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Autore: Lucenera88    07/10/2010    0 recensioni
Questa fanfiction è stata scritta anni fa, per cui ad affiancare Ash saranno Misty e Brock.
Anche in merito ai Pokémon, stesso discorso: non seguo l'anime dell'ultima serie, per cui vi prego di essere clementi.
Tratta di una strana disavventura accaduta a Fire City, quando Ash e i suoi amici sono coinvolti negli oscuri accadimenti che si celano dietro un combattimento con il capo-palestra della città.
La storia comprende tutti i personaggi, ma in particolare si incentra su Jessie e James.
Spero che vi piaccia, sebbene la storia sia un po' datata.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Brock, James, Jessie | Coppie: Ash/Misty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 3 –  Per l’incontro!

Il Pokémon Centre era aperto ma non c’era molta gente, perciò non tardarono ad essere ricevuti dall’infermiera Joy, intenta a controllare alcune cartelle cliniche.
“Infermiera Joy, può dare una controllata al mio Pokémon? Ha ingerito una specie di sonnifero o qualcosa del genere, e adesso non so che pesci pigliare!” Misty era molto preoccupata.
Brock, sbucato dal nulla, corse verso la ragazza tenendole la mano.
“Se vuole, la aiuterò! Potremo curare insieme i mali di questo Pokémon… e dopo, potrebbe curare i miei mali d’amore…facciamo staser…Ahio!”
Misty, con un’aria di puro godimento, gli stava torcendo le carni con un pizzicotto dietro il collo particolarmente doloroso.
Joy si affrettò intanto a ritrarre la sua mano da quella di Brock, leggermente disgustata.
“Grazie, ma il mio lavoro lo so fare bene anche da sola… e poi sono fidanzata!” lo freddò, formando piccole rughe sulla fronte per l’irritazione.
“Così impari a fare il cascamorto con qualunque cosa porti la gonna” lo punzecchiò lei a bassa voce, mentre lui si stava ancora massaggiando il collo con le lacrime agli occhi.
“Brock, che ci fai qui?” Ash chiese, sorpreso. “Non eri alla centrale di polizia?”
“Il mio rapporto è stato breve e coinciso” si vantò il ragazzo, “senza molti particolari. Ho chiesto a quella donna di accompagnarmi alla palestra, ma mentre percorrevamo la strada vi ho visti da lontano entrare al Pokémon Centre e così mi sono fatto fermare qui!”
“Hai fatto presto!” ridacchiò Ash allegramente. “Miseriaccia, meno di un’ora!”
Intanto Joy aveva poggiato Togepi su una piccola barella al di là del bancone. Alla fine del controllo diede un’ultima occhiata alle pupille del cucciolo e gli mise un dito sulla piccola bocca per sentire la frequenza della respirazione.
“Niente paura, ha preso del normale sonnifero ed in piccole quantità, anche se questo tipo causa una sonnolenza immediata” accennò un sorriso, poi tramutò la sua faccia in un’espressione pietosa.
“Non si sveglierà prima di circa un’ora e mezza, ma fate in modo che non accada più: state attenti, quando allenate le prime volte i giovani Pokémon!”
Alleggerita di un fardello pesante, Misty si apprestò a pagare. “La ringrazio tanto per la visita. Ed ora, Ash, possiamo andare”.

“Non vedo l’ora di stringere fra le mani la medaglia Fuoco!” esclamò Ash, mentre si avviavano alla palestra.
“Peccato che ci siano tre palestre e tu possa avere solo una medaglia” puntualizzò Brock. “Valgono tutte e tre ugualmente”.
Misty guardava tristemente Togepi mentre lo teneva in braccio. “Guardate… non si è nemmeno richiuso come un uovo!” si lamentò sconsolata.
“Ormai non puoi farci niente!” disse Brock. “Mangiare qualcosa può servire a tirare su il morale a tutti, e stavolta andiamo a mangiare veramente”.
“Già!” esclamò Ash. “Nell’agitazione, si è fatto tardi che non abbiamo ancora pranzato!”
“Quindi rimandiamo l’incontro a dopo, e cambiamo strada” concluse l’amico.
“Toglimi una curiosità, Brock” lo chiamò Misty mentre si apprestavano a cambiare itinerario, “per quale motivo ti dispiace tanto stare vicino a quella Jenny?”
“E’ vero,” concordò Ash, “invece che chiamarla per nome, hai detto quella donna. Non sarà che è così acida da fare paura persino a te?”
“Ma no! Solo che non mi viene quella reazione, sto cercando di spiegarmelo: è Jenny, ma la vedo io e non è Jenny. Forse perché ho visto troppe Jenny, o perché il profumo che ha mi fa un brutto effetto, ma altre Jenny non avevano il profumo, sarà per colpa del suo tono, allora, perché…”
Pikachu fissò un attimo Brock, e poi si rivolse ad Ash con un “piika…pika pika pikachu’…” come se gli avesse chiesto “ma questo è tutto fuso?”
Ormai, la discussione sull’agente era diventata, per Brock, un fatto personale.
Lo lasciarono perdere, e si incamminarono in silenzio con il sottofondo rimuginante dell’allevatore che li accompagnava.

Quando entrarono in uno dei ristorantini economici per turisti della zona ovest di Fire city, erano già le tre passate. In un certo senso fu positivo per loro, che morivano di fame e si erano appena risparmiati una lunga attesa, dal momento che verso quell’ora il locale si cominciava a svuotare piuttosto che riempirsi. Dopo aver mangiato e pagato il menù fisso per turisti – che per loro si rivelò anche una bufala, dal momento che le salatissime bibite non erano incluse – si diressero, secondo le indicazioni di uno dei camerieri, al piccolo centro commerciale poco distante per fare rifornimenti. Comprarono giusto il necessario, a maggior ragione che per mangiare se n’erano andati più soldi di quanto ci si aspettasse: cibo in scatola per loro, e sacchette di crocchette per i loro Pokémon. Quindi, decisero di andare a riposarsi al parco nelle cui vicinanze si trovava la palestra, chiusa fino alle quattro e mezza di pomeriggio per il pranzo. Togepi dormiva ancora, e Misty l’aveva poggiato supino su una panchina di legno all’ombra di un susino, mentre gli altri Pokémon erano stati tirati fuori dalle sfere per mangiare il cibo appena comprato, e per sgranchirsi le zampe in attesa della battaglia pomeridiana. Chikorita e Cyndaquil giocherellavano, Pikachu mangiucchiava e poi saltellava via, mentre  Noctowl svolazzava sugli alberi.
Non appena Togepi mostrò i primi segni che stava riprendendo coscienza, Ash diventò impaziente. Fece rientrare immediatamente i suoi Pokémon nelle sfere.
 “Andiamo, per favore, su!” in poco tempo, aveva alzato tutto il gruppo e l’aveva messo in marcia.
Le porte di vetro automatiche si aprirono al passaggio dei ragazzi, e si ritrovarono nella sala d’entrata a forma trapezoidale dove quella mattina avevano parlato con la segretaria: adesso non c’era, la scrivania era vuota.
A destra era appeso un cartellone scritto a mano con pennarelli colorati. Ash fu il primo ad avvicinarvisi, seguito dal resto della combriccola, e lesse chiaramente:

PALESTRA “FIRESPORT”
IN QUESTA PALESTRA SI PRATICA:
- NUOTO SINCRONIZZATO
- BALLO
- ALLEVAMENTO POKEMON
- INCONTRI E LEZIONI DI ED. FISICA POKEMON

“Dammi retta, Ash”  Misty gli si mise accanto, “dovrebbe esserci una nota in piccolo a proposito di incontri”.
“Eh?” Era così immerso nella sua eccitazione che non aveva prestato attenzione. Misty lo spinse di lato e si piegò sul manifesto facendo scorrere il dito.
“Nota per nuoto sincronizzato, nota per autodifesa, per ballo, per allevamento di Pokémon… ah, ecco, Per Incontri e lezioni Pokémon”.
E cominciò a leggere a voce alta:
“Questa palestra è l’unica ufficiale della città di Fire City facente parte della Lega Pokémon Indigo-Plateau, pertanto ad ogni incontro ufficialmente vinto da uno sfidante sarà d’obbligo per il capo-palestra consegnare in premio la medaglia Fuoco della terza palestra di Fire City.
Per una sfida rivolgersi a Philip Broudlee nell’aula di Educazione Fisica Pokémon”.
“Bene, che aspettiamo?” esultò euforico Ash, e si avviò oltre l’arcata entrando in una saletta sulla quale si affacciavano due porte.
“Quella lì” indicò Brock, al leggere affianco l’insegna che riportava “Educazione Fisica Pokémon”.  I ragazzi spinsero sulla maniglia ed entrarono in una sala poco più grande di una normale arena semi-professionale, con grossi finestroni in fondo e sulla destra dai quali penetrava la luce pomeridiana. A sinistra era situata una panca di legno con gradini rialzati, sulla quale diversi ragazzini dai cinque ai quindici anni stavano facendo merenda, circondati da una frotta di Pokémon.
Sopra le loro teste era affisso un grosso tabellone segnapunti, e l’area della palestra era quasi interamente occupata dai segni bianchi che delimitavano il campo da combattimento.
Un Rattata, un Ekans e due Igglybuff giocavano allegramente rincorrendosi.
Ash stava per avvicinarsi ai ragazzini, quando un bambino biondo correndo da dietro lo travolse letteralmente per aria. Poi si fermò di botto. Si girò con un sorriso di disagio e si scusò mortificato.
“Non fa nulla” disse Ash alzandosi, poi pensò che quel ragazzo avrebbe potuto aiutarlo così si affrettò a chiedere: “Scusa, è qui che si trova Philip Broudlee?”
Con aria distratta il ragazzino diede uno sguardo in giro.
“Se intendi in questo momento, credo di no – non lo vedo”. Gli occhi gli si illuminarono improvvisamente. “Siete allenatori di Pokémon? Siete venuti per un incontro con Phil, vero?”
“Sì, io” Ash confermò, “E’ per questo che lo cerco”.
“Credo che tornerà a minuti” sorrise euforico, e piantò loro davanti una mano da stringere.
“Io sono Ben, il figlio degli insegnanti di Allevamento Pokémon e in assoluto il migliore amico di Phil!” si presentò con un’elettricità disarmante.
Una mano grande con un guanto nero si posò sulla sua spalla. “Ben! Che c’è? Hai tormentato Christina chiedendo di me”.
Un uomo sui venticinque anni, capelli ondulati e gli occhi castani, gli era alle spalle. Doveva essere il capo-palestra, il logo della lega del Pokémon brillava sulla sua camicia. I ragazzi si stupirono della sua improvvisa comparsa, e anche lo stesso Ben se ne sorprese.
“Dove sei andato, Phil? Ti sei dimenticato che alle quattro dovevamo andare all’acquario con tutti gli altri per la lezione sui Pokémon d’acqua?” domandò Ben con un grosso broncio stampato in faccia.
Philip si illuminò, e ne rimase visibilmente mortificato.
 “Scusa, davvero, ma domani ci andremo sicuramente. Oggi però è già troppo tardi, cerca di capire”.
Ben mugolò guardando altrove e poi acconsentì.
“Va bene; però, Phil, posso stare con te? Con mamma e papà è una noia mortale: stanno insegnando a curare le punture di Goldeen! Che rottura, che palle, che rompi! Dài, dài, dài, l’ho sentita mille volte, ci vado con i Bellossom, te lo giuro, dài!” cominciò a pregare, le mani incrociate e gli occhi dolci a cui Phil sembrò durare poco.
“Va bene, va bene, ma smettila!”
Il ragazzino lo guardò con un volto limpido di gioia. “Davvero?”
“Sì, ma dopo la lezione te ne vai, capito?” e Ben annuì contento. Doveva avere all’incirca nove anni, capelli biondi a caschetto e un viso allegro.
L’uomo si voltò verso Ash, Misty e Brock.
“Salve, sono Philip Broudlee, insegnante di Lezioni sull’educazione fisica per i Pokémon e capo–palestra di questa sede” si presentò porgendo una mano ad Ash, che precedeva Misty e Brock. “Posso sapere con chi ho a che fare?”
Ash gliela strinse cordialmente.
“Io sono Ash Catchum e vengo dalla città di Pallet” disse vigoroso. “Sono qui per guadagnarmi una medaglia”.
Phil inarcò le sopracciglia. “Mi pare un po’ tardi per l’Indigo-Plateau” commentò.
“Sì lo so, ma vorrei lo stesso lanciarle una sfida!” lo informò il ragazzo.
“Capisco” disse Philip, osservando ben bene il giovane allenatore.
“E voi, ragazzi, siete con lui?”
Loro annuirono. “Io mi chiamo Misty, vengo da Celurean City” si presentò la ragazza. Al sentire il nome della città, Phil allungò un sorriso cordiale.
“Ah, sì, la grande città di Celurean. Dicono sia molto famosa per le sue cascate e si dice che lì ci siano i più bei esemplari di Pokémon acqua, pianta e tipi molto resistenti di Pokémon di pietra. Ciao, Misty!” strinse la mano anche a lei. Misty però non riuscì a concludere la stretta di mano che fu subito spostata di lato dal gomito di Brock che si presentò:
“Io invece sono Brock, il capo–palestra di Pewter City”.
L’espressione di Phil fece capire molto chiaramente che no, non conosceva Pewter City.
“Piacere, Brock, lieto di fare la tua conoscenza” gli disse Phil senza aggiungere altro, con la delusione di Brock.
“Concedetemi solamente una mezz’ora di lezione con i miei alunni: ho avuto un impegno urgente che ha tolto del tempo alla lezione” spiegò con fretta. “Se attendete che finisca, li manderò via il più presto possibile”.
“Non si preoccupi, se è solo una mezz’oretta possiamo tranquillamente aspettare!” rispose Ash.
I tre allenatori presero posto sulle gradinate, mentre tutti i giovani allievi si allineavano di fronte al loro insegnante, i Pokémon anche in riga.
Philip aveva cominciato a far correre i propri alunni con i Pokémon lungo il perimetro dell’arena. Ben si dimostrava essere un bambino simpatico a tutti, come quando spiegò ad un compagno come curare il suo Charmeleon da stress; aveva però anche una forte consapevolezza di essere il più coccolato da Phil, poiché gli veniva in mente di fare qualunque cosa e l’altro non batteva ciglio neppure se Ben stava chiaramente disturbando la lezione. Era abbastanza interessante vedere come Phil allenava quei bambini ancora troppo giovani per diventare allenatori. Ash notò chiaramente il barlume di speranza che si accendeva in loro, mentre si allenavano.

“Ragazzi! Per oggi è tutto finito; chi non ha da fare venerdì recupereremo la mezz’ora persa, e provate a casa le mosse di cura rapida dopo gli incontri che ho spiegato prima”.
Un bambino rosso ricoperto di lentiggini marroni alzò una mano.
“Scusi, quei ragazzi devono disputare un incontro con lei?”
Phil diresse una mano ad Ash, Brock e Misty; si erano divertiti ad assistere a quella lezione.
“Sì, pare proprio di sì” confermò Ash.
“Signor Broudlee, che aspetta? Siamo ansiosi di vedere come se la caverà questo ragazzo!” gridò una ragazza in salopette con i capelli legati in due code; dopo di lei ci furono molti altri gridi di incitamento e alcuni, invece di preparare le loro cose, si erano seduti sul palco.
“Spiacente, ma noi svolgeremo l’incontro da un’altra parte, ed ora preparatevi ad uscire” annunciò Philip con pazienza, grattandosi nel frattempo i dorsi delle mani.
“Ma tutti gli incontri aveva detto che li avrebbe svolti di fronte a noi!” protestò la ragazza.
“Non oggi, Sukie” concluse risoluto porgendole la giacca di jeans. In breve tempo se ne andarono tutti, ad eccezione di Ben che era rimasto sul palchetto.
“Vengo con te!”
“Che cosa mi avevi promesso?” il capo-palestra si era accovacciato tenendo una mano per terra e l’altra sulla spalla di Ben.
“Ma non…”
“Vai dai tuoi genitori e, se chiedono di me, dì loro che sono andato a svolgere un incontro. Tu, però resta a casa, e non allontanarti”.
Ben aveva assunto un’espressione distrutta, probabilmente perché per la prima volta non era riuscito a vincere.
Philip si volse cupamente verso gli ospiti.
“Se volete disputare quest’incontro, seguitemi.”

Philip chiamò un taxi. Ben, che li aveva seguiti di nascosto, li vide mentre salivano. Si avvicinò senza farsi vedere, e udì chiaramente Philip dire “Per Cross Road”.
Il taxi si allontanò e scomparve.
“Cross Road?” si disse sorpreso Ben. “Ma quella strada è…”
“Testa Gialla?”
Ben si voltò indietro come colpito da una freccia, e vide la ragazzina in salopette che era in classe di Philip, sia a scuola sia a lezione di Pokémon.
“Ti ho detto mille volte di non chiamarmi Testa Gialla, Sukie!” la rimproverò.
“Non sono venuta per litigare con una testa Gialla come te” lo rimbeccò Sukie, altezzosa.
“E allora che cosa vuoi?” le domandò brusco il biondino.
“Voglio vedere l’incontro di Broudlee” fece la ragazzina risoluta.
“Non puoi,stupida! Phil non ha detto dove lo farà”.
“Ma tu lo sai, vero? Ci andrai” Sukie lo guardò accusatoria. “Sennò perché lo stavi spiando? Uuuuh, vedrai quando lo sapranno i tuoi genitori...” e subito trotterellò verso l’entrata della palestra.
“Senti, senti,” il piccolo cambiò subito atteggiamento, “ se ti porto non dirai nulla ai miei, vero?”
Sukie lo guardò nuovamente con un’aria sorniona. “Sta’ tranquillo, Testa Gialla”.
“Ce l’hai la bici?”
“Certo,” gliela mostrò appoggiata accanto al muro col catenaccio ancora chiuso, “sono venuta con questa”.
Ben corse dietro la palestra. “Ehi! Dove vai?” gridò Sukie, finché non lo vide uscire con la sua bicicletta.
“Sbrighiamoci, meno male che conosco una scorciatoia!”
“Ma dove si va?” chiese, mentre Ben aveva cominciato già a pedalare.
“A Cross Road” gridò il ragazzino.
Appena i due sparirono, qualcuno sbucò fuori da sopra un albero da viale, lì vicino: un ragazzo con l’impermeabile e gli occhiali da sole, noncurante di due bambini che lo osservavano curiosamente coi gelati in mano.
Parlò alla trasmittente: “Jessie, mi senti?”
La voce di Jessie proveniente dall’apparecchio gridò: “Forte e chiaro”.
“Si stanno dirigendo a Cross Road”.
“Cross Road? Meowth, l’hai trovata sulla piantina? Bene. Stiamo preparando la mongolfiera, muoviti a venire qui”.
“Okay”.
   
 
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