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Autore: Iurin    12/10/2010    2 recensioni
Un probabile seguito de "La fabbrica di cioccolato!" .....propongo di fare una ola a Willy Wonka!!! xD
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma salveeeeeee!!! XD Eccomi di nuovo qui pronta per deliziarvi!!!...almeno spero O.o

Elly_93: Oh mia carissima!! Ma tu non lo sai che le mie minacce sono fatte con le più oneste intenzioni? Non puoi dubitare di me!! XD Però scusa, tu puoi minacciarmi e io no? Non credo proprio, cara, qua ci vuole parcondicio XD Ah, e concordo: Wonka è un cretino!! Ma vediamo se cambierai idea...XD Bacio!!!

 

Capitolo 14: uhm… :uhm:
** Zucchero: “It’s a wonderfull life” **

Da quanto tempo non mi sentivo così…così arrabbiato! Insomma, io la invito alla fabbrica, che nel mio caso è anche casa mia, quindi la faccio entrare nel mio privato, poi faccio tutto il gentile con lei, la tratto bene, la faccio persino dormire qui invece di mandarlo a rischiare la vita in mezzo alla neve e lei che fa per ringraziarmi? Mi deruba! E non immaginate cosa sarebbe successo se non le fosse uscita per sbaglio quella lettera dalla tasca! L’avrebbe venduta a qualche dolciario privo di fantasia, e in questo modo la mia più grande scoperta sarebbe andata persa! Eh sì, perché la wonkavite è stato un vero colpo di genio…ancora non è sul mercato, ma credo che comunque non ce la metterò lo stesso, è un'invenzione troppo importante, troppo fantastica, troppo…potente, potrei dire. Ora che ci penso mi sento quasi uno scienziato pazzo…ma…lasciando perdere…si può sapere come le può essere venuto anche solo in mente che mi bevesi quella storia della busta trovata a terra? Io, ripeto, sono una persona ordinata, e, diciamocelo, mi vedreste come uno che lascia abbandonata a terra la sua invenzione più importante?
Non credo proprio.
Poi, quando se n’è uscita che forse la busta l’avevano persa gli Umpa Lumpa…insomma, si vedeva che era tutta una bugia…gli Umpa Lumpa sono dei lavoratori fidati…non perderebbero mai una cosa che mi appartiene…sono dei bravi operai, anche se a volte sono un po’ dispetto…ah. Uhm…no, dai…che fossero stati veramente loro? No, non ce li vedevo…però…
Ecco! Adesso c’avevo il dubbio!
In ogni caso, durante la giornata andai avanti a lavorare normalmente, senza, ovviamente, raccontare nulla ai Buckett della discussione avuta con Julia. Il dubbio da me espresso prima si arrovellava in continuazione nella mia testa, e più volte dovetti togliermi il cilindro pensando che fosse quello che mi facesse venire il mal di capa.
Nel primo pomeriggio io e Charlie eravamo insieme e ci stavamo proponendo a vicenda qualche nuovo tipo di dolce; Charlie in questo mi aiutava molto, perché, si sa, la fantasia migliore ce l’hanno i bambini. Comunque, mentre stavamo parlando, il mio fidato collaboratore notò per l’ennesima volta la mia aria assorta, e allora mi chiese:
“Ehi, Willy, tutto a posto? Sei strano oggi.”
“No, è che…un po’ di mal di testa.”
“Che ne dici, metto un po’ di musica? Magari ti passa.”
“Credo che con la musica, però…”
Ma lui era già partito in quarta. Tornò poco dopo con in mano la piccola radio che di solito stava sul tavolo a casa sua, e dopo averla poggiata tra di noi, la accese. Subito dagli altoparlanti uscì una canzone, che, sebbene fosse già iniziata, in effetti mi rilassò un tantino.

♪♫ The sun’s in your eyes
The heat is in your hear
They seem to hate you
Because you’re there ♫♪

“E se lei non avesse davvero colpa?” pensai accompagnato dalla musica.

♪♫ And I need a friend
Oh I need a friend to make me happy
Not stand here on my own ♫♪


Ma che bella strofa deprimente…chissà perché pensai a me stesso ascoltando quelle parole.
“Vabbè…lasciamo stare.” Riflettei “Adesso il punto è: devo chiedere agli Umpa Lumpa se loro centrano qualcosa con tutta questa storia?”

♪♫ Look at me standing
Here on my own again
Up straight in the sunshine ♫♪

“Perché se è così,” mi dissi “oltre ad aver fatto la figura dell’idiota e ad essere dalla parte del torto, sono sicuramente passato per un arrogante superbo e molto orgoglioso agli occhi di Julia…già…”

♪♫ No need to laugh and cry
It’s a wonderful wonderful life ♫♪


Ma poi perché la chiamo per nome?

♪♫ No need to laugh and cry
It’s a wonderful wonderful life ♫♪


Alla fine mi decisi e spensi la radio; di seguito ringraziai Charlie per avermi fatto ascoltare la musica mostrando il suo interessamento nei miei confronti. Dopodiché andai di filato all’ascensore di cristallo e premetti il pulsante ufficio amministrativi; l’ascensore partì e dopo poco andò in un corridoio, poi ne uscì e vorticò su se stesso verso il basso.
“Come ha fatto la Davis a venirmi addosso…mica si viaggia male qua dentro…” pensai “Mah…c’avrà problemi di equilibrio.”.
Quando l’ascensore si fermò e le porte si spalancarono, ne discesi subito ritrovandomi davanti ad una scrivania dietro la quale era seduta la mia fidatissima Doris.
“Cara Doris!” Le dissi interrompendo il suo ticchettare alla macchina da scrivere. “Ho un compito da affidarti. Pronta?”
Mi guardò con i suoi occhialoni sul naso, e allora io continuai:
“Devi farmi un grossissimo favore: ti ricordi la wonkavite, vero?” Lei fece una faccia sofferente, ma io proseguii: “Ebbene, c’è mancato poco che la ricetta segreta andasse persa, e sai benissimo quant’è importante, no? Quindi…voglio che fai un’indagine delle tue e divi dirmi se qualche Umpa Lumpa è stato poco attento e ha messo in pericolo quella busta. Tutto chiaro?”
Lei, senza ovviamente cambiare espressione, mi fece ok con il pollice, così io potei, con l’animo molto più sollevato, tornare a farmi gli affari miei.

***


“Aaaaaah!! Sono in crisi!!” Urlai in faccia a Stacy sconvolta.
“Calmati per la miseria!” esclamò lei.
“Ma non ho niente da mettermi!!”
“Se la smettessi di urlare magari riusciamo a risolvere il problema!”
A quel punto mi calmai.
Mi trovavo a casa mia, più precisamente nella mia camera da letto e avevo invitato Stacy ad aiutarmi ad acconciarmi per il mio appuntamento con Alex. Anche lei, appena le raccontai tutto, divenne euforica quasi quanto me e si rese più che disponibile per alleviare le mie preoccupazioni in qualsiasi modo; una di queste era la scelta dell’abito. Avevamo svuotato completamente il mio armadio, ma niente, non c’era nulla di adatto all’occasione: io ero una ragazza abbastanza sportiva, amante dei jeans, non ero certo il tipo da serata galante! E così avevamo rovesciato l’intero armadio sul mio letto sperando che saltasse fuori qualcosa di decente. Ma ancora niente. Stavo piano piano andando in una totale crisi di panico, quando però Stacy salvò la situazione dicendo:
“Senti…che ne dici se ti presto uno dei miei vestiti?”
“Uno dei tuoi? Ma sei sicura?”
“Se serve a liberarmi di te il prima possibile allora questo e altro!” mi fece sorridendo.
Io la abbracciai subito felicissima dicendo:
“Graziegraziegrazie! Cosa farei senza di te? Me lo dici?”
“Ah boh…però adesso staccati, se no come te lo vado a prendere questo vestito?”
Mi allontanai di qualche passo da lei, e così Stacy si incamminò verso la porta per uscire, ma prima che l’aprisse le chiesi:
“Che vestito mi porti?”
“Ti va bene quello che ho messo al mio compleanno?”
Io sgranai gli occhi.
“Quello?!” esclamai “Ma magari!”
Detto questo Stacy uscì, mentre io iniziai ad aspettarla tranquillamente…o almeno ci provai, dato che dopo un po’, in preda all’ansia, cominciai a camminare avanti e indietro frenetica.
Ma quanto ci metteva? Ormai erano le 7! Per fortuna, però, in quello stesso momento arrivò Stacy.
Venne subito da me e tolse dalla busta che aveva in mano il vestito, e io lo indossai immediatamente. Era di colore blu, con una lunga scollatura sulla schiena, mentre sul davanti era a girocollo; le spalline erano piene di merletti, dello stesso tipo di quelli con cui era ornato l’orlo della gonna; tutto il vestito, c’è da precisare, era cosparso da tanti brillantini, come se fossero delle stelle.
“E’ bellissimo!” dissi guardandomi allo specchio.
“Come te lo senti?” mi chiese Stacy.
“Comodo. Mi tira solo un po’ qua…all’altezza del seno.”
“Se te sei più abbondante di me io non ci posso fare niente, carissima.”
Trovato il vestito adatto, allora, passammo alla fase trucco: Stacy mi preparò a dovere…era un trucco né troppo acqua e sapone né troppo appariscente…leggero al punto giusto, insomma. Anche per le scarpe Stacy mi prestò le sue, mentre per quanto riguardava i capelli, beh, i boccoli, devo dire, non mi stavano affatto mele, e così li sistemai solo leggermente. Fatto e completato tutto, alla fine, Stacy andò a casa sua, mentre io salii nella mia macchina. Il più tranquillamente che potei raggiunsi il ristorante, e trovai un parcheggio proprio nelle vicinanze…chissà se Alex era già arrivato…chissà che avrebbe detto vedendomi, chissà se gli sarei piaciuta, chissà se sarebbe stata una bella serata…chissà se sarebbe accaduto qualcosa di speciale. Manco a farlo apposta mi prese l’agitazione: in quel momento mi sarei volentieri murata viva in macchia, pur di non andare a quel ristorante. Ma poi, fortunatamente, pensai:
“Insomma, Julia, vedi di darti una mossa! Sono le 8 e 10, quindi apri lo sportello e vai! Oddio…no, non ce la faccio…ma si può sapere cosa mi prende? Finalmente, dopo un anno di inutili sguardi esco con Alex e non voglio andare all’appuntamento? Ma io sono proprio scema.”
E così, preso un po’ di coraggio, scesi da quella maledetta macchina e mi diressi al ristorante.
Camminavo lenta, misurando i passi, come se mi trovassi su una passerella; il cuore mi martellava nel patto come un tamburo; i respiri erano piuttosto irregolari; nonostante tutto, però, avevo un’aria abbastanza calma, e di questo me ne rallegravo: almeno la prima impressione sarebbe stata buona!
Arrivai finalmente a destinazione ed entrai nel ristorante. L’atmosfera era calda e tranquilla e il tutto era illuminato da una piacevole e tenue luce dorata. Appena misi piede nel locale vidi Alex seduto ad un tavolo: era vestito con giacca e cravatta e stava parlando al cellulare…forse stava chiacchierando con un amico, visto che rideva alla grande. Io, nel frattempo, ammirai per qualche secondo il suo profilo…poi, alla fine, mi decisi e mi incamminai verso di lui. Appena mi vide salutò affettuosamente la persona con cui stava parlando – forse era il fratello – e si alzò per salutarmi:
“Finalmente! Ben venti minuti di ritardo…credevo che mi stesse dando buca!”
Io arrossi: “Non sia mai! Ho fatto tardi perché…c’era traffico, tutto qui…e poi il parcheggio! Ci ho messo un sacco di tempo per trovarlo!”
Ok, era una piccola bugia…ma spero concorderete con me nell’evitare di parlargli delle mie crisi esistenziali-guardarobiali…
Alex si avvicinò a me e spostando la mia sedia mi disse sorridendo il prego dopo il quale io, invece di sedermi normalmente, crollai sciogliendomi.
“Allora…” disse Alex dopo che si fu seduto anche lui “Era mai venuto il questo ristorante?”
“Mai. Però è carino…devo venirci più spesso.”
“È una persona casalinga?”
“Diciamo che non ho molte occasioni per uscire…a parte lei è una vita che qualcuno non mi invita al ristorante.”
“Davvero?” fece lui incredulo “Non l’avrei mai detto, sa?”
Io arrossi violentemente, mentre lui sorrise.
“Che…che ne dice…” dissi per rompere il silenzio. “Se ci diamo del tu?”
“Del tu?” sembrò pensarci su “D’accordo allora…Julia, vero?” annuii “…Quindi, Julia, vuoi ordinare?”
Mi sentii al settimo cielo per quella piccola conquista. Il tempo passò, e dalla sera si arrivò alla notte; mangiammo divinamente…certo, non come se fossimo da Alain Ducasse o da Gualtiero Marchesi, ma per me solo il fatto di parlare di Alex, di vedere che lui era lì con e per me, di sapere che mi ascoltava con interesse, che quel momento era solo per noi e per nessun altro, mi fece stare così bene che credo che anche se mi avessero servito un fegato ripieno di gamberetti con salsa alla liquirizia l’avrei mangiato reputandolo buonissimo.
Ad un certo punto della serata, però, Alex fece la fatidica domanda:
“Ebbene, non mi hai ancora parlato di cos’è successo alla fabbrica di Wonka!”
“Beh…” feci, e poi pensai: “Delusione in arrivo, ci scommetto.”
“Vuoi tenermi sulle pine ancora per molto?” mi chiese.
Feci un bel respiro e iniziai a raccontare…gli dissi tutto (o quasi): di quanto era bella la fabbrica, del giardino meraviglioso, del genio straordinario di Wonka, della tormenta di neve, della mia notte alla fabbrica, e infine…della busta top secret. Gli raccontai della discussione avuta con Wonka, di come lui mi avesse accusata ingiustamente basandosi soltanto sulla sua mera immaginazione del cavolo, e di come, concludendo in bellezza, non voleva più avere niente a che fare con me.
Alex era stato per la maggior parte del tempo con gli occhi puntati su di me e con in essi una luce curiosa, non aspettandosi che quella fabbrica racchiudesse così tante sorprese. Quando però gli raccontai la fine della storia, anche se non aveva smesso di sorridermi, la luce negli occhi era cambiata: c’era rimasto male per come si erano sviluppati i fatti e nonostante cercasse di nasconderlo gli si leggeva benissimo in faccia.
“Mi dispiace…” dissi “Insomma, quello di Wonka era sicuramente l’affare di una vita e la mia dimenticanza ha mandato tutto all’aria. Mi sento una totale cretina.”
Alex mi prese la mano…cioè! Immaginatevi le mie sensazioni in quel momento!
“non posso negare di non sentirmi…amareggiato, sotto un certo punto di vista, ma non devi insultarti da sola, farai calare la tua autostima e basta.”. Mi disse lui “Quello che ti posso dire è che non devi mollare. Lo so, sembra la solita frase fatta, però in fondo è la cosa migliore da fare, no? Secondo me dovresti tornare da Wonka dicendo che hai sbagliato e che lui ha assolutamente ragione, insomma lavoratelo un po’, anche se è lui che sta dalla parte del torto. Va bene?”
Alex mi teneva ancora la mano, e io riuscivo a connettere a fatica, ma comunque formulai una risposta decente:
“Insomma devo passare per colpevole e pentita? Anche se ho ragione?”
“Sì. A volta bisogna far contenti il proprio avversario per allearsi con lui.”
Che ragionamento…non me l’aspettavo!
“E va bene, allora.”. Feci “Domani vado da quellò lì e farò l’attrice.”
Alex mi lasciò la mano e disse:
“E’ molto più difficile questo che andare coi piedi di piombo, te l’assicuro.”
Sorrisi.
Dopo quel consiglio di vita la cena finì e Alex si offrì galantemente di pagare anche la mia parte del conto. Dopodiché ci salutammo con i due formali bacietti su entrambe le guance e ognuno se ne andò alla proprio macchina.
In fondo, pensai mentre andavo a casa, non era successo granché…io già mi immaginavo il bacio romantico sotto la luna…invece era stata una cenetta semplice, ci eravamo divertiti ed ero persino riuscita a parlargli di Wonka apertamente senza che avvenissero le catastrofi che io mi immaginavo.
Ero stata bene.
Arrivata a casa aprii la porta ancora con il sorriso sulle labbra ed entrai. Pensando sempre ai bei momenti passati mi spogliai e mi misi in pigiama e poi iniziai a sistemare la montagna di vestiti che ancora incombeva sul mio letto. Ero quasi a metà lavoro quando suonò il campanello.
“Cavolo, sono le 10 e mezza!” pensai “Chi è a quest’ora?!”
Non nego di aver avuto un po’ di paura in quel momento: mettete che era un pazzo ubriaco assassino? Ok, forse esageravo, però poteva anche essere che fosse un deficiente con l’hobby di spaventare le ragazze che vivevano da sole. Così mi misi la vestaglia e aprii la porta con molta cautela. Quando vidi che era che mi aveva disturbato a quell’ora pensai proprio che la parola deficiente gli si addicesse in pieno: era lui…il mio incubo…il viola-dipendente.
“Ehm…salve!” disse Wonka tranquillamente.
“Si rende conto di che ore siano? E poi…” aggiunsi sprezzante “Che ci fa qui? Le dico subito che se è sparito qualcosa dalla sua fabbrica non la troverà di sicuro in questa casa.”
E i buoni consigli che mi aveva dato Alex erano andati a farsi friggere.
“Posso entrare?” mi chiese.
“Si accomodi pure!” dissi aprendo completamente la porta con gesto teatrale.
Quando ebbe così attraversato la soglia della mia casa chiusi la porta e mi misi a braccia conserte.
“Allora?” dissi brusca “Che cosa ci fa qui a quest’ora?”
Lui mi disse con una nota d’imbarazzo nella voce:
“Sono venuto…ehm…a scusarmi.”
Come? Porca zozza, avevo sentito bene!
“Vede,” continuò lui “ho chiesto ad una mia operaia di cercare di scoprire se c’era una qualche…possibilità che la busta per cui abbiamo discusso avesse potuto effettivamente trovarsi nel luogo in cui lei diceva di averla trovata e raccolta. Beh, ” continuò “Doris, l’Umpa Lumpa a cui avevo chiesto questo servizio, ha scoperto che un altro Umpa Lumpa l’aveva veramente persa quella busta. Mente la riportava nell’archivio segreto. E lui oltretutto è uno di quelli che hanno libero accesso all’archivio! Ecco perché non pensavo che lei avesse ragione! Evidentemente, però…insomma, a farla breve le chiedo scusa.”
Non ci potevo credere…eppure stava avvenendo davanti ai miei occhi! Adesso la giornata era ancora più memorabile!
“E a quell’Umpa Lumpa che è successo?” chiesi.
“Gli ho dimezzato lo stipendio per tre mesi.”
Riflettei e poi chiesi:
“Questo vuol dire che mi sta chiedendo di tornare a lavorare per lei?”
“Beh…in teoria.”
“Mentre in pratica?”
“Dipende da lei…”
Io ci pensai su: non potevo assolutamente rifiutare di tornare alla fabbrica e finire l’incarico. Insomma, Wonka si era scusato, Alex sarebbe stato contentissimo…che volevo di più?
“Mi assicura però, ” dissi “che non dubiterà mai più di me e che ovviamente non mi accuserà ingiustamente prima di aver ‘indagato’ su come siano andati i fatti?”
Wonka mi guardò negli occhi e mi rispose:
“Mai mai più! Sicuro!”
“Perfetto, allora, sarò contenta di tornare a lavorare per lei.”
“Altrettanto!”
Ci stringemmo la mano, e poi io accompagnai Wonka alla porta. Prima che se ne andasse, però, gli chiesi:
“Ma lei come fa a sapere dove abito?”
“Beh…” mi rispose “Prima avevo telefonato al suo ufficio per parlarle, ma lei non c’era, e così mi sono fatto dire dove abitava, quindi sono venuto qui, ma lei non c’era di nuovo, e allora l’ho aspettata.”
“Mi aspettata tutto questo tempo?” chiesi allibita.
“Certo!” rispose lui come se fisse la cosa più normale del mondo.
Dopo la sua breve spiegazione, allora, aprii la porta, e prima che se ne andasse salutai Wonka con i due bacietti sulle guance, proprio come avevo fatto con Alex poco prima, solo che la reazione di Wonka fu del tutto differente da quella di Alex, perché infatti il cioccolatiere si irrigidì proprio come se lo avessero infilzato con una spada da dietro. Wonka mi guardava con gli occhi spalancati e con le labbra serrate.
“Tutto a posto?” Gli chiesi preoccupata.
“Io…sì, tutto a posto.” Mi rispose dopo qualche secondo di silenzio.
“Penso che verrò da lei domani in mattinata. Va bene?”
“Sì…”
“Arrivederci allora.”
“A-arrivederci.”
E detto questo Wonka si girò ancora con il collo irrigidito allontanandosi sempre più nella strada buia.
Così, quando non lo vidi più, chiusi la porta e tornai a sistemare i panni sorridendo tra me e me per il suo strano atteggiamento.

 

 

Grazie anche a tutti quelli che continuano a seguire questa storia!!! Un bacio!!!!! ;)

 

   
 
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