Cosa
posso regalarle?
«Sosuke»
Alzai
lo sguardo a sentir pronunciare il mio nome: gli occhi azzurri di Kurz mi
guardavano curiosi mentre teneva le mani sui fianchi e si sporgeva sulla mia
branda per poter vedere meglio il mio viso. «Non riesci a dormire, amico?»
Domandò stendendosi sulla sua branda accanto alla mia, nella nostra celletta
nel sottomarino.
«No.»
Mormorai.
«Sei
preoccupato per qualche esame? Non hai studiato, eh? D’altronde, come avresti
potuto visto che siamo tornati da poco.» Suppose, mettendo le mani sotto la
nuca e guardando il soffitto di ferro.
«Non
è per questo, siamo in periodo festivo, non ci sono lezioni né tanto meno esami.»
Risposi mettendomi nella sua stessa posizione: il soffitto era più basso di una
comune stanza, ci facevo caso solo in quel momento; sembrava quasi di essere
rinchiusi in una scatola poiché anche le pareti erano strette.
«Allora
cosa ti preoccupa da disturbare il tuo sonno? Forse, sono pensieri poco carini
verso la tua ragazza?» Si voltò nella mia direzione e mi fece un sorriso dei
suoi, quando intendeva cose che non riuscivo a comprendere; però, in un certo
senso, ci aveva preso: si trattava di Chidori.
«Non
è sicuramente quello che intendi, ma sì. Si tratta di lei.»
«Oh,
oh! A qualcuno qui balla il testosterone! Andiamo amico, cosa vuoi sapere?
Qualche posizione? Qualche parolina dolce per farla cadere ai tuoi piedi?» Si
mise su un fianco, improvvisamente esaltato, guardando verso di me.
«Cosa
posso regalarle?»
«Come?»
Kurz si mise a sedere.
«Tre
giorni fa, Chidori non ha voluto che la seguissi mentre andava a fare compere:
diceva che io non potevo assistere all’acquisto, allora ho subito pensato che
si trattasse di qualcosa che non volesse che io sapessi l’esistenza, come di un
incontro segreto con qualcuno che non conoscevo, oppure un acquisto di qualcosa
di estremamente pericoloso, così…»
«Così
l’hai seguita. E ti ha scoperto?»
«Lei
no, ma Kyoko sì. Mi ha detto che stavano facendo
acquisti natalizi: le ho chiesto perché Chidori non volesse che l’accompagnassi
e mi ha risposto dicendo che voleva comprarmi un regalo di Natale e che se non
volevo farla arrabbiare, dovevo comprarle qualcosa anch’io. Adesso la domanda
è: cosa posso regalare a Chidori?»
Kurz
incrociò le braccia sul petto ed io mi sedetti, facendo dondolare le gambe. «Orecchini,
braccialetti, cose di questo genere non le piacciono?» Subito alla mente mi
tornò la sua reazione quando le regalai quel paio di bombe luminose sottoforma
di orecchini e scossi il capo.
«No.»
«Mmh… la situazione è complicata. Cosa si può regalare ad
una donna? Un profumo?»
«Non
sono bravo a scegliere profumi.» Confessai.
«Già,
dimenticavo che qui il problema sei tu e non Chidori» Disse, poggiando il mento
su una mano e piegandosi in avanti per poggiare il gomito sulla gamba che aveva
incrociato sul materasso con l’altra; mi sorrise complice ed io abbassai il
capo verso le mie mani intrecciate.
«Spremiti
tu le meningi per sceglierle un bel regalo, non so proprio cosa possa piacerle»
Detto questo, si stese e mi diede le spalle. «Dormi Sergente, domani l’attende
l’aereo che la riporta in Giappone. E ricordati che proprio domani è Natale.»
Cosa
posso comprarle? Cosa posso comprarle? Cosa posso comprarle?
«Sagara,
non credo che oggi riuscirai a trovare qualche negozio aperto. E’ Natale!»
«Kazama,
tu sai cosa potrei regalare a Chidori? Mi ammazza se non le porto un regalo.»
Deglutii pensando alla sua mazza da baseball.
«Non
ne ho la più pallida idea. Kaname è una ragazza così
complicata che non riesco nemmeno ad immaginare i suoi gusti.»
Sospirai
ed una nuvola di condensa uscì dalla mia bocca, disperdendosi nell’aria. «Ti
ringrazio, mi inventerò qualcosa.»
Accompagnai
Kazama fino a casa sua, ignorando la neve che aveva ricominciato a cadere e poi
a piedi andai al mio appartamento: Chidori mi aveva invitato a passare la
giornata a casa sua, per festeggiare insieme visto che entrambi eravamo soli,
ed io avevo accettato pensando solo al fatto che così avrei potuto tenerla d’occhio
più facilmente.
Una
volta nel mio appartamento, feci scorta di armi e poi andai da Chidori, che
corse felice ad aprirmi la porta d’ingresso.
«Prego,
entra.» Mi disse, scostandosi dalla porta e lasciandomi entrare: tolsi il
giaccone e lo appesi all’attaccapanni dell’ingresso; sentii un risolino e mi
voltai per guardarla.
«Qualcosa
non va?» Domandai.
«No,
va tutto bene. Solo, stavo pensando che ho fatto bene.»
«A
far cosa?»
Scosse
il capo sorridendomi «Dopo, dopo»
Mi
mise le mani sulla schiena e mi spinse verso la cucina, dove mi fece accomodare
al tavolo «Aspetta qui, torno subito.»
Annuii
e la vidi sparire in camera sua: tornò dopo qualche minuto, con le mani dietro
la schiena; sembrava molto felice quel giorno.
«Ho
una cosa per te» Affermo con un sorriso, per poi porgermi un pacco regalo «Mi
raccomando, non farla esplodere. E’ da parte mia, fidati.»
Guardai
prima il pacco e poi lei, non potendo fare a meno di arrossire al pensiero che
io non avevo nulla per lei.
«Aprilo»
M’incoraggio dolce, sedendosi accanto a me.
Scartai
pazientemente l’involucro di carta rossa e quando ne riuscii ad estrarre il
contenuto, lo aprii stendendolo avanti ad i miei occhi: era una felpa, di
cotone caldo e di colore nero.
«Ti
piace?» Domandò.
La
osservai, sembrava preoccupata.
«Certo.
E’ comoda, calda ed è nera, perfetta per la mimetizzazione»
«Stupido,
te l’ho comprata perché indossi sempre la camicia della scuola quando sei in
abiti civili, con questa non ci devi andare in guerra, siamo intesi?» Chiese
con tono autoritario.
«Sissignora!»
Mi sentii improvvisamente in pericolo.
«Buon
Natale, Sosuke» Il suo tono divenne dolce.
Come
potevo dirle che non avevo un regalo per lei? Lei che mi pensava sempre, lei
che si prendeva cura di me, lei che mi faceva sentire bene quando credevo di
non aver più nessuno.
Abbassai
gli occhi, «Chidori, io…» tentennai. «Io non sono
riuscito a trovare un regalo adatto a te… mi… Mi dispiace.» Strinsi gli occhi aspettandomi una sua
sfuriata, una sua pestata, una sua qualsiasi reazione. Che non arrivò.
Alzai
cautamente lo sguardo ed anziché uno sguardo omicida, trovai un sorriso «Invece
il mio regalo l’ho già avuto.»
«Come?»
Sbattei le palpebre, improvvisamente confuso.
«Sei
tornato da me, hai disobbedito ai tuoi superiori per me, hai rinunciato a metà
del tuo stipendio per me. Questo mi è più che sufficiente.»
Il
mio cuore ebbe improvvisamente una reazione che assumeva solo quando mi trovavo
in pericolo: pulsazioni al limite, adrenalina nelle vene, sangue pompato ad una
velocità anormale, sudorazione improvvisa di mani e fronte.
Ma
io non mi trovavo in pericolo; ero con Chidori.
Era
lei a provocarmi quella reazione?
Però
c’era qualcosa che non mi accadeva in guerra: le mie guance erano calde, così
come il mio petto. Mi sentivo bene, non in allerta.
Guardai
le sue labbra e mi chiesi cosa fosse quel desiderio di sovrapporle con le mie.
Potevo
farlo?
Una
volta, lei stessa mi aveva detto che era sbagliato rubare un bacio senza il
permesso dell’altra persona: era così anche per lei?
«Chidori,
io…» Bisbigliai.
Contatto
fisico con altre persone non ne avevo mai avuto e avevo paura di sbagliare.
«Non
preoccuparti, non ti prenderò a sberle.» Bisbigliò e solo in quell’istante mi
resi conto di averla afferrata per le spalle, di essermi alzato in piedi,
avvicinando il mio viso al suo e di tentennare a pochi centimetri dalle sue
labbra.
«Posso
farlo?» Mormorai socchiudendo leggermente gli occhi.
«Non
si chiede mai il permesso, sergente.» Rispose in un sospiro, chiudendo i suoi
occhi castani.
Chiusi
gli occhi e mi lascia condurre dall’istinto, come quando ero in guerra: poggiai
le labbra sulle sue e tutto improvvisamente ebbe senso.
Sentivo
il suo profumo entrarmi nelle narici, assuefarmi; le sue labbra morbide e calde
contro le mie, al sapore di zucchero e miele.
Abituato
com’ero alla violenza, quel dolce attimo mi sembrò il paradiso e distaccarmene
fu quasi un dolore.
Le
sue guance erano rosse, i suoi occhi lucidi e le sue braccia si strinsero
intorno al mio collo: ricambiai l’abbraccio e mi voltai verso il suo orecchio
per mormorarle «Non so cosa sia l’amore, non avendolo mai provato sulla mia
pelle, ma se è questa sensazione di calore e di benessere che provo quando sono
accanto a te, allora…» La strinsi più forte sul mio
petto «Credo di essere innamorato di te» sussurrai.