Tap,
tap, tap.
Tamburella con le dita sul piano di lavoro, aspettando che l'enorme - e
incredibilmente silenzioso - macchinario gli restituisca i risultati
dell'analisi. Se almeno l'analizzatore chimico producesse un qualunque rumore,
lui potrebbe rendersi conto con più facilità della fine del processo di
analisi.
Tap, tap, tap.
Tamburella ancora, e pian piano inizia a riprodurre il riff di "Eye Of The
Tiger". Canzone che, per inciso, adora. Ci sta prendendo gusto, quando si
trova costretto ad interrompersi, perché il suo capo, alias Gil Grissom, è
appena entrato nel laboratorio.
"Novità?"
"Non ancora. Sto analizzando la vernice rossa che il dottor Robbins ha
rinvenuto sotto le unghie della vittima. Se risultasse compatibile con la
vernice rossa che Catherine ha rinvenuto sulla scena del crimine, e se entrambi
i campioni fossero riconducibili allo smalto per unghie usato dalla cara vedova
- della quale, per inciso, non mi fido affatto - allora si potrebbe provare in
maniera incontestabile che la donna si trovava sulla scena del crimine al
momento dell'omicidio."
Si ferma per prendere fiato, ed è allora che Grissom interviene.
"Non volare troppo con la fantasia, Hodges."
"Beh, resta comunque un'ipotesi."
Grissom continua a fissarlo da sopra le lenti rettangolari, con un misto di
comprensione e sconfitta. "Sì, potrebbe essere un'ipotesi, ma se c'è una
cosa che ho imparato da questo mestiere, è che non bisogna mai dare nulla per
scontato." Si ferma per un attimo. "E poi, non serve che ti spieghi
la Legge di Murphy, vero?"
"Oh, Grissom, non mi dirai che un uomo di scienza come te crede a simili
baggianate?"
Grissom fa spallucce. "Come credi. Chiamami, quando hai i risultati."
Il tecnico lo guarda andare via e si ricompone. Aspetta ancora che
l'analizzatore chimico sputi fuori quei maledetti esiti, ma le dita hanno
smesso di picchiettare sul piano di lavoro, e gli occhi sono fissi sul monitor.
Adesso che ci pensa seriamente, Grissom potrebbe anche avere ragione. La Legge
di Murphy potrebbe anche fare una capatina da quelle parti, e mandare al
diavolo tutte le sue ipotesi e sballare i risultati delle sue sudatissime
ricerche.
Ma il suo disorientamento non dura che un attimo: Murphy era soltanto un povero
ingegnere aeronautico al quale è capitato di dire una bella frase poetica al
momento giusto.
"Io sono uno scienziato, non credo alle baggianate" proclama ad alta
voce, mentre l'analizzatore chimico conclude il confronto tra i due campioni.
Osserva attentamente i risultati, e le sue labbra si dischiudono in un sorriso.
*
Bussa alla porta dell'ufficio di
Grissom ed entra subito dopo, senza aspettare il permesso. Testa alta e petto
in fuori, come al solito. Bisogna riconoscere che ha un'alta opinione di sé.
"Ciao, Grissom. Ho i risultati."
"Dov'è Catherine? Il caso è suo, dovresti darli a lei."
"Mi hai chiesto di avvertirti."
Grissom si toglie gli occhiali, con gesto stanco. "Hai ragione. L'avevo
dimenticato. Allora?"
Hodges si schiarisce la voce. "Beh, sono costretto ad ammettere che avevi ragione."
"Riguardo a cosa?"
"Alla Legge di Murphy."
Grissom si rimette gli occhiali e sorride. "Te l'avevo detto, che non
bisogna mai dare nulla..."
"Ah-ah-ah" ripete Hodges, alzando una mano per intimargli il
silenzio. "Il principio enunciato da Edward Murphy, ingegnere
dell'Aeronautica Statunitense, afferma Se ci sono due o più modi di fare una
cosa, e uno di questi conduce ad una catastrofe, allora qualcuno la farà a quel
modo. Ebbene, è questo il principio cui mi riferisco."
"Hodges, non credo di seguirti."
"Quello che intendo dire" riprende il tecnico di laboratorio,
appoggiando i risultati sulla scrivania del capo, "è che la cara vedova
avrebbe dovuto indossare dei guanti, prima di aiutare il proprio amante ad
eliminare la vittima."
Sorride e torna nel proprio laboratorio.
"Hodges, uno. Murphy, zero" pensa, rimettendosi al lavoro.