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Autore: kishal    01/10/2010    1 recensioni
Perchè essere diversi, spesso, non vuol dire essere soli. C'è sempre qualcuno pronto ad accompagnarci nelle nostre quotidiane difficoltà. Anche se questo qualcuno è il nostro peggior nemico. Non è vero, Damon?
Genere: Avventura, Dark, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eva – La Prima Figlia

 

 

 

 

Capitolo 8: Remembering the past

 

 

Bisogna aspettare che la pioggia finisca per vedere l’arcobaleno.

Bisogna attendere la fine di una tempesta per godere della pacatezza del mare.

Le cose belle si circondano di brutture come una dama vanitosa si circonda di sgraziate accompagnatrici per esaltare la propria bellezza.

Alle volte, assuefatti dalle amare vicissitudini della vita, si considera dolce anche semplicemente ciò che in verità è meno amaro di quanto siamo abituati ad assaporare.

Rosie aveva assaggiato ben poco miele durante la sua lunga esistenza. L’arcobaleno aveva colorato ben poche volte il suo cielo, e i toni di grigio prevalevano nel paesaggio del suo cuore.

Tuttavia, era da tanto che non si sentiva così triste.

Gli ultimi mesi erano stati parecchio difficili, ma l’idea che la risalita fosse iniziata le aveva dato la speranza che la tempesta, oramai, fosse al termine. Da quando si erano trasferite in quel luogo le cose erano andate per il meglio: Eva, infatti, sebbene sempre chiusa in se stessa, si era rasserenata e aveva iniziato la sua nuova vita da teenager nella massima normalità. Ciò che era stato del passato era momentaneamente sparito, eclissato in ricordi che entrambe tentavano di tenere ben nascosti nelle loro menti.

 

Accarezzò la fronte della sua protetta, passando quasi incantata l’indice sull’arzigogolata linea nera che le attraversava la fronte.

Esattamente da allora, dal giorno in cui le aveva fatto imporre quel tatoo magico, non si sentiva più così triste.

Erano passati solo tre mesi. Possibile che non avessero diritto a vivere una vita in pace?

 

Bonnie seguì il suo gesto, e la sua attenzione si poggiò sul disegno. Aveva notato il magone che gravava sull’anziana signora, ma era importante per lei – e per tutti quelli presenti – sapere.

“E’ un sigillo?” Chiese, col massimo tatto di cui fosse capace. Sapeva già che lo era, come sapeva che quella domanda retorica avrebbe sancito l’inizio di una storia per niente scontata.

La tata assentì. “Ed è anche il motivo per cui potete stare tranquilli: lei non vi farà mai alcun male

 

“Avrei detto il contrario fino a poco fa” Commentò Jeremy, serissimo.

“Nessuno di quei fulmini ti ha colpito. Puoi stare certo che se ti avesse voluto fare del male non avrebbe sbagliato mira.

Credo stesse solo sfogando la sua rabbia”

“Solo?!” Commentò ironico Damon.

“Tu non t’infuri mai, vampiro? Non sfoghi mai la tua collera all’esterno? La reprimi nel tuo animo fino a implodere segretamente?!” Commentò la nera, con un tono sempre più duro e scettico.

Damon la fissò, mentre il suo viso assumeva un’espressione oltraggiata. “Sono un bravo ragazzo io!”

 

Stefan scosse la testa alle parole del fratello, inchinandosi poi davanti alla signora e incontrando i suoi occhi color cioccolato. C’era dolore al loro interno, e anche paura: ma la forza che vi si leggeva tradiva la sua estrema volontà di proteggere quella creatura che, come una mamma, teneva stretta fra le sue braccia.

“Signora Duriel, se lei ci assicura che Eva è innocua, noi ci fideremo. Nessuno disturberà la vostra quiete.

Ma dovrà darci le prove che ciò che dice è vero, perché quello che poco fa è successo dimostra tutto il contrario. Siamo qui per ascoltarla, non per puntare il dito contro lei e la sua protetta”

 

Rosie, lentamente, gli sorrise. Il tatto di quel ragazzo sarebbe riuscito a placare perfino il furore di una tempesta. “E così tu sei il fratello buono, il vampiro dal cuore umano di cui Sheila mi ha parlato

“Le ha detto che io sono il cattivo?” Chiese Damon, mostrandosi offeso.

“No Damon, altrimenti non ti avrei concesso di venire a conoscenza della nostra vita, mia e di Eva. Di te mi disse, come già ti riferii…

“Si si, ricordo… che stavo diventando un bravo ragazzo”

“Esatto.”

“Mia nonna le ha detto di fidarsi di lui?!” Chiese Bonnie, allibita.

“Lo spirito di tua nonna, sì. E gli spiriti vanno sempre ascoltati!”

“Credevo il contrario…

“Mentono a coloro con cui sanno di poter giocare. Con me, tuttavia, non hanno tale opportunità: sono una medium troppo abile e potente per poter loro permettere di divertirsi a mie spese

 “E’ modesta almeno quanto me!” Commentò il più grande dei Salvatore, meritandosi una gomitata da Elena che, dopo averlo anche incenerito con lo sguardo, si accinse a sedersi sull’erba al fianco del proprio fidanzato.

“Era molto amica di Sheila?” Le chiese, curiosa di saperne di più su quelle nuove arrivate. La donna, poi, col suo viso gentile e quello sguardo saggio le ispirava fiducia: l’amicizia con la nonna di Bonnie non poteva che confermare che si trattava di una persona affidabile.

Il suo modo di difendere Eva, tuttavia, aveva tradito un affetto troppo materno per non farle sorgere dei dubbi: la proteggeva perché la considerava effettivamente una creatura innocua, o erano i suoi occhi offuscati dall’amore materno a rendere la ragazza meno pericolosa di quanto in verità fosse?

 

“Conoscevo Sheila dalla nascita. Siamo cresciute assieme in questi luoghi, legate dall’appartenenza a famiglie magiche entrambe vantanti una discendenza diretta con le streghe di Salem.

La nostra infanzia cadde in un periodo oscuro per il paese: tutti i maschi delle nostre famiglie erano partiti a combattere la guerra in Europa, e nessuno di loro tornò a casa. Vivevamo fra donne, fra streghe, spesso ai margini della società, in casupole costruite alla bell’e meglio nel bosco, memori di come, in passato, i nostri stessi concittadini ci avessero dato la caccia e gettato nel fuoco per via delle nostre capacità.

Vittime di roghi umani erano state soprattutto le donne della tua famiglia, Bonnie: ai tempi della guerra di secessione tutta la tua stirpe fu eliminata. Solo una sopravvisse: la potente strega Emily, tua antenata, da cui derivano tutti i Bennet presenti in questa Contea

 

Nel sentire ciò la mora rimase scioccata, e una mano andò a coprire, inconsciamente, l’espressione inorridita del suo volto.

“Nonostante questo, le tue ave erano le uniche ad avere ancora buoni rapporti con la città: vi si recavano spesso, erano amiche dei compaesani, e dalla maggior parte della gente erano viste benevolmente. Quando Sheila mi parlava dei grandi mercati, delle biblioteche, dei negozi di abiti e dei numerosi bambini che giocavano per strada, io la ascoltavo sognante. A me non era capitata tale fortuna.

Vivevo con mia nonna avendo perso alla nascita entrambi i genitori: lei era una strega molto potente, e il suo disprezzo per la società mal celava nei suoi confronti un odio profondo. Quando, verso i dieci anni, sviluppai le mie capacità, non si vergognò di sfruttarle al massimo a suo piacimento: mi faceva richiamare gli spiriti anche più volte a settimana per perseguitare i suoi nemici, per scoprire informazioni a lei utili o semplicemente per guadagnare soldi sulle spalle di persone troppo affrante dalla morte di un parente per potersene fare una ragione.

Sospirò, mentre tutti gli sguardi si erano catalizzati su di lei, e le orecchie ascoltavano voraci quell’antico racconto pregno di sentimenti, di magia, di avventura.

La pausa durò ben poco, e la narratrice riprese il filo del discorso con un tono più duro del precedente.

“La sua morte fu per me una grande liberazione.

E’ brutto dire certe cose, ma sarei ipocrita se affermassi che mi dispiacque.

Non piansi neanche una lacrima.

A causa sua ero ridotta all’ombra di me stessa ed ero arrivata a pregare Iddio perché se la prendesse via da me: o lei o io, mi dicevo… o lei o io.

Da allora non usai più i miei poteri.

L’inizio della mia vita da donna libera coincise però con la partenza della mia migliore amica… Shee mi lasciò pochi giorni dopo il funerale per seguire l’uomo di cui si era innamorata: tuo nonno, Bonnie, un mascalzone che le rubò il cuore, che gliene combinò di tutti i colori ma che mai lei smise di amare!

Disse, fissando la mora con un sorriso dolce. Anche la giovane Bennet sorrise: sua nonna aveva definito il marito più volte in quello stesso modo. Rosie non mentiva, questo era certo.

“Nonostante la lontananza, tuttavia, non cessammo mai di sentirci e di incontrarci quando possibile.

All’epoca avevo diciotto anni.

Desiderosa di entrare in quella società a cui mia nonna mi aveva sempre negato l’accesso, mi cercai un lavoro in un paese vicino. Un paio d’anni dopo, conobbi un brav’uomo, me ne innamorai… e lo sposai.

Sapete, i cattivi sono duri a morire… mentre i buoni… oh, quelli il Signore ha l’abitudine di portarseli via subito. Sarà per questo che il mondo va a rotoli! Quando il nostro unigenito Samuel aveva appena compiuto dieci anni, mio marito morì per via di una grave malattia. Otto anni dopo lo stesso morbo minacciava di portarsi via anche mio figlio.

Inutile dire quanto fossi disperata.

In quel periodo girava per questa contea un circo che riscuoteva parecchio successo, i cui membri erano persone molto particolari. Il direttore di tale gruppo errante fu colui che mi venne in soccorso, trovandomi una sera a piangere vicino al suo tendone. Mi stupì dicendomi che sapeva che grandi poteri nascondevo in me, quale gran cuore avessi e che, se volevo, poteva salvare il mio ragazzo.

Accettai. Non m’interessava il prezzo, volevo solo che Samuel vivesse.

Lo portai al suo capezzale. Davanti a me si tagliò con un gesto secco il polso e diede da bere il suo sangue al mio unigenito.

 

La frase raggelò il sangue dei presenti: Bonnie sbarrò gli occhi, Elena s’incupì, Stefan fu come agghiacciato. Gli unici a rimanere tranquilli parvero essere Jeremy e Damon: il primo divenne più attento, interessato da quella svolta; il secondo, invece, pareva aspettarsi qualcosa del genere. In fondo, in ospedale la tata gli aveva già riferito che delle persone a lei care erano creature dannate.

 

 

 

Alaric guardò, preoccupato, la sua ex moglie.

Da quasi un quarto d’ora stava seduta davanti alla finestra, non troppo vicina per evitare di farsi notare da fuori, e scrutava con evidente scrupolosità il cielo.

“C’è qualcosa che non va?” Le chiese allora.

Lei non si voltò neanche a guardarlo.

“Isobel?” La chiamò, di nuovo.

“Mi era sembrato di scorgere qualcosa”

“Katherine?”

“No, Katherine non vola”

“… allora cosa?”

Mah… forse mi sono sbagliata.” Esclamò, lasciandosi cadere nel divano e finalmente voltandosi a guardarlo.

“Devo uscire. Parlerò coi Salvatore della situazione, poi vedremo che farne di te. Hai fame?”

Lei assentì.

“Vedrò di portarti del cibo. Spero gradirai la cucina vegetariana” Ironizzò, prendendo le chiavi della vettura e accingendosi ad uscire.

“La gradisco già da molto tempo”

Il professore, che già era sull’uscio aperto, si voltò a fissarla, stupito.

Inutile dire che quella verità lo avesse spiazzato.

Tuttavia, piuttosto che rallegrarlo, la novità lo rabbuiò ancora di più.

“Tu hai troppe facce Isobel… troppe davvero

“Troppe per cosa?” Chiese lei, alzando le sopracciglia con evidente scherno. Ma lui era anche fin troppo serio.

“Troppe per risultare accettabili… per me.” Sussurrò, chiudendosi la porta alle spalle.

 

La donna abbassò lo sguardo, un forte senso di colpa e nostalgia che le avvinghiavano lo stomaco.

Stupida, si disse. Stupida. Ormai l’aveva perduto. L’unica cosa su cui ancora poteva contare era la sua magnanimità.

 

 

 

Il racconto, intanto, continuava imperterrito.

 

“Io chiusi gli occhi, ben sapendo di quale pratica fosse sintomatico quel gesto: lo straniero stava trasformando mio figlio in un vampiro.

Non risollevai le palpebre se non dopo che sentii, con un sussulto, lo schiocco secco del collo di mio figlio che veniva rotto dalle potenti mani dell’acrobata.

Mentre giaceva come morto sul letto, il circense gli incise il petto in profondità in due punti, inserendo in ogni anfratto due pietre che aveva estratto dalle tasche del suo giaccone: mi disse che una gli avrebbe permesso di camminare alla luce del sole, e l’altra lo avrebbe reso libero dalla dipendenza dal sangue umano.”

 

Ancora una volta, il racconto sconvolse i presenti. Questa volta furono i due fratelli ad aprire bocca.

“Cos’ha detto?!” Chiese istintivamente Damon, interrompendo con malagrazia la narrazione.

“Che pratica è mai questa?!” Sbottò invece Stefan, stupito. “Non ne ho mai sentito parlare!”

“Non esistono pietre che ci rendono immuni dal desiderio di sangue!” Esclamò ancora il maggiore, fissando la vecchia.

“Ne sei così sicuro?”

“Certo! Se ci fossero, tutti le vorrebbero!”

“Sei sicuro anche di questo?” Ripeté di nuovo la donna, con un sospiro stanco. Quella seconda domanda colpì Damon dritto al cuore.

Lui sì, lui l’avrebbe voluta quella pietra… anzi, la sola idea che potesse esistere lo rendeva fervente dalla voglia di andare a cercarla… di conquistarla, di possederne una. A qualunque costo.

 Stefan indubbiamente avrebbe fatto lo stesso.

Fu la prima volta che vide, con chiarezza, la società vampirica stroncata in due parti: quella delle bestie affamate di sangue e violenza e quella di coloro che… semplicemente non erano così. Non erano animali, non erano demoni, non erano umani, ma desideravano oltremodo una vita lucida, non assoggettata dall’istinto oscuro, libera da qualsivoglia costrizione nefasta.

Non che non fosse a conoscenza di tale scissione… ma fu stupefacente scoprirsi dalla parte opposta a quella a cui aveva sempre pensato di appartenere.

Perché, se davvero fosse stato una bestia anche lui, non avrebbe mai ambito possedere quella pietra.

“Quelle pietre esistono ragazzi, e vi auguro, un giorno, di venirne in possesso.

Tuttavia voglio porre una precisazione: non è dal sangue in generale che esse liberano il vampiro, ma dalla necessità di quello umano. Niente può cambiare la vostra biologia, il rosso nettare vi è essenziale per rimanere in vita. Il sangue umano non ha niente di diverso da quello animale: è solo la maledizione a renderlo più appetitoso. La pietra agisce proprio sull’anatema, annientandolo

“Maledizione?” Chiese Stefan, non capendo a cosa Rosie si riferisse.

“Perché, voi vampiri non siete forse creature dannate?”

“… Beh, si…” Ammise, senza però capire bene se quella definizione andasse presa come metafora o alla lettera.

“Non credo che quello che lei dice sia corretto: i vampiri che si nutrono di solo sangue animale sono più deboli degli altri che… hanno un’alimentazione più varia!” Obiettò Damon.

La donna scosse il capo a suo indirizzo. “Nutrendosi di sangue umano rafforzano la maledizione e quindi il loro lato demoniaco. Continuano, dunque, a dannarsi.

I vampiri non potranno mai ritornare le creature celesti che un tempo furono, ma una condizione simile a quella umana è comunque più accettabile della completa dannazione”

Quindi sono più deboli”

“Ricordati Damon: l’uomo non è mai inferiore alla bestia, nonostante questa sia più forte viene sempre battuta”.

“I vampiri erano creature celesti?!” Chiese Stefan, allibito.

“No, i vampiri sono sempre stati creature maledette!”

Ma lei ha detto…

“I vostri antenati erano creature celesti che, dannate, divennero vampiri.”

“Non lo sapevo…!” Ammise perfino Bonnie, stupita dalla rivelazione.

Un brontolio seccato del maggiore tra i Salvatore interrupe quello scambio di battute. “Bah, poco ci importa, indietro non si può tornare! Non perdiamoci in chiacchiere, inizio ad avere fame e qui non abbiamo ancora concluso nulla!

Mia cara medium, può continuare il suo racconto!”

“Oh, dov’ero rimasta?”

“A suo figlio crepato in fase transitoria

 

Si, giusto!

Un paio d’ore dopo quella sorta di rituale, Samuel si risvegliò, più bello e vitale di com’era prima che la malattia lo colpisse.

L’uomo che ci aiutò se ne andò via: gli chiesi cosa volesse in cambio del suo gesto, ma mi disse semplicemente che, se mai avesse avuto bisogno di qualcosa, sarebbe tornato a cercarmi.

Il periodo successivo alla trasformazione non fu dei migliori. Purtroppo la condizione di mio figlio suscitava sospetti: un ragazzo dato per morto che da un giorno all’altro torna a splendere bello e forte come un Dio non poteva passare insospettato. Senza contare che, nonostante gli anni passassero, la vecchiaia sembrava non toccarlo affatto. Quasi mi pentii di essere entrata a fare parte della società, e rimpiansi gli insegnamenti di mia nonna.

La mia preoccupazione salì ai massimi livelli quando seppi dell’esistenza, nella contea, di organizzazioni segrete che, venute a conoscenza della presenza di vampiri, andavano a cacciarli.

Temetti di nuovo di perdere mio figlio, questa volta per sempre.

Fu allora che lo straniero si rifece vivo, ma senza il suo circo dietro.

Io allora avevo quasi cinquant’anni, mi consideravo una vecchia. Più volte mio figlio mi aveva proposto di bere il suo sangue per mantenermi giovane e vitale più a lungo, ma non avevo mai accettato: avrei vissuto la vita che il Signore aveva deciso di donarmi. Avevo già stravolto una volta il suo ordine cosmico impedendo a mio figlio di morire e dandogli addirittura la vita eterna, non volevo oltraggiare di nuovo la sua misericordia.

Il circense era venuto a chiedermi indietro quel favore che gli dovevo: voleva che crescessi sua figlia, che gli facessi da baia, che la educassi e la guidassi durante la sua infanzia e la sua adolescenza.

Sapendo, inoltre, dei problemi che stavamo avendo con i nostri concittadini, propose a Samuel di entrare nel suo circo. “Ti troverai bene” gli disse “là sono tutti come te… come noi!”

Accettai, e mio figlio pure.

Era la soluzione migliore per entrambi.

Tuttavia, prima di siglare il nostro accordo mi obbligò a bere il suo sangue: voleva assicurarsi che sarei rimasta al fianco della sua bambina per quanto più tempo possibile. Ed io, questa volta, fui costretta ad accettare il nettare dell’immortalità: gli dovevo troppi favori, era la seconda volta che aiutava me e mio figlio.

E’ per questo che, ancor oggi, ho l’aspetto che avevo quel lontano giorno di poco meno che vent’anni fa.

 

 

 

Inizialmente si era recato alla dimora dei Salvatore cercando – invano – i proprietari.

Aveva addirittura passato un po’ di tempo nel bosco circostante, cacciando qualche animale di piccola taglia da portare alla sua ospite.

Passava il tempo e dei fratelli vampiri nessuna traccia.

Alla fine, capendo che lì stava solo sprecando il suo tempo, si decise ad andare a cercarli altrove.

Fu così che si recò a casa di Elena, nella speranza di intercettare almeno uno dei due ragazzi.

Fermò la macchina davanti al vialetto e corse a bussare alla porta.

Più volte.

Con esito assolutamente negativo.

Ma dove erano finiti tutti?

 

D’improvviso, si ricordò della festa che quella sera sarebbe stata data alla casa del sindaco, e che lui aveva apertamente snobbato ancor prima di sapere che il suo weekend sarebbe stato disturbato da un’ospite indesiderata.

Sospirò. Non aveva proprio voglia di stare in mezzo a damerini impomatati e svenevoli fanciulle, ma doveva trovare Stefan e Damon, quindi si sarebbe recato lì.

Aveva appena iniziato a percorrere il vialetto in senso inverso, quando una motocicletta dal motore rombante si fermò proprio dietro la sua vettura. Si bloccò all’istante, riconoscendo nella figura aggrappata al gran fusto che guidava quel gioiellino la cara zia Jenna.

 

Fra risate divertite e un po’ civettuole, la donna scese dall’Harley, levandosi il casco nello stesso momento del suo biker. Inutile dire che la bellezza dello straniero faceva a gara con quella di dei e semidei scolpiti dalle abili mani degli antichi artisti greci.

Alaric, stupito, rimase a fissarlo per un po’, cercando di capire se lo conoscesse anche solo di vista. Era certo, in ogni caso, che fosse una compagnia ben gradita per Jenna. Da tanto non si incontravano faccia a faccia, tuttavia tutte le volte che l‘aveva scorta in giro per il paese aveva notato quanto si fosse spenta, come buttata giù, perdendo quel frizzante brio che sempre l’aveva caratterizzata. Il sorriso che possedeva in quel momento era certamente un dono di quell’uomo, e tale evidenza fece sorgere in lui un inconscio moto di gelosia che glielo rese piuttosto antipatico.

 

Era uscito con lei perché ne era rimasto attratto, e conoscendola l’intuizione iniziale si era rafforzata. Ma al tempo aveva ancora troppi problemi da risolvere, troppi cassetti del passato ancora aperti e pregni di ricordi e sentimenti difficili da scordare. Per rispetto e correttezza, dunque, l’aveva lasciata andare, certo che prima o poi, altrimenti, i pesi che portava sarebbero ricaduti anche nelle sue ignare spalle.

Ma le decisioni prese con la mente spesso sono indigeste alle ragioni del cuore, e se ne rendeva conto solo ora che la vedeva con un altro.

 

 

“Cinque minuti! Ci abbiamo messo solo cinque minuti! Ma quanto correvi?!” Esclamò la rossa, scoppiando a ridere.

“Troppo per essere replicabile, quindi non imitarmi mai!” Affermò lui, sorridendole.

“Oh, non me lo dire! Sei un maschilista! Credi che le donne non possano andare così veloce solo perché… sono donne!

Lui rise. “Io credo che Jenna non possa andare così veloce solo perché è Jenna! Sbaglio o sei riuscita a devastare la tua macchina senza neanche toccarla?

“Oh, dai! E’ una vettura vecchiotta, sarà per quello che non partiva! A proposito, domani mando il carro attrezzi per recuperarla!”

Ma no, non ti disturbare! I miei ragazzi sono già all’opera per rimetterla in sesto, e ti assicuro che sono migliori di qualsiasi meccanico in zona! Te la ritroverai davanti a casa stanotte stesso, credo!

“Oddio, grazie mille! Quanto vi devo per il disturbo?”

“Assolutamente nulla! Ci hai già rallegrato con la tua presenza per ben due spettacoli, che altro possiamo chiedere di più?

 

“Jenna!” La chiamò alle spalle una voce ben nota. La donna si voltò, stupita di ritrovarsi proprio lui davanti.

Alaric?” Da quanto è che non lo vedeva? Oh, si: da quando aveva deciso di mollarla perché ancora troppo ingarbugliato con le faccende della moglie. Certo, ora che sapeva che la sua ex era una vampira – nonché la vera madre di Elena – le cose prendevano una sfumatura diversa… perlomeno in teoria. In pratica, la brutta sensazione di essere stata rifiutata dall’uomo per cui aveva sofferto una forte attrazione continuava a bruciare, prevalendo su qualsiasi ragione.

“Ciao! Scusa il disturbo, ma cercavo Stefan.. e Damon magari. Sai se sono andati alla festa?” Spiegò l’uomo, dirigendosi verso la sua macchina.

“Di Damon non so dirti, ma Stefan e Elena sono andati alla serata a casa del sindaco questa sera. E’ successo qualcosa?”

“Oh no, niente di grave. Goditi pure la serata. Ciao!” Le disse, sforzandosi di dedicarle un sorriso sereno.

“Oh, ok… grazie e altrettanto! Ciao Al!” Lo salutò lei, un attimo prima che lui chiudesse lo sportello e partisse.

 

 

 

“Sta dicendo… che un solo sorso del suo sangue l’ha resa immune al tempo per ben vent’anni?!” Chiese Damon, interrompendo ancora una volta la narrazione senza il minimo tatto. Indubbiamente quella storia l’aveva scosso sotto diversi punti di vista, e i nervi tesi non lo aiutavano a mantenere un atteggiamento da gentiluomo.

“Non era proprio quello che si po’ definire un sorso…. Ma sì, esatto. Una sola volta bevetti il suo sangue”

“E’ impossibile! Il corpo umano smaltisce le tossine vampiri che in quarantotto ore!

“Damon” lo bloccò Stefan “Lasciala finire. A dopo le spiegazioni!”

“Ricordami quando ti ho dato il permesso di dirmi cosa fare” Gli sputò addosso il fratello, guardandolo minacciosamente. E quella scenata sarebbe durata più a lungo, se non fosse stato per una mano che, gentilmente, si poggiò sul polso del primogenito di casa Salvatore.

Il vampiro la fissò, sorpreso da quel contatto, guardando con occhi fermi la sua proprietaria parlargli con occhi sinceri.

“Damon, per favore!” Sussurrò Elena. “Lascia almeno che giunga alla fine! Tanto si tratta di domande che interessano tutti, a dopo le spiegazioni!

Lui rimase ancora un attimo a fissarla, poi con un gesto liberatorio del braccio fece intendere alla narratrice di continuare.

Stefan, tuttavia, non gli risparmiò un’occhiata che sapeva di gelosia e fastidio: non gli piaceva quel sentimento che il fratello provava per la sua ragazza e che quella accondiscendenza alle sue richieste tendeva a mettere in evidenza; Elena era sua, e Damon doveva farsene una ragione e mettersi da parte.

 

Se Rosie si accorse di quelle sottigliezze, non lo diede a vedere. Quando le fu di nuovo concessa la parola, riprese speditamente a parlare.

“Decisi di dedicare la mia intera vita alla sua creatura. Quindi salutai mio figlio… ricordo ancora le lacrime di quel giorno. Ero felice che tutto si fosse risolto al meglio, ma il mio Samuel mi sarebbe comunque mancato.

Pochi giorni dopo giunsi a Los Angeles, nella villa dove risiedeva la Famiglia Addams.

Non conobbi da subito la moglie del mio salvatore: quando entrai nel lussuoso salone d’ingresso della sontuosa abitazione fu lui a venirmi incontro e a mettermi fra le mani un minuscolo batuffolo di stoffe pregiate. Fra quelle sete e quei merletti, due occhi verdi grandi e limpidi come smeraldi mi fissavano sorridenti: era Eva, la mia piccola Eva.

Così iniziò la mia avventura con lei.

Del periodo che vissi lì, tuttavia, o di ciò che più da vicino riguarda Eva, non posso parlarne. Fatti così intimi preferirei veniste a conoscerli direttamente dalle sue labbra.

Dal mio racconto spero abbiate appreso che di me potete fidarvi, e di lei pure, perlomeno per le sue origini.

 

 

Il silenzio che succedette a tale conclusione era carico di tensione.

Quel finale aveva lasciato un po’ tutti con un grosso punto interrogativo in testa e l’idea che non tutta la matassa fosse stata svolta.

“Io, onestamente, non ho capito niente delle sue origini!” Commentò subito Jeremy, mentre gli altri assentivano a ruota.

Lei… ha in pratica detto che è figlia di un vampiro!” Aggiunse Bonnie.

“Ed io le assicuro che non possiamo procreare!” Commentò Damon, stanco di quella faccenda.

“Quando mai avrei detto che il padre di Eva è un vampiro?!

“Quando ha detto che è stato lui a trasformare suo figlio!”

Ma il signore non è un vampiro, ragazzi!”

 

Damon si passò una mano in volto, trattenendo a stento i nervi. Le cose stupide non gli piacevano, lo seccavano… e quella discussione stava diventando particolarmente stupida! “Il signore non è un vampiro… Eppure solo i vampiri possono creare altri vampiri!” Sbottò, duro.

“Mi spiace dover dissentire a tale ovvietà ma no, non è così. Sappiate solo che l’uomo che salvò la mia famiglia, e che con un’umana generò Eva, non è una creatura demoniaca. Non c’è niente di oscuro nel suo sangue o nei suoi poteri.

Ma in Eva sì, altrimenti non le avrebbe imposto il sigillo!” Obiettò Bonnie.

 

“Credo che dovrebbe essere più chiara, signora. La fiducia in lei l’abbiamo, ma è sempre Eva ad essere posta in dubbio” Assentì Elena, gentilmente, ponendosi come mediatrice fra le sue parti. La fissò coi suoi dolci occhi color cioccolato, seria come solo colei che teme per la salute dei suoi cari può esserlo. “Io per prima mi chiedo se ciò che lei dice di Eva sia la verità oggettiva o la realtà che sceglie di vedere una donna troppo affezionata alla sua creatura per ammetterne i difetti.”

“Oh, capisco. Le voglio bene come fosse una figlia, è vero, ma non sono mai stata una madre cieca. Con lei non posso permettermelo, il rischio è la sua anima.”

“Intende dire che studia attentamente ogni suo gesto, ogni suo…

“… anche il minimo respiro, pur di essere sicura che la bestia non abbia preso il possesso di lei

“Parla per assunti a noi sconosciuti, signora Duriel!” Brontolò Damon. “Bestie, creature celesti, pietre strane, pratiche misconosciute… non so quanto possa essere vero ciò che ci dice, ma so che questa non è la verità che aveva promesso di narrarci. L’incontro non era stato previsto per ascoltare le allegre vicende della sua vita stregonesca, quanto piuttosto per sapere del mostriciattolo isterico che tiene in grembo!

“Se lei non vuole, io non posso parlare. Quando si risveglierà sarete liberi di chiederle ciò che volete.”

“Quella aprirà bocca solo per mandarmi all’inferno!” Gridò stizzito il vampiro, così urtato dall’anziana Duriel da non riuscire neanche a stare fermo al suo posto.

Stefan lo fissò duramente, intollerante ai suoi modi barbari. Quella era una delle giornata che avrebbe volentieri passato a menargliene di santa ragione ogni volta che si azzardava ad aprire bocca. “Io mi fido invece”

“Cosa?!” Chiese il fratello, allibito.

Elena poggiò una mano sul braccio di Stefan, come complimentandosi per la sua scelta. Anche il silenzio degli altri sembrava indicare un tacito consenso. “Anche io mi fido. Onestamente né Eva né lei mi sono mai sembrate pericolose. Ho iniziato a temere solo dopo che Bonnie mi aveva informato che qualcosa di soprannaturale avvolgeva la sua protetta.

La nera sorrise lievemente, rassicurata da tali parole.

 

“Sono d’accordo con Elena e Stefan. Tuttavia, ho da porle ancora una domanda: perché se, come immagino, il sigillo è stato posto per bloccare la parte oscura di Eva, questa sera ha assunto le sembianze di un demone?” Chiese Bonnie.

“Il sigillo non aveva l’obiettivo di bloccare tutti i suoi poteri, quanto l’incoscienza che le provocava la bestia quando prendeva il sopravvento in lei.”

Quindi ha ancora tutti i poteri attivi!”

“Esatto, ma può solo usarli con coscienza!”

“E se decidesse coscientemente di essere malvagia?!” Chiese Jeremy.

“Non è così facile trasformarsi in una bestia e avere la coscienza ancora attiva. Sono molto rare le creature che ci riescono e di solito vantano poteri ben più grandi di quelli di un semplice vampiro: la loro perfidia è assoluta, potrebbero tranquillamente essere considerate la personificazione del male puro, e la loro aura nefasta è percepibile con un solo tocco. In tutta la mia vita ne ho conosciuta solo una e non si tratta di Eva.

“Non sarà Dart Fener in persona, ma la signorina stasera non ha dimostrato di essere un angelo!” Aggiunse Damon, pronto a demolire la sua avversaria in ogni momento. Anche se continuava a dormire con quel faccino serafico, lui non se la beveva: una che va a cacciare uccellini innocenti per il paese non può avere la coscienza pulita.

“Stasera non ha ucciso nessuno. Stasera, né mai.

D’altro canto, non è l’unica ad avere ancora i poteri attivi. La sola differenza coi due demoni qui presenti è che lei non è un demone, e non si nutre di sangue umano”

“Ah no?” Sbottò stizzito il vampiro, storcendo il naso.

“No, preferisce pizza e cioccolatini”

“Sa, lei mi stava molto simpatica prima di questo momento!” Precisò Damon, puntandole un dito accusatore contro.

 

“Tu, invece, mi stai sempre più sulle palle” Mormorò una voce assonnata.

 

 

Immersi nel generale stupore, gli occhi dei presenti si catalizzarono sulla figura di Eva che aveva preso a stiracchiarsi, come cercando di liberarsi di qualcosa che non le permetteva di svegliarsi.

“Era un incantesimo molto blando?” Chiese Rosie alla Bennet. Quella assentì.

 

“Così blando che ho sentito tutto, sebbene fossi obbligata a stare nel mondo dei sogni” Sussurrò la Addams aprendo lentamente gli occhi. Vedeva ancora sfocato, ma piano piano il mondo circostante stava iniziando a prendere forma davanti a lei. “Brutta strega, toglimi subito di dosso l’anatema che mi hai lanciato!” Mormorò con una durezza smorzata dal torpore, rivolta ovviamente a Bonnie.

“Eva, non essere sgarbata! Gliel’ho chiesto io, avevi sorpassato il limite!

Lei rimase in silenzio, corrugando la fronte e continuando la sua lotta contro l’incantesimo. “Anche tu lo hai sorpassato…

“Fidati della mia scelta, bambina… l’ho fatto per te!”

 

Lei rimase in silenzio, probabilmente troppo arrabbiata per decidere al momento se perdonare o meno la sua tata. Di una cosa, tuttavia, era certa. “Loro non sapranno mia niente di me”

Improvvisamente i suoi occhi si spalancarono, verdi e vivaci come quelli di un gatto. Era riuscita a vincere l’anatema. Adagio si mise a sedere, scrollandosi di dosso gli ultimi residui di torpore.

Poi, uno ad uno, fisso tutti i presenti con sguardo tutt’altro che amichevole. “Lasciatemi in pace” Disse infine, più un avvertimento che una richiesta.

Si alzò, avvicinandosi con sicurezza a Damon e levandogli di dosso, con la velocità tipica delle creature soprannaturali, il diario da sotto la giacca.

Inavvertitamente, mentre allontanava la mano dal suo dorso, gli sfiorò la pelle del braccio, che lui aveva portato automaticamente al petto come a proteggersi.

 

Come una scossa di energia gli attraversò il corpo, un fulmine a ciel sereno dalle sembianze anche fin troppo note, ma che da tempo non provava.

“Questo è mio, vampiro” Gli soffiò lei in faccia, irritata.

Poi, senza degnare nessuno di uno sguardo, nemmeno la sua cara Rosie, se ne andò via dal cimitero.

Damon rimase lì, imbambolato, mentre il caldo sapore delle labbra di Katherine gli ritornava prepotentemente alla mente.

 

 

Poco dopo, il gruppo si sciolse. Damon, Bonnie, Elena e Stefan si diressero insieme alla festa alla casa del sindaco, mentre Jeremy tornava nella sua dimora e la signora Duriel andava alla ricerca della sua protetta: non sapeva se sarebbe riuscita a trovarla, né se fosse il caso di andarla a cercare… ma voleva tentare, almeno per spiegarle le sue ragioni e dissipare quel senso di colpa che, seppur coscientemente insensato, continuava con prepotenza a divorarle il cuore.

 

 

 

“Sono tuoi figli?”

“Chi?!

“I ragazzi citati da …”

“Oh no! No assolutamente! In verità sono ben più grandi di quello che sembrano… ed io non sono così vecchia!

“Mi scuso, sono stato indiscreto, e tra l’altro non era mia intenzione darti della…

“A dire il vero due ragazzi abitano con me, ma sono miei nipoti. Elena e Jeremy.”

“Spero di conoscerli, allora.” Disse l’uomo, sorridendole.

Beh… se non sparirai subito col tuo circo a seguito, può anche essere!”

“Credo mi fermerò per un po’ qua, è un posto piacevole. Ora vado, mi attende l’ultimo spettacolo della serata!

Herm, aspetta un attimo!”

“Dimmi pure, non scappo!” Sorrise lui, in quel modo celestiale che le faceva venire il latte alle ginocchia.

“Vorrei ringraziarti per la tua gentilezza. Sarebbe troppo invitarti ad una cena a casa mia domani sera? Niente di troppo impegnativo… o intimo, non preoccuparti! Ci saranno anche i miei nipoti!”

“Ne sarei onorato, madama… ma proprio domani sera non ce la faccio, ho spettacoli perfino sul tardi!”

Un’espressione triste si appropriò del di lei viso. “E’ un modo gentile per darmi buca e farmi capire che non hai intenzione di rivedermi?”

Lui la fissò, scoppiando a ridere per quell’incredibile mancanza di peli sulla lingua. “No, era un modo gentile per convincerti ad invitarmi fra qualche giorno... magari, sabato prossimo?”

Jenna quasi si mise a saltare per la soddisfazione. “Ma è perfetto!”

“Ne sono felice!” Disse lui, portandosi una sua mano alle labbra e baciandola con eleganza.  “Perdoni le galanterie d’altri tempi – aggiunse poi, mentre la lasciava andare - ma sa com’è, a noi circensi piace lo spettacolo!”

“Me ne sono accorta!” E pure a lei piaceva, molto….

“A presto, allora!”

“A presto!”

 

Poco dopo, la moto sfrecciò veloce far le ombre del tramonto, lasciando alla bella rossa nient’altro che un sorriso estasiato.

“Chi era il lumacone?!

Jenna, ancora con gli occhi brillanti per l’entusiasmo, si voltò, saltando quasi addosso il nipote.

“Oh, lui è l’uomo dei miei sogni!”

Quello scoppiò a ridere, senza riuscire però a nascondere un certo sguardo preoccupato. “E credi che lo rimarrà a lungo prima che tu lo faccia fuggire a gambe levate?”

Nipotastro del malaugurio! Che mi dici mai! Herm non è un fuggitivo!”

“Nessuno dei tuoi uomini lo è mai stato…

Mmmm… Dove vuoi arrivare?”

…Fino a quando non hanno capito che eri una terrorista!”

“Basta, stanotte rimani senza cena!”

Lui rise ancora di più, dirigendosi verso la casa in compagnia dell’effervescente trentenne. “Quindi, ho sentito male o l’hai davvero invitato a cena sabato prossimo?”

“Da quando hai un udito così fine?!

“Allora è vero!”

“Certo, e non autorizzarti a mancare!”

“Ovviamente no! Non sia mai che me lo ritrovi zio senza rendermene conto!

“Ma quanto siamo loquaci oggi! A proposito… dov’eri?” Disse, aprendo la porta di casa.

“Con gli altri” Replicò, impercettibilmente più freddo. La domanda lo aveva colto di sorpresa, ma doveva stare attento a non fare venire sospetti alla zia: l’affare Eva non era niente di preoccupante, ma un solo accenno a quanto accadeva nella villa dirimpetto alla loro avrebbe potuto mandare in fumo il benessere appena ritrovato della giovane parente. Dopo tutto quello che aveva passato e aveva fatto per loro, una ricaduta non se la meritava proprio.

Sapeva bene che mentire non era mai la cosa giusta da fare… era di menzogna, infatti, che aveva accusato Elena quando, in passato, non gli aveva riferito quanto stesse accadendogli intorno. Ora, invece, per la prima volta si sentì di riconoscere la giustezza delle sue azioni: alle volte, una piccola bugia può salvare da sofferenze non necessarie.

 

“Intendi Elena, Stefan…

Si, ci siamo fatti quattro chiacchiere insieme prima che loro andassero dal sindaco!” Spiegò il ragazzo, levandosi il giubbotto e gettandolo con malagrazia sul divano, al cui fianco sprofondò pure lui un attimo dopo.

“Sta succedendo qualcosa?”

“No, perché?” Replicò, facendo spallucce.

Lei rimase un attimo a pensare, fino a lasciar perdere il tutto con noncuranza. “E’ passato anche Al poco fa, cercava i ragazzi

“Il professore cercava Stefan e Damon?”

“Esatto. Sai perché?”

“Assolutamente no! Cosa c’è per cena?”

“Che ne dici di una pizza?”

“Non ti dovresti mettere a dieta ora che hai un ragazzo attorno?” Domandò con estrema nonchalance il nipote, scoppiando poi a ridere davanti all’espressione indignata della zia.

“No! Tu, invece, mi sa proprio che hai deciso di rimanere a digiuno per molto, molto tempo!

 

 

 

Si guardò intorno, lanciando affabili sorrisi un po’ in tutte le direzioni.

Non c’è che dire, quando si trattava di fingere, lui era il numero uno. Per quello alle feste d’alto borgo, in giacca e cravatta, poteva perfino apparire come un affabile gentiluomo.

Afferrò una flute di champagne, la terza da quando era arrivato – neanche mezz’ora – e si mise a girovagare in cerca di qualche chiacchierata superficiale e distensiva.

La bottiglia di vodka che per caso aveva trovato prima in balcone e che si era scolato senza ritegno nel giro di qualche minuto iniziava a fare il suo effetto, ma non gli interessava di fare brutte figure o, peggio, danni. Non aveva più voglia di pensare alle delusioni di quella serata, alle speranze andate in fumo e ai nervi decisamente incandescenti che ancora tentava di calmare.

Eva: un nome, un tormento. Possibilmente da eliminare. Almeno dalla sua mente, almeno per quella sera… visto che misure più drastiche non le avrebbe potute attuare senza scatenare le ire del cane da guardia più rabbioso di tutta Mystic Falls, la sua terribile stregaccia Bennet!

A proposito di lei… era da un po’ che non la vedeva. Chissà dov’era finita.

 

Girovagò fra una stanza e l’altra, capendo poi che si doveva essere certamente rifugiata in giardino, giacché in casa non c’era.

La trovò, infatti, comodamente seduta su una panchina davanti all’immenso prato, ben lontana dalla folla e in compagnia della sola luce lunare.

Senza dire una parola si sedette al suo fianco, finendo di scolarsi il suo drink preferito.

“Da quando in qua cerchi la mia compagnia?” Domandò quella, corrugando la fronte.

“Da quando faccio quello che mi pare. Ma di solito non stai in silenzio? Come mai stai cambiando abitudine?” Replicò con estremo garbo, deliziato dallo champagne appena ingurgitato.

“E’ un modo vagamente garbato per dirmi perché non sto zitta?!

“Wow, che cervellino laborioso!”

Sei ubriaco?!”

“Non ancora… dopo spero di sì. Tu no?”

“No!”

“Dovresti. Hai avuto tante rivelazioni scottanti questa sera

Lei sospirò, e Damon capì che era proprio per quello che si era rifugiata laggiù, tutta sola: le parole pronunciate dalla vecchia Duriel avevano riportato alla luce antichi enigmi e dolorosi ricordi.

 

“Sai, era da tanto che mi chiedevo perché Emily avesse scelto di seguire Katherine. L’ho capito solo ora: era così arrabbiata per ciò che i suoi stessi simili avevano fatto alla sua famiglia da allearsi col peggior nemico dell’umanità per vendicarsi delle perdite subite, mettendo a disposizione della sua padrona quelle magie che i compaesani tanto avevano disprezzato

“Già, credo sia proprio così. Siete molto… familisti, voi Bennet

“Cosa?!

“Ci tenete alla famiglia!”

“Non tutti siamo come te e Stefan. Anzi, come te e basta!”

“Oh, touché! Non esiste nessuno come me! Propongo un brindisi! A quanto sono magnifico!” Esclamò, alzando in aria il calice vuoto.

Bonnie lo fissò schifata. “Fatti un favore, girami alla larga quando sei ubriaco, o te le faccio scontare tutte!”

Anche io ne ho qualcuna da farti scontare da ieri sera!” Borbottò, lasciando cadere il calice sull’erba e fiondandosi sulle sue labbra prima che lei avesse il tempo di scostarsi.

 

Bonnie si ritrovò a seguire i movimenti morbidi e sinuosi della sua bocca quasi senza rendersene conto, mentre il disprezzo per lui veniva sconfitto da un’attrazione che neanche sapeva di provare.

Quel ragazzo era sbagliato; qualsiasi cosa facesse si trasformava in un danno, e creare problemi era l’arte in cui era più pratico.

Eppure, la dolcezza delle sue labbra e le leggere carezze delle sue mani sapevano fare sembrare tutto giusto.

Fu solo l’acre sapore dell’acool a costringerla, qualche minuto dopo, ad allontanarsi e a non farlo più riavvicinare.

“Ma quanto hai bevuto?!

“Più di quanto tu potresti reggere senza crepare

“Perché?! Che bisogno avevi?!

“Dovresti ringraziarmi, l’ho fatto per te. Altrimenti, come trovavo il coraggio di baciarti di nuovo?

“Bah, la smetto di ascoltarti, da ubriaco sei più seccante che da sobrio. E’ ovvio che qualcosa ti ha scosso, altrimenti non saresti in questo stato. Affari tuoi, se non ne vuoi parlarne!” Mormorò stizzita la ragazza, alzandosi e facendo per andarsene.

Fu la sua confessione a bloccarla, per qualche attimo, dal suo intento.

“E’ Katherine. C’è qualcosa nella Addams che me la ricorda brutalmente”

“C’è ovunque qualcosa che te la ricorda. Sei ossessionato da lei! Quella donna ti porterà alla morte!” Disse con rabbia, prima di sparire dentro la villa.

 

“L’ha già fatto” sussurrò Damon, mezzo sdraiato sulla panchina. “L’ha già fatto”.

Fissò la luna, il cui colorito perlaceo gli riportò alla mente la serica pelle della sua antica amante.

I suoi sospiri, i suoi baci ardenti, i suoi morsi dolorosi.

 

Alcool. Quella sera aveva bisogno di molto, molto alcool.

 

 

 

 

RINGRAZIAMENTI

 

Grazie ancora a tutti coloro che seguono la mia storia… e ancora di più a quei pochi che recensiscono!!!

Grazie grazie grazie!!

Fatemi sapere cosa pensate del progredire del racconto!

Alla prossima puntata!

 

Kishal

   
 
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