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Autore: MrEvilside    10/11/2010    2 recensioni
[Alluring Secret]
Non esiste null’altro. E null’altro è più importante.
Non Dio, non Lucifero, non il colore delle piume delle ali – il bianco ed il nero, dopotutto, non possono essere messi a confronto con il suo sorriso.
Null’altro vale più di questo.

[!genderbender: ossia, un personaggio passa dal sesso femminile a quello maschile nel corso del racconto; !quasi-lime yuri]
[Rin/Miku]
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Gakupo Kamui, Miku Hatsune, Rin Kagamine
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Piume d’ali d’angelo che puzzano di sangue
 
«Non… possiamo…»
Miku era incastrata tra la parete e l’esile figura di un angelo candido; la sua testa era rovesciata all’indietro, le braccia erano costrette contro il muro, il lungo abito nero era in parte sbottonato.
Rin era china sul suo collo, affondava il naso nella tenera pelle dell’incavo, esattamente a metà della distanza che separava il mento dalla spalla, strofinava la fronte contro la carne morbida, pallida, e la baciava disperatamente.
«Lo so» sembrò quasi singhiozzare in un sussurro. «Ma io sono innamorata di te».
Sì, lo so, so perfettamente che è una blasfemia, so che mettere le mani sul tuo corpo significherebbe rendere impure entrambe e condannarci all’Inferno, ma… non è giusto. Non oserei mai farti del male. Perché non posso amarti?
Lasciò che Miku districasse i polsi dalle sue dita, eppure, al contrario di quanto si sarebbe aspettata – grida, ingiurie, l’inevitabile addio –, la ragazza le cinse la vita, insinuò le mani sotto la sua camicetta, le accarezzò la schiena, sfiorando talvolta l’attaccatura delle ali.
«Ti amo anche io. Ti amo moltissimo» le rivelò sottovoce, appena un poco esitante, ed arrossì in quel modo che l’angelo trovava tanto dolce – si imporporavano le sole guance, proprio al loro esatto centro. «Ma non voglio che qualcuno ti faccia soffrire per questo».
«Quel che mi fa soffrire è che a causa loro non possiamo stare insieme» mormorò Rin sul suo collo. «È molto peggio di qualsiasi sofferenza fisica».
Si fece indietro, le carezzò una gota arrossata e si sollevò sulle punte dei piedi per baciarla quando Miku le prese il volto fra le mani per permettere alle loro labbra di incontrarsi.
«Dio, perdonami» implorò su di esse.
L’angelo baciò famelicamente la sua bocca, come se quella fosse stata l’ultima volta che ne avrebbe avuto occasione, e riprese a sfilare dalle asole i bottoni che chiudevano il vestito sulla schiena della ragazza; Miku aprì i pochi bottoni della camicetta bianca e gliela sottrasse con la tenera premura che Rin stava riservando a lei con ogni singolo gesto.
Poi la veste nera scivolò lungo la figura sinuosa della ragazza, scoprendone l’armoniosa linea dei fianchi, le gambe lunghe ed affusolate, le curve del seno e del bacino, che conducevano a luoghi tanto intimi e delicati da esser celati dalla stoffa della biancheria.
E, mentre Miku le prendeva una mano e la scortava in direzione del letto, mentre intrecciava strettamente le dita alle sue, Rin si chiese quali fossero i veri angeli: se quelli come lei, che senz’alcuna pietà sapevano sporcare di peccato, oppure creature come Miku, che malgrado la natura terrena erano graziate dallo splendore dello Spirito Santo.
La ragazza voltò la schiena al letto per congiungere entrambe le mani con le sue e si lasciò ricadere all’indietro sul materasso: i lunghi capelli azzurri si sparsero sotto di lei, l’angelo era sopra di lei, in mezzo alle sue gambe, e lei adesso rideva, rideva e le stringeva le mani, perché infine confidava che il Signore le avrebbe perdonate entrambe, poiché un amore tanto bello come il loro non poteva essere disprezzato.
«Rin, Rin, ti voglio bene!» rideva ed allungava le braccia verso di lei.
Rin si piegò su di lei per consentirle di cingerle il collo e la baciò sulle guance, sulla fronte, sulle labbra.
«Anche io» rispose; le infilò una mano nei capelli, la gemella scese sul reggiseno, oltre esso, su uno dei seni sodi: ne tracciò il profilo rotondo e l’avvolse interamente, mentre il capezzolo al centro si irrigidiva ogni istante di più e le guance e gli occhi di Miku si scurivano di desiderio e piacere.
L’angelo si chinò a disegnare una scia di baci umidi lungo il collo della ragazza, affondò il volto tra i seni morbidi, strofinò il naso e la bocca contro la pelle profumata e la baciò, quasi con reverenza; Miku tremava sotto di lei, inarcò la schiena affinché i loro corpi aderissero intimamente l’uno all’altro, la spogliò della stoffa che le fasciava il petto, giocò sui bottoncini di carne scura al centro dei seni, già turgidi, sino a quando Rin non scese ancora e si trovò all’altezza dell’ombelico, troppo lontano perché le sue mani potessero far di più che intrecciarsi ai suoi capelli.
La ragazza non udì la porta dischiudersi.
L’angelo non sentì i passi.
Erano troppo impegnate ad amarsi.
Rin non aveva mai ricevuto uno schiaffo così forte, tanto da strapparle un gemito e scaraventarla di peso accanto a Miku.
«Con una donna
La ragazza si ritrasse e tirò le lenzuola a nascondere il corpo, oramai quasi del tutto nudo, agli occhi di suo marito. Sulla sua bocca, poc’anzi ridente, germogliavano ora singhiozzi mentre stringeva a sé l’angelo, immobile al suo fianco, e si stringeva a lei, come per difendersi dalle ingiurie che sembravano ferirla fisicamente.
«Mi fai così schifo che non riesco nemmeno a guardarti in faccia! E tu, puttana, vattene all’Inferno e non farti più vedere a casa mia!»
Rin scostò le braccia di Miku che la cingevano e scese dal materasso, vestita unicamente del copriletto che si era gettata sulle spalle. Raddrizzò la schiena, ripiegò le ali di modo che il lenzuolo non ricalcasse la loro forma sporgente, tradendone la presenza, e sollevò il capo per affrontare l’uomo che l’aveva colpita.
«Perdonami» mormorò – forse a lui, forse alla ragazza, forse a Dio, forse a nessuno in particolare – e lasciò la stanza come le era stato intimato.
Intravvide il marito di Miku crollare in ginocchio un momento prima che la porta si richiudesse – il ritratto dell’amore ridotto in frantumi nel modo più crudele.
Si accasciò contro la parete accanto al battente, premette una guancia contro il muro, si rannicchiò contro il calore della coperta e non si mosse più – e le lacrime le bruciavano le gote e la sofferenza le bucava il cuore con lame infinite quanto i singhiozzi di Miku dall’altra parte della parete.
«Oh, cielo, che pena vedere un angelo ridotto così da un mortale».
Rin non si sforzò nemmeno di alzare la testa per incontrare lo sguardo del suo interlocutore.
Gakupo si piegò su di lei e le afferrò il mento con due dita, di modo che dovesse forzatamente incrociare i suoi occhi. «Allora, tesoro, posso fare qualcosa per aiutarti?» chiese, incurvando le labbra in un sorriso sprezzante.
«Voglio morire» rispose l’angelo, senza opporsi ai suoi gesti, inerte nelle sue mani come una bambola. «Voglio smettere di farla soffrire, voglio poterla amare con un corpo che sia più conforme alla morale umana».
«Dunque non vuoi scomparire totalmente dalla sua vita» precisò Gakupo. «È quantomeno egoista da parte tua, lo sai, mia cara?»
«Sì». Rin quasi sorrise, seppur debolmente. «È per questo che mi sto rivolgendo a te, non lo capisci tu stesso? Ti cederò le mie ali, se accetterai la mia richiesta».
Lo sguardo del demone si acuì, inconsapevole prova del suo interesse. «Le tue ali?» le fece eco Gakupo. «Sarebbero la ricompensa adeguata, è vero, tuttavia sei davvero pronta a rinunciare alla tua stessa essenza per quella ragazza? Non potrai mai tornare indietro ed il tuo Dio ti rinnegherà in eterno. Com’è avvenuto con noi demoni, lo sai».
L’angelo scosse il capo. «Non sarò un demone. Mai» puntualizzò in tono acido. «Sarò un essere umano. Un uomo. La amerò come mai nessun altro potrà fare».
Il demone ponderò per un lungo istante la possibilità di accettare o meno; infine sorrise e si inchinò a lei per porgerle una pistola d’argento, costituitasi apparentemente dal nulla tra le sue dita. «Usa questa, se davvero è quel che desideri più d’ogni altra cosa» disse. «Fa’ attenzione, però: un’unica pallottola, un’unica occasione, nessuna opportunità di tornare indietro. Per l’eternità» le fece presente, enfatizzando l’ultima affermazione con quella sua voce affettatamente cortese.
Rin gli tolse l’arma di mano, l’osservò brevemente e la strinse al petto, sotto il lenzuolo, incurante di quanto fosse gelida a contatto con la sua pelle nuda. «Grazie» replicò con gratitudine.
Gakupo sembrò esitare per qualche momento, nient’affatto abituato alla riconoscenza, poi piegò una seconda volta il busto in avanti, le volse le spalle e si congedò con fare educato: «Spero per te che non ci rivedremo mai più, tesoro mio».
L’angelo attese che se ne fosse andato nell’oscurità del corridoio, quindi sollevò la pistola all’altezza del petto e se la rigirò pensosamente tra le mani.
La canna dell’arma era fredda tra i suoi seni ancora caldi delle mani di Miku.
Non indugiò: non temeva la morte come gli esseri umani, lei conosceva il Signore, era – era stata, ormai – al suo servizio, conosceva il Paradiso e l’Inferno. E non aveva paura di morire per amore.
Mentre le ali di Rin venivano recise dalla pallottola che le scavava nel petto, Miku si sfiorò le guance bagnate di lacrime, cercò gli occhi di suo marito, ugualmente smarriti, e si chiese per quale motivo stesse piangendo.
 
«Perché tuo marito ti ha lasciata?» volle sapere dolcemente Len quando, nel giocherellare con le dita della sua mano sinistra, si soffermò sull’anulare privo d’anello.
Miku si strinse nelle spalle. «Disse che non era più innamorato di me» rispose con la voce ferma e monocorde di chi oramai non prova più il dolore lacerante avvertito al principio. «Che non riusciva a spiegarselo, ma sapeva di non amarmi più. Se ne andò il giorno seguente, come se lo disgustasse starmi vicino».
La ragazza vide, riflessa nello sguardo del giovane, un’eccessiva partecipazione alla sofferenza che aveva provato allora che la metteva a disagio, le suggeriva che qualcosa le stava sfuggendo e tuttavia non era in grado di afferrare cosa fosse con esattezza, come ogni volta che aveva tentato di rivangare il giorno in cui il suo matrimonio aveva bruscamente avuto fine senza un’apparente ragione.
«Mi dispiace» mormorò Len, quasi che fosse colpa sua. Si allungò su di lei e la baciò sulla fronte, con infinita delicatezza. «Ti starò vicino, Miku» le sussurrò all’orecchio.
Miku l’abbracciò, affondando il viso nella sua spalla, e d’istinto le sue mani si mossero sulle scapole del giovane, alla ricerca di qualcosa alla quale non sapeva dare un nome.
Ed ogni volta scopriva la sua schiena nuda e ne rimaneva delusa senza sapere perché, come inevitabilmente accadde anche allora; Len le sorrise e le scompigliò amorevolmente i capelli, come si potrebbe fare con un bambino ingenuo che si ostini a cercare le fate.
«Starò qui, con te» ribadì sottovoce, quasi pregando.
In quei momenti Miku aveva l’impressione di tendere le mani senza sfiorarlo realmente, di osservarlo senza vederlo, come se fossero separati da una strana foschia. Persino i suoi ricordi assumevano forme indistinte, volti sconosciuti e familiari ad un tempo galleggiavano nel nulla e una pistola sparava un proiettile nel cuore di un angelo.
Non piangere, Miku, diceva l’angelo – ma lei singhiozzava, distrutta dalla consapevolezza di non poter fare nulla per salvarlo. Avrò la possibilità di amarti, vedrai.
Premette la fronte nell’incavo del collo del giovane ed intrecciò le dita ai suoi morbidi capelli biondi – biondi e vellutati parimenti quelli dell’angelo.
Len avrebbe voluto che quegli istanti d’intimità durassero in eterno.
Era per quello, in fondo, che aveva rinunciato al suo ruolo di angelo, all’immortalità, alla bellezza e all’infinita pace dell’alto dei cieli, in cambio di un’esistenza lunga a malapena un secolo in un mondo folle e sporco di sangue, tessuto con gli intrighi dei demoni.
Riteneva che fosse la decisione più giusta che avesse preso in vita sua.
La promessa migliore che avesse scelto di mantenere.
Perché, allora, questo?, chiese all’universo, a Dio, agli altri angeli e forse persino ai demoni, quando prese tra le braccia il corpo ancora tiepido di Miku e le sue mani e le sue vesti si bagnarono di sangue. Perché lei, che era più pura degli angeli? Che lei amasse me, che io amassi lei… è davvero così sbagliato?
Non aveva fiato nemmeno per invocare il suo nome, nemmeno per il più soffocato mormorio.
Tuttavia, la testa all’indietro la gettò ugualmente e rimase a guardare il cielo, con le labbra dischiuse come per gridare e che al contrario non emettevano alcun suono.
«È per questo» riuscì infine ad articolare in un gemito «che vi ho servito così a lungo, Signore?»
«Una conclusione davvero triste» convenne Gakupo, dietro di lui, accompagnandosi ad un sospiro falsamente commosso. «Talvolta mi domando se il Dio al quale gli angeli obbediscono con tanta devozione esista sul serio, sai?»
Len baciò la bocca senza vita di Miku e chiuse gli occhi, com’erano chiusi quelli di lei. «Sta’ zitto» intimò semplicemente.
«Non mento» insistette il demone. Sogghignò lugubremente, ma il giovane non poteva vederlo. «Come può esistere un Dio così crudele, quando persino io, che sono un demone, potrei accordare la restituzione della vita a questa povera ragazza?»
Len si volse di scatto a studiarlo con diffidenza – troppo tardi, tuttavia, per poter anche soltanto intravvedere il ghigno, che fulmineo svanì dalle labbra di Gakupo per essere sostituito da un più dolce e confortante sorriso. «Di che cosa parli?» s’interessò infine il giovane a ciò che egli diceva. «Puoi farlo? I demoni possono riportare in vita gli esseri umani?»
«Gli appartenenti all’Inferno» precisò il demone, sollevando il lungo, affusolato dito indice «dietro un piccolo compenso, insignificante in confronto al miracolo che possiamo compiere».
«Che cosa vuoi, Gakupo?» tagliò corto Len. Strinse quasi ossessivamente le braccia della ragazza morta distesa nel suo grembo, come se in quel modo avesse potuto darle il soffio della vita che le era stato brutalmente strappato dal corpo senza dover ricorrere all’ingordo individuo che adesso ghignava apertamente dinanzi a lui, consapevole di avere in mano il potere di pretendere qualsiasi cosa gli aggradasse.
«Ho già le tue ali, tesoro: esiste soltanto un’altra cosa che potrei desiderare da te» commentò Gakupo, enigmatico. «Voglio che tu ti unisca alle nostre schiere. Che passi dall’altra parte, amore mio. Divieni un angelo caduto, ed il bacio della morte non sortirà più alcun effetto su questa ragazza».
Il giovane contorse la bocca in una linea perfettamente diritta. «Mai» sibilò con improvvisa collera. «Non sarò mai uno come te, Gakupo. Te l’ho già detto».
Il demone allargò le braccia in un derisorio gesto d’invocazione della pace. «Questa è la mia proposta» scrollò le spalle con noncuranza. «Se non ti sta bene, ti consiglio di trovarle una bara in fretta, altrimenti imputridirà più velocemente» soggiunse con crudele dolcezza.
Len abbassò gli occhi su Miku. Fredda, immobile contro il suo petto.
Non esiste null’altro. E null’altro è più importante.
Non Dio, non Lucifero, non il colore delle piume delle ali – il bianco ed il nero, dopotutto, non possono essere messi a confronto con il suo sorriso.
«Ti prego». Si ritrovò a supplicare e a chinare il capo innanzi Gakupo, innanzi un demone, la creatura più ripugnante presente nell’universo. «Ti prego, riportala in vita. Diverrò un demone, farò come vuoi tu. Ti prego».
Null’altro vale più di questo.
«Perfetto» rise il demone, compiaciuto.
Una piuma candida – una piuma strappata alle ali che erano state del giovane – fluttuava nel palmo della sua mano: Gakupo allargò le dita e le chiuse. Strangolò la piuma, la ridusse in polvere.
«Vieni con me» ordinò, allungando un braccio nella sua direzione.
Soltanto quando percepì Miku muoversi un poco contro di lui, Len prese la mano che gli veniva offerta e si lasciò condurre in un luogo dove la ragazza non avrebbe potuto incontrarlo, dove non avrebbe potuto essere contaminata dalla sua presenza mefistofelica.
Mentre il suo corpo riacquistava le fattezze femminili perdute e nuove ali crescevano sulla sua schiena, color dell’inchiostro, Miku aprì gli occhi e l’intravvide, ed allo stesso modo Rin incrociò il suo sguardo nel volgersi per un’ultima volta.
La ragazza schiuse le labbra per parlare, confusa e addolorata, ma la sua voce era incastrata nella sua gola; l’angelo caduto le sorrise teneramente, come faceva Len e come l’aveva sempre vista fare nelle sue fugaci visioni. Poi quel che rimase di Rin fu una piuma nera abbandonata al suolo ed era troppo tardi quando Miku la prese fra le mani e comprese – o meglio, ricordò.
«Rin…!»





Dopo un lungo periodo di "silenzio", la mia passione per i Vocaloid si è fatta risentire grazie ad Alluring Secret (il link porta alla versione Black Vow - ma nella side bar dovrebbe essere presente anche il link alla versione White Vow. Altrimenti ve la cercate voi, pigri XD), insieme con un'inaspettata fissazione per la coppia Rin/Miku (sì, Rin come seme, perché in Alluring Secret è troppo chiaro che è lei quella "dominante" ù__u).
Ben vengano i commenti, di qualunque genere essi siano.
Oh, perché Gakupo demone? Perché quel povero cosetto mi ispira crudeltà. Parecchia crudeltà.
A proposito, niente di ciò che è scritto in questa fanfiction vuole offendere il Dio di nessuna religione: è un'opera di pura fantasia (non è specificato che gli angeli servano il Dio dei cristiani, quindi potrebbe tranquillamente essere una divinità inventata), prendetela unicamente per questo.
Detto ciò,
bows
  
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