“Guarda
amore…! Nevica!”
“Mh.”
“Ma
come ‘mh’? Sta nevicando amore!”
“Mh.”
Eppure
gli piaceva tanto la neve,
solo un anno fa, al tuo amore. Vorresti proprio sapere cosa ne pensa
ora, non è
vero, Kaede?, ora che proprio a causa della neve non vi potete vedere.
Te
ne stai seduto sul davanzale
interno della finestra, su un cuscino, con una coperta di pile sulle
ginocchia
e una tazza di cioccolata calda in mano, guardando con sguardo truce la
neve
che ricopre spettralmente la Grande Mela. Eppure è assurdo,
ti dici con rabbia.
È il ventunesimo secolo –ventunesimo, cazzo!- e la
neve impedisce i trasporti
come nel diciannovesimo.
“Amore,
ascolta, c’è un problema.
Sono in aeroporto…”
“Amore,
dimmi. Tra quanto t’imbarchi?”
“Amore…io
non m’imbarco.”
E’
da ore che ti ripeti che non è
colpa di nessuno, che sarebbe un suicidio per gli aerei volare con
questa neve. Stamattina Micheal, il
tuo compagno di
squadra che condivide con te l’appartamento a New York, ti ha
detto con stizza,
vedendoti ancora più imbronciato del solito:
“Smettila di fare il viziato, e
pensa a quei piloti che per i tuoi capricci dovrebbero volare tutta la
notte
nella neve. Non credi che anche a loro piacerebbe starsene a casa al
sicuro con
la loro ragazza?”
È
vero, Micheal ha ragione, continui
a ripeterti da stamattina. Eppure hai pianto ugualmente in silenzio per
tutto
il giorno, nascondendoti e facendo finta di nulla, perché ti
vergogni della tua
debolezza e della tua fragilità, e anche, forse, del tuo
sentirti così viziato
e impotente in questo momento.
Viziato,
perché davvero è da
stupidi fare bizze e capricci alla tua età e inalberarsi
contro la neve come
una ragazzina. Impotente, perché comunque contro quella neve
non puoi fare
niente se non piagnucolare inutilmente, e continui a farlo, sebbene tu
sappia
che è
una cosa vergognosa e umiliante e
che Hana ti picchierebbe se ti vedesse ridotto in questo stato. Ti
chiederebbe:
ehi amore, ma cosa ti è successo? Non t’ho mai
visto così giù (E intanto lo
saprebbe di mentire, perché lui ti ha visto nei tuoi momenti
peggiori, ti ha
visto vomitare con la testa nel water per l’angoscia della
partenza o di una
partita.)
Ti
direbbe: amore, ma ti si è
scongelato il cuore?
“Non
puoi dire ‘mh’ e alzare le
spalle davanti alla neve amore! E’ uno spettacolo
bellissimo.”
“Posso
eccome. Amore, la neve porta
un mucchio di disagi.”
“Ma
quali disagi. Secondo me fa del
bene invece. Uno anziché andare in giro, sta in casa al
calduccio…a fare le
coccole al proprio amore.”
“La
vita non può fermarsi per un po’
di neve amore, non è giusto.”
“Ma
hai proprio un cuore di
ghiaccio, per non farti piacere una cosa simile!”
Hana
ti parlava sempre del tuo
cuore di ghiaccio quand’eri in Giappone, te lo rinfacciava
continuamente. E quando
finalmente, a forza di coccole, di baci e di carezze, riusciva a
scaldarti un
po’ e a farti sorridere, soddisfatto diceva che a poco a poco
ci stava
riuscendo, a riscaldarti un poco quel tuo cuore di ghiaccio, e che
prima o poi
l’avrebbe sciolto completamente e l’avrebbe avuto
tutto per sé, caldo e
palpitante d’amore come dev’essere un cuore umano.
(Sì, era un tipo molto
romantico, ti dici sorridendo mentre pensi a lui, con gli occhi infissi
in
quella neve odiata).
“Che
volpaccia frigida! Però ti amo
e tu mi ami. Perciò non devi essere poi così
frigido, in fondo. Sotto tutto
quel ghiaccio un cuore vero
c’è…forse.”
Ti
sei innamorato di lui perché lui
era diverso dagli altri, ti sei innamorato di lui perché lui
è riuscito a
scorgere in te una bellezza che era più profonda di quella
che tutti vedevano. Ti
sei innamorato di lui perché è stato il solo che
ha cercato di andare a fondo
dentro di te, che non si è limitato, come facevano tutti, a
restare affascinato
dalla tua freddezza quasi misteriosa, ma che ha cercato in tutti i modi
di
trovare qualcos’altro dentro di te, qualcosa da amare e da
valorizzare.
Eri
sempre stato una persona tanto
fredda finché non è arrivato lui… (Hai
finito la cioccolata intanto. Ti riscaldava,
solo e freddo come sei accanto a questa finestra dai vetri gelidi e
innevati
anch’essi).
E
all’inizio non ti interessava,
davvero, lo trovavi odioso e insopportabile e avresti soltanto voluto
non
averlo mai più tra i piedi. Ma la vicinanza era obbligata,
era necessaria, è
diventata quotidiana. Eri costretto a tollerare la sua presenza, e lo
sei stato
tanto a lungo che alla fine ti ci sei abituato e non ci hai quasi
più fatto
caso…
A
poco a poco è cambiato qualcosa
tra di voi. Ci sono voluti mesi. Il punto è che avete
iniziato a parlare- a
parlare, seriamente. Tranquillamente, un po’ cazzeggiando e
un po’ discutendo,
come due persone normali, e non era nulla di che, davvero nulla di
straordinario,
solo che tu come dire, tu non ci eri abituato, a parlare con una
persona di
qualcosa che non fosse il basket.
Ed
era bello parlare, e scherzare,
e talora anche litigare, ma con moderazione.
Così
una sera, senza preavviso, e
forse senza alcun motivo reale, hai preso una sua foto e te la sei
messa sul
cuscino. Non pensavi che questo avrebbe avuto conseguenze, era solo una
stupida
foto. Al mattino l’avresti tolta di lì, nascosta o
anche buttata via (perché di
certo non ti sarebbe più servita, dopo quella notte. No?) e
nessuno avrebbe
saputo che ci avevi dormito, perché niente accade veramente
se non la dici a
nessuno. Insomma, non sarebbe successo veramente,
e tu non ci avresti mai più pensato, e non avrebbe
significato niente.
Ma
la notte dopo hai rimesso lì
quella foto, giurando e spergiurando che sarebbe stata
l’ultima volta (ma
proprio non riuscivi a dormire senza averla lì) e poi anche
la notte dopo e
quella successiva… e così via, per tre, quattro,
cinque settimane hai
inutilmente, tutte le notti, provato ad addormentarti senza
quell’immagine
accanto, e non ce l’hai fatta.
Di
queste settimane non hai detto
nulla a nessuno per un bel pezzo. Dopodiché sono iniziate le
vacanze estive, e
con esse un’altra cosa che proprio non riuscivi a capire.
Perché
ogni volta che ti squillava
il cellulare, inconsciamente speravi che fosse lui.
Era
una cosa idiota,ridicola
(perché avrebbe dovuto chiamarti, malgrado avesse il tuo
numero?), eppure non
potevi farne a meno. E ti sorprendevi a guardare ogni poco il
cellulare,
restando deluso, quasi senza sapere il perché.
Così,
dopo le vacanze, sei stato
contento di rivederlo, ma ancora senza riuscire a spiegartene il
motivo. Però eri
felice, felice davvero di poter – di nuovo- vederlo ogni
giorno. E così un
giorno lui ti ha chiesto di andare a fare un giro fuori e tu hai
accettato, con
gioia nuova infantile e immotivata, ma pur sempre gioia. Era la prima
persona
che conoscevi che sapeva risvegliare qualche cosa in te, nel tuo
profondo-qualche cosa che avevi dimenticato da tempo di possedere.
Poi
sono iniziati i baci, le
carezze, in un certo modo le promesse, le prime certezze. A poco a poco
anche
la vostra situazione si è assestata, naturalmente, senza
spinte. È incominciata
un po’ di felicità, e forse lui ci stava
riuscendo, ci stava riuscendo
veramente a sciogliere tutto quel ghiaccio che ti bloccava il cuore per
raggiungerne il centro, palpitante e pulsante di sentimenti umani.
Ed
è stato allora che tu sei
partito per l’America. Dimostrandogli definitivamente che un
cuore sotto quello
strato di ghiaccio non c’è, o che, se
c’è, è ormai troppo assiderato in quel
gelo, per poter ancora battere e pulsare per un poco d’amore.
“Se
vuoi partire fallo amore,
fallo, perché io non sono nessuno per dirti di restare. Ma
chi ci sarà a New
York a scaldarti il cuore? Io non sarò là con te
amore mio, lo sai. E ora
scegli.”
La
tua scelta è stata solo tua, e a
chi hai il coraggio di dare la colpa adesso, se passerai il Natale
lontano dal
tuo amore? Alla neve, certo; ma solo e soltanto alla neve?
Ti
alzi perché i tuoi dubbi
diventano opprimenti, e non c’è spazio abbastanza
nel vano di questa finestra
per tutti. Te ne vai in camera tua, di nuovo a pulirti gli occhi col
dorso
della mano per fare finta di non avere pianto. Sono le undici, vai a
dormire,
dai, a che cosa stare alzati più a lungo?
E
mentre ti infili un pigiama
pesante per dormire (oh, che bravo, sei diventato un bravo ragazzo dopo
che hai
conosciuto lui. Dormi col pigiama e vai a letto presto, e non pensi
più solo al
basket, adesso), d’improvviso, l’avviso di un
messaggio ricevuto. Ti avventi
sul cellulare, rimasto sul vano della finestra.
“Buonanotte
amore mio, ti amo!”
“Penso che continuerò ad amarti anche da
lontano, amore, anche dall’America. Voglio che restiamo
insieme anche così,
amore…voglio amarti fino a scongelarti il cuore. Va bene
anche così.”
E
ti butti sul letto, tra strati di
coperte gelide perennemente sfatte. Forza, Kaede, piangi, piangi fino a
scongelarti il cuore… ne hai un gran bisogno con tutta
questa neve.