Ma proprio indolore non è stata,
perché per bene tre volte le carte non sono arrivate a Forks. Prima ho dubitato della competenza di Angela, poi mi
sono ricreduta. Lei, è davvero un bravo
avvocato.
Così, per farsi perdonare ha portato
lei stessa le carte a Edward. E’ andata a Forks,
lasciando tutti i suoi impegni ed il suo lavoro per tre giorni.
Parcheggio nell’enorme sotterraneo
dell’edificio, e mi dirigo al sesto piano. Lì, c’è
l’ufficio Weber. Vedo Angela ancor prima di entrare, dalle enormi vetrate
di vetro che ricoprono l’intera stanza. Quando entro, mi fa un cenno del
capo “Forks fa schifo”. Dice, non alzando
nemmeno lo sguardo.
Io sorrido, alla sua affermazione. Per una
persona che è nata a Phoenix, o in una città viva, andare a Forks può essere un
vero trauma.
“Non la fare difficile,
com’è andata?” Ora alza lo sguardo, e indica la sedia
davanti a lei. Mi siedo, posando la borsa sul tavolo.
“Ho alloggiato in un
motel squallido. Era
addirittura a Port Angeles. Dio, venti minuti per
arrivare a casa di Cullen!
E non capisco come fa ad abitare in quella casetta minuscola, in mezzo al
bosco! Ti rendi conto? In mezzo al bosco? Fra la natura, dove
il cellulare nemmeno prende!” La mia casetta. Edward ancora vive
lì. Pensavo che fosse tornato dai suoi.
“Angela, per favore! Non voglio sapere
questo”. Si passa una mano fra i capelli, sistemandosi gli
occhiali neri sul naso.
“Appunto. Isabella, il cellulare lì non
prende. E quindi non ho avuto modo di chiamarti, ed è una questione
piuttosto… come dire… grave.” Sgrano
gli occhi, mentre la paura invade il mio piccolo corpicino.
E’ successo qualcosa a Edward?
Non ha avuto modo di firmare le carte,
perché è in Ospedale?
Forse sta male? “Calmati, non è
poi così grave.” Odio quando fa così.
Odio quando Angela fa giri immensi intorno
alle parole, senza arrivare alla conclusione. Non mi piace, giocare agli
indovinelli.
“Allora?” Domando, spostando la
testa di lato. Angela fa un bel respiro, prima di far scoppiare la bomba.
“Edward non ha
voluto firmare le carte del divorzio, di sua spontanea volontà. Ha detto che se vuoi il divorzio, devi
andare lì. Tu, devi andare a Forks.” Guardo Angela un po’ stranita, sperando
che mi stia prendendo in giro. Ora, la paura si trasforma in rabbia. Una rabbia
così forte che non riesco nemmeno a dominare.
Uno scellerato! Ecco cos’è
Edward. Ha sempre avuto quel suo modo bizzarro di scherzare, quando non doveva
farlo. E questo, non è proprio il momento adatto. Mi devo sposare, domani!
“Se vuoi possiamo aprire un processo. Lui avrà il suo avvocato, tu
avrai me. E vinceremo, stanne certa. Però… Isabella, i tempi sono
lunghi. Variano dai due hai tre mesi. Ti conviene andare a Forks, se vuoi sposarti con Jacob al più
presto”.
Dai
due hai tre mesi. Jake mi ucciderà, ne sono certa. Non posso aprire un
processo. Di certo i soldi non mi mancano, ma il tempo è troppo. Ed io
ne ho pochissimo. Se vado a Forks, massimo due giorni
e sono a casa, con le carte del divorzio firmate. Sposteremo il matrimonio di
tre giorni. Nulla di più, nulla di meno.
“Vado a Forks.
Parto a stasera”. Prendo la mia borsa, salutando
Angela con un cenno della mano.
“E’
la decisione più giusta che tu abbia mai preso, Isabella”.
Peccato che Jacob, non la pensava così.
“Oh, tu non vai
proprio da nessuna parte.
Io! Vado a Forks,
e spacco la faccia a quel cretino! Come si permette? Il vostro matrimonio
è finito da tre anni, non c’è mai stata una telefonata ed
ora… ed ora eccolo, che spunta fuori come i funghi! Non
va affatto bene”. Le moine, non sono
servite a nulla. Di solito, riuscivo sempre a calmare Jake
con qualche bacetto, una carezza sul viso e via. Ma niente. Segno che la
questione è più grave di quanto pensassi.
“Amore, shhh.
Saranno soltanto tre giorni, e Rosalie già si sta occupando di tutti gli
invitati. E’ più importante il nostro matrimonio, vero? Non diamo
vinta a Edward. Non apriamo un processo. Andrò a Forks,
gli farò firmare quelle carte e tornerò qui. Nemmeno
sentirei la mia mancanza”. Jake sbuffa,
continuando a camminare su e giù per la stanza.
“E se venissi con te?” No,
quella non è affatto una buona idea. Io posso litigare con Edward, e
fargli firmare quelle carte. Jacob potrebbe litigare con Edward, e poi
spaccargli la faccia, visto che è alto e grosso il doppio.
“No. Anche tu devi occuparti di alcune cose,
qui. Devi parlare con i tuoi genitori, di certo non apprezzeranno questa
decisione. E poi ho l’aereo tra meno di due ore. Accompagnami
all’aeroporto, e poi torna immediatamente
qui”. Da dolce, sono diventata protettiva ed anche gelosa. Jake continua a fare lunghi respiri.
“Va bene.” Afferma, dopo un
ultimo e lunghissimo sospiro. Si passa una mano tra i capelli neri,
abbracciandomi.
Mi perdo in quel corpo enorme. Per quanto
è alto nemmeno arrivo al suo mento. Quindi, appoggio la testa sul petto
muscoloso, circondandogli la vita con le braccia.
“Ti amo”, dice, baciandomi
dolcemente sulle labbra.
“Anch’io”.
Edward e Bella si sono sposati
a ventidue anni. Lei ha ventitré anni l’ha lasciato (capirete il
perché seguendo la storia). Ora ne hanno ventisei. Bella vive a Phoenix,
e sta per sposarsi con Jacob Black. Ma Edward non ha
firmato le carte del divorzio, quindi lei torna a Forks.
Piccola
spiegazione della storia :D
Nah,
non chiedetemi perché sono qui. Ho concluso appena cinque giorni fa Io e
Te, ed ora sono qui. E sì, ho anche Coinquilino da portare avanti. Non preoccupatevi,
non mi sono dimenticata di nulla.
Chi mi segue da molto, sa che
questa fanfiction era stata già pubblicata, e
poi eliminata. Era diversa, da quella pubblicata oggi. Quindi, l’ho rivisitata. E mi sono decisa a
pubblicarla, finalmente! Visto che ben 105,
e dico centocinque persone mi hanno
messa tra gli autori preferiti *--* voglio sentirvi tutti!!
Dal primo all’ultimo, intesi?
Perdonate la mia
creatività (lo so, che molti di voi mi ucciderebbero per pubblicare fanfictions allo sfinimento) ma non posso farne a meno :P
Un bacio :*
Per la fanfiction
ho preso spunto da un film, visto a dodici anni. Inutile dire che non ricordo né
attori né il nome. Chi vuole illuminarmi si faccia avanti.