L'uomo
è la più infelice e la più fragile fra tutte le creature,
e nello stesso tempo la più orgogliosa.
(Michel
Foucault)
Stava correndo con tutto se stesso, i piedi bruciavano
incredibilmente perchè ormai stanchi e
provati, così come le gambe che ad ogni passo sembravano sul punto di
cedere inesorabilmente sotto il suo esiguo peso mentre il petto vibrava in
cerca d’aria, quell’aria così
necessaria per continuare a correre, così essenziale per arrivare in
tempo, per riuscire a fermarlo, quell’aria che significava vittoria.
Sapeva fin troppo bene che la colpa dell’accaduto
era da ritenere unicamente sua, come sempre del resto, anche se alla fine
detestava ammetterlo eppure dalla realtà non poteva fuggire, l’aveva
già fatto per troppo tempo, provando così tanto
l’altro, finendo inevitabilmente con il perderlo. Ed era per quello che
stava correndo, stava cercando di dimostrare sì a se stesso ma
soprattutto a lui che meritava di
avere un’altra possibilità, per quanto fosse la milionesima che chiedeva si sentiva ancora degno di averne un’altra,
quella giusta e definitiva perché aveva capito: non voleva più
scappare da niente e nessuno, non dai suoi sentimenti, non da lui e dalla sua
strana ed assurda psicologia completamente imprevedibile, desiderava finalmente
raggiungere e ottenere quella felicità e sensazione di perfezione che
aveva sempre anelato e che solo poco prima aveva capito essere dettata dalla sua
presenza.
Voleva e doveva farcela, non poteva assolutamente sprecare
tempo, quel tempo così infame e disonesto che lo stava allontanando dal
suo obiettivo, dal suo unico rimpianto, voleva farcela, doveva farcela perchè glielo doveva a tutti i costi, perché lui
era sempre stato lì ed aveva sofferto in
silenzio mentre lui non capiva che doveva abbracciarlo e tenerselo stretto, no
invece aveva sempre cercato di allontanarlo, ripescandolo dopo averlo gettato perché
aveva ancora voglia di giocare e di giocarci ignorando però i suoi
sentimenti ed i suoi veri comportamenti. E poi, alla fine a forza di usarlo si
era ritrovato da solo e stava soffrendo, conscio che se lo meritava ma non
riusciva a non desiderare di riafferrarlo, sapeva infondo di essere egoista ed orgoglioso, tanto da incolparlo per non sentirsi davvero
la merda che era, eppure alla fine la verità che tanto sopprimeva stava tornando
a galla, come un mare in tempesta, travolgendolo e scuotendolo tanto da farlo
finalmente ragionare e reagire, combattendo contro il tempo.
Il sole gli accecava gli occhi scarlatti ma non poteva
permettersi di fermarsi, nemmeno per cercare l’ombra, doveva continuare
ad avanzare per cercare la sua figura, la sua sicurezza, voleva e aveva bisogno
di lui, come mai nella vita e sperava che non fosse troppo tardi per dirglielo,
non se lo sarebbe perdonato, non poteva. Eppure mentre correva il destino s’intromise ancora, facendolo cadere, sbrattare
contro l’asfalto, mentre rialzando il viso vedeva la sua figura
finalmente, così vicina ma anche così lontana dato che continuava
ad avanzare, mentre lui non si muoveva, ferito e provato al suolo, osservando l’altro
allontanarsi, lasciandolo solo, solo come non voleva essere, come non riusciva
ad essere, doveva afferrarlo, voleva prenderlo eppure cominciava a non vederlo
più, la sua figura slanciata era sparita ed anche il sole, il calore
stava svanendo lasciandolo solo al buio ed al freddo, meritevole di quel dolore
che aveva sempre e solo arrecato ad altri, sentendoselo adesso dentro, contro,
addosso ma molto più intenso e gelido.
E poi ci fu quella semplice traccia umida, fastidiosa ed umiliante ad inumidirgli il viso, portandolo a scuotere
la testa, deluso e ferito da se stesso per aver fallito.
Si svegliò di scatto, sudato ed
agitato, la tensione viva e pulsante, la sensazione di disagio e solitudine addosso
ed il cuore martellante da far male, il silenzio ed il buio della propria
stanza poi non aiutavano di certo, non in quel momento che si sentiva solo e
perso.
Un flash nella sua mente: il suo viso, arrabbiato e
deluso, i suoi occhi dorati che lo guardavano, giudicandolo e reputandolo un
fallito, così come si sentiva in quel momento; fu
però una mano calda, incredibilmente confortante a farlo
irrigidire e girare di scatto verso sinistra, dove ancora mezzo addormentato c’era
Shizuo che lo guardava preoccupato, mentre lui cercava di calmare il proprio
cuore che aveva preso a battere più veloce di prima, emozionato ed
incredibilmente sollevato dal fatto che il biondo fosse ancora lì, che
ci fosse sempre stato e che voleva ci rimanesse per sempre.
- Shizu-chan…-
- Torna
a dormire, e piantala di agitarti o finisci a dormire
per terra! -
E quel sentimento tanto connotativo di lui tornò
prepotente a farsi sentire, quel dannato orgoglio che gli stava facendo venire voglia
di rispondergli, di punzecchiare come sempre Shizu-chan,
ma poi l’incubo di prima tornò a farsi vivido nella sua mente, facendolo
rabbrividire ed incupire appena, mentre le mani
stringevano forti le lenzuola candide, facendo addirittura sbiancare le nocche.
- Izaya.
-
Al tono serio del biondo tornò a prestargli
attenzione, ritrovandosi però contro la propria la sua bocca, in un
bacio lento e rassicurante, quasi cullante, come se Shizuo alla fine avesse
inteso, anche se lo dubitava visto che era uno scemo…anche
se la verità era che tra i due il biondo era davvero il migliore della
coppia, quello sempre certo delle sue azioni, mentre lui invece…
- Shizu-chan…tu mi odi? -
L’espressione seria del biondo lo colpì
particolarmente, tanto da farlo tramare appena, spaventato di aver nuovamente
sbagliato rischiando di far davvero allontanare l’altro.
-
Sì. - E quell’affermazione fu molto più dolorosa e
violenta dell’incubo che aveva vissuto, tanto da lasciarlo interdetto,
senza davvero nulla da dire o da fare.
- Perché
sei sempre così insicuro su di me e sui miei sentimenti. Piantala, sono qui e ho sonno, non ho voglia di ribadire
ciò che già sai. - Ed il
suo bacio, leggermente più intenso e decisamente significativo gli
bastò, sapeva che Shizuo non mentiva, soprattutto però sapeva che
aveva ragione, ma alla fine lui era quello orgoglioso ed aveva capito che per
quanto lo fosse al biondo andava bene così, non lo avrebbe lasciato
nonostante il suo caratteraccio e la cosa lo fece sorridere nel buio, mentre
Shizuo si risistemava sotto le coperte, dandogli la schiena, schiena sulla
quale nascose il viso arrossato d’imbarazzo e felicità dopo aver
stretto il compagno….
…E non gli avrebbe detto che aveva ragione, perché Shizu-chan lo sapeva già…così come lui
sapeva che l’altro non l’avrebbe lasciato perché l’amava…
Alla fine nessuno avrebbe detto niente, perché la realtà
era ben palese e consapevole, ma l’orgoglio di entrambi era semplicemente
troppo forte per farli dichiarare apertamente.
.Dedicata ad athenachan;
perché ti adoro, perché sei davvero una delle
poche certezze della mia vita, e perdonami se fa schifo, ma è la prima
storia sulla coppia che scrivo e so che ami sti due alla follia, perdonami ma volevo farti un regalo, perché
te lo meriti, perché nonostante il mio caratteraccio sei sempre al mio
fianco,rendendo la mia vita decisamente migliore, grazie.