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Autore: MelethielMinastauriel    04/01/2011    0 recensioni
Mi chiamo Anna Armstrong e sono una semplice studentessa. La mia vita però viene stravolta dall'arrivo di un gatto, innocuo all'apparenza, trovato per caso nello sgabuzzino di casa mia (ancora non capisco come ci sia finito lì!) Non avrei mai pensato a tutto ciò che sarebbe successo dopo...
Fanfiction sclero ideata da me e da Carola durante le noiose lezioni di un Liceo Classico. Non mancheranno parodie ed imitazioni di prof e/o fatti realmente accaduti!
Genere: Commedia, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VI: Dal Veterinario

Era il terzo giorno da quando il Gatto era entrato a far parte della nostra famiglia.
Quella mattina, quando mi svegliai, lo trovai appallottolato sulle coperte del mio letto. Aveva dormito tutta la notte con me. Quel sentimento di tenerezza svanì nel nulla quando mi ritornarono in mente tutti i guai che aveva combinato i giorni addietro. Siccome ero in ritardo anche quella mattina, mi levai da letto facendo attenzione a non svegliare quel micetto (non so quanto possa andar bene questo vezzeggiativo, eh!) ma quando vidi che aveva mosso una delle due orecchie avevo capito che era già sveglio da un po’ e faceva solo finta di dormire.
Sulla strada per la scuola, mi resi conto di quanto fossi in realtà stanca. Quella notte non avevo dormito tanto bene. Infatti dovevo aver fatto dei sogni strani, incubi oserei dire, alcuni li ricordavo a tratti.
Ecco, ora ricordo, ce n’era uno dove addirittura vi erano dei gatti con dei mitra e vestiti tipo come i mafiosi dei film anni ’90. Risi tra me e me perché credevo che il mio Gatto, per quanto scatenato, non sarebbe mai diventato quella bestia irrazionale come aveva fatto due giorni prima, e sapevo che non sarebbe mai arrivato a tanto.

Soltanto ora che è passato un po’ di tempo e sono qui a raccontarvi le mie, anzi, le nostre avventure, mi rendo conto di quanto fossero veri quei sogni, chiamiamoli pure premonitori se vi va.
La giornata a scuola, comunque sia, trascorse senza problemi. Tornai a casa per l’ora di pranzo e, come oramai sapete, i miei erano fuori per lavoro. Allora accesi la tv e cominciai a prendere qualcosa dal frigorifero per preparare qualcosa da mangiare. Mentre stavo condendo l’insalata con un po’ di sale e un giro d’olio, sentì la ragazza del Tg parlare di uno strano caso che stava avvenendo in quei giorni. Sembrava che, ultimamente, i gatti del quartiere, per non dire dell’intera città, fossero quasi impazziti. Molti di questi, che erano randagi, erano stati catturati dagli uomini del canile della zona, ma ne restavano molti altri in giro per le strade. Si aggiravano a gruppi di cinque o sei e tendevano dei veri e propri assalti sia ai poveri passanti che alle bancarelle, specie quelle del pesce al mercato.
Fecero anche vedere delle immagini e in una di queste scorsi un gatto bianco che saltava con estrema facilità. Mi venne subito da pensare al mio Gatto perché erano molto simili, se non praticamente uguali.
Ma  la mattina il Gatto, pur volendo, non sarebbe potuto uscire di casa perché le finestre sono chiuse e la porta anche. Cacciai dalla testa quel pensiero, infondo quanti gatti bianchi ci sono nel mondo?
 
Una volta che ebbi finito di mangiare e pulii tutto per bene, mi rallegrai al fatto che per il giorno dopo non avevo nulla da studiare. All’improvviso mi accorsi di non aver disattivato la segreteria al telefono di casa ed andai nel corridoio per controllare. Notai la solita lucina rossa lampeggiare, indicando che c’era un messaggio. Premetti il pulsante e riconobbi quasi subito la voce di mia madre.
“Anna, tesoro, com’è andata oggi? Non ti preoccupare, io e il tuo papi torneremo stasera ma non molto tardi! Piuttosto, ti sei ricordata che oggi c’è l’appuntamento dal veterinario per far vaccinare il nostro micione? Appena torni da lì chiamami! Baci Baci!”
In realtà le ultime parole non le ascoltai proprio, ero troppo intenta a maledire me stessa per essermi dimenticata di un compito così semplice ed aver festeggiato troppo presto. Guardai l’orologio e pensai che se non mi fossi preparata in tempo, avrei fatto anche ritardo per l’appuntamento.
Mi sistemai rapidamente, indossando da capo gli stessi vestiti di quella mattina. Poi cominciai a cercare il Gatto. Controllai dapprima in cameretta, sotto il letto. Per scrupolo anche nel mio armadio. Niente, non c’era. Comincia a sbuffare sonoramente.
“Solo questo ci mancava! Coraggio micione, dobbiamo andare! Non farmi perdere tempo!!!”
Scesi le scale e cominciai a guardare sotto le sedie, sotto i tavoli, dietro le tende.
Infine, lo trovai disteso sul tappeto, intento a fare qualcosa con un foglio. Mi avvicinai e notai che, tra le zampe, aveva una matita. Il mio gatto stava scrivendo!!! Pensai che fosse solo un pensiero idiota e che quell’animale stesse solo giocando con la matita, eppure sul foglio c’erano dei disegni che ricordavano vagamente delle lettere! Lo chiamai e il Gatto si girò di scatto lasciando cadere ciò che aveva in mano, la sua espressione piena di orrore come se fosse stato scoperto con la zampa nel barattolo di marmellata. O di biscotti. Quello che preferite. Lo presi in braccio e lasciai il foglio e tutto il resto a terra. Il Gatto cercava di divincolarsi dalla mia presa, allungando il collo e le zampe verso il suo oggetto di interesse.
Andammo subito dal veterinario, ma in realtà mi serviva uno psicologo.
 
Quando arrivammo, aspettammo il nostro turno. Stranamente il gatto aveva smesso di agitarsi. Mi guardai attorno e mi resi conto di come tutti gli altri avevano i loro animali in delle apposite gabbie oppure con un collare. Il mio gatto invece, non aveva nulla di tutto questo e mi sentì una padrona così sprovveduta in quel momento! Così pensai che, una volta usciti da lì, avrei speso i soldi della paghetta di quella settimana in un nuovo collare per il gatto, magari con una targhetta incorporata dove scrivere il nome dell’animale e la via di casa dei padroni. Mi persi in queste fantasie e il dottore chiamò due volte il mio cognome prima che me ne accorsi.
Quando entrammo nella stanza, il dottore chiuse per bene la porta, poi mi guardò, squadrandomi dalla testa ai piedi e, con un sorriso a trentadue denti mi chiese:
“Cosa posso fare per te, bella bimba?”
Ed io, non so perché, pensai a tutti quegli stupri che vi erano stati di recente e sperai proprio di non essere io la prossima vittima. Comunque gli risposi:
“Vorrei far controllare il mio gatto, per assicurarmi che sia tutto apposto. Comunque io ho quindici anni.”
E il dottore: “Capisco, capisco.” Terminò quel breve colloquio facendo un cenno del capo e grattandosi il mento. Chissà perché pensai che doveva essere un perfetto idiota ma era uno dei pochi veterinari della città e mi dovetti arrangiare.
“Temo che dovremo addormentalo, altrimenti da sveglio posso controllare ben poco.” Aggiunse poi.
“Emh… Io non ne sono tanto sicura. Sa, è abbastanza… vivace.”
Okay, vivace era un vero e proprio eufemismo. Avrei dovuto dire che in realtà era un gatto un po’ particolare, che alternava momenti di tranquillità a momenti di sclero in cui impazziva e scatenava la sua bestia irrazionale che aveva dentro. Mi trattenni dal dire tutto ciò ed osservai il dottore armeggiare con degli strani arnesi, tra i quali riconobbi solo la punta di un ago. Mi vennero i brividi.
“Capisco, capisco” ripeté ancora lui mentre montava la siringa.
 
Il gatto se ne stava tranquillamente seduto sul suo lettino, guardandosi attorno. Quando vide arrivare l’ago della siringa e si sentì premere sul collo dal dottore, accadde l’inevitabile. Si dimenò e riuscì a sfuggire alla presa. Il dottore, dallo spavento, lasciò cadere la siringa che finì sul lettino.
Io non ricordo che accadde. Ho una tal confusione in testa! E credo proprio che i fatti che sto per narrare siano solo frutto della mia immaginazione, non potrebbe essere altrimenti!
La palla di pelo bianca prese la siringa tra le zampe e la infilzò nell’avambraccio del dottore che sbatté rovinosamente a terra. Intanto io ero rimasta immobile ad osservare la scena, senza dire una parola (cosa avrei potuto dire?). Il dottore non si muoveva più e io, presa dalla paura che fosse morto, pensai seriamente di scappare! E mentre il gatto continuava a saltargli in faccia e lanciare grida strappando il bianco camice del dottore con le unghie, lo afferrai dal collo e stringendolo tra le braccia mentre mi catapultavo fuori dalla stanza e dall’ambulatorio. Smisi di correre solo quando arrivai a casa praticamente senza fiato.
 
Il mattino seguente, i miei genitori erano ancora in cucina a fare colazione quando io scesi tutta assonnata le scale. Neanche quella notte avevo dormito bene, indovinate voi il perché. Mi sedetti con loro e cominciai a bagnare qualche biscotto nel latte. Diedi una rapida occhiata al quotidiano che mio padre aveva aperto mentre sorseggiava il suo the. Quasi mi strozzai con il biscotto inzuppato di latte che stavo mangiando. Lessi il titolo in grassetto: Medico veterinario morto d’infarto durante una visita.
Mi madre mi chiese se non fosse lo stesso medico da cui sono andata il giorno prima e io prontamente risposi di sì ma a quanto pare ciò che era successo era avvenuto dopo che io me ne fossi andata.
 
Dopo colazione, portai la pagina del quotidiano al gatto che se ne stava ancora una volta sdraiato sul tappeto intento a scribacchiare qualcosa. Cominciai a sbraitare proprio come fa mio padre quando c’è qualcosa che non va. Agitavo il foglio di giornale, indicandogli col dito la testata in grassetto anche se non ero sicura che riuscisse a capirci qualcosa. Gli feci notare che, in poche parole, si era macchiato d’omicidio e del dolore che aveva causato ai familiari del povero medico. Ma lui non fece nulla e anzi, mentre ancora gli stavo parlando, distolse lo sguardo, continuando a scrivere. Credo che sia la reincarnazione di Hitler.
   
 
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