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Autore: j3nnif3r    17/11/2010    4 recensioni
Non era necessario che qualcuno capisse, davvero.
Lei lo sapeva, che sarebbe tornato.
(Cid x Shera)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cid Highwind, Shera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
- Questa storia fa parte della serie 'Adorabile peccatore'
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Cenere

Quando tutto si era spento e l’aria si era riempita per un attimo di quel frastuono insopportabile, quando era rimasta un istante al buio e poi le luci si erano riaccese, tutte insieme, illuminando il suo volto pallido, quando le era sembrato che il suo cuore si fermasse, nonostante lo sapesse, nonostante l’avesse deciso lei stessa, Shera si era lasciata cadere sulle ginocchia e aveva nascosto il viso fra le mani.
Si era fermato.
Si era fermato, per lei.

Era uscita da lì e l’avevano soccorsa, nonostante non ce ne fosse davvero bisogno. Tutti sembravano agitati e delusi, lei aveva tenuto gli occhi bassi e la bocca chiusa. L’aveva cercato fra la folla che si era creata intorno, anche se non avrebbe saputo cosa dire.
Le scuse, ne era certa, non erano abbastanza.
Era rimasta seduta in un angolo quando tutti erano ormai sicuri che stesse bene e avevano smesso di curarsi di lei. Aveva stretto le mani in grembo e si era chiesta in che modo avrebbe potuto mai rimediare, sempre che un modo ci fosse. Era quasi surreale tutta quella confusione, gente che correva, che imprecava al cielo. Ed era stata lei a causarlo.
E lui si era fermato.
Quando aveva iniziato a lavorare lì, le sue colleghe l’avevano avvertita di quanto il Capitano fosse maleducato e brusco, riempiendola di consigli su come rispondere a tono. Non ce l’aveva mai fatta. In fondo tutto ciò che aveva fatto era farlo innervosire e chiedere scusa. Così tante volte che, ora, chiedere ancora scusa sembrava ridicolo.
Era ridicolo anche essere convinti di morire, per poi ritrovarsi ad imbastire delle scuse per una cosa del genere. In un altro momento forse ne avrebbe sorriso.
“Il Capitano sta bene!” aveva gridato un uomo, e Shera aveva sollevato il viso in direzione della voce. Aveva guardato quell’uomo ad occhi sgranati, sentendosi invadere dalla paura.
“Vuoi un po’ d’acqua?” Si era voltata di nuovo, verso la collega che le tendeva una bottiglia. Aveva fatto cenno di no con il capo. “Non preoccuparti, nessuno è rimasto ferito. Ci siamo solo presi un bello spavento.”
Shera aveva annuito. Si sentiva estranea a tutto, come spenta. Aveva puntato gli occhi fra la gente, nel punto in cui Cid era emerso facendosi spazio a gomitate, mentre tutti accorrevano a fargli domande.
Non l’aveva vista, ed era andato via a passi veloci.
In quel momento aveva capito che una parte di lei era morta davvero, lì dentro. Ma ciò che era rimasto, la parte viva, non avrebbe potuto fare altro che rimediare a ciò che aveva fatto.

“Ma tu e Shera... state insieme?” gli aveva chiesto Tifa, seria. Cid si era voltato verso di lei, con una di quelle sue espressioni esagerate che un po’ la spaventavano, e Tifa si era fatta indietro.
“Non ho mai capito perchè tutti siano convinti di questo. Forse dovrei farla dormire nello sgabuzzino, così non dovrei più sentire queste cazzate.”
“Nello... sgabuzzino?”
“Certo. Tanto le scope stanno lì, è tutto quello che le serve.” Cid aveva aspirato dalla sigaretta, un lungo sorso e un gran sorriso fiero.
“Ma sei serio, quando dici queste cose?”
“Perché, non lo sembro?”
Tifa si trattenne dal dire che, err, in realtà non è che le fosse sembrato mai serio. “Ehm, è che... Insomma... Poverina!” Si era chinata sull’erba, e Cid aveva lanciato un’occhiata a quelle enormi tette sballonzolanti. “Te ne sei pure andato senza dirle niente, non sarà preoccupata?”
“Ma tu non lo porti, il reggiseno?”
Tifa si era rialzata di scatto, arrossendo e portando le mani al petto. “...Eh??”
“Tifa!” aveva urlato Yuffie, agitando le braccia. “Vieni? Cloud ha detto che mi fa provare la Bustersword se ci alleniamo almeno in tre!”
Si alzò, e strofinò via i ciuffi d’erba che erano rimasti appiccicati alle gambe. “Secondo me dovresti pensarci.”
”Al tuo reggiseno?”
Gli lanciò uno sguardo di rimprovero. “Non te ne frega proprio niente, di lei?”
Cid diede un’altra boccata, poi spense la cicca schiacciandola nel verde. “Dobbiamo star qui ancora per molto? Sto finendo le paglie!” aveva urlato, ma quelli erano troppo presi dalle loro stronzate per ascoltarlo. Yuffie saltellava tutta felice accanto ad un Cloud scocciato che le porgeva la spada. Tifa fece un sospiro di rassegnazione, e li raggiunse.
Forse si sarebbe preoccupata, quella cretina. Non è che gli importasse poi molto.

“...Mi dispiace.”
Ecco, l’aveva detto.
Era solo entrata in casa, aveva chinato il capo vedendolo seduto al tavolo pieno di portacenere strabordanti e bottiglie, e l’aveva detto.
Cid non l’aveva guardata nemmeno. Aveva continuato a fumare, ad espirare il fumo in piccole nuvole dense.
Non era necessario dirlo, ma l’aveva fatto perché era l’unica cosa da fare.
In silenzio, mentre lui rimaneva lì a far finta che non ci fosse, le era venuto in mente che poteva almeno svuotare quelle ciminiere in miniatura e dare all’aria della casa un odore sopportabile. Si era avvicinata al tavolo con piccoli passi incerti, e solo quando aveva allungato una mano verso il portacenere più colmo Cid l’aveva guardata.
Non sapeva cosa aspettarsi, da lui. Aveva perfino considerato l’ipotesi che la picchiasse, e le era tornata in mente all’improvviso in quel momento, facendola sobbalzare. Il portacenere era caduto sul pavimento, frantumandosi e spargendo cenere e cicche tutto intorno.
Silenzio.
“Mi... mi...”
”Ti DISPIACE?” aveva urlato Cid alzandosi, facendo ribaltare la sedia.
Shera si era stretta nelle spalle, incapace di rispondere.
“E cosa ti DISPIACE, in particolare? Di essere una fottuta IMBECILLE, che non riesce a muovere il culo senza distruggere qualsiasi cosa tocchi, o di aver avuto il coraggio di tornare in casa mia?”
“Io...”
“Ti DISPIACE, e sai cosa me ne faccio io del fatto che ti DISPIACE?”
Shera aveva alzato lo sguardo, imbarazzata e sconvolta dalle parole che aveva iniziato a vomitarle addosso. A labbra strette aveva ascoltato tutto, senza rispondere. Un elenco di parole che non le sarebbe mai venuto in mente (FOTTUTA VACCA FRIGIDA e BUCO DI CULO DI UNA SCIMMIA MONCA erano le cose che quasi l’avevano fatta ridere).
E lui si era sfogato.
Era di nuovo lui, il Capitano che era abituata a vedere, che riusciva a lasciare a bocca spalancata anche il più disinibito degli assistenti. Ascoltando quelle oscenità si era resa conto che, tornando lì, aveva fatto la cosa giusta.
Quando la gola aveva iniziato a bruciare dopo tutte quelle urla, quando anche il suo vocabolario che sembrava senza fine si era esaurito, Cid le aveva rivolto un gesto di stizza e si era chiuso in camera da letto sbattendo la porta.
Shera si era chinata, lenta, e aveva raccolto la cenere con le mani.

“Se n’è andato, quindi.”
“Sì, ma tornerà.”
La donna fece spallucce, prendendo una mela dalla bancarella. “Io non ci spererei più di tanto. Insomma... Potrebbe essere anche una liberazione, per te, non avere più niente a che fare con quell’uomo disgustoso!”
Shera aveva accennato un sorriso, abbassando gli occhi sulle buste che portava. “Tornerà.”
”E come fai ad esserne sicura? Guarda che a lui non importa niente di te! Te l’abbiamo sempre detto...”
“No, non per me! Ma qui ci sono tutte le sue cose, non le abbandonerebbe mai così.”
La donna sospirò, riempiendo un’altra busta. “Un uomo che ama i suoi razzi più di te non è normale, tesoro. Sei ancora giovane, trovati un marito e falla finita con questa storia penosa!”
Non aveva mai sentito il bisogno di rispondere a quelle parole che tutti, proprio tutti, sembravano ritenere necessario dirle continuamente. Shera richiuse la busta, pagò, si voltò a guardare l’amica.
“Non è necessario che tu capisca. Io so che tornerà, e quindi devo mantenere la casa pulita.”
“Oh, benedetta ragazza...”
Sorrise, quel sorriso accondiscendente che era la sua risposta, e si avviò.
Non era necessario che qualcuno capisse, davvero.
Lei lo sapeva, che sarebbe tornato.
   
 
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