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Autore: Feel Good Inc    17/11/2010    4 recensioni
La macchina giunse a destinazione ed Aerith portò il piede sul freno così bruscamente che, non fosse stato per la cintura di sicurezza, sarebbe finita sul parabrezza a fare compagnia ai tergicristalli. Tirò il freno a mano e si fiondò fuori senza neppure spegnere il motore, subito imitata da Cloud, con la pistola pronta in pugno già da un pezzo.
Percorsero in fretta lo slargo costeggiato di siepi, e raggiunsero il cortile su cui si affacciava il portone principale dello stabile. Cloud imprecò ad alta voce.
«Merda...»
La sagoma massiccia dell’agente Lexaeus giaceva immobile davanti a loro, e il chiarore della luna inargentava il rosso del suo sangue mescolato all’erba verdissima del giardino da anni abbandonato a se stesso.

* * *
«Entra e fammi vedere.»
«Ma allora avevo ragione.» Axel sogghignò di nuovo, puntando il gomito destro sul davanzale e guardandolo con malizia. «Vuoi
davvero giocare al dottore.»
Roxas si sentì arrossire. «Sei proprio un idiota.»
«Grazie, bimbo, anche tu non sei male.»
Si tirò su ed entrò dalla finestra. Una volta posati i piedi a terra, si guardò intorno ostentando indifferenza – ma Roxas notò che il suo viso era decisamente pallido. Lasciò scivolare il cappotto sul pavimento.
Un tonfo metallico.
Roxas guardò interrogativamente prima il viso impassibile di Axel, poi il punto in cui l’indumento aveva toccato terra. Da una tasca sbucavano pochi centimetri di qualcosa di lucido e scuro.
La canna di una pistola.

* * *
Quando un adolescente in fuga dalla legge si nasconde in un condominio in cui vive un ragazzino che si ostina a fuggire dal suo passato, e quando le loro storie s'intrecciano a quella di una ragazza che torna da un posto che è lontano in tutti i sensi, ci si accorge che qualche volta bene e male non esistono. Esiste solo il destino.
{ AkuRoku; accenni SoKai, MaruDem, RokuNami, CloudAerith, Sorpresa }
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun gioco
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1

Ognuno per sé

 

 

 

La fitta alla spalla andava lentamente scemando, ma quella sensazione, tipica dell’animale braccato, era ancora forte. Troppo forte. Si aspettava quasi di ritrovarsi qualcuno alle spalle, magari con un ghigno sadico e una pistola in mano, e ogni anfratto buio gli ricordava ciò che aveva fatto negli ultimi due mesi, ciò che era, ciò da cui doveva fuggire.

Imprecò tra sé, sostenendosi la spalla e calpestando una pozzanghera.

«Merda.»

Scosse la testa, scrollandosi di dosso le gocce di pioggia. Non poteva permettersi quei pensieri. Doveva andare avanti, mettere quanta più strada possibile tra sé e il vecchio fabbricato che era stato il loro luogo di ritrovo e tutto ciò che avesse di più simile ad una casa.

Alzò lo sguardo, nell’oscurità fiocamente illuminata dalle luci di emergenza di un locale infimo. Alla fine del vicolo vide una palazzina un po’ malmessa. Un condominio. Esitò.

Un condominio. Sotto gli occhi di tutti. Dio, a cosa si era ridotto.

Ma al momento non aveva alternative. Dopotutto, in quel quartiere nessuno lo conosceva. Non ancora, almeno.

Si frugò nelle tasche del lungo cappotto di pelle nera: soldi ne aveva ancora, ma non sarebbero durati a lungo. Pazienza. Aveva bisogno di fermarsi, di staccare.

Strinse i denti e, cercando di scuotersi dalla mente le ultime parole di Larxene, continuò a percorrere il vicolo sotto la pioggia battente.

 

 

«Dobbiamo filare. Quello stronzo di Demyx ha cantato.»

Axel e Zexion sollevano le teste all’unisono. Larxene si chiude alle spalle la porta del vecchio deposito in disuso e si fionda sul tavolaccio cui i due sono seduti. L’espressione sconvolta del suo viso, così insolita per la sua perenne freddezza, fa capire ad Axel tutta la gravità della situazione.

Con gesti febbrili, la giovane posa bruscamente una borsa sul piano del tavolo e inizia a riempirla con tutto ciò che le capita sottomano. Rivolge loro uno sguardo inceneritore.

«Che cazzo avete da guardarmi come due idioti? Demyx ci ha traditi, l’avete afferrato il concetto? Potrebbero essere qui a momenti! Volete darvi una mossa o no?»

Quelle ultime parole rendono tutto più definito.

Axel e Zexion scattano in piedi.

Accade mentre l’aiutano a recuperare quanto più possibile: da qualche parte, sotto il rumore scrosciante della pioggia, risuona una sirena.

Larxene geme, si butta la borsa su una spalla e corre a sprangare dall’interno la porta principale. Contemporaneamente Axel molla a Zexion la propria roba e va a sfondare con una spallata l’uscita secondaria, quella che non usano mai. Perché mai ne hanno avuto bisogno. Finora.

Il legno gli si infigge nella pelle, scavandosi dolorosamente una strada nel tessuto leggero della maglietta. Non vi dà peso; la porta è spalancata davanti a lui. Afferra al volo il cappotto appeso appena più in là e inizia la corsa, ascoltando come da un mondo di distanza i passi concitati di Zexion e Larxene alle sue spalle.

In fuga.

Fuori, la pioggia.

 

 

C’era finito dentro da due mesi, e ancora – qualche volta – se ne chiedeva il motivo. Valeva davvero la pena annullarsi in quel modo, ridursi a quell’essere niente?

No, non doveva pensarci: ciò che contava ora era solo salvare la pelle, e al diavolo tutto il resto, al diavolo gli altri due. Non aveva idea di che fine avessero fatto, e neppure ci teneva. Se c’era una cosa che avesse capito, in quei due mesi, era questa: in quel mondo, ognuno per sé.

L’uscio del condominio si ergeva davanti a lui. Non c’era campanello. Nervoso, cercando di dissimulare il turbamento, Axel alzò il pugno e picchiò deciso sul legno quasi marcio.

Si aspettava che non venisse nessuno; invece, dopo una breve attesa, lo spiraglio delle lettere si aprì, rivelando due occhi di un colore che in quel buio non seppe identificare.

«Chi diavolo è a quest’ora?» biascicò una voce rachitica.

Axel si sforzò di sogghignare. «È così che trattate i vostri potenziali clienti, in questo postaccio?»

Lo spiraglio si richiuse, e l’uomo aprì la porta. Era un vecchio dai lunghi capelli argentati, avvolto in una vestaglia nera, il cui sguardo lo scrutò da capo a piedi. Axel non batté ciglio.

«E saresti tu il potenziale cliente, moccioso?»

«Proprio io. Mi serve un appartamento.»

Il vecchio sorrise maligno.

«Arrivi nel cuore della notte, come un pipistrello, senza neppure un bagaglio, e chiedi un appartamento» commentò. «Molto originale, davvero. Halloween è arrivato in anticipo quest’anno?»

Axel tolse la mano dalla spalla. Non voleva dargli anche la soddisfazione di mostrargli che era quasi ferito. Inarcò un sopracciglio.

«Se non sbaglio, lei non può rifiutare un appartamento ad una persona disposta a pagare.»

«Pagare!» Il vecchio rise, sguaiato e malevolo. Il suo sguardo si fece scaltro. «Ce li hai i soldi, almeno?»

«Quanto?»

«Trentamila per un mese.»

Axel ingoiò una risposta pungente. Era poco meno di tutto ciò che aveva con sé. Decise di fare buon viso a cattivo gioco: probabilmente di lì a un mese avrebbe già trovato il modo di lasciare la città.

Annuì. Come conferma, affondò di nuovo la mano nella tasca del cappotto fradicio e ne estrasse un insieme di banconote gualcite, augurandosi di non lasciar trasparire dalla propria espressione la verità sul modo in cui ne era venuto in possesso.

Gli occhi del vecchio si ridussero a due fessure.

«Bene. C’è ancora posto.»

 

 

«Sei stato bravo, pivellino.»

Axel si trattiene dallo sbuffare. Meglio non prendersi troppe libertà col cocco del capo, e tenere la testa bassa.

Demyx gli rivolge un sogghigno sbruffone mentre gli tende una parte dell’incasso.

«La tua ricompensa. Ovvio che sarà più... consistente, quando sarai definitivamente uno di noi.»

Axel intasca il denaro senza un fiato. Poi si alza ed esce dal deposito senza voltarsi indietro, con la necessità impellente di allontanarsi da se stesso, di fuggire e non pensare.

 

 

Chi l’avrebbe mai detto che proprio il cocco del capo li avrebbe pugnalati tutti alle spalle? Fottutissimo bastardo, voltafaccia del cazzo. O forse era solo che aveva capito che stava affogando in quella merda di vita, e si era fatto un qualche esame di coscienza che gli avrebbe poi salvato il culo? Se era così, non poteva davvero biasimarlo: quella vita era una merda...

«Qui.»

La voce del portinaio lo scosse dai suoi pensieri. Si ritrovò sulla soglia di un appartamento semplice, squallido quanto appariva l’esterno del condominio. Carta da parati scrostata, muri spogli e polvere ovunque. Annuì vagamente; andava più che bene per i suoi standard.

Il vecchio controllò ancora una volta l’acconto che si era fatto consegnare e finì con il cacciarselo in una tasca della vestaglia.

«D’accordo, il resto a fine mese, e tieni ben chiaro che ti sto facendo un favore.» Si voltò, rincamminandosi giù per le scale, e continuò a parlare senza guardarlo. «Ah, sì... Mi chiamo Vexen. Per qualsiasi cosa chiedi a me. Buonanotte.»

Senza rispondere, Axel si chiuse la porta dell’appartamento 2B alle spalle e attraversò un soggiorno ed una cucina disastrati dall’abbandono. Raggiunse la camera da letto, e qui andò direttamente a gettarsi su un materasso duro e spoglio, dall’odore non molto promettente. Era comunque un netto miglioramento rispetto al vecchio capannone.

Si tolse il cappotto, ignorandone lo sgocciolio sul pavimento, e lo lanciò in un angolo. Si toccò cautamente la spalla: ormai era solo un po’ indolenzita per la forza del colpo.

Passò ancora qualche minuto prima che si sentisse abbastanza tranquillo da stendersi sul letto.

Solo allora, immobile nel buio di quella stanza, nel silenzio rotto solo dalla pioggia sul tetto, si concesse un sospiro di sollievo.

   
 
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