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Autore: MelethielMinastauriel    12/12/2010    0 recensioni
Mi chiamo Anna Armstrong e sono una semplice studentessa. La mia vita però viene stravolta dall'arrivo di un gatto, innocuo all'apparenza, trovato per caso nello sgabuzzino di casa mia (ancora non capisco come ci sia finito lì!) Non avrei mai pensato a tutto ciò che sarebbe successo dopo...
Fanfiction sclero ideata da me e da Carola durante le noiose lezioni di un Liceo Classico. Non mancheranno parodie ed imitazioni di prof e/o fatti realmente accaduti!
Genere: Commedia, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II: “Non ti sarà mica morto il gatto?”

Ero in ritardo, enormemente in ritardo. Avendo perso la circolare che mi avrebbe portato a scuola, corsi più che potei, sforzando al massimo le mie gambe che sicuramente sarebbero state doloranti per i prossimi giorni. Arrivai in classe qualche secondo dopo il suono della campanella e pensai che, dopotutto, non ero tanto male come atleta.
Fui l’ultima ad entrare e a prendere posto, e la prof mi guardò con uno sguardo truce. Come al solito. Oramai avevo fatto l’abitudine alla sua brutta faccia e frecciatine che traboccavano ironia da ogni dove, così come rivelavano anche una certa astinenza da qualcosa che le donne, alla sua età, si presuppone facciano con regolarità.

Mi sedetti vicino la mia migliore amica Marika, una ragazzina della mia stessa età con capelli sbarazzini e corti fino alla nuca e castani e un paio d’occhiali che le incorniciavano il viso. Siccome la lezione era iniziata, lei mi salutò a bassa voce e io ricambiai. Le saltò subito all’occhio il mio sguardo triste e tipico di chi nasconde qualcosa: per lei sono come un libro aperto. Non fece in tempo a chiedermi nulla che la prof ci intimidì di fare silenzio per fare l’appello.
Uno alla volta si alzarono e dissero “presente!” una volta sentiti pronunciare i propri nomi e quando arrivò il mio turno, “Anna Armstrong!” io risposi con un energico “Eccomi!” per camuffare al meglio la mia preoccupazione.
Quando mi risedetti, non resistetti più e sbuffai.
Marika non aspettò oltre e, approfittando del resto dell’appello, tra voci e rumori di sedie vari, mi chiese cosa avessi.
“Domani sarei dovuta andare al circo con i miei, ma credo che la serata salterà per via dei miei genitori: saranno di nuovo assenti per lavoro!”, le sussurrai.
“Capisco,” disse lei cercando di consolarmi,“devi esserci rimasta davvero male. Vedrai che tutto si aggiusterà.” Accennò un sorriso.
“Non è la prima volta che accade,” continuai io, “e non sarà neppure l’ultima. Eppure me l’avevano promesso da giorni! A volte vorrei poter essere già grande così da poter fare tutto da sola!”

L’appello era finito, la prof chiuse il registro e prese il libro di grammatica.
“Aprite a pagina 235, e leggiamo assieme il passo. Se vi dovessi scoprire a non seguire la lezione, vi punirò con voti a suon di valzer: un, due, tre, un, due, tre!” disse, recitando le ultime parole di quella che era una minaccia bella e buona quasi cantandole.
Il resto delle parole che uscirono dalla sua bocca divennero vaghi suoni alle mie orecchie, perché la lezione non era che appena iniziata e io mi ritrovavo già a sognare ad occhi aperti, guardando le nuvole fuori dalla finestra. Il cielo quel giorno era di un blu terso, forse per la prima volta nelle ultime settimane, le nuvole erano di un bianco candido e nell’aria vi erano i segni di un aereo da poco passato.
I miei pensieri vennero interrotti bruscamente e tornai con i piedi per terra. In un attimo mi resi conto di trovarmi al centro dell’attenzione: la prof mi aveva richiamata e gli sguardi di tutti i miei compagni erano su di me.
“Anna, dovresti prestare più attenzione alla lezione. Abbiamo iniziato da neppure dieci minuti e la tua mente è già fuori di qui!”, disse lei con tono irritato.
“Mi scusi, prof. E’ solo che stamattina…” e stavolta non potei nascondere la tristezza, proprio come aveva fatto Marika poco prima.
A quel punto la prof sghignazzò.
“Non ti sarà mica morto il gatto?” e seguì una risata gracchiante e stridula come quella delle iene nel film Il Re Leone che ti fanno venire degli istinti omicidi al sol sentirlo.
La classe rimase in silenzio e nessuno sembrò capire la battuta che aveva fatto.
Non l’avesse mai fatto: la mia cartella prese a muoversi, alternando momenti bruschi e miagolii che parevano di più strilli. Non feci in tempo ad accorgermi quello che stava accadendo che la cartella si aprì improvvisamente.
Una macchia bianca fece un volo così rapido che fu impossibile identificarla a occhio umano, finendo sulla sua preda.
Ebbene sì, quello che ora era praticamente spiaccicato in faccia alla prof non era niente proprio di meno che il Gatto.




EDIT 18 sett 2012: Capitolo riscritto completamente.
   
 
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