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Autore: I am a child    26/12/2010    1 recensioni
Mirma e Kali ogni sera affrontano lo stesso sogno. Le loro storie sono intrecciate in un mistero lontano, che li tieni vicini anche nella notte, nel buio, nel nulla; in tristi ricordi ancora segreti che si risvegliano lentamente.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mirma gioca. Mirma è una bambina. Si arrampica sugli alberi, con un sorriso lontano. I rami sembrano avvolgerla, abbracciarla e sollevarla verso morbide foglie verdi che danzano nella musica del vento.
Mirma dondola sull’altalena e non le dispiacerebbe se, all’improvviso, le catene si staccassero. Lei inizierebbe un grande viaggio nel cielo azzurro ed alto. Alto più del papà.
Ne aveva già sentito parlare di magia; voli e decolli tra le nuvole; il panorama mozzafiato che i piloti degli elicotteri vedevano ogni giorno.
Beh, insomma, lei era proprio un’esperta. Il suo sogno sembrava irraggiungibile quanto desiderato. Volare. Mirma di sicuro non aveva paura.

“Non avere paura. Non mi addormenterò fino a quando non ti sarai addormentato anche tu. Ti aspetterò, promesso”. Kali, il dolce fratellino di Mirma, aveva una folle paura del buio, come molti bambini, dopotutto. Già da qualche mese, entrambi, dormivano a casa della nonna. Era una nonna fantastica, Mirma ne era convinta. Sapeva cucinare come una vera cuoca. Professionista. Il capo di tutti gli chef francesi. Il suo arrosto, morbido e saporito, quanto la sua torta di verdure verdi era leggera e delicata. Di sicuro non era più la nonna di un tempo… Che bei ricordi. Quanti momenti felici. Le storie di quando lo zio ne combinava una delle sue, quando il nonno perdeva gli oggetti, di come lei stessa aveva salvato i gattini abbandonati sul sentiero di campagna. Ad un certo punto tutto era cambiato, la nonna invecchiata, le storie finite. E la luce, ovviamente, non poteva rimanere accesa la notte, neanche per leggere un libro. Kali non poteva sapere quanto fosse stata diversa la vita a casa della nonna solo cinque anni fa, quando lui non era ancora nato e Mirma aveva appena quattro anni. Ora la sera era solo una prova. Una sfida contro la paura. Non più tempo di sogni. Kali tremava nel buio fino a quando il sonno lo catturava e lo trascinava nell’incubo del nulla. 

“Mi addormento. Sono nel nulla. Vedo due occhi gialli, fosforescenti, di gatto. Sono occhi cattivi, come una risata malvagia. Si avvicinano sempre più al mio viso perso e impaurito. 
Si avvicinano lentamente, mentre il cuore batte così forte, che il respiro affaticato mi sussurra che morirò.
Improvvisamente, sempre nel nulla, si ode il rumore di una lattina di birra che cade. Di scatto, con un grammo di preoccupazione, gli occhi gialli si voltano, spostando lo sguardo in quel buio immenso, e creando una discreta aria fredda, il proprietario degli occhi vola via. 
Ora, solo ora, mi accorgo di quanto mi illuminavano… come torce; perché nel buio, nel vuoto, non vedo più nulla. 
Percepisco in lontananza un grido indistinto, in direzione della lattina caduta e, non so come, sono sicura che quella creatura sia caduta da qualche parte… morta. Uccisa da quegli occhi gialli.”  Mirma era l’unica persona a cui Kali rivelava i suoi sogni. Nella sua statura da pulcino spaurito, Kali, era grande. Lo sanno tutti, i bambini lasciati soli crescono più in fretta. E Mirma non dimenticava mai i racconti di Kali. Sfamava i ricordi rinchiusi nella sua mente come in una vecchia prigione. 

“ Finalmente mi sveglio. Gli occhi miei così grandi. Una chiazza gialla vicino all’orecchio. La fronte completamente ricoperta di un sudore color cenere. Non è possibile. Voglio capire. Voglio ritornare nel sogno. 
Ricaccio la testa sotto il cuscino e con tutti i miei sforzi cerco di ritrovare quel ricordo intenso che mi ha appena abbandonato in casa mia, di nuovo. 
Eccoli! Li vedo! Gli occhi malvagi. Se ne stanno lontanissimi e mi dicono: “ Vai via.” Non è un’impressione. So che non lo è. So che è tutto vero. 
Ma non obbedisco. Come al solito. Non mi lascio comandare, non dico dove vado, non rispondo a chi mi chiama. 
Non mi muovo di un millimetro, ma gli occhi gialli continuano a correre nel vuoto e a ripetere con voce metallica: “ Vai via! Via! Via!!!” a volte anche urlando. Sono nel panico, ormai. Potrei fare qualunque cosa. 
Ma proprio mentre penso a questo sento le catene che avevo legate al polso spezzarsi ed inizio a sollevarmi nel nero. Presto galleggio nel mare, nelle sue onde scure di notte.  Le mie gambe, i miei piedi sono ancora imprigionati nell’acqua, ma con lo sguardo libero osservo il cielo: è grigio, schiarito da una strana luce, figlia di un sole ricamato nello spazio come un tappeto sporco. Gli scogli sono cumuli di polvere. Con la forza di un pensiero che mi è stato rubato, ne distruggo uno. Rubo la sua polvere, che mi serve per costruire una corda. Cerco di ancorare l’altro capo della fune alla statua di quella nuvola che vedo sulla spiaggia di terra, sabbia, ciottoli. Agitando i piedi a fatica, in quel mare denso di malvagità raggiungo la riva e mi riposo sui sassi, mentre sopra di me canta una tempesta di lampi viola. 
Compaiono nel cielo due ridicoli occhi gialli, più grandi del sole. Ridono da complici disonesti.
Mi sveglio. Di nuovo. Più confusa.” Anche Mirma sogna, ma non può raccontare i suoi sogni a Kali. Non lo aiuterebbero ad affrontare la paura. Lei.. deve solo cercare di tranquillizzarlo.
I sogni di Mirma diventano quindi confidenze ad un albero, il quale, ovviamente, non può risponderle, non può aiutarla. In ogni modo, la bambina, spera che condividendo questa paura, troverà la forza di affrontare gli incubi e scoprire il volto dagli occhi gialli. 

Mirma e Kali ogni sera affrontano lo stesso sogno. Le loro storie sono intrecciate in un mistero lontano, che li tieni vicini anche nella notte, nel buio, nel nulla;  in tristi ricordi ancora segreti che si risvegliano lentamente. 

“Mi volto e vedo con stupore gli occhi azzurri del mio fratellino che mi fissano, la sua bocca sdentata che si apre in un dolce sorriso e la sua manina che mi accarezza tremante. Sapeva tutto lui del sogno? Non ebbi mai il coraggio di chiederglielo. Io sono quella creatura che aveva fatto cadere la lattina di birra. Già. Sono morta. Mi uccise strangolandomi con i suoi occhi.” Questo fu l’ultimo sogno che Mirma riuscì a raccontare all’albero, e per la prima volta il suo sogno non era lo stesso di Kali.

 

 

 

  
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