Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Clou Jeevas    29/12/2010    1 recensioni
Gilbert si sentì mancare la terra da sotto i piedi e un senso di
nausea lo pervase completamente. Già, era così abituato alla sua
prigione di Berlino Est che forse…forse aveva smesso di sperarci anche
e lui? Il muro era ancora lì. [...]
Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi, ma ancora una volta
l’immagine del fratello apparve nella sua mente.
Chiara e nitida, come se fosse vera.
Inutile, si era abituato anche a questo.
Tanto quell’immagine non poteva essere raggiunta, no?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era una fredda sera d’inverno a Berlino Est. Una delle tante sere in cui il partito aveva organizzato una rappresentazione teatrale, tanto per intrattenere i compagni e le compagne. Un balletto, per la precisione. La gente faceva via vai per la sala luccicante, mentre le ballerine riscaldavano i muscoli nella saletta adiacente. La musica di sottofondo era piuttosto gradevole nonostante la sua semplicità, probabilmente si trattava di un compositore russo poco conosciuto, ma sicuramente non si trattava di un tedesco. Le spille a forma di falce e martello ben lucidate riesplodevano sul petto di ogni uomo, come se il possederne una più grande potesse  dar loro più vigore e prestigio. Alcune addirittura erano placcate d’oro, altre invece sembravano piuttosto vecchiotte, forse risalenti alla prima guerra mondiale.
Anche Gilbert possedeva una spilla del partito comunista da buon cittadino sovietico.
Anche Gilbert era presente quella sera in uniforme. 
Camminava distratto insieme agli altri membri del partito farneticando qualche parola, ma rimanendo piuttosto in disparte. Nel corso degli anni era  riuscito ad eliminare l’imbarazzo e l’irritazione iniziale di fronte a quelle persone, semplicemente ora provava ad ignorarle per quel che poteva. Era quasi automatico ormai, bastava soltanto sorridere e buttare giù un bicchierino di Vodka per sembrare  civile con loro.
Bastava semplicemente che se ne stesse zitto e buono tutto il tempo.
I membri del partito cominciarono a occupare il loro posto nel teatro, naturalmente i balconcini con la visione migliore erano stati riservati proprio per loro. Gilbert tentò di rallentare il passo, non voleva dare troppo nell’occhio, a lui bastava essere presente, poi avrebbe tagliato la corda.
Affondò il proprio fondoschiena nella poltrona di velluto rosso e attese. Lo spettacolo sarebbe cominciato tra pochi minuti, nel frattempo avrebbe assistito a quello che lui chiamava “leccare i piedi ai pezzi grossi”. Alcuni personaggi si erano avvicinati ai ministri del partito, sperando di ingraziarseli come finanziatori o per passarla liscia in qualche processo. Naturalmente era uno spettacolo orrendo e disgustoso. 
Gilbert storse il naso infastidito, bagnandosi leggermente le labbra secche. Distolse lo sguardo da quell’oscenità e rivolse gli occhi verso il piccolo palchetto di legno. Lo stomaco gli brontolava,  non aveva neanche cenato. Non che la sua cena fosse questo gran pasto, minestra e un pezzo di pane, solitamente. Ripensò all’entrata e a quell’enorme buffet stracolmo di ogni ben di Dio, non ricordava neanche l’ultima volta in cui aveva visto tanto cibo messo insieme. Sollevò lentamente la pianta del piede, ma fu immediatamente interrotto dalla chiusura delle porte e l’offuscarsi delle luci in sala, lo spettacolo stava per cominciare.
S’imbronciò sbattendo lievemente il pugno sul poggia braccio della poltrona, per poi tentare di seguire il balletto delle ballerine.
Non gli interessava per niente, figuriamoci, non quanto i suoi “colleghi” che tentavano di spogliare con gli occhi quelle ballerine. Ma ormai anche questa era un’abitudine.
Erano passati solo un paio di anni da quando un muro lo aveva separato da Ludwig, eppure sembrava passata una vita.  Tutto sembrava così dannatamente “normale” e così dannatamente “non volubile”. Si era abituato per fino a sorridere falsamente a quelle persone che lo avevano separato dal fratello.  Che cosa stava facendo?
Gilbert si sentì mancare la terra da sotto i piedi e un senso di nausea lo pervase completamente. Già, era così abituato alla sua prigione di Berlino Est che forse…forse aveva smesso di sperarci anche lui? Circolavano alcune voci di americani che predicavano di abbattere il muro o cose simili, ma niente di concreto. Il muro era ancora lì.
Scosse la testa, scacciando quel brutto pensiero. Non era da lui pensare certe cose.
Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi, ma ancora una volta l’immagine del fratello apparve nella sua mente. Chiara e nitida, come se fosse vera. Inutile, si era abituato anche a questo.  Tanto quell’immagine non poteva essere raggiunta, no?
- Beilschmidt, Beilschmidt! – lo richiamò un uomo dal viso paonazzo. Forse aveva bevuto qualche bicchiere di Vodka di troppo.
  – Lo spettacolo è finito, muoviti, andiamo di là!- schiamazzò facendogli cenno di seguirlo. Gilbert sospirò leggermente stordito, non si era neanche accorto che l’esibizione era terminata. Raggiunse gli altri membri del partito in salone, dove s’intrattenevano. Lanciò un’occhiata furtiva al buffet, ma non erano rimasti che rimasugli di salmone e qualche fettina di carne salata. Maledetti ingordi, come se non fossero già abbastanza grassi.
Non preferì bere della Vodka a stomaco vuoto, come minimo avrebbe vomitato l’anima la notte. Decise che forse sarebbe stato meglio andarsene. Si divincolò tra le persone, raggiungendo la porta d’entrata del teatro. La temperatura esterna era vertiginosamente sotto lo zero e le poche persone che camminavano per strada si tenevano strette strette alle pellicce. Fortunatamente il piccolo appartamento di Gilbert non distava molto dal teatro, giusto qualche minuto.
Era una dei pochi palazzi rimasti in piedi durante i bombardamenti del 45, insomma, una catapecchia. Senza ascensore, per lo più. L’albino ormai abituato alle sette rampe di scale che doveva salire e scendere ogni giorno arrivò d’innanzi alla porta del suo appartamento. Sollevò svogliatamente il tappetino con lo stivale, spostando la chiave di metallo, per poi afferrarla con la mancina. Inserì la chiave nel chiavistello girandola due volte, mentre si preparava a dare la solita “botta” per aprire completamente quella dannata porta notò qualcosa di strano. La sua cassetta delle lettere era aperta. Dannazione, ancora la Stasi? Si avvicinò alla cassetta goffamente, imbronciato e rosso di rabbia come non mai. Odiava essere controllato dalla Stasi. Prima i microfoni in casa sua, poi i pedinamenti, ed ora pure la posta? Ficcò la mano all’interno dell’imbuca lettere, sbattendola qua e là, alla ricerca di qualche lettera superstite. Niente di niente.
Vuota.
- Ovvio, chi vuoi che ti scriva? La nonna malata? – ripeté a sé stesso ridacchiando. A dir la verità all’inizio ci aveva sperato. Aveva sperato che Ludwig gli scrivesse una lettera ogni tanto, ma i servizi segreti intercettavano tutto.  Niente lettere dalla Germani Ovest, era la regola o i capitalisti ci invaderanno! Ma se Ludwig non sapeva neanche che voleva dire capitalista – secondo Gilbert- e neanche lui lo sapeva poi così bene.
Mosse alcuni passi verso la porta, ma solo allora si accorse di un asse del pavimento fuori posto.
- Dannazione, questa casa mi cadrà in testa alla fine. Va tutto a pezzi!- ringhiò sollevando l’asse per risistemarla meglio.
Improvvisamente lasciò cadere a terra il pezzo di legno. Una busta.
No, non stava sognando. Era proprio una busta nascosta sotto l’asse del pavimento! Ma chi poteva averla mai messa lì? D’impulso l’afferrò, ritornando velocemente in casa e chiudendo la porta a chiave. Strappò letteralmente i lati della busta, ricavandone così solo un pezzetto di carta ingiallita e increspata. Delicatamente Gilbert aprì i quattro angoli del foglietto, aveva il cuore in gola, non stava più nella pelle. La scrittura era riconoscibilissima.  Quella era proprio la sua scrittura. Sì, la scrittura di Ludwig. 
Poche parole, ma le più belle che abbia mai letto. Sì, si sarebbero rivisti. Di questo Gilbert ne era sicuro. 
 
 
Wir werden uns wiedersehen
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Clou Jeevas