L'Avana (Cuba), 1959
Notte di Capodanno
Le mani di Javier vagavano senza
fretta lungo i contorni delle sue spalle: era una sensazione ancora nuova, ma
non per questo spiacevole. Insieme avevano appena condiviso un momento magico, uno
di quegli eventi che accadono una sola volta nel corso di un’esistenza.
“Forse qui non sarà così terribile
come dici” azzardò la ragazza, alzando appena la testa verso di lui.
Javier fece un cenno di diniego.
“Batista non era certo un santo, ma Castro… rischiate troppo, stando qui.”
“A sentirti dire così, mi viene da
pensare che di me non ti importi nulla.”
“E’ proprio perché mi importa che lo
dico! Katie, non potrei sopportare di vedere tuo padre rinchiuso in carcere.
Senza contare quello che potrebbero fare a te, a Lucy. E a tua madre.”
Katie si arrese. Se amare Javier
significava doversene andare da Cuba, allora lo avrebbe fatto. Appoggiò la
testa sul petto del ragazzo. Il vento gonfiava la tenda, mentre il mare
continuava ad infrangersi sulla spiaggia ad intervalli regolari.
“Quando credi che potremo
ritornare?”
“Non lo so. Forse tra pochi mesi
sarà tutto a posto. O forse non sarà mai più come prima. Non lo so.”
Katie non disse nulla. Il groppo che
aveva in gola le impediva di rispondere. Non rivedere più Javier era
un’eventualità che non riusciva ad accettare.
“Ma ti prometto” riprese lui, dopo
qualche minuto di silenzio, “che se non potrai tornare, sarò io a venire da
te.”
La ragazza tornò a guardare il
ragazzo, che a sua volta sorrise.
“Te lo prometto, Katie Miller. In un
modo o nell’altro, danzeremo ancora insieme.”