Riza si trovava davanti la porta di casa di Roy. Diede una lieve spinta alla porta e quella si aprì. Roy non si era nemmeno preoccupato di chiuderla. Fece un piccolo cigolio. Riza entrò. Come si aspettava l’appartamento era in disordine, vide il cappotto del Colonnello buttato sul divano; le luci erano tutte spente, la casa era illuminata solo dalla fioca luce dei lampioni provenienti dalla strada. Fece qualche passo, il parquet crepitava ad ogni minima mossa, non voleva farsi scoprire dal Colonnello, voleva solo assicurarsi che andasse tutto bene così cercò di fare il meno rumore possibile. Finalmente arrivò davanti la porta dello studio. Era socchiusa; l’aprì leggermente senza far troppo rumore e dalla fessura che si era creata guardò all’interno della stanza. Sicuramente era quella più sporca e disordinata:c’erano cataste di libri, tirati fuori dagli scaffali, ammucchiati a pile in più punti della stanza, molte pile erano crollate, gli scaffali erano mezzi vuoti ma ciò che la colpì fu la vetrina che aveva nella stanza; ci saranno state si e no sette o otto bottiglie di liquori e alcolici ben conservati, era l’unico oggetto in quella stanza pulito e in ordine. Notò però che la vetrina era aperta.
Spostò la sguardo e trovò il Colonnello che si studiava il suo bicchiere di liquore e ogni tanto ne sorseggiava un po’. Era rivolto verso la finestra, aveva solo la camicia e i pantaloni della divisa: la camicia era tutta stropicciata e fuori dai pantaloni. La luce della luna illuminava stanza, i suoi capelli neri erano tutti spettinati. Il whisky risplendeva nel bicchiere. Riza sentì il desiderio di andare lì e di abbracciarlo. Lo vedeva talmente fragile che sembrava che da un momento all’altro potesse rompersi. Sorseggiò un altro sorso, poi un altro, e un altro, e un altro ancora finche non finì il bicchiere. Lo posò delicatamente sulla scrivania, allungò la mano sinistra, Riza seguiva ogni suo movimento con lo sguardo, vide che prese la bottiglia di whisky e versò l’ultimo goccio nel bicchiere.
Fitta al cuore.
Non poteva vederlo così. Era troppo.
Roy alzò il bicchiere. Lo fece risplendere alla luce della luna e lo avvicinò alle labbra. Doveva far finire tutto questo. Non poteva auto commiserarsi in questo modo. Lei doveva fermarlo.
Roy rimase con il bicchiere appoggiato sulle labbra come se fosse indeciso se berlo o no. Forse ne stava annusando il profumo o forse no.
Poi si decise. Posò il bicchiere sulla scrivania come rassegnato. Mise la testa fra le mani e infine si portò a braccia conserte sulla scrivania col la testa posta sopra. Era distrutto, la sua tristezza si poteva sentire nell’aria.
“Chissà quante volte è stato così...e poi è venuto a lavoro facendo finta di niente...mentre il suo cuore urlava di disperazione...sono stata stupida...perché non me ne sono accorta...”
Fitta al cuore.
“Forse è colpa...solo colpa...questa strana sensazione di vuoto dentro...”
Fitta al cuore.
“Forse è così che si sente...vuoto”
Poi qualcosa la distolse dai suoi pensieri. Roy si era alzato in piedi, aveva ripreso il bicchiere e se lo stava portando alle labbra.
“No...tu non sei vuoto...tu hai un anima...tu hai un cuore...tu...tu...non puoi bere quel bicchiere...”
Senza pensarci due volte spalancò la porta.
-TU NON PUOI FARE QUESTO A TE STESSO!!!-
Roy si girò verso la porta. Il bicchiere ancora in mano. Vide Riza con gli occhi pieni di disperazione. Le lacrime avevano preso il sopravvento e ora stavano rigando il suo pallido viso. Le prime gocce caddero sul parquet che si scurì all’istante. Roy fece una smorfia. Abbassò leggermente il capo.
-E cosa dovrei fare allora?-
Riza rimase spiazzata. Non aveva mai visto Roy comportarsi così sfacciatamente con lei. Mai.
-Non so come puoi sentirti in questo momento ma so che c’è un vuoto dentro di te molto grande che non sai colmare...-
-...E brava Riza...riesci anche a leggermi dentro...allora dimmi...cosa devo fare secondo te?-
Riza abbassò la testa.
“Questo non è Roy. Questo non è il Roy che ogni giorno fa ritardo in ufficio. Questo non e il Roy che cerca sempre di scappare dal suo ufficio.” No. Questo non era il Roy che conosceva.
-Allora hai perso la lingua Tenente?-
Riza si avvicinò a lui. Gli diede uno schiaffo.
-Colonnello...per favore torni in se...non posso vederla in questo stato-
Roy si lasciò cadere sulla sedia. Poi si sedette per terra con la schiena contro la gamba della scrivania e le gambe ritirate verso il petto. La testa era rivolta verso il soffitto.
-Dimmi Riza...- Il suo tono era tornato normale-...perché hai deciso di seguirmi...?-
Riza si abbassò al suo livello. Ormai aveva smesso di piangere. Guardò Roy. Aveva lo sguardo perso nel vuoto. Chiuse gli occhi. Delle lacrime iniziarono a scendere fino ad arrivare alla fine del mento per poi cadere sui pantaloni.
Riza si avvicinò a lui e lo avvolse in un abbraccio. Lui poggiò la testa sopra la sua spalla. Lei fece lo stesso.
-Se vuoi sfogarti io sono qui...non ti ho seguita solo per farti da guardia del corpo...ma anche perché ti voglio bene...-
-Grazie...-
Roy la strinse forte e cominciò a versare delle lacrime. Stava piangendo. Ma era un pianto silenzioso. Ne un grido ne un sussulto. Solo lacrime e singhiozzi.