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Autore: Jales    04/11/2010    9 recensioni
Qualcuno avrebbe detto che era pazza, magari lo era davvero, ma probabilmente era solo una sognatrice che guardando l'orizzonte vedeva l'infinito.
Sasuke Uchiha, invece, se avesse guardato l'orizzonte avrebbe visto il vuoto: il nero più assoluto, che risucchia tutto senza lasciare alcuna traccia.[...]
E, di nuovo, sbagliò: nessuno seppe mai cosa portò lo sguardo della giovane a posarsi su Sasuke, nessuno seppe mai perché i loro sguardi si incrociarono.
Verde nel nero, nero nel verde: l'inizio di qualcosa di nuovo che avrebbe segnato le loro esistenze.
Fu l'Uchiha a spezzare quel contatto voltando il capo con stizza e sedendosi, lo zaino tra le ginocchia. Lei invece continuava a fissarlo, lo sguardo assente come se lo guardasse ma non lo vedesse per davvero; Sasuke, seccato, si voltò di nuovo verso di lei e sibilò: «Che vuoi?»
[A Cla/Amaranth93 - Happy B-Day!]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Oltre l'orizzonte

È stata una delle one-shot più difficili che abbia mai scritto, se non quella con cui ho avuto maggiormente problemi. Ma sono contenta di averla finita.
Ci tengo a dire che l'ambientazione non l'ho scelta a caso: per chi non conoscesse l'evento, il 2 Agosto del 1980 scoppiò una bomba alla stazione di Bologna -ecco la pagina dedicata su Wikipedia. Alla fine il loro morire per una cosa che non dipende assolutamente da loro stronca sul nascere quella che sarebbe potuta diventare una relazione: tutto ciò che si andava costruendo grazie al caso, si è distrutta proprio grazie ad esso; tutto ciò che si costruisce può essere anche distrutto con la stessa facilità e la stessa imprevedibilità.

Oltre l'orizzonte

A Cla/Amaranth93, per il suo compleanno.
Non potevo che scriverti questa SasuSaku dalla dubbia qualità, e spero che l'apprezzerai perché ci ho messo davvero tutto in questa shot.
Happy B-Day, Cla (L)


Sakura alzò il volume della musica, le cuffie sulle orecchie, poi infilò le mani in tasca osservando il respiro che formava una nuvoletta nell'aria gelida di Febbraio.
Quando il treno Ancona-Chiasso arrivò e si fermò davanti a lei, salì velocemente beandosi del riscaldamento e si diresse nel primo vagone che le capitò davanti per cercare un posto: la carrozza era quasi piena, rimanevano solo due sedili liberi uno di fianco all'altro perciò rapidamente andò a mettersi su quello accanto al finestrino, poggiando la tracolla sulle ginocchia e incrociando le braccia al petto. Puntò lo sguardo fuori dal mezzo, scostandolo subito e chiudendo gli occhi, immergendosi nella musica.
Era fatta così, Sakura: non riusciva a sopravvivere molto nel mondo reale, perciò fuggiva nella sua dimensione dove tutto e nulla aveva un senso, dove se lei voleva poteva volare.
A volte poteva sembrare una bambina, una bambina che crede ancora nelle favole: una bambina che non voleva crescere per non dover affrontare il grigio mondo degli adulti.

***

Erano gli ultimi giorni di Luglio dell'anno 1980, e Sakura era ormai da un pò di tempo una diciottenne.
Ma lo sguardo era rimasto lo stesso, lei era rimasta la stessa: lo sguardo perennemente assente, frasi pronunciate a mezza voce che apparentemente un senso non avevano, ma che invece si incastravano perfettamente nella sua realtà erano diventate costanti. Qualcuno avrebbe detto che era pazza, magari lo era davvero, ma probabilmente era solo una sognatrice che guardando l'orizzonte vedeva l'infinito.

Sasuke Uchiha, invece, se avesse guardato l'orizzonte avrebbe visto il vuoto: il nero più assoluto, che risucchia tutto senza lasciare alcuna traccia.
Sbuffò, adocchiando nervosamente l'orologio che portava al polso e sospirando irritato: ecco perché odiava prendere il treno. Era sempre e irrimediabilmente in ritardo.
Ma purtroppo non aveva alternative: la macchina era fuori discussione poiché la patente gli era stata ritirata -maledetto Naruto e con lui anche la festa di fine anno scolastico con annessi alcolici-, Itachi non aveva tempo di portarlo all'Università e di certo non poteva prendere il traghetto per arrivare a Bologna. Non sapeva nemmeno volare, quindi l'unico modo di arrivare alla facoltà di Economia di Bologna era prendere quell'ammasso di lamiere sferraglianti che stava arrancando sui binari per poi arrestarsi davanti a lui. Le porte si aprirono e lui si affrettò a entrare nel vagone che, ovviamente era pieno: oppure... no, c'era ancora un posto. Si diresse verso il sedile libero quando i suoi occhi si posarono sulla ragazza seduta di fianco a quello che ormai era diventato il suo posto: le cuffie sulle orecchie e lo sguardo perso fuori dal finestrino gli fecero capire che probabilmente non si sarebbe nemmeno accorta della sua presenza -ma questo a lui non importava.
E, di nuovo, sbagliò: nessuno seppe mai cosa portò lo sguardo della giovane a posarsi su Sasuke, nessuno seppe mai perché i loro sguardi si incrociarono.
Verde nel nero, nero nel verde: l'inizio di qualcosa di nuovo che avrebbe segnato le loro esistenze.
Fu l'Uchiha a spezzare quel contatto voltando il capo con stizza e sedendosi, lo zaino tra le ginocchia. Lei invece continuava a fissarlo, lo sguardo assente come se lo guardasse ma non lo vedesse per davvero; Sasuke, seccato, si voltò di nuovo verso di lei e sibilò: «Che vuoi?»

«Che vuoi?»
Sakura scosse la testa e abbassò lo sguardo, arrossendo imbarazzata: ecco, una delle sue solite figuracce. Ma non le dispiaceva, non riusciva a dispiacerle sentire quegli occhi penetranti che sostavano sulla sua figura: li avvertiva spostarsi dal volto alle spalle, percependoli catturare ogni dettaglio.
Rabbrividì e tacque, chinando il capo e mormorando qualcosa che assomigliava a uno "scusi".
«Tsk»
Con la coda dell'occhio vide il ragazzo osservarla con disprezzo, per poi voltare il capo con quella che sembrava una vaga irritazione.
Trattenendo il fiato per un motivo a lei sconosciuto, continuò ad osservarlo di sottecchi.

Sasuke sbuffò ancora, infastidito.
Che quella ragazza fosse una debole l'aveva già capito non appena l'aveva vista, ma che fosse anche noiosa no. Era da minuti interi che quelle due iridi smeraldo erano posate incessantemente su di lui e per qualche motivo questo gli dava molto fastidio: in vita sua era stato fissato molto spesso e non sempre con ammirazione o affetto, ma non se ne era mai curato.
Quella volta, invece, era diverso e lui non sapeva il perché.
Fu con uno strano sollievo che si alzò dal suo posto per scendere dal mezzo, spalancando l'ingresso del vagone con troppa foga e facendo sbattere la porta contro la parete: si voltò di nuovo, incrociando quegli occhi verdi che tanto lo infastidivano ancora una volta; Sasuke si disse che quegli occhi per lui non valevano nulla.
Ma nonostante questa sua convinzione scese dal treno con un nodo allo stomaco e con il ricordo di quelle due iridi fisse su di lui.

Sakura osservò il ragazzo scendere dal treno, le cuffie posate sulle ginocchia e la musica che stranamente non le riempiva le orecchie.
Non smise per un istante di guardarlo, quel ragazzo, così diverso dal resto del mondo che era impossibile non notarlo: egli era nero quanto lei era colorata, ed entrambi erano lontani dal grigio mondo che Sakura detestava.
Strinse le mani a pugno con tanta forza che le nocche sbiancarono, mentre il suo sguardo era ancora fisso là, dove l'aveva visto l'ultima volta.

***

Il giorno seguente Sakura salì ancora sul treno, senza però avere le cuffie sulle orecchie: stesso vagone della volta precedente -perché sì, non poteva dimenticarlo- e stesso posto.
Il nuovo sferragliare del treno riempiva le orecchie della ragazza, il nuovo allegro chiacchiericcio che le persone sul treno creavano l'avvolgeva come una spessa e morbida coperta, intontendola, fino a che lo stridio dei freni non la riportò bruscamente alla realtà: spostò lo zaino dal sedile di fianco al suo poggiandolo per terra, le mani strette l'una nell'altra e posate sul grembo.
E con l'inutile speranza che lui varcasse di nuovo l'ingresso di quel vagone che le pesava sul cuore.

Non sapeva cosa l'aveva spinto ad aprire quella porta.
Non voleva sapere cosa l'avesse spinto a cercare quello che si era ripromesso di dimenticare, semplicemente l'aveva fatto e basta: fu con una strana sensazione che avvistò quello che voleva e di fianco, quasi come se il destino ci avesse messo lo zampino, l'ultimo posto libero di tutto il vagone.
«Non avevo voglia di cercare un altro vagone e quello era l'unico posto libero» all'orgoglio di Sasuke Uchiha parve una scusa sufficientemente buona.
Così, scrollando le spalle, Sasuke si sedette.

Sakura non avrebbe mai ammesso che quel posto non era libero per caso, così come non avrebbe mai ammesso che fino a pochi minuti prima il suo zaino era posato proprio su quel sedile e che al ragazzo biondo che le aveva chiesto se poteva sedersi aveva risposto con un gentile "Occupato" accompagnato da un sorriso.
Scoccò piuttosto l'ennesimo sguardo al suo vicino, mentre questi osservava dritto davanti a sé: ora che lo osservava, Sakura capiva che erano davvero diversi. Forse addirittura opposti.
«Io sono S-Sakura, Sakura Haruno» Balbettò, alzando lo sguardo per fissare il soffitto -e non lui- del vagone e arrossendo.

Normalmente Sasuke avrebbe risposto un «Ma chi te l'ha chiesto?», ma ancora una volta qualcosa volle fargli capire che quella situazione non era una normale.
Invece che ribattere, infatti, tacque. Tacque puntando la sua attenzione verso colei che gli aveva rivolto la parola: si soffermò sui capelli di un inusuale colore rosa pastello, sul viso ovale e sulla sua esile figura, per poi arrestarsi su quegli occhi che tanto lo avevano tormentato.
Sakura continuava a fissare in alto, rifiutandosi di guardarlo: Sasuke invece non staccò gli occhi da lei, osservandola spostare nervosamente lo sguardo ovunque tranne che sulla sua figura ed affannarsi nel tentativo di ignorarlo.
Fu solo quando lo stridore dei freni riempì le loro orecchie che l'Uchiha si alzò in piedi e, voltandosi appena prima di scendere dal treno, le rivolse la parola: «Sasuke, Sasuke Uchiha».
E sparì fuori dal mezzo.

Questa volta Sakura non potè evitare di guardarlo e mettere da parte il suo imbarazzo: lo vide svanire in un istante e, di nuovo, l'attanagliò la sciocca speranza di rivederlo.
Di rivedere Sasuke Uchiha.

***

Il caldo di Agosto era arrivato anche quell'anno e sembrava non avere intenzione di andarsene o di mitigarsi: Sakura aveva aperto il più possibile il finestrino del treno, godendo della fresca brezza che entrava da esso.
E a Sasuke venne da ripetersi che, normalmente, avrebbe scostato infastidito il braccio per evitare il contatto con quello dell'altra ma -un'altra volta- qualcosa gli disse di non farlo. Allora egli rimase lì a fissare la sua mano che, nonostante tutto, era ancora appoggiata vicino a quella di Sakura.
E di lì non aveva intenzione di muoversi.

Una parte di Sakura aveva già capito cos'era successo fra di loro, ed era convinta che in fondo anche Sasuke lo sapesse. Non c'era altro modo di interpretare il rossore che si impossessava delle sue guance quando lo vedeva, oppure l'impercettibile mutamento negli occhi di Sasuke quando le si sedeva vicino.
O le loro braccia vicine che nessuno dei due voleva spostare.
E fu proprio quella parte della ragazza che, al consueto stridore dei freni del treno, rabbrividì.
Perché c'era qualcosa di strano e di sbagliato, in quella mattina.

Sasuke scese dal treno come tutte le mattine e si incamminò verso l'uscita.
Dei passi affrettati dietro di lui, e qualcosa che gli afferrava il braccio: si voltò di scatto, senza però scacciare la mano che lo stringeva.
Due occhi verdi lo fissavano, spaventati: Sakura era terrorizzata, il viso a pochi centimetri dal suo.
«Ma che...» Mormorò l'Uchiha, assottigliando gli occhi e scrutando la ragazza con attenzione.
Sakura non rispose: la domanda rimase sospesa fra di loro, mentre entrambi rimasero lì a guardarsi per istanti infiniti.
Erano cambiati, entrambi: in quei pochi giorni lo sguardo di Sakura non era più perso in lontananza, ma rimaneva ben attento a ciò che succedeva intorno a lei mentre quello di Sasuke aveva imparato a vedere dietro la mera apparenza, a capire che qualcosa più in là poteva esserci.
Sasuke si chiese distrattamente come avrebbe potuto cambiarlo quella ragazzina se solo gli fosse stata accanto di più...

Sakura si alzò in punta di piedi, chiudendo gli occhi.
Fu il sapore delle labbra fresche di Sasuke ad accompagnare lo scoccare della loro fine: erano le 10.25 del 20 Agosto 1980, alla Stazione di Bologna.
Sopra il frastuono dello scoppio, Sakura sentiva solo le braccia di Sasuke stringerle la vita: non le importava più di nulla, perché la sua vita era diventata completa quel giorno alle 10.25 quando le sue labbra avevano toccato per la prima volta quelle di Sasuke Uchiha.

  
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