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Autore: Simphony    28/12/2010    8 recensioni
[Partecipante al "The One Hundred Prompt Project"] A volte Arthur riusciva ad essere delicato come un troll.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Difetti'
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Piccola Shot facente parte della serie “Difetti”. Questa e le altre fic di questa serie partecipano alla “The One Hundred Prompt Project” rimandabile al banner posto qua sotto.


The One Hundred Prompt Project

Spero vi piaccia


Simphony


*°*


Raccolta n.°4 – Difetti 02


Prompt 72 Insensibilità


(P.O.V. Esterno)


A volte Arthur riusciva ad essere delicato come un troll.


Merlin sapeva che era abituato ad avere tutto e subito, essendo l'unico e amatissimo erede al trono.

Sapeva anche che spesso non riusciva a relazionarsi con chi voleva bene, in quanto per lui le relazioni sociali, a meno che non fossero diplomatiche, non avevano rivestito grande importanza nella sua vita.

Sapeva anche che doveva ancora capacitarsi della relazione che stava vivendo.


Che era stato un grande passo.
Che era difficile.

Che forse per una volta avevano oltrepassato il limite.


Eppure, nonostante fosse il Principe, Merlin non era disposto a rimanere fermo mentre l'altro lo insultava.

Continuamente.

Era stufo di dover rimettere il proprio giudizio nelle mani di un arrogante principino a cui non era mai stato detto di no.


Mentre il Principe continuava a sproloquiare su come secondo lui Merlin avesse totalmente sbagliato nel suo lavoro di stalliere e che non si capacitava di come non riuscisse a fare un lavoro che anche un mutilato di guerra avrebbe potuto compiere, Merlin sbuffò.


« Principe. » lo interruppe « Se vi piace tanto pensare che sono un idiota, perché non mi dimostrate voi come si compie questo lavoro? E' dovere di un padrone istruire il servo, no? »


« Non mi metterò a pulire la stalla, Merlin. » ringhiò


« E allora, per favore Principe, smettete di trattarmi come uno stupido. Sono stanco di essere la vostra valvola di sfogo, di essere sempre umiliato e preso in giro. Se non vi piace come faccio il mio lavoro, cercatevi qualcun altro. »


Nervoso e arrabbiato, Merlin prese da sopra il tavolo i panni da cucire per l'addestramento del giorno dopo del principe e lo lasciò solo, nella sua stanza.


Merlin era stanco.


Stanco di essere sempre considerato lo stupido.

Stanco di essere sempre un passo indietro agli altri solo perché era un mago.

Stanco di essere sempre un servitore quando poteva avere il rispetto di tutti.


Stanco di salvare la vita al Principe e non poter essere visto con occhi diversi da lui.

Stanco di salvare la vita al Principe e vedere che nonostante tutto, Arthur fosse ancora fermamente convinto di avere un imbecille come servitore.


Merlin aveva dato tutto se stesso per Arthur.

Eppure lui non se ne rendeva conto.


Si lamentava tanto dell'arroganza del padre, ma non si rendeva conto che anche lui era arrogante tanto, se non più di Uther.


Arrivato nei suoi alloggi, Merlin lanciò con rabbia i vestiti del Principe sul letto. Chiuse la porta a chiave dietro di sé e, quasi con ferocia, iniziò a sistemare a cucire i vestiti strappati, causa le continue lame di spade che colpivano di striscio Arthur.


Si sentiva male. Male dentro.

Sentiva di non aver combinato nulla. E le continue, feroci frecciatine di Arthur non lo facevano stare meglio.


Gli aveva dato tutto.
Tutto se stesso, tutto quanto. E Arthur continuava a trattarlo come la sua pezza da piedi, come se non valesse nulla.


Era uno stupido asino. Uno stupido, insensibile, arrogante principe.


Continuava a cucire, senza sosta, ignorando il dolore quando l'ago s'infilava nei suoi polpastrelli, mentre le lacrime gli offuscavano la vista.


Si ferì più profondamente quando sobbalzò sul letto, causa i violenti e continui pugni sulla porta di legno.


« Merlin. » urlò il Principe dalla parte opposta della porta « Merlin apri subito questa porta, te lo ordino. »


Il principe non poteva avere la certezza che lui fosse in camera. Non c'era nessuno per i corridoi e nessuno dentro al laboratorio.


Quindi poteva semplicemente fare finta di non essere esattamente là. Doveva solo rimanere in silenzio, senza aprire bocca, senza muoversi, senza nemmeno respirare.


Arthur continuava a chiamarlo, a picchiare contro la porta.


Poi si fermò. Forse perché era più di un'ora che ci stava provando. Merlin non aveva fatto altro che rimanere in silenzio, continuando a cucire, asciugandosi di tanto in tanto gli occhi pieni di lacrime.


Anche Arthur forse si stancava. Anche Arthur, nella sua boriosa insensibilità nel rapportarsi con il prossimo, forse capiva quando era ora di non rompere le scatole.


Rimase in camera sua fino a notte fonda, senza più il principe che rischiava di sfondargli la porta. Aveva ignorato anche Gaius, aveva ignorato i morsi della fame, aveva ignorato le dita che sanguinavano perché non riusciva più a cucire a causa della poca luce che c'era nella stanza.


Voleva rimanere da solo, per sbollire la rabbia, per capire se doveva davvero continuare la relazione con Arthur o se era il caso di mollare tutto e di andare davvero via da Camelot, lontano, dove nemmeno lui avrebbe potuto trovarlo e fare una vita semplice e felice.


Magari con qualcuno che poteva apprezzarlo, che poteva capirlo, che poteva dimostrare l'affetto che provava per lui.

Merlin sospirò. Piegò l'ultimo pantalone rammendato e si alzò dal letto, affacciandosi alle grate che davano sulla piazza principale per entrare nel castello.


La luna illuminava il silenzio e la tranquillità. Non c'era assolutamente nessuno a quell'ora di notte.

La notte era il momento preferito di Merlin. Non c'era nessun principe che gli urlava di pulirgli gli stivali, non c'era nessuno che lo mandava a raccogliere improbabili erbe nella foresta e non c'era nessuno che attentava la vita a Camelot.


In quel momento era abbastanza sicuro che Gaius fosse già andato a dormire. Poteva finalmente uscire per non trovare nessuno e mangiare in pace.


Prese i panni che aveva sistemato e rammentato e uscì dalla stanza.


Qualcuno lo afferrò violentemente per il colletto della camicia. I vestiti caddero a terra e il suo cuore iniziò a battere più velocemente del normale.


« Merlin. » ringhiò la voce sussurrata di Arthur « Hai idea di quante ore ho aspettato qui davanti? »


Il servitore rimase in silenzio, senza guardarlo, senza dire nulla.

Mentre sentiva la mano di Arthur sul suo colletto, mentre sentiva il suo respiro nel suo orecchio, mentre poteva percepire la rabbia del suo padrone, l'ira di Merlin cresceva.


« Merlin, mi stai ascoltando? » sibilò ancora una volta il principe.


« Sì. Sì, vi sto ascoltando. Cosa volete? »


La presa si fece più forte, Arthur lo sbatté al muro.


« Voglio sapere che cosa ti è saltato in mente. Si può sapere che cos'hai? »


Il mago cercò di svicolarsi dalla presa del padrone, ma Arthur rafforzò la presa, impedendogli di scappare.


« Ve l'ho già detto abbondantemente questo pomeriggio che cosa ho. Se non lo avete capito, allora rafforzate la mia idea che siete solo un asino reale. »


« Merlin, non giocare con il fuoco. La mia pazienza ha un limite e lo sai bene. »


« Certo. Lo so quando mi portate a letto come una puttana. Lo so quando mi lanciate addosso i vostri panni sporchi. Lo so quando mi umiliate di fronte a tutti i vostri cavalieri solo perché sono un servo. Lo so Principe quanto è limitata la vostra pazienza. »


« Tu... Tu non sei una puttana. Vedi di ficcartelo bene in testa. Se io... Se io ti ho al mio fianco, c'è un motivo. »


La voce del principe traboccava di rabbia, eppure nel suo tono c'era una lieve inclinazione che lo costringeva a interrompere di tanto intanto la frase.


E Merlin non riusciva a capire che cosa era. Forse non voleva nemmeno provare a capirlo.

Era arrabbiato anche lui. E il fatto che lui fosse un servo e Arthur un principe, non gli impediva di provare emozioni e sentimenti.


« Se è vero quello che dite, allora spiegatemi perché vi comportate così nei miei confronti. Dubito che voi teniate a me almeno un decimo di quello che provo io per voi, ma se anche così non fosse... » Merlin si asciugò nervosamente gli occhi « … Ma se anche così non fosse, nulla vi autorizza a trattarmi come una pezza da piedi. »


Arthur lo lasciò improvvisamente, come se scottasse e il ragazzo poté finalmente appoggiare di nuovo i piedi a terra. Il principe iniziò a camminare su e giù davanti a lui, senza fermarsi un solo secondo e senza rivolgergli parola.


Merlin iniziò a recuperare i vestiti che gli erano caduti, anche lui in silenzio. Non voleva guardarlo. Se lo avesse guardato, tutta la sua determinazione sarebbe andata perduta e per una volta, solo una volta in vita sua, voleva che Arthur lo ascoltasse e che lo rispettasse.


Che lo rispettasse come essere umano, come suo pari in quanto entrambi uomini.

Non gli importava il resto. Arthur non lo avrebbe mai considerato suo pari considerando le classi sociali

Ma erano entrambi uomini.

E quando si ha una relazione, bisogna ascoltare ciò che ha dire il compagno. Altrimenti, è come avere una relazione con uno specchio.


« Merlin, non so perché tu ti sia fatto quest'idea di me, ma sappi che le cose non stanno come dici tu. »


« Qualunque vostra azione mi fa pensare questo invece. » replicò l'altro cercando di individuare un tavolo sgombero da ampolle, erbe o strumenti di lavoro.


« Io ti amo, Merlin. »


I vestiti caddero nuovamente a terra, mentre lo stregone era incredulo e guardava Arthur con gli occhi sbarrati.


« Cosa? Voi mi prendete in giro Principe. » riuscì solo a dire dandogli le spalle.


Arthur si avvicinò a lui, afferrandolo per le braccia e costringendolo a guardarlo negli occhi.


« Merlin, ti amo. So di non essere una persona facile con cui trattare, ma per favore, non dirmi mai più di cercare qualcun altro. Perché nessuno può sostituirti. Va bene? »


« Voi dite così adesso. Domani o fra una settimana, le cose saranno esattamente come oggi. E allora perché dovrei rimanere? Datemi una sola ragione e allora starò al vostro fianco per l'eternità. »


« Io ti amo. Ti amo adesso, ti amerò domani e anche fra una settimana. Cercherò di cambiare, cercherò di non essere come sono oggi. Rimani accanto a me, per l'eternità. »


Merlin voleva piangere.

Voleva piangere perché non sapeva se credere o meno alla parole dell'uomo che amava, non sapeva se fidarsi ancora una volta di lui o se era arrivato il momento di troncare quella relazione malsana.


Arthur lo guardava, il volto contratto in un smorfia di sofferenza e di speranza.


Lo amava, lo amava troppo per poterlo abbandonare e per poter solo sperare di farsi un'altra vita lontano da Camelot e lontano da lui.


Quindi annuì, lentamente, mentre qualche lacrima cadeva sulle guance di entrambi.


« Sarò al vostro fianco per l'eternità Sire. »


Fine


   
 
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