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Autore: Whenulookmeintheeyes    24/09/2010    1 recensioni
Volevo una persona che in qualche modo mi assomigliasse;
ma poi ho trovato te.
Grazie di esistere.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La persona che mi ha cambiata "Volevo una persona che mi facesse capire i miei errori e l'ho trovata;

volevo una persona che mi amasse per quella che ero e l'ho avuta;

volevo una persona che cambiasse sia me, che la mia vita e l'ho ricevuta;

volevo una persona che mi restasse accanto per tutta la vita, non mi è stata data.









Viziata.

Piena di sè.

Abituata a vincere sempre.

Questa ero io prima di lui.

Sono Elizabeth Samantha Grandet ho 24 anni e vivo a Londra da un po' di tempo. Mio padre, John William Grandet, è il  proprietario di una grandissima multinazionale, mia madre,la signora Samantha Grandet è invece la figlia di un noto proprietario di giacimenti di petrolio in Asia. La mia famiglia ha sempre avuto una posizione elevata nella società, i miei erano tipi: " Tu non sei un Grandet allora non meriti il nostro saluto".Io sono cresciuta tra gli immensi grattacieli di  New York, ma anche tra Los Angeles, Chicago, Londra, Parigi...solo per citarne alcune. Fin da piccola ho dovuto seguire mio padre nel suo lavoro, aspettare lunghe ore fuori da una porta perchè lui doveva concludere i suoi affari, imparare a sorridere ed essere gentile con persone che non hai mai visto e che non rivedrai mai più nella tua vita; così all'età di dieci anni mi ero già girata tutta l'America Settentrionale e gran parte dell' Europa.

In compenso a tutto questo stress però io potevo avere tutto ciò che volevo. Chiedevo dieci bambole nuove per la mia collezione? Il giorno dopo le avevo tutte e dieci. Volevo imparare a cavalcare? Avevo un cavallo tutto mio e degli istruttori privati. Insomma ogni tipo di capriccio io avessi, diveniva realtà quasi subito.

Avevo una vita invidiabile, un maestro privato che mi insegnava le stesse cose che avrei imparato in una scuola normale, mio padre che mi ha insegnato fin da piccola a controllare le azioni in borsa e a come fare nuovi investimenti; poi avevo una delle case più belle del centro di New York, conducevo una vita nel lusso più sfrenato e se qualcuno mi avesse chiesto cosa ne pensavo io avrei risposto un semplice "Bella". Non c'era nulla che mi mancasse.

O forse si.

Una cosa che mi mancava  c'era.

Io non avevo una famiglia.

Per meglio spiegarmi un padre e una madre ce li avevo, però ognuno si faceva gli affari propri. Mio padre era troppo impegnato a fare i suoi contratti "magici" che gli avrebbero portato ancora più denaro di quanto già non ne possedesse; mia madre invece si divertiva a viaggiare per il mondo da sola e così non essendoci tempo per la loro unica figlia, per non farmi sentire sola mi riempivano di domestici e "ogni mio desiderio era un'ordine". Io ancora oggi non riesco a capire come loro pensassero veramente che due stupidi giocattoli potessero sostituire l'assenza di una famiglia vera.

Ogni volta che uscivo a fare una passeggiata con Sandy la mia baby-sitter e mi guardavo intorno vedovo solo bambini felici, bambini che giocavano, bambini che sorridevano, bambini con i loro genitori. Ogni volta provavo un invidia nemmeno descrivibile e mi stringevo ancora di più a Sandy. Oggi posso tranquillamente affermare che mi ha dato più affetto la mia baby-sitter che mia madre e mio padre. Ma se allora mi avessero chiesto cosa pensassi della mia famiglia io avrei risposto :" Non potrei essere più fortunata di così". Sola ora riesco a capire che lo dicevo solo per far contento mio padre, per farlo essere orgoglioso di me una volta tanto. Solo in questo momento capisco quanto mi facesse schifo il tutto.

La mia vita in poche parole è stata solo un enorme castello di cristallo, solido all'esterno ma fragile all'interno. Tutti se guardavano alla famiglia Grandet vedevano solo ed esclusivamente la perfezione della famiglia americana, a mo' di telefilm. Chi invece è costretto a viverci vede le cose così come stanno realmente ossia un enorme muro fatto di soldi, bugie e infelicità  che trova sfogo solo nell'avarizia di vedere ogni giorno il proprio patrimonio crescere.

Io in gente simile ci sono nata e cresciuta e fino all'età di quattordici anni ero abituata e accettavo tutto questo. Poi però è arrivata una persona, un angelo sceso dal cielo che mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto vedere la bolla di falsa perfezione in cui mi avevano fatta crescere.

Io a questa persona devo tutto, forse anche la mia vita intera, senza di lui io ora sarei come mia madre, anoressica e insoddisfatta.



Così ebbe inizio tutto.



Era una nevosa giornata di fine gennaio e a New York faceva freddo come non lo si sentiva da tempo. Tanto per cambiare i miei erano fuori casa. Precisamente mia madre era in California perchè diceva che il freddo le rovinava la pelle; mio padre era invece in Cina per un contratto finanziario. Ed io ora ringrazio il cielo perchè decisi di rimanere a casa, altrimenti non lo avrei mai incontrato.

Erano le undici di un sabato mattina qualunque, mi alzai dal letto e decisi che avrei fatto un giro a Central Park. Non so ma quell'enorme parco imbiancato acquista un fascino magico. Misi dei pantaloni qualunque, una felpa giallo limone, guanti, sciarpa e cappotto e uscì di casa. Con l'Ipod nelle orecchie mi diressi verso la mia destinazione. Tutti per strada mi guardavano e io non capivo il motivo. Ora perchè tutta New York mi conosceva io non potevo girare come una comune mortale? Non ci badai come al solito, dopotutto avevo solo 14 anni e di ciò che dicevano gli altri me ne fregavo altamente.

Arrivata all'enorme e dispersivo Central Park iniziai a camminare velocemente per il freddo, tenendo però "intelligentemente" la testa piegata verso il basso.

Ad un tratto vidi due scarpe color marrone, ma non feci in tempo a fermarmi perchè gli andai a sbattere contro. "Oh santo cielo che figuraccia" pensai. Mentre pensavo tutto ciò però stavo scivolando, solo due braccia forti riuscirono ad evitarmi la caduta dell'anno. Finalmente vidi negli occhi chi mi era venuto contro e che mi aveva poi presa. Tra le sue braccia alzai gli occhi fino ad incrociare i suoi color cioccolato e mi persi nel calore del suo sguardo. Successivamente mi disse che lui si era perso nei miei color azzurro.

Il ragazzo di fronte a me era di una bellezza sconvolgente. Aveva capelli ricci portati leggermente lunghi, come già detto occhi color cioccolata e una bocca a forma di cuore unica. Era vestito semplicemente e con il sorriso che sfoggiò pochi secondi dopo io capì immediatamente che dovevo conoscerlo, sapere il suo nome e chi era. Non mi importava se fosse un serial killer o chi sa che cosa, mi aveva catturata e io non facevo che fissarlo.

"Scusa non ti avevo vista" mi disse prima di sorridermi. Ascoltai la sua voce e mi persi in quella melodia, aveva un accento assolutamente adorabile e io stavo per impazzire solo nel guardarlo.

"No sono io che guardavo in basso,scusa" per la prima volta nella mia vita ero imbarazzata di fronte ad una persona che non conoscevo.

Il ragazzo mi lasciò andare e io ne fui quasi dispiaciuta, avrei voluto rimanere tra le sue braccia per molto altro tempo.

"Come ti chiami?"

"Elizabeth, e tu?"

"Nick. Sei di qui? Intendo di New York?"

"Si" la mia voce era quasi un sussuro che faticai io stessa a sentirmi da sola.

"Ti andrebbe di continuare la passeggiata insieme a me?" non aspettavo altro che quella domanda, così senza nemmeno pensarci gli risposi di si.

Lungo tutto il nostro cammino tra il freddo , i bambini che giocavano con la neve e gli scoiattoli che uscivano per prendere ciò che la gente gli lanciava, parlammo del più e del meno, io gli raccontai la mia vita (almeno l'essenziale) e lui la sua.

La sua vita la trovai subito perfetta. Aveva dei fratelli che adora e che adoravano lui, aveva realizzato il suo sogno di cantante e aveva cosa fondamentale una famiglia che gli voleva bene e che lo sosteneva nelle sue decisioni.

Per un attimo lo invidiai.

Lui aveva tutto quello che io desideravo.

Successivamente mi offrì una cioccolata calda e la sera dopo ci rivedemmo. Andammo avanti con appuntamenti da semplici amici per due settimane. Io sentivo che in sua compagnia ero diversa, non ero me stessa, non volevo null altro che stare con lui.

Così dopo il nostro primo bacio io diventai la sua fidanzata e lui il  mio fidanzato.

Da lui ogni giorno imparavo sempre una cosa diversa. Entrai nel suo mondo da musicista e mi accorsi di quanto fosse frenetico; mi presentò subito alla sua famiglia e per mia grande gioia tutti si affezionarono a me, definendomi "la ragazza giusta per Nick"; Joe e Kevin iniziarono a chiamarmi "sorellina" e passavo le mie giornate a giocare al parco con Frankie. Ero la prima ad ascoltare le nuove canzoni; non mi sono mai persa nemmeno un loro concerto. Adoravo stare sotto al palco insieme alle fan che gridavano il loro nome, un po' perchè mi sentivo fortunata ad avere accanto a me qualcosa per cui vale la pena essere fiere: i Fratellini d'America, i miei adorati Jonas Brothers.

Più la sua fama cresceva, più crescevo io. Con lui avevo imparato ad essere me stessa e no come i miei genitori, avevo imparato  a credere nelle mie capacità senza ottenere nulla con il denaro.

Io mi innamoravo di Nick giorno dopo giorno,sempre di più. E sapevo che lui lo era di me.

Per molto tempo non riuscì a capire come potesse stare con una persona tanto orgogliosa come me. Ma poi capì che lui aveva visto in me solo il lato bello, solo la parte buona, conoscendo e scansando quella cattiva.

Ah c'è da dire che mio padre era contrario a tutto questo, io la sua adorata figlia sbattuta a destra e sinistra in giro per il mondo con una boy band. L'ipocrisia è tutto nella mia famiglia.



Poi arrivò il giorno più brutto della mia vita.

Lui venne a casa mia con aria seriamente turbata.

"Possiamo parlare da soli?" di solito quando faceva quella domanda era poi seguita da un occhiolino per farmi capire che voleva rimanere solo con me.

Quella volta no.

Salimmo nella mia stanza e io chiusi la porta.

"Beth è una cosa difficile da dire, è stata anche una decisione dura da prendere" fece una pausa ad effetto che non mi piacque molto.

"La nostra storia deve finire qui" disse tutto d'un fiato e io mi sentì quasi svenire.

"P-perchè...?"

Non capivo.

 Non volevo capire.

"Perchè io ti ho amata tanto, veramente tanto e non amerò mai nessun'altra come te. La nostra storia è stata bellissima, ma ho realizzato che non possiamo andare avanti. La nostra relazione è un fenomeno mediatico, tutti da anni ci bersagliano con battute o trovate poco gradevoli. Poi io adesso devo andare a Los Angeles e questo ci dividerebbe ancora di più e poi il tour. Scusami ma questa situazione non la posso sopportare ancora a lungo."

"Ok ...se questa è la tua decisione finale esci di qui e non farti più vedere" e così fu.

L'amore della mia vita era appena andato via, aveva appena chiuso la porta della mia stanza.

Io avevo le lacrime agli occhi e facevo fatica a credere a tutto quello che era successo in cinque minuti.

Mi gettai sul letto e iniziai a piangere, come non facevo da tempo, come non avevo mai fatto.

La magia che avevamo creato in tre anni mi era crollata addosso come cemento armato.

Ora non esisteva più un noi, solo un io solo e desolato.







Da quel giorno non l'ho più rivisto, qualche volta vedo la sua faccia su una rivista o qualche suo video musicale in tv. Ma non l'ho più sentito.

Io sono ancora innamorata di lui dopo quattro anni dalla fine della nostra relazione.

Dopo che lui uscì dalla mia vita in modo fisico io aspettai di aver compiuto la maggiore età, andai via da New York e mi trasferì a Londra dove iniziai a frequentare l'università.

Oggi 25 giugno è il giorno in cui prendo la laurea, c'è molta gente, addirittura i miei genitori si sono degnati di venire. Ma l'unica persona che io voglio non c'è.







"Volevo una persona che mi restasse accanto per tutta la vita, l'ho trovata.

Io so che lui per me ci sarà sempre in un modo o nell'altro."

                                                                                                                                      Grazie Nicholas.
  
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