Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: SmartisPanda    12/10/2010    9 recensioni
"Quando aveva preteso l’Indipendenza sapeva a che cosa stava andando incontro, sapeva che Inghilterra non glielo avrebbe mai permesso, sapeva anche che per convincerlo sarebbe dovuto scendere ad una battaglia. Lui voleva l’indipendenza, desiderava la libertà e ora che l’aveva ottenuta ne era felice, ma c’era ancora un conto da pagare: riappacificarsi con Arthur." Prima fanfiction dedicata ad Us Uk da parte mia ^^' buona lettura u.u per ora metterò Raiting Arancione perchè non so come andrà a finire...potrebbe capitare che diventi Rosso ...avverto sin da subito u.u
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ALFRED

Non era cambiato affatto.
Di soppiatto, come un dejavuu, si era alzato dal divano e aveva percorso le scale che un tempo aveva usato per andare in camera propria, ma le sue gambe si erano dirette da tutt’altra parte.
Com’era successo decine di altre volte, si ritrovò di fronte alla camera di Arthur fissando la porta ovviamente chiusa. Da quanto tempo non faceva una cosa del genere? Era un nervoso, forse stava facendo una vera “cazzata”.
Sapeva per certo che quella camera non era chiusa a chiave dato che non aveva sentito lo scatto della serratura al piano di sotto e Arthur non si era mai rinchiuso all’interno della propria stanza a causa della propria educazione da galantuomo.
Il cuore batteva all’impazzata nel suo petto, facendolo traballare sulla propria decisione. Che stava facendo? Non doveva nemmeno trovarsi in quel corridoio freddo e buio … perché allora non riusciva a scappare? Era così determinato dentro di sè? Non lo sentiva affatto.
Aprì cautamente la porta, assicurandosi di non emettere il benché minimo rumore e scivolò all’interno della stanza mimetizzandosi con le ombre. Era tutto buio … ma l’odore di Arthur era decine di volte più forte rispetto al resto della casa. Si mise ad annusare a pieni polmoni quel profumo così buono e per un attimo gli rese la testa leggera come una piuma, ma non era venuto in quella stanza per quel motivo.
Si avvicinò al letto a baldacchino dall’altra parte della stanza e, per fortuna, sembrava che Inghilterra dormisse profondamente. Come per il resto della casa, non era cambiato nulla lì dentro se non le pareti più spoglie di quel che ricordava … sì … quei muri una volta erano stati pieni di loro foto assieme che andavano dall’infanzia fino all’adolescenza. Aveva buttato via anche quelle, evidentemente.
Per sicurezza girò attorno al letto a baldacchino, fino ad arrivare alle spalle dell’inglese, così che se avesse casualmente aperto gli occhi, Alfred avrebbe avuto tutto il tempo di nascondersi sotto il letto. Aveva un po’ di timore … anzi …. MOLTO, ma doveva liberarsi di quel peso nell’unico modo che conosceva.

-Arthur … sei sveglio?- nessuna risposta se non il leggero respiro d’Inghilterra, segno che era sicuramente addormentato. Alfred sospirò un poco per il sollievo, prendendo così un po' di coraggio. – Oh, per fortuna … se fossi stato sveglio non avrei saputo che scusa inventarmi stavolta … eheh … -rise nervosamente … ma pochi istanti dopo quel sorriso era sparito dalle sue labbra, sostituito da un'espressione triste. Il cuore, già in quel momento, batteva più forte di un tamburo e lo stomaco era continuamente strizzato da una morsa.
–Sai Arthur- si sedette sul letto, senza far rumore e senza cambiare l’equilibrio del biondo sul materasso a causa di un nuovo peso. –Quando ero piccolo venivo spesso qui a parlarti e, ovviamente, tu non eri mai sveglio. L’ho fatto talmente tante volte che ho perso il conto. Quando avevo una preoccupazione o un pensiero che non volevo dirti perché mi turbava e non volevo che ti preoccupassi … io venivo sempre. Avevo paura che tu ti arrabbiassi per alcune cose, quindi … mi limitavo a parlarti così, come una specie di confessionale. In questo modo non potevo dirti di non avertelo detto, no?- rise di nuovo, piano, ma poi si zittì continuando a guardare la figura di Arthur che respirava regolarmente fra le lenzuola bianche. Il suo corpo era visibile attraverso la stoffa, la quale scivolava lungo le linee dei suoi muscoli come se si trattasse di una seconda pelle. Poteva vedere le linee delle spalle, della schiena, dei fianchi...e a quel punto la gola diventò secca. –Non ...non sono venuto qui per parlare di quel passato, però … - deglutì ed iniziò a formarsi un groppo alla gola, mentre le mani iniziavano a torturarsi da sole. –Arthur … questo è l’unico modo per dirti il motivo della mia visita e della mia telefonata precedente. So che non mi ascolteresti mai se te lo dicessi da sveglio, voglio almeno liberarmi da un peso e dirtelo nell’unico modo che conosco che non ti faccia arrabbiare o indignare. Forse più “arrabbiare” in effetti.-
Seguì un altro istante di silenzio in cui Alfred cercò di farsi forza, ma fu ugualmente difficile aprire la bocca per sfogarsi.
–Non sono venuto qui per parlare della mia Indipendenza o per sentire come stavi. Non è così. Sono una persona molto egoista e tu lo sai più di ogni altro al mondo … sono venuto qui per un motivo più personale che all’inizio pure io spacciavo per preoccupazione. Sono venuto qui perché … perché mi mancavi da morire.- Rimase un attimo in silenzio, cercando di riprendere fiato da quella confessione iniziale. –Sì, mi manchi. Mi manca la tua presenza nella mia vita, i tuoi sorrisi, le tue indignazioni per qualsiasi cosa, il modo in cui mi sgridavi, i tuoi occhi, le tue espressioni ed emozioni e … sì … mi manca tutto di te, Arthur. Io non sono una persona forte … o almeno … questo è quello che nascondo agli altri … ma dentro di me ho costantemente una paura pazzesca. Quando sono diventato una Nazione non avevo pensato minimamente che potesse essere tutto così difficile. È stato in quel momento che ti ho creduto una persona straordinaria: lavoravi come un pazzo, ma nonostante tutto non mi facevi mancare niente … avevi tempo sia per me, sia per il lavoro. Non so come facessi. All’inizio non sapevo molte cose sul creare una Nazione, ma mi sono aiutato grazie a tutto quello che mi avevi insegnato indirettamente. Tu mi hai insegnato tutto quello che so e grazie a questo sono riuscito nel mio intento … anche se ho costantemente paura. Ho paura di non farcela, di crollare, di dirti “Avevi ragione, sono un moccioso sognatore”, di cadere talmente in basso da non essere più grado di risalire in superficie, ho persino l'angoscia di morire da un momento all'altro e sparire dal mondo. Ho paura di tante cose … ed è anche per questo che ho bisogno di te, del tuo abbraccio e del tuo conforto.- sospirò. Si accorse che la voce tremava già da un po' e non sapeva come tenerla ferma...ma non poteva bloccarsi per nessuna ragione. – Non mi pento di essere una Nazione, non mi pento di essere diventato indipendente, questo mai. Voglio finire quello che ho iniziato, anche se dovrò lottare a morsi o sputare sangue. L’unica cosa che mi rende instabile è che so che tu non sei fiero dei miei progressi e mi giudichi ancora come un bambino. Sai qual è uno dei veri motivi per cui volevo l’Indipendenza? Uno dei motivi l’ho fatto per te … e per me. Un giorno ero entrato nel tuo studio senza il permesso e casualmente ho trovato dei documenti che parlavano della tua situazione: eri in rosso, avevi problemi economici, finanziari e tutto questo perché dovevi mantenere le tue colonie … cioè io. Non lo credevo possibile, non mi ero mai immaginato di essere un peso e il fatto che tu non me ne avessi parlato mi sconvolse. Facevo parte di te, maledizione, e persino il motivo per cui stavi soffrendo così tanto sul tuo lavoro! Ho guardato quelle carte per ore cercando di capire il motivo … poi mi sono accorto che il lavoro che svolgevo io, lo sfruttavi senza dirmi niente per risanare i tuoi debiti. Questo mi offese. Pensavi per caso che se mi avessi detto quello che stava accadendo, io mi sarei tirato indietro? Che avrei detto di arrangiarti e che non erano problemi miei? Eravamo come una famiglia! Avrei dato un braccio per te o qualunque altra cosa! Ma no … tu mi giudicavi un moccioso che non poteva capire nulla e mi hai tenuto da parte. Mi sono sentito sfruttato, umiliato e infine svalorizzato da te. Sapevo che c’entravano parecchio i nobili con cui avevi a che fare ogni giorno e che non era direttamente colpa tua, ma la rabbia rende ciechi. Ho iniziato pian piano a pensare di toglierti quel peso e mi è balzata l’idea di diventare io stesso la risoluzione, cioè prendermi le responsabilità, farlo diventare un problema mio e … quindi … diventare una Nazione. L’idea all’inizio mi spaventava parecchio, non ero capace di fare quelle cose, ma … allo stesso tempo mi piaceva. Ho avuto però paura di lasciarti e questo mio desiderio l’ho per un attimo accantonato. Passati altri anni in cui tentavo di aiutarti in modo più segretamente possibile, ad esempio lavorando il doppio di prima alle colonie, mi sono reso conto di una cosa che mi sconvolse. Un giorno, mentre stavamo chiacchierando e facendo un pic nic, mi sono accorto di quanto fossi bello. Eri, e sei tutt’ora, magnifico. Ho avuto la consapevolezza solo in quel momento che il mio affetto per te non era quello che credevo e il fatto di volerti rimanere accanto non era solo per paura...iniziai a guardarti sotto una luce diversa.- ecco … questa era la parte che più lo spaventava e imbarazzava. Anche se Arthur stava dormendo, ammettere quelle cose a voce alta fu davvero difficile...tanto da aprire la bocca a vuoto per un paio di volte. –Ti ho ... Ti ho sempre amato, Inghilterra … e non sto parlando di amore fraterno. Ti ho sempre visto sotto una luce di devozione, ammirazione e affetto … ma in quel momento no, mi sono reso conto di quanto volessi averti, baciarti o abbracciarti. Ti desideravo. Questo è stato tutto molto improvviso e pensavo che fosse stato uno stupido pensiero della mia mente, ma man mano che andavamo avanti col tempo, mi rendevo conto che non era così. Ti amavo ogni giorno di più e allo stesso tempo ne soffrivo perchè c’era un enorme problema: io per te ero come un fratello o un figlio e allo stesso tempo non ero nessuno. Se anche avessi voluto che accadesse qualcosa fra noi, io non ero e non sarei mai diventato un uomo o comunque qualcuno che avresti potuto amare. Era troppo incestuoso per parlartene, non mi avresti creduto o mi avresti disprezzato. So che non siamo davvero familiari, che nelle nostre vene non scorre lo stesso sangue, ma … il vivere con te lo rendeva quasi tale. L’unica cosa che ormai volevo da tempo era essere un tuo pari, avere la possibilità di guardarti negli occhi senza provare soggezione, essere considerato al tuo stesso livello e … quindi diventare un uomo degno del mio nome. Fu in quel momento che ripresi in considerazione l’idea di diventare una Nazione. Ero cresciuto, avevo più testa, ancora non sapevo bene come potesse funzionare o se avesse funzionato, ma di certo ti avrei prima di tutto tolto un peso; secondo … avrei potuto rimettere in sesto i problemi economici da solo poiché ero cresciuto in quei luoghi e sapevo come gestirli o cosa ci fosse bisogno per rimediare; terzo … sarei potuto diventare quello che desideravo. Sarei potuto essere una Nazione, un uomo che avrebbe potuto rimanere al tuo fianco senza vergognarsi. Ormai il mio amore per te era talmente alto che mi spaventava, per questo che ancora esitavo. Ho tentato di parlarti dell’Indipendenza, ma tu, come previsto, non mi hai dato ascolto, mi hai ignorato e … svalorizzato di nuovo. Dicevi che ero troppo piccolo, che non potevo capire e dovevo smetterla di sognare. La mia delusione si tramutò in rabbia: non mi capivi, non mi avresti mai considerato un tuo simile, non mi avresti mai dato un’occasione, non mi avresti mai visto sotto una luce diversa … mai! Sapevo che mi avresti per sempre giudicato inferiore e che mai mi avresti dato la possibilità di spiccare il volo come un’aquila nel cielo. Mi stavi tappando le ali, mi stavi rinchiudendo in una gabbia soffocante e capii che stando al tuo fianco non avrei mai ottenuto la libertà che ho ora.- c'era rabbia in quelle parole, foga, delusione ... tutto. -Così … ti attaccai.- passarono alcuni secondi di silenzio, in cui America strinse con forza le lenzuola bianche sotto le proprie dita. -Mi pento ogni singolo giorno di quella scelta: non avrei dovuto agire in quel modo tanto brutale, non avrei dovuto dichiararti guerra, non avrei dovuto tentare di ucciderti. Mi sono reso conto di tutto questo quando, dopo che avevamo combattuto, sei scoppiato a piangere in ginocchio davanti a me. Ti avevo fatto solo soffrire, mi ero fatto odiare, ti avevo quasi ucciso e tu avevi fatto altrettanto. Non mi ero comportato come un uomo, ma come un animale. Non era quello che volevo. Mi vergognai di me stesso ... certo la festa dell’Indipendenza fu enorme e ne fui felice, anche perché avevo ottenuto ciò che volevo, ma … ma nel modo sbagliato. Il senso di colpa mi soffoca ogni volta che penso alle tue lacrime e ai tuoi occhi mentre mi attaccavi con un fucile in mano. – Ecco che sentiva di nuovo il groppo alla gola a quei ricordi...lo stesso che lo tormentava ogni volta che tentava di entrare nel ripostiglio del suo passato.– Per tutto questo tempo ho accantonato questi miei sentimenti, concentrandomi nel dimostrarti che anche io potevo fare qualcosa e diventare un uomo degno di te. Ho lottato, ho vinto e ora sto creando la più grande Nazione del mondo. So che potrei rimanere schiacciato dal mio stesso desiderio, ma a questo penserò a tempo debito … ora quello che desidero è creare una Repubblica … e … che tu … sia fiero di me.- il proprio respiro iniziava quasi a mancare, sospirando lievemente a quel sogno praticamente irrealizzabile.
-Non tornerò mai indietro, non mi pentirò mai della mia Indipendenza … l’unica cosa di cui mi pento è l’averti perso.-
Gli occhi pizzicavano, ma tentava di trattenersi. Sì, faceva male, dannatamente. Il cuore non faceva altro che stringersi sempre di più ad ogni parola pronunciata e il groppo alla propria gola sempre più pesante e incontrollabile. Sentiva tutto il proprio veleno, preoccupazioni e tristezza scivolare sulla propria lingua come se fosse la cosa più semplice del mondo, eppure era ugualmente doloroso.
- Ti amo ancora, Arthur. Tantissimo. Questo mio sentimento non è mai sminuito, è stato solo accantonato per un po’ perché non volevo soffrirne mentre raggiungevo i miei obiettivi. So che tu non mi vedrai mai in questo modo, so che non mi amerai mai e che è tutto a senso unico … so che mi odierai per sempre. Ti vorrei soltanto chiedere di rimanermi un minimo accanto e di non dimenticarmi mai. Ti amerò sempre, Iggy.- Alfred non riusciva più a trattenere le lacrime che pian piano scendevano dai suoi occhi. Maledizione … –Che idiota … - cercò di ridere nervosamente nel tentativo di nascondere il proprio dolore e i leggeri singhiozzi. –Sto piangendo … eppure … sono io quello che ha creato tutto questo casino, sono io che ti ho permesso di odiarmi … eppure … ci sto ancora così male. Sapevo che mi avresti odiato per sempre … sapevo che ottenendo uno dei miei desideri, non avrei mai potuto ottenere l’altro … ma che potevo fare?- singhiozzò forte, senza volerlo e i brividi percorsero la sua schiena per la paura di averlo svegliato...fortunatamente non fu così. –Non sapevo cosa fare, volevo la libertà ma non volevo allo stesso tempo perderti. Ho sperato fino all’ultimo che dopo quella guerra, tu avresti potuto perdonarmi dopo tanto tempo … ma non è così. Tu non mi hai mai perdonato … oggi ne è stata una prova. Mi manchi … Arthur … mi manchi … tantissimo … anche se forse questa … potrebbe essere una … punizione divina … o qualcosa del genere … per come mi sono … comportato. Tuttavia … non mi stancherò mai … di dirti … che ti amo … anche se … queste mie parole … tu non le sentirai … mai. – Le lacrime scesero più frequenti, così che fu costretto a togliersi gli occhiali per asciugarsi le guance e ciglia col palmo della propria mano. –Mi piacerebbe rimanere qui per tutta la notte a guardarti, a sentire il tuo calore e vicinanza … perché so che sarà la mia ultima occasione … ma non … non … non ci … riesco … temo di piangere forte … e non voglio svegliarti e farmi vedere...in questa forma così patetica … ti amo Arthur … ti amo … tanto … ma per il mio bene … non posso starti più accanto di così. Anche adesso … che sei … ad un passo da me … e mi basterebbe … allungare una mano … e toccarti … so bene … che non mi è … permesso per la mia sanità mentale... Non sai … quanto faccia male.– Era masochista, se ne rendeva conto: voleva rimanere lì il più a lungo possibile, ma non poteva farlo o gli si sarebbe rivoltato contro.
Ma un'idiota...rimane pur sempre un'idiota.
Da atto ancora più masochista, il suo corpo si mosse da solo e si sporse sul corpo addormentato al proprio fianco. Era la prima volta dopo anni che si ritrovava ad una vicinanza tanto ristretta e la cosa non era certamente spiacevole, ma allo stesso tempo il dolore al petto e allo stomaco si accentuarono talmente tanto da farlo piangere di più. Senza emettere un singhiozzo, però, si asciugò le lacrime e, dopo un flebile “Scusa”, gli baciò delicatamente la tempia.
Fu un bacio lento, dolce, appena sfiorato. Le sue labbra tremavano così come il suo corpo perché sapeva che quello era il suo ultimo ed unico bacio ad Arthur. Questo pensiero fu devastante, fu costretto ad alzarsi di scatto per paura di svegliarlo o che le lacrime gli cadessero sul viso.
-Buonanotte … Arthur … e … scusami … - disse in un sussurro, per poi voltarsi.
Un singhiozzo. Stava piangendo così tanto da non riuscire a trattenersi? Maledizione …
Un altro singhiozzo … non suo.
Si bloccò sul proprio posto, terrorizzato. Brividi gelidi gli attraversarono tutta la schiena mentre la paura si dipingeva in ogni singolo muscolo. Si era sbagliato senz’altro...anche se ormai il proprio respiro si era completamente bloccato come nella speranza di far meno rumore e sentire meglio ciò che lo circondava.
Un altro, stavolta più trattenuto dei precedenti. Alfred si voltò pian piano verso quel suono, con una lentezza tale che forse ci mise un minuto buono. Mentre si girava...pregava.
Guardò la figura sul letto e la vide tremare leggermente … forse era un effetto ottico del buio, forse aveva freddo, forse stava sognando, forse …
-In ... ghil … ter … ra?- sussurrò appena, terrorizzato. Deglutendo si avvicinò di nuovo al letto, ma anche se l’aveva chiamato, questi non si muoveva da sotto le coperte. Forse si era sbagliato e stava andando troppo in paranoia... se l’era senz'altro immaginato! Era talmente spaventato dall’essere scoperto che aveva avuto un’illusione uditiva o qualcosa del genere.
Sospirando un poco e, asciugandosi le lacrime ferme sul viso che a causa dello spavento avevano smesso di scendere dai suoi occhi, si allontanò di nuovo...ma non fu così semplice. Si sentì bloccare da una forza misera, quasi nulla, ma che ebbe una potenza psicologica tale da inchiodarlo dov'era.
Aveva il cuore in gola, la mente vuota, gli occhi sbarrati, il respiro trattenuto, il corpo che tremava … tutto questo a causa di due piccole e sottili dita che gli avevano preso la manica del pigiama per fermarlo. Non aveva il coraggio di voltarsi ancora una volta: aveva paura quasi più di vedere alle proprie spalle un mostro, uno zombie o qualsiasi altra creatura paranormale. Si portò una mano alla bocca per trattenere gli ansiti di terrore, quasi pianse di nuovo.

-A … -una voce rotta, straziata e roca cercò di parlare da dietro di lui, ma si bloccò sul nascere. Per un attimo l’americano fu sul punto di scappare, di non voltarsi nella speranza che si trattasse di un incubo o … desiderando che non l’avesse sentito. Quest’ultimo pensiero lo fece voltare, cercando di fare lo spavaldo e nascondere il proprio nervosismo.

- Inghilterra! Ah … ehm … sei sveglio!- la sua voce era la solita squillante...forse più acuta del solito, ma comunque tentò di renderla più simile a quella a cui tutti erano abituati. -Avevo sentito un rumore qui su e pensavo fosse entrato un ladro, sono passato a controllare, c'era la porta aperta e … -ma quando incontrò i suoi occhi si sentì morire. Erano colmi di lacrime e sembravano non voler smetter di scendere. Da quanto tempo era che non vedeva quel tipo di espressione sul suo volto? Molti avevano detto che era rarissimo vedere piangere Arthur se non quando era ubriaco … e lui era già la seconda volta che lo faceva stare talmente male da distruggerlo anche se sobrio. –Inghil … terra … tu … hai sentito … qualcosa?- doveva saperlo. Era una domanda diretta, non voleva girarci attorno, voleva avere una risposta immediata … che gli arrivò con un leggero movimento del capo in assenso. I singhiozzi ogni tanto scappavano da quella bocca gonfia, forse a causa dei denti che l’avevano trascurata per tutto il tempo. Le lacrime che scendevano sembravano argento a causa della luce lunare che colpiva il viso di Inghilterra da un lato, dalla parte della finestra.
Alfred stava morendo dentro ogni secondo di più. Quegli occhi verdi ogni tanto facevano capolino da quelle ciglia completamente bagnate che si serravano ogni qualvolta che tentava di aprire le palpebre. –Da … - deglutì. –Da quando? Da che … punto?- Non che questo potesse salvarlo dopo che gli aveva detto di amarlo ripetutamente e averlo baciato sulla tempia alla fine, ma forse poteva salvarsi in qualcosa …

-Da …da dove vuoi … che abbia sentito? … Io …. – c’era quasi rabbia in quelle parole, come se lo stesse incolpando del fatto che avesse udito la maggior parte del discorso, ma …effettivamente era colpa sua e della sua imprudenza. Dalla voce si poteva notare lo sforzo di Arthur a non piangere o almeno singhiozzare, ma ogni tentativo era evidentemente inutile. – Dall’ in … izio …no? -
Come pronunciò quelle parole, il mondo sparì sotto i piedi di America, mentre i brividi di paura scorrevano lungo tutto il suo corpo in modo molto spiacevole. Gli occhi si spalancarono, il respiro si bloccò tanto da fargli credere che non stesse più respirando. Dall’inizio? Da quando era entrato lui … era sempre stato sveglio … non … non era possibile … quindi quando l’aveva chiamato lui aveva fatto finta di dormire, forse nella speranza che Alfred se ne andasse! Maledizione … perchè non l'aveva capito?! E ora?!
Se prima aveva paura, ora era davvero spaventato a morte. Se aveva paura di perdere Arthur, da quel momento poteva star certo che lo avrebbe disprezzato per la sua intera esistenza. No, almeno per quello … doveva rimediare in un qualche modo!
Si sedette sul letto, lentamente, fissandolo negli occhi.

-Dimentica.- non era un ordine o una richiesta … era una supplica. –Dimentica tutto quello che ho detto, non pensarci! Fa come se non avessi detto niente, che non sia mai entrato qui dentro, che sia stato tutto un sogno o la causa di una sbronza! Dimentica, ti prego! Non volevo che tu ascoltassi … ti prego, dimentica!- Non era mai stato tanto spaventato in vita sua. Inghilterra ora lo guardava ad occhi sbarrati, increduli, ma dai quali continuavano a scendere le lacrime.

-Non fare l'idiota!- esplose Arthur a voce stridula. –Pensi forse che … possa dimenticare una cosa simile … così facilmente?!- le ultime parole le urlò quasi, mettendosi eretto sul proprio posto. Alfred si stava sentendo davvero male: la testa girava, il cuore sembrava impazzito, non respirava quasi e lo stomaco bruciava. Che idiota … aveva perso tutto. Senza che potesse aprire bocca, l’inglese continuò con voce un po’ più calma di prima. -Que … - la sua voce fu di nuovo spezzata e leggera. –Quello che hai detto prima è … tutto … vero?-

-TI PREGO, INGHILTERRA!-Alfred sbiancò, se possibile, ancora di più. Gli sembrava tanto assurdo. Mai avrebbe pensato di fare una discussione simile con Arthur, era così surreale...eppure erano lì, entrambi svegli a discutere su segreti del suo cuore che avrebbe voluto tener celati al mondo intero.–Ti prego, non rendere tutto così imbarazzante!- Serrò gli occhi, abbassando la testa mentre nascondeva il viso fra le mani. – Ti prego … ti chiedo solo di dimenticare, dopo di che uscirò da questa stanza e domani mattina non mi vedrai neanche al tuo risveglio! Anzi, parto in questo preciso istante! Non mi vedrai più … ma ti prego … promettimi che dimenticherai tutto quello che hai sen … - Si sentì prendere la mano con delicatezza,per poi essere appoggiata sulle proprie ginocchia. Un'altra mano gli afferrò il mento e con la stesa dolcezza glielo sollevò, per vederlo in viso.

-Anche se volessi … non potrei.- sussurrò appena l'inglese, senza guardarlo negli occhi. –Come posso dimenticare … tutte quelle … cose? È impossibile … - di questo se ne rendeva conto persino lui, ma doveva esserci una soluzione!

-Cerca! Non voglio che tu pensi di me come un pazzo depravato!- Sì..era quello che era dopotutto.

- Ma … - come tentò di parlare, Alfred lo bloccò sul nascere.

-Niente “ma”, Inghilterra! Maledizione, ti ho appena detto di … - Si morse la lingua e guardò altrove di nuovo, afflitto. Normalmente l'inglese lo avrebbe preso a pugni se osava interromperlo mentre parlava, ma forse per argomenti così delicati lo risparmiò. Dovette ugualmente darsi una calmata. –Ti suppl … - stavolta la mano sotto il suo mento si spostò, poggiando un proprio indice sulle labbra di Alfred per zittirlo.
I loro occhi si fissarono di nuovo, chi colmi di lacrime, chi sul punto di fare altrettanto. Alfred spostò lo sguardo da un’altra parte. –Sono orribile … ti ho detto delle cose … oscene … non dovevo dirle … sono stato un pazzo … non ho valutato abbastanza … e ora … guarda che casino ho combinato … sono mostruo … -

-Alfred!- la voce d'Inghilterra uscì ferma, decisa, come se lo stesse sgrigando...e il ragazzo dagli occhi color cielo si bloccò. La stanza rimase in assoluto silenzio, mentre quel nome, pronunciato da quelle magnifiche labbra, gli rimbombava nella testa. Quel nome … quella voce … il come lo pronunciava … le lacrime che prima avevano tentato di resistere, in quel momento scesero di nuovo.
Come doveva aspettarsi già da un bel po', gli arrivò un pugno in testa di rimando.

-AHI!- esclamò, prendendosi con le mani la zona lesa, fissando Arthur incredulo.Perchè lo picchiava solo ora? Certo se lo meritava, ma...

-Non devi essere tu … a piangere … Idiota!- guardò Inghilterra che in quel momento aveva un pugno alzato, con le lacrime agli occhi, ma arrabbiato.

-Ma … Inghilterra … anche tu piangi … - tentò di trovare una scusa plausibile, dicendo la verità.

-Infatti solo IO posso piangere, solo io ne ho il DIRITTO! Tu no! Non ti do il permesso di piangere qui dentro, moccioso!-

-Ma che diav … -per un attimo erano stati in un’atmosfera, anche se triste, molto intima … perché ora sembrava essere scomparsa del tutto?

-Stupido, stupido,stupido,stupido Alfred!- il più grande iniziò a dargli dei pugno contro il petto. – Perché mi lasci sempre così?! Perché mi distruggi il cuore ogni santa volta?! – Lo stomaco di Alfred si bloccò nuovamente a quelle parole, ormai aveva la nausea. –Ti odio per questo!- anche se la rabbia era presente in ogni singola parola, quel pugno perse pian piano potenza, fino a che Arthur non si aggrappò con tutte le sue forze al pigiama dell’altro. –Perché? … - Arthur gemette appena, appoggiando la testa sul petto dell'americano, come a volersi nascondere. –Perché, maledizione? Perché mi fai questo?- Il pigiama pian piano diventò bagnato. Alfred non sapeva che fare: era paralizzato. Non sapeva se piangere, se abbracciarlo, se parlare, se toccarlo o lasciarlo sfogare senza fare niente. Dopotutto era normale che fosse scioccato: gli aveva fatto una confessione tale che chiunque sarebbe rimasto sconvolto … gli aveva rivelato un "incesto" che andava avanti da secoli. Che mostro. Non era un eroe … era un mostro. Ok, sapeva già da tempo che quello che provava non era incestuoso, proprio perchè non erano fratelli...ma come la pensava Arthur a questo proposito? Lo considerava un tale come tanti? Un "quasi" fratello? Una Nazione e basta? Un nemico? Un uomo?...o qualcos'altro?
Se prima Arthur gli era sembrato fragile, ora poteva dire di averlo rotto lui stesso. E nonostante tutto, era così orribile da avere un leggero desiderio di abbracciarlo e di sentirlo stretto a sé almeno una volta. Le sue mani, infatti, contro la sua volontà, erano già vicino alle sue spalle. Spalancò gli occhi. Quelle da quanto erano lì? … e … perché in quel momento le spalle di Arthur gli sembravano ancora più piccole di prima?
Le mani tremavano a vista d’occhio, ma, non seppe come, ebbe il coraggio di prendere Arthur per le spalle e allontanarlo da sé, cercando di non guardarlo.

-Scusa … - sussurrò appena America. –Scusa … ma … non … non posso … starti così vicino … non posso … - Rimasero in silenzio, chi teneva distante l’uno per non cadere in tentazione, chi non parlava proprio. Quanto voleva sapere i pensieri di Arthur in quel momento, quanto lo desiderava … ma forse saperlo lo avrebbe ucciso. –è meglio che vada …è la cosa migliore per entrambi - sussurrò appena. Sì, era la soluzione migliore. Se rimaneva lì, vicino a quel calore, vicino a quel corpo … poteva non essere più consapevole delle proprie azioni.
Si alzò, ma Arthur fu più veloce di lui: lo afferrò per le braccia con una forza tale da fargli un po’ male, inchiodandolo dov’era. Sembrava un gesto disperato, ma forse era solo un’impressione di America.

-NO!- gridò quasi. Da come si dilatarono i suoi occhi l’istante dopo, Alfred poté capire che neanche lui si aspettava una reazione simile dal proprio corpo. America continuò a guardarlo sconvolto: perché non voleva che se ne andasse? Gli aveva fatto … una sottospecie di … DICHIARAZIONE! Maledizione, gli aveva appena dichiarato che l’uomo che lo aveva pugnalato alle spalle diverse volte era innamorato di lui! Una persona normale non solo lo avrebbe fatto uscire dalla stanza, ma lo avrebbe buttato fuori di casa a calci, urlandogli che non si meritava nulla. Perché Inghilterra no? Perché voleva che restasse? Perch …

-Non … lasciarmi … - cominciò in un sussurro il maggiore. –di nuovo … da solo … - terminò con un ansito, quasi come se gli costasse più di ogni altra cosa mormorare quelle parole.

-Ar … Inghilterra … che stai dicendo? … Io … non posso rest … - Non capiva. Davvero, cercava di trovare un senso a quello che gli stava dicendo Inghilterra, ma proprio non riusciva a capirlo … forse era davvero stupido.

-Non andare.- Il più grande si aggrappò di nuovo alle sue braccia. Inghilterra sembrava conscio di ogni parola che stava dicendo, ma, anche se al buio, Alfred poteva notare una nota di panico in quegli occhi verde smeraldo. Le mani sulle proprie braccia tremavano, ma ad ogni secondo si stringevano sempre di più sulla sua carne, senza muoversi di un millimetro.

-Inghilterra … le mie braccia … mi stai fermando la circolazione del sangue … - disse a voce piatta.

-Promettimi che non te ne andrai!- furbo, Iggy. Davvero astuto. Era, a dir la verità, la prima intenzione: voleva distrarlo, allontanarsi e poi scappare il più velocemente possibile da quella casa … ma vedendo quegli occhi così spaventati e così distrutti nell’animo, non riuscì a negarglielo.

-Prometto.- mormorò … e avrebbe mantenuto la promessa: non era tipo da mangiarsi la parola data, in questo c’era lo zampino dell’orgoglio inglese. Arthur gli lasciò finalmente le braccia e fu una sensazione strana quando il sangue ricominciò a scorrere regolarmente nei suoi arti.

-Non pensavo che mi desiderassi così tanto.- scherzò appena America e, cercando di alleggerire l’atmosfera, gli fece un mezzo sorriso. Quando Iggy lo vide, sembrò rendersi conto di tutto quello che era successo, come se prima di quel momento non fosse stato lui a muovere il proprio corpo e parlare.

-Idiot!- esclamò d’un tratto, Alfred non riusciva a capire se per paura o imbarazzo. Il più piccolo avvicinò una propria mano al viso del maggiore, inconsciamente, ma anche quando se ne accorse non ebbe alcuna intenzione di allontanarla.

Appena toccò quella pelle liscia, Arthur sobbalzò. Alfred si rese conto che l’altro era molto caldo, sembrava una stufa e qui le opzioni erano due: o si stava ammalando o era rosso come un peperone. Difficile dirlo. Non si era mai ammalato in vita sua, quindi non sapeva bene quale fosse la sensazione, ma aveva sentito che per avere la febbre la temperatura corporea saliva.
-Che …smettila di fare così! - che carino Arthur, quando andava nel panico la sua voce cambiava leggermente, diventando più acuta di prima. Alfred sorrise, gli dispiaceva non poter vedere il colore del suo volto, ma la sua espressione dolcemente spaventata parlava da sé. Un altro gesto automatico lo tradì: America circondò il collo d’Inghilterra con le proprie braccia, stringendolo a sé con delicatezza. Quando se ne rese conto, era troppo tardi.

RISPOSTA RECENSIONI
Chiedo umilmente perdono. Avevo davvero paura di questo capitolo...davvero tanta (e immagino abbiate capito perchè leggendolo)...non so quante volte ho provato a correggerlo e poi mi sono concentrata su altro perchè non mi convinceva e ci davo mucchio. Mi dispiace enormemente per il ritardo assurdo. Ho sì iniziato la scuola, ma...la cosa che più mi bloccava era questo capitolo e ho una paura assurda anche per quello dopo. Non mi piace rendere OCC i personaggi, quindi tento di renderli più IC che posso...e questo spesso mi blocca anche perchè non voglio deludere le vostre aspettative. Mi dispiace ancora...Ho sudato parecchio ^^''

kiaaxel18: il loro rapporto è difficile XD lo vedo così almeno...sono talmente diversi, opposti, che è davvero difficile fargli trovare un punto d'incontro se non per quello che provano ^__^ Se quello prima ti è sembrato triste...non oso immaginare questo X°D Sono contenta che il capitolo precedente ti sia piaciuto, davvero XD E spero di non averti deluso stavolta u.u visto? Un modo per parlargli l'ha trovato, no?^__^ anche se...incasinando un po' le cose.
Gixye:lo immaginavo...u.u era un capitolo un po' di passaggio per arrivare a QUESTO capitolo che ho appena pubblicato, ma senza comunque svalorizzare quello precedente. Se non ti è piaciuto perchè era triste...aiuto X°°°D non oso immaginare ora...spero di non averti delusa. Sono però felice che un minimo sia piaciuto ^__^ grazie<3
Cambriren: grazie mille ^////^ sapevo che America mi veniva sempre un po' meglio di Arthur XD sono felice che ti sia piaciuto *___* davvero!! oh ehm...spero che tu non svenga su qualcosa di duro o ti fai male..preparati un cuscino sotto la testa u.u ...xD davvero ti è piaciuta la parte di Arthur?°_° oh che bello *O* sì ho voluto mostrare un lato di Arthur più...brusco...del solito XD dopotutto lui è un inglese, è l'Inghilterra..ha un certo orgoglio e stando però così male per America non poteva tenersi legato ai ricordi o non sarebbe più uscito dalla sua "depressione" u.u' ...per il p.s...ehm...cercherò X°°D
erika94:perdona l'attesa u.u' grazie mille per aver commentato *___* sono felicissima che ti piaccia la mia storia *O* grazie infinite!!Scusa ancora per l'orrendo ritardo ç__ç tenterò di essere più...frequente nelle pubblicazioni ç__ç
Reika88: o////////////o oh ...ehm....ehm....g-grazie....sono...lusingata, davvero o/////o grazie grazie grazie!! Perdona l'attesa ç_ç sono davvero felice di rendere bene questa coppia per te...davvero XD grazie grazie!!
lunatica91: ciao piccola Lunaaaaaa *O* oh scusa...non volevo farti piangere ^^''' eheheh...sono contentissima che ti sia piaciuta *___* oooooh! che bello che bello che bello!! Non sapevo di essere in grado di riuscire ad aprirti il cuore ç^ç oh...davvero credi IC inghilterra?*_______* non sai quanto mi renda felice!!! no la checca isterica non mi piace affatto u.u'' Non la reggo...per questo che ho tentato di farlo così (anche se mi è MOLTO difficile DD:) per la stanza...mah...chissà XD non lo so nemmeno io u.u' grazie grazie grazie! Anche io non vedo l'ora di rivederti, bella ç___ç manca poi poco a Lucca e non vedo l'ora!!!sììììììììììììììì!!! facciamo la gita scolastica a Veronaaaaaaaaaaa *O* ci sto!! Ok, te la saluto <3<3 Oooooh la mia fatina fa successo *^* dovrei farle un disegnino dato che piace tanto XDDD la mia piccola fatina <3 mi è piaciuto tanto farla XDD grazie ancora <3
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: SmartisPanda