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Autore: RedLolly    06/01/2011    2 recensioni
Alois Trancy ha appena gettato contro un muro la sua tazza di the mattutino. Nella notte ha fatto un orribile incubo, un sogno talmente reale che gli pare ancora di trovarvisi dentro. C’erano cadaveri, una polvere bianca che ricopriva ogni cosa, una sala da ballo, una soffitta ed uno strano specchio… E poi c’era lui, Ciel Phantomhive. Nel ricordare ciò che ha visto nella sua mente gli pare di scorgere una figura famigliare riflessa nello specchio della propria camera da letto…
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alois Trancy, Ciel Phantomhive, Claude Faustas
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Cup of Tea (Cyanide)

 

 

Dust, Mirror, and Cyanide Tea

  La camera da letto del padrone di casa non si è mai tinta di colori più cangianti. E’ stato un attimo, è durato probabilmente meno di un secondo, ciononostante in quella frazione di tempo così insignificante una porzione di paradiso si è materializzata davanti agli occhi degli astanti. Piccoli cristalli blu, dorati, bianchi e cremisi hanno volteggiato con un trillo lieve per poi cadere sul pavimento di legno pregiato.

Il dispotico e capriccioso padrone di casa ha appena scaraventato con tutta la forza che possiede nel suo magro braccio, contro la parete alla sua destra, la tazza di preziosa porcellana in cui solitamente viene servito il suo the mattutino. Il fragile oggetto ha viaggiato con una traiettoria rettilinea senza alcuna esitazione fino alla parete intarsiata di lilla, per poi sbriciolarsi nell’impatto.

Sul muro, una macchia semitrasparente inizia all’istante a colare in sottili strisce: è quel che rimane del pregiato Nilgiri Chamraj* appena servito come colazione per il giovane padrone dal suo maggiordomo. Le gocce finiscono a terra con i cocci, in un mesto ammasso disordinato. 

Il silenzio cala, pesante ed inesorabile. A spezzarlo è solo un sospiro quasi impercettibile del servitore, un sibilo di disapprovazione. L’inestimabile servizio da the fatto arrivare direttamente da Sèvres** qualche mese prima è irrimediabilmente rovinato.

“Si può sapere cosa vi prende, Danna-sama?” domanda atono, fissando il padrone con lo sguardo gelido “Non avete nemmeno assaggiato lo speciale Nilgiri Chamraj che ho preparato, prima di lanciarlo così. Quello che avete appena fatto è davvero, come dire… Poco appropriato. Oltretutto, agitarvi in questo modo nelle vostre condizioni fisiche… Nei momenti in cui siete in salute e unicamente accompagnato da noi servitori potete anche permettervi certi, ehm, capricci, ma mi auguro che questo non ricapiti in presenza di ospiti: non ci si aspetta un comportamento indecoroso da parte di un…

“Taci! Te lo ordino! Chiudi quella cloaca ripugnante!” lo interrompe il padrone all’istante portandolo al silenzio assoluto, la bocca prima ancora aperta nel pronunciare un ultima muta parola, e subito dopo chiusa in un remissivo assenso.

Colui che siede in quel letto a baldacchino non deve essere mai contestato, mai, qualsiasi cosa dica. E’ la prima regola, in quel lussuoso palazzo: il proprietario ha sempre ragione. Se egli afferma che la Terra è piatta significa che in quel momento per la sua servitù la Terra ha decisamente la forma di un disco e che la discussione finisce all’istante.

In particolare questa mattina il padrone non sembra particolarmente in vena di giochi o bizze insensate di alcun genere. La sua rabbia è seria, la sua paura tangibile. Gli occhi liquidi sono spalancati di sdegno e smarrimento sotto le palpebre arrossate, respira affannosamente, il cuore batte all’impazzata incastrato sotto la gabbia toracica, il labbro inferiore è gonfio e tremante, lucido di saliva… Neanche avesse appena visto un fantasma. Una macchia bruna si staglia impudente sulla manica della sua camicia da notte in pura seta candida, mentre una sua mano protegge un fianco dolorante per il tipo di ferita subita e lo sforzo appena compiuto.

Sotto la seta e il cotone delle bende una lacerazione netta, suturata il giorno prima, pulsa disperatamente quasi volesse esplodere. Non è però ciò che in quel momento lo preoccupa maggiormente, ma bensì qualcosa di più subdolo… 

 

The cyanide

 

“Quel the… Non lo posso bere! E’ avvelenato!”

“Non vedo come questo sia possibile… L’ho preparato io stesso…

“Ti dico che è avvelenato! C’è del cianuro! Io lo so! Porta via tutto! Fa sparire dalla mia vista tutta questa roba e torna dopo! Non farmelo ripetere!”

“Ai vostri ordini, Danna-sama.”

Il maggiordomo si accinge a raccogliere sul tavolino di servizio il resto della colazione non ancora toccata dal suo giovane padrone senza replicare. Pensa che sia veramente uno spreco, dato che tutte quelle pietanze, dal latte tiepido ai pains au chocolat appena usciti dal forno, dai raffinati zuccherini a forma di semi delle carte alla marmellata di rabarbaro e ribes, non verranno mai nemmeno assaggiate dagli altri abitanti della magione. Saranno direttamente buttate via, a causa di quello che potrebbe somigliare ad uno sciocco capriccio infantile di un animo febbricitante.

Il maggiordomo sorride tra sé e sé, mentre posa sul tavolino l’ultimo piattino contenente una piccola porzione di burro salato rimasto sul vassoio.  

Il padrone ha sognato e ha visto. Probabilmente non lo accetta, ma il suo cuore lo ha compreso. Perché mai rivelargli la verità, quando può essere egli stesso a rendersi conto di quanto lontano sia il suo ideale di felicità assoluta? Le sue sono illusioni, mere immagini di cosa vorrebbe avere, di cosa crede di possedere già, ma la realtà è ben diversa. E’ ora che inizi a rendersi conto che i Demoni non amano, perché non possono. E’ nella loro natura. Avere ciò che desiderano è la loro unica premura, e in questo momento ciò che il Demone brama è solo assaporare un po’ di disperazione e terrore negli occhi di colui che serve. I Demoni sono stati creati al fine di provocare sofferenza e dolore… Perché dovrebbe mai verificarsi un’eccezione? 

Con la coda dell’occhio osserva divertito il padrone ansante pietrificato nel letto, perché egli sa esattamente che cosa sta succedendo.

Il giovane sta intravedendo, riflessa nell’enorme specchio dalla cornice barocca posto sulla parete di fronte al letto, una figura famigliare che, beffarda, schiude lentamente le labbra perfette e mostra impudente una piccola lingua rosea, prima di incominciare a sorseggiare rumorosamente una tazza di the del servizio proveniente da Sèvres. 

†††

 

Un enorme salone da ballo rimane illuminato da qualche soffuso bagliore del maestoso lampadario di cristallo.

I muri in legno abbelliti da infiniti orpelli d’oro sembrano spegnersi, perdendo ogni lucentezza aurea e acquisendo una fredda tonalità spenta, polverosa. Un fragile pulviscolo si materializza dal nulla come cenere bianca e si deposita lentamente sui muri, sul pavimento, sul mobilio, sugli invitati….

Ce ne sono tanti di invitati, forse addirittura più di cento. Ci sono grandi matrone stravaganti dai vestiti svolazzanti e dalle guance burrose, damigelle sensuali, uomini di bell’aspetto o dal portamento eccentrico… Sono differenti, eppure hanno tutti qualcosa che li accomuna.

Sono tutti caduti a terra. Le loro bocche sono spalancate in un ultimo struggente grido, i loro occhi sono bianchi, vuoti come orbite di volgari teschi, le loro dita sono contratte come le zampe secche dei ragni morenti…

Sul pavimento intarsiato brillano di grottesca vitalità i cocci di cristallo del servizio di bicchieri più bello del palazzo. I loro molteplici bagliori si perdono nell’oblio di questa notte di festa e di morte.

Ci sono solo due sopravvissuti al silente massacro avvenuto nella villa della famiglia Trancy.

Il primo è un giovane, un ragazzo alto, magro e pallido. I capelli biondi e lucenti sono come spighe mature in un campo assolato, gli occhi azzurri sono due laghi ghiacciati che si stagliano tra la nivea bellezza del suo volto. Alois Trancy possiede l’avvenenza e l’eleganza di un giunco che si erge in un canneto. Il suo è uno splendore androgino che sembra quasi inumano.

Di fronte a lui, al contrario, si presenta un uomo da capelli corvini. E’ vestito come un maggiordomo, nero e impeccabile come una statua di marmo. Il volto è affilato come una lama, severo, forse fin troppo rigido. Un paio di occhiali austeri incorniciano i suoi occhi paglierini, che contrastano con le tenebre dei suoi capelli.

E’ lui il primo a parlare.

“Era davvero necessario tutto questo, Danna-sama?”

“Lo era, Claude. Ho deciso che lo era.”

 

Drink the cyanide!

 

“Non era Ciel Phantomhive il vostro obiettivo?”

“Questo non vuol dire niente. Mi sono divertito, Claude! Mi sono tanto divertito!”

Il giovane conte di Trancy sorride allegramente emettendo uno squittio di approvazione. Assomiglia ad un bambino innocente che ha appena assaporato una gustosissima caramella.

“E’ una questione di soddisfazione personale.” Continua il giovane “Perché limitarmi a Ciel Phantomhive, quando avrei potuto partecipare ad una pièce di teatro così affascinante? Non la trovi meravigliosa, Claude?”

“Devo ammettere di sì.”

Alois Trancy si volta lentamente, osservando i corpi ormai privi di vita che si stagliano nella penombra della sala da ballo. Le sue pupille guizzano alla sua destra e alla sua sinistra, estatiche.

Quell’oscurità e quell’alone verdastro che la impregnano rendono quella stanza una specie di fugace immagine irreale. L’atmosfera pare persa nel tempo, immobile… Ed è sicuramente a causa di tutta quella polvere…

Alois si gratta pigramente una narice cesellata per evitare di starnutire. Non vuole rovinare quel silenzio solenne con un suono così volgare. Pensa che l’incantesimo potrebbe spezzarsi, se succedesse una disgrazia del genere. Non comprende esattamente il perché di questo suo timore, eppure ne è assolutamente convinto: se starnutisse tutto andrebbe irrimediabilmente in frantumi.

Continuando a dare le spalle al suo maggiordomo, il Conte si china lentamente accovacciandosi sulle proprie ginocchia e striscia un indice esile e curato su un tassello del parquet. Un sottile strato caliginoso si accumula sul polpastrello, mentre sul pavimento compare una linea scura.

“E’ strano… Non mi ricordavo che la sala da ballo fosse tanto polverosa. Hanna ha fatto un pessimo lavoro, eppure le avevo detto che tutto il mio palazzo avrebbe dovuto splendere per l’arrivo degli invitati. La punirò per questa mancanza…”

La minaccia del Conte di Trancy persiste sospesa nel vuoto di quell’enorme salone. Non c’è eco, eppure pare che le parole rimbombino senza fine.

Claude Faustus rimane immobile, gli occhi fissi sul suo padrone inginocchiato. Se solo Alois fosse voltato, potrebbe distinguere un’espressione supponente sul volto del suo maggiordomo demoniaco.

“Non credo sia colpa di Hanna, Danna-sama.”

“E con questo cosa vorresti dire?”

“Che questa polvere non è un segno di negligenza della servitù… E’ un indizio.”

“Non ti capisco, Claude.”

Il giovane padrone si volta di scatto, osservando dal basso le iridi chiare del suo maggiordomo. Sembra quasi voler aggiungere altro per rilevare i suoi timori, ma si limita invece a fissarlo con le labbra dischiuse di un innocente. Si chiede cosa vuol dire quella frase bizzarra. Di cosa può essere segno, una polvere bianca, se non di sporcizia? E’ un incendio forse? Perché è questo ora il suo dubbio. Potrebbe essere un bosco che ha preso fuoco molto vicino alla sua magione…

Alois decide di non preoccuparsi più di tanto. I suoi ospiti ora sono solo corpi, un lugubre groviglio di membra senza vita. Nessuno di loro può obiettare sulla presenza di quei granelli bianchi.

Di scatto, le sue braccia fasciate dalle maniche di una preziosa giacca di velluto cremisi afferrano le gambe del maggiordomo. La stretta è salda, ma tremante. E’ proprio la presa di un bambino che si è perso, pensa Claude.

“Siete stato voi a creare questa pièce… Voi e la vostra brama di morte.”

“A me non importa di tutto questo… Non mi importa della polvere, della fine che hanno fatto tutti i miei ospiti, di questo posto che mi sembra così vuoto adesso… Io voglio solo che tu mi stia accanto, Claude. Non ho bisogno di nessun altro!”

Il demone si limita a fissare il giovane con cui ha stipulato il suo lugubre contratto. Il suo sguardo scettico non lascia trasparire nulla, ed un altro piccolo frammento del cuore del suo padrone pare sgretolarsi e volare via. Ogni volta che quegli occhi gelidi non rivelano nulla oltre che la mera formalità, Alois sente piangere qualcosa dentro di lui. E’ nel suo petto, lo avverte chiaramente.

Non è disprezzo, quello che gli sembra di vedere? Il demone ormai non dovrebbe avere più motivo di fissarlo in quel modo orribile, perché tutti i suoi ospiti sono morti. E se sono morti tutti, è morto anche il Conte Ciel Phantomhive, colui che ha gettato un’oscura ombra sulla sua vita, colui che ha fatto uccidere il piccolo Luca, colui che sembra aver allontanato l’attenzione di Claude dal suo unico amato padrone!

No, questo Alois non può assolutamente tollerarlo. Le sue esili braccia si stringono ancora di più ai polpacci del suo maggiordomo, quasi non volesse farlo scappare. Seppellisce il viso tra le sue ginocchia, avverte il contatto tra le labbra sottili e la stoffa dei suoi pantaloni.

“Tu non abbandonerai… Non mi abbandonerai mai…

“Io non abbandonerò la vostra Anima…”

 

This is the hand that will blind your eyes and split your spine…
This is the blade that'll visit your flesh and release the wine…
Play!
You play with toys that have triggers
And you hear how the lead moves near!
Play!
You play with razors and it hurts, it hurts
As you face your fears!



Ancora. Ancora una volta il cuore di Alois perde una briciola della sua essenza.

Claude è abile a dichiarare velatamente le sue vere intenzioni. Non si sforza nemmeno di mentire, piuttosto preferisce celare lievemente, ora che l’Anima di Alois Trancy ha perso ogni fragranza invitante, dopo essere stata messa a confronto con quella di Ciel Phantomhive.

Quelle risposte, però, non sono quelle che Alois vorrebbe sentire. Non è così, non è giusto! Claude appartiene a lui! Nessuno può ancora tentare di portarglielo via… E’ morto… Il Conte Ciel Phantomhive è morto.

Il giovane si alza in piedi lentamente, lo sguardo oscurato che fissa un punto indefinito del pavimento.

“Dov’è Ciel? Devo vedere il suo cadavere. Non sarò soddisfatto finché non avrò visto con i miei occhi i suoi resti. Claude, ti prego! Devo esserne scuro… Devo sincerarmi una volta per tutte di aver vinto. L’ho fatto per Luca, per vendicarlo! Il Conte di Phantomhive ha preso tutto ciò che mi apparteneva…

Alois vorrebbe urlare che ora per lui c’è solo una cosa importante che non può assolutamente essere allontanata da lui. Egli riconosce perfettamente di essere crudele e sadico, ma non insensibile. Il suo cuore, il suo piccolo cuore ancora pulsante, non riesce a reggere il peso di tutti quei sentimenti contrastanti: l’Amore, l’Odio, la Paura, la Disperazione, il Piacere... E il maggiordomo Claude Faustus è l’unico per cui valga la pena riportare le emozioni piacevoli in un solo cassetto della mente. Solo lui ha una qualche rilevanza, il posto d’onore sull’altare del cuore di Alois Trancy.

Peccato che Claude non avrebbe mai potuto capirlo. Peccato che i demoni non provino alcun tipo di sentimento, se non il Desiderio.

Gli occhi del giovane Conte si riempiono di lacrime silenziose. Una, forse più spavalda delle altre, solca le gote rosee terminando la sua corsa da piccolo fregio sulla linea del mento.

“Ti prego, Claude…”

“Non preoccupatevi…”

Delle mani guantate ma fredde, sollevano il suo viso d’angelo. I loro occhi s’incontrano, fissi gli uni negli altri, e si assaggiano a vicenda. Le pupille liquide di Alois fremono nell’attesa. Dentro di lui sente ardere un fuoco, e ciò accade ogni volta che viene eliminata la barriera invisibile dell’Etichetta. Ad ogni contatto, la Passione malata di Alois si risveglia come una bestia affamata. Ne vorrebbe continuamente di più… E ora quasi comprende cosa intendeva l’Uomo che chiamava Padre, quando diceva che non poteva fare a meno di rubare le innocenze a lui e agli altri piccoli prigionieri, molti anni addietro. Si sente addirittura simile a colui che con la sua perversione aveva fatto dell’orfano Jim Macken il depravato e brutale Conte Alois Trancy, il ragazzo con il viso di un angelo e l’animo oscuro e perverso di un demonio.

“Volete farlo, Danna-sama? Volete il cadavere di Ciel Phanomhive?”

“Voglio vederlo morto… Voglio esserne sicuro…

I loro visi sono dannatamente vicini. La polvere si insinua nelle loro narici.

Alois Trancy avverte un tremito che si diffonde dal suo volto fino ad un punto imprecisato dell’inguine, inondandolo di calore, quando le sue labbra sfiorano quelle del maggiordomo, gelide, morbide, invitanti. Sono dei boccioli di rosa ricoperti di brina, profumati e tuttavia pungenti. Il suo respiro è un profumo urticante.

Provateci, Danna-samaAvvelenatelo di nuovo, con il vostro cianuro…”

 

So face the dark and I'll teach you about fire in the blink of an eye…
Now drink the cyanide!
The worlds collide and you know it's pure filth that I hide…

†††

 

C’è qualcosa di terribilmente diverso in quel nuovo ambiente. Alois Trancy non si ricorda nemmeno come ci è entrato. Sa solo di essere svenuto tra le braccia di Claude. E’ diventato tutto troppo nero e troppo vuoto.

Davanti a lui non si nota più l’infinita tristezza della sala da ballo foderata di cadaveri. La stanza in cui si trova è sicuro di non conoscerla, non deve far nemmeno parte della sua magione.

Seduto contro un muro duro e scomodo riesce a percepire le dimensioni dell’ambiente. E’ una stanza molto piccola, probabilmente una soffitta, dato che in alto si intravedono delle capriate in legno tipiche dei sottotetti.

Non c’è più nemmeno tutta quella polvere che gli solleticava le narici. Adesso intorno a lui avverte solo un odore salmastro, di umido, di muffa.

L’unica cosa che nota in comune con la sala da ballo è la luce. Ci sono degli spiragli verdi che producono una lieve penombra insipida. E’ impossibile individuare la fonte di quei barlumi malsani. Sono sospesi, immobili, non si generano né terminano da qualche parte.

Alois si rannicchia, intimorito, come quando era bambino, quando al suo fianco c’era Luca, che aveva molta più paura di lui e gli si nascondeva sotto un braccio, contro un fianco solcato dalla miseria.

Questa soffitta… Sembra quella di una modesta casa qualsiasi… Come quelle del villaggio in cui è cresciuto insieme a Luca, il posto in cui ha tanto sofferto per la fame, il freddo, la paura di essere picchiato o peggio…

Non c’è ricordo che in quel momento non venga alla luce, nitido e fresco come fosse accaduto il giorno prima. Rimbomba nelle orecchie la voce di Luca in una risata cristallina nei momenti in cui giocava a fargli il solletico, o il suo pianto disperato quando si rintanava dietro di lui, con la fronte grondante di sangue per essere stata colpita con una pietra lanciata da qualche contadino, oppure ancora il suo respiro umido intercalato da rauchi colpi di tosse, nelle notti di dicembre segnate dal terrore che la polmonite lo portasse via.

Così come il ricordo del fratellino, affiora altrettanto doloroso quello di tutti gli altri abitanti del villaggio, con i loro volti boriosi e il disprezzo marchiato con un ferro rovente nei loro occhi.

Quanto li ha odiati? Avrebbe voluto ucciderli ogni volta che li inseguivano per picchiarli e insultarli. No, loro se la meritavano davvero, la morte. Nessuno ha mai offerto ai due orfanelli affamati un pezzo di pane o una coperta per scaldarsi, nemmeno a Natale.

Ripensa al fatto che perfino in quel giorno ci aveva sperato, perché Luca aveva davvero fame e tanto freddo, tremava e piangeva… Bussando alle soglie delle case per chiedere un riparo e qualche avanzo della cena, aveva ricevuto in cambio tutte le porte sbattute in faccia più  uno speciale regalo composto da un forte schiaffo e una serie successiva di calci nelle costole, offerto da un capofamiglia particolarmente prodigo nel dimostrare il suo affetto ai due fratelli.

La sua vita e quella di Luca è stata sempre così da quel che si ricorda, fatta di stenti, lotte e fatiche. Ogni giorno di sopravvivenza è stata una battaglia vinta con successo… Fino a quella fatidica notte in cui tutto è andato a fuoco e tutti sono morti… Luca compreso. Tutti uccisi sotto l’ordine del Cane da Guardia della regina: il Conte Ciel Phantomhive.

 

On these plains there's a burning ruin that must be found…
On these plains there's a demon that sleeps,

It must be unbound!

 

Ci sono tantissimi oggetti sparsi in quella soffitta. C’è del mobilio accatastato, sedie impagliate, armadi, cassepanche tarlate, portabiti contorti, quadri dalle tele squarciate ed irriconoscibili, mucchi di carta strappata, candelabri anneriti, cuscini sventrati… E poi c’è uno specchio, proprio di fronte a lui, appoggiato alla parete esattamente dalla parte opposta. E’ un ovale dal riflesso ingiallito dal tempo. A differenza di tutti gli altri oggetti che si trovano in questo luogo, questo è stranamente intero. Non ha una scheggiatura, non è incrinato.

E’ solo osservandolo che Alois si rende conto della vera situazione in cui si trova. Riflesso sulla superficie vitrea si trova un ragazzo biondo, svestito, dal viso latteo leggermente sbigottito, le labbra vermiglie semiaperte, le braccia ossute premute contro il petto in segno di puerile pudore. E’ completamente nudo nella stanza fredda.

“Claude! Claude, dove sei? Vienimi a prendere! Portami via da qui! Portami dei vestiti!”

Perché mai Claude avrebbe dovuto abbandonarlo completamente svestito in una lurida soffitta dopo quel che era successo nella sala da ballo? No, la cosa non ha alcun senso. Claude non avrebbe mai fatto una cosa del genere, perché non potrebbe in alcun modo tradirlo… In alcun modo… Gli ha sfiorato le labbra con un lieve bacio in mezzo a quel groviglio di cadaveri, se non è quello un gesto di fedeltà…

Houle o Taraluna, Ron de Rotarel… Claude… Houle o Taraluna, Ron de Rotarel… Vieni a prendermi, Claude!”

Perché la sua stessa nudità lo spaventa tanto adesso? Non sa spiegarselo. E’ rimasto così talmente tante volte, con l’Uomo che chiamava Padre che compiva su di lui opere oscene e ripugnanti, o con Claude, in quei piccoli momenti di intimità che fanno ancora sussultare il suo animo al solo pensiero lussurioso, e che nelle lunghe notti insonni stuzzica non proprio segretamente le braci pronte ad ardere del suo bassoventre…

Perché tanto pudore in questo stato di completa solitudine? Tenta di proteggersi dal suo invisibile pubblico portando la schiena ad aderire completamente alla parete umida dietro di sé, raccogliendo le gambe al petto e spostando le braccia sotto le cosce, con le mani impegnate a coprire l’inguine delicato e roseo in un vano tentativo di difesa.

“Claude! Portami a casa! Devo tornare! Questa non è il nostro palazzo! Claude! Vieni a prendermi!”

Le urla stridule si perdono nell’aria pesante che aleggia come una cappa scura.

Una nuvola nera si condensa lentamente in un unico ammasso fumoso. Una sagoma umana prende pian piano forma da quella nuvola di oscurità, diventando sempre più famigliare. Il cuore di Alois inizia a battere più forte, e un lieve folle sorriso si dipinge sul suo volto fanciullesco. Una mano piccola e tremante si spinge timidamente in avanti verso la figura salvifica, senza alcuna vergogna di scoprire ciò che occultava.

“Claude… Per fortuna sei qui… Devi portarmi subito a casa… Eravamo alla villa, ma poi sono svenuto, e non so perché adesso mi trovo in questo posto orribile…

Ormai, il corpo del Demone maggiordomo è ben distinguibile. E’ possibile addirittura percepire il luccichio dei suoi occhiali nella penombra verdastra.

Muoviti, Claude! Dobbiamo tornare alla sala da ballo! Houle o Taraluna, Ron de Rotarel! Cosa stai aspettando?” urla recuperando uno strascico di arroganza che aveva perduto nell’attimo di solitudine.

Il maggiordomo rimane immobile. Il giovane padrone si accorge che probabilmente nemmeno lo sta guardando, e si chiede come questo sia possibile… Claude Faustus è suo, gli appartiene! Non è autorizzato a comportarsi in quel modo, hanno stipulato un contratto!

“Lui non ti obbedirà questa volta.”

Una voce bizzarra e conosciuta costringe Alois a tacere, sgranando gli occhi cerulei.

Quel timbro non può semplicemente esistere, non in sua presenza, non in quella soffitta, non così chiaro e beffardo, né tanto acuto e muliebre… Perché quella è la sua stessa voce. 

In quello specchio, davanti ai suoi occhi si staglia una figura diversa, un qualcosa di ostile e orribile che non dovrebbe trovarsi lì. E’ il suo riflesso, ma non esattamente così come dovrebbe essere. Il Conte di Trancy visibile nella rifrazione vitrea non è il ragazzo scosso e indifeso accoccolato sul pavimento.

Al di là della superficie riflettente c’è un giovane in piedi, vestito con una lunga giacca scarlatta sopra la camicia bianca e un gilet a coste verdi. Indossa anche dei pantaloni cortissimi, che mostrano con malcelata sfrontatezza una buona porzione di cosce tornite ed appetibili, sovrastanti due lunghe gambe androgine protette da un paio di sensuali parigine nere e stivali in velluto, che affinano ancora di più i polpacci e le caviglie già di per sé esili grazie ad un tacco alto e sottile.

Il viso incorniciato da una cascata di capelli d’oro statua in un’espressione di scherno e pura perfidia.

“Claude obbedirà solo a me.” Asserisce.

C’è qualcosa di perverso e sbagliato in tutto quello che sta accadendo. E’ qualcosa di diverso dal mondo reale, perché tutto è troppo incontrollabile e difforme. Le leggi terrene non valgono più in quella che può definirsi unicamente una devastante visione onirica. Questo è quello che pensa Alois Trancy coprendosi il viso con le dita inspiegabilmente gelide, mentre il suo riflesso si fa spazio tra i bordi dello specchio e fuoriesce dal suo mondo parallelo. Proprio così, fuoriesce, una mano sul fianco snello, l’altra ad accompagnare i passi eleganti. Il rumore dei tacchi rimbomba nel piccolo ambiente lacero in un ritmico ticchettio.

Scoprendosi di nuovo il volto, il giovane senz’abiti scruta allibito quell’incubo infantile avvicinarsi senza alcun indugio al maggiordomo inamovibile.

Le sue corde vocali, completamente devitalizzate dal terrore nel lasso di tempo precedente, riacquistano tonicità, permettendogli di pronunciare nuovamente dei suoni, anche se concentrati in un unico strillo lacerante.   

“Claude? Cosa stai facendo?! Claude! Claude, ti prego! Sono qui! Sono Alois! Sono il tuo padrone! Devi venire da me!”

Il Demone sembra non sentirlo nemmeno. La figura sorta dallo specchio sorride compiaciuta e compie un altro passo in avanti. Si ferma vicino a Claude, strusciando il suo corpo contro il suo fianco marmoreo. Una sua mano pallida si arrampica lascivamente sul suo panciotto, aggrappandosi alla sua spalla. L’attrito degli indumenti che fregano tra loro è tangibile, e lascia intravedere la contiguità sensuale dell’unione dei due corpi.

…Sempre al suo fianco, finché la sua Anima non verrà divorata come compenso per i servigi ricevuti…

“Ciao, Jim! Come stai? Non ti vedevo da un po’ di tempo…”

Alois rimane pietrificato, incapace di esprimere altri suoni oltre ad un rantolo gutturale. Le sue sottili corde vocali sono per l’ennesima volta paralizzate dallo stupore. 

Jim.

Nessuno più lo ha chiamato Jim dai tempi in cui è deceduto l’Uomo che chiamava Padre.

Jim è scomparso.

Jim è morto troppe volte; ucciso insieme a Luca, ucciso da un vecchio Conte pederasta ogni qualvolta abusava della sua carne ancora innocente.  

Jim non dovrebbe esistere più.

“Io non mi chiamo Jim!” riesce a gridare dal suo angolino, per convincere per lo più sé stesso “Io sono il nobile Conte Alois Trancy!”

“Continua a ripetertelo! Certo che sei davvero un povero idiota se pensi che basti la tua parola a cancellare un’identità… In realtà sai benissimo di chiamarti Jim, per questo affermi il contrario con tanta veemenza! Tu sei Jim Macken, e non sei un Conte. Non scorre nemmeno una goccia di sangue nobile nelle tue vene.

Il riflesso continua a sorridere beffardo, abbracciato a Claude. Questi non fa una piega, quando l’altro alza una gamba, strusciandola contro di lui sensualmente. Svelata dai corti pantaloncini, una tenera porzione di coscia si scopre pigramente ancora di più, prima di scomparire nuovamente sotto il bordo delle parigine.  

“Io sono il vero Alois Trancy.” Riprende “Tu sei Jim Macken. Sei un orfano, senza parenti e senza titolo, un pezzente qualunque come tantissimi altri qui in Inghilterra… Sei solo una piccola puttana arrivista, che ha avuto la fortuna di fare la cosa giusta al momento giusto…

“Sono tutte bugie! Sono io Alois Trancy! Jim Macken non esiste!”

“Sei uno stupido ingenuo… Io e te facciamo parte di un corpo unico, siamo indivisibili, ma non uguali, per fortuna. Tu non vali niente, tu sei solo spazzatura… Adesso non servi nemmeno più come sgualdrinella del Conte di Trancy, ora che è morto… Ma lascia che te lo dica, eccellevi come nessun altro a farti mettere a gambe all’aria da quel grasso maiale… Prima facevi il prezioso per stuzzicarlo, poi un pizzico di erotico vedo-non vedo, e alla fine, ihihih… Ecco Jim sopra il letto a gambe aperte pronto per accogliere il vecchio rimbambito tra le sue cosce sante! Sei stato un attore di grande talento! Ahah! Ahahah!”

“Stai zitto! Chiudi quella dannata bocca!”

“Ah, ma magari non fingevi… Magari ti piaceva davvero…

Colui che adesso ha ripreso il nome di Jim Macken osserva sconvolto l’orribile incubo che si trova davanti: Alois Trancy, il vero Alois, si spinge con la gamba rimasta a terra, scoprendo ancora di più la coscia pallida, fino ad arrivare a sfiorare con la punta del naso la guancia di Claude Faustus. Non si percepisce alcun suo movimento, pare una statua di ghiaccio in balia d una tempesta. Il riflesso schiude le labbra. La lingua segnata dal pentacolo, simbolo del patto che lo lega a Claude, passa con una devastante voracità sullo zigomo del maggiordomo.

Sorride. Alois Trancy sorride e chiude gli occhi mentre assaggia la pelle di colui che gli appartiene.

“Claude non vuole l’anima di Jim. Di questo puoi starne certo. Solo io, solo il vero Alois può possederlo… Tu non hai le qualità adatte per piacergli, mai io potrei, e lo sai perché, Jimmy caro? Sai perché?”

Jim non risponde. La testa gli pulsa terribilmente. S’impone di non piangere, eppure le lacrime spingono dolorosamente sui bordi delle sue palpebre per stillare all’esterno.

“Perché io sono diventato crudele… Perché a me non importa di nessuno al di fuori di me stesso… Perché io posso fare le cose più orribili e depravate, uccidere, torturare, o spalancare le gambe senza troppe cerimonie davanti a qualsiasi uomo, senza provare il minimo senso di colpa… E un po’ devo ringraziare anche te, sai? Se tu non ti fossi fatto violentare e picchiare, se tu fossi scappato via con la coda tra le gambe per morire di inedia in qualche buco lercio, io probabilmente non esisterei… Perciò, grazie, Jim. Grazie per aver rinnegato Dio e provato l’Inferno sulla tua pelle…

 

Run!
You run for the borders where epistles burn in the arms of man….
Run!
You run among bodies and they scream, they scream to bite God's hand!

 

“Io… Io non sono Jim… Io sono AloisAlois, e non Jim… Jim è un nome volgare, è senza importanza… Io sono Alois

Ormai le parole di Jim sono spezzate, strascicate. Non c’è un minimo di volontà in ciò che dice puntando lo sguardo liquido verso le proprie ginocchia. E’ una nenia senza significato.

Guarda, Jim. Guarda le mie gambe! Non ho delle cosce stupende, come quelle di una candida verginella? Eppure queste gambe dovrebbero essere le tue!

Jim osserva la mano destra di Alois scendere accarezzando prima il volto di Claude, poi il suo stesso fianco fino ad arrivare alla coscia sollevata. Le dita lunghe e curate pizzicano la pelle cesellata lasciandovi un marchio di lieve rossore.

Subito riporta le falangi all’altezza del viso di Claude, regalando ad una sua gota pallida una lenta e sensuale carezza. Le lunghe dita arrivano fino alle sue labbra, che vengono così lievemente sfiorate. 

“E questa pelle stupenda…” continua in seguito osservando quella stessa mano “Ho delle dita bellissime, curate, perfette. Guardati le mani, Jim.”

Il ragazzo accucciato nell’angolino sente dentro di sé che forse non dovrebbe farlo, ma l’istinto è troppo forte. Un rapido movimento delle pupille e le sue mani sono davanti al suo sguardo inconsolabile, senza rendersi conto di aver appena eseguito un ordine intimato a quell’essere irreale il cui nome è Jim.

Le mani che ha di fronte non possono essere le sue. Semplicemente, non è una cosa possibile. Sono sudice di terra e hanno il dorso screpolato dal freddo, non possono appartenere ad un nobile. Un vero Conte non avrebbe nemmeno le nocche arrossate, né quel callo coriaceo che si staglia sul palmo destro, né i bordi delle unghie incrostati di fango, per non parlare di quelle disgustose verruche sulle ultime falangi dell’anulare e del medio di sinistra.

“Queste mani…”

“Sì, Jim. Alois Trancy non ha le mani sporche e ferite, non ha calli e nemmeno verruche. Le può avere solo Jim Macken, che abita in un villaggio sperduto, in mezzo alla spazzatura. Come potrebbe mai Claude volere l’Anima di una persona che vive comportandosi come un animale da cortile? Come potrebbe amarti? Perché è questo che ti preme, vero? Tu vuoi essere amato da lui, poverino… Però c’è un problema… Vedi, qualcuno potrebbe portare via Claude sia da te che da me, e la colpa è tua! Tua e della tua debolezza! La cosa proprio non è tollerabile, ma purtroppo noi due siamo fatti per essere indivisibili… E tu sei l’anello debole.

Lo stomaco di Jim si contrae in uno spasmo doloroso. Sente che tra poco si metterà a vomitare.

Quel ragazzo bellissimo che sta abbracciando Claude, che gli accarezza il collo e gli bacia appena dopo l’angolo della bocca è qualcosa che non riesce a sopportare. E’ davvero lui, Alois? E’ davvero quell’angelo di torture, colui che Claude dovrebbe bramare?  

Il suo nome è davvero Jim Macken?

E chi mai potrebbe rapire un Demone da loro due?

Scuote la testa, lasciando che due o tre lacrime diventate troppo pesanti scappino via dal bordo delle palpebre. Tutto è confuso e sembra girargli attorno, nauseandolo.

Senza Claude al suo fianco, tutto è privo di senso, allora tanto vale lasciarsi morire…

Ruota leggermente il bacino, permettendo alle giunture di cricchiare, dopo tanto tempo costrette nella stessa posizione. Appoggia sconsolato la testa al muro e si asciuga con il dorso di una mano un rivolo di muco colato dal suo naso e approdato sul suo labbro superiore.

Non vuole essere costretto a guardare, perché di cose ne ha viste troppe, dalla morte di Luca al proprio corpo inquinato dall’onta.

“Non adesso, Jimmy caro… Osserva la fonte di tutta la nostra sofferenza che porta lontano ciò che desideriamo di più al nostro fianco… E’ proprio là.”

La sua stessa voce rimbomba dolorosamente nel cervello. E’ costretto a prendersi la testa tra le mani gemendo, tanto è doloroso.

Nel frattempo, sormontato da una masochistica curiosità, obbedisce nuovamente agli ordini del Conte, pur sapendo perfettamente che tutto quello che da lui viene mostrato è solo causa di un malessere generalizzato che si propaga fin nelle viscere.

C’è qualcosa di perverso e agghiacciante in quel ragazzino che dovrebbe essere lui… Ogni sua fibra è un cordolo di malvagità che grida vendetta, accanendosi sul povero Jim, come le Banshee *** delle leggende che raccontava a Luca per persuaderlo a non uscire dalla casetta diroccata che fungeva loro da rifugio durante la notte…  Ti urlano nelle orecchie fino a farti impazzire per vendicarsi dei loro mariti uccisi in battaglia diceva, e ora si rende conto di quanto quel riflesso spietato sia simile alle protagoniste di quelle favole per bambini: se continuerà in quel modo lo porterà a morire di crepacuore.

 

So face the dark and I'll teach you about fire in the blink of an eye…
Now drink the cyanide!
The worlds collide and you know it's pure filth that I hide…

 

I suoi occhi rimangono fissi, le pupille tirate alla sua sinistra tanto da iniziare a far male.

Alois Trancy è sparito. Il riflesso si è volatilizzato, completamente dissolto senza alcun suono. Eppure quella voce c’è ancora… Aleggia nella sua testa come il ronzio di un calabrone pronto a pungere.

Guarda, guarda, guarda, guarda…

Alzando la testa, Jim si trova davanti uno spettacolo diverso dal precedente… Altrettanto agghiacciante.

Il suo maggiordomo non è più in piedi, bensì seduto su uno sgabello in legno. Sulle sue ginocchia, appoggiato contro il suo petto, siede un ragazzino. Un nobile, certo, vestito con un lussuoso completo blu oltremare composto da un cappotto abbottonato su di un lato e dei pantaloni corti fin sopra le ginocchia. Un paio di calze nere tenute al loro posto da giarrettiere maschili minacciano di scivolare giù dai polpacci scarni, di certo non appartenenti ad Alois Trancy. I capelli della nuova apparizione sono di colore plumbeo, lisci e fini come fili di seta, in contrasto con la pelle lattescente. Il suo viso è severo ma curato, piacevole alla vista nonostante una benda nera protegga l’orbita destra da sguardi indiscreti. L’iride sinistra, al contrario ben visibile, è di un profondo blu cobalto.   

C-come… tu s-sei…”

“Non mi puoi uccidere. Non ci riuscirai mai.”

Il Conte Ciel Phantomhive ha una voce grave seppur ancora infantile. Non muta la sua espressione, che perdura tetra e dura, sprezzante di quel cencioso ragazzino nudo e sporco.

“Ti ho avvelenato! Ho messo io stesso la polvere di cianuro nei bicchieri di tutti gli invitati al mio ballo! E tu, Claude! Claude, come puoi fari questo!”

Le parole stridule di Jim non ricevono alcuna risposta.

Houle o Taraluna, Ron de Rotarel! Houle o Taraluna, Ron de Rotarel! Claude, mi devi ascoltare, ti prego! Claude! Uccidilo! Uccidilo!”

“Claude non ti obbedisce, e tu non puoi uccidermi. Quello che hai fatto al ballo non è servito a niente.  

So face the dark and I'll teach you about fire in the blink of an eye…
Now drink the cyanide!
The worlds collide and you know it's pure filth that I hide…

Jim non riesce più davvero a dire una parola. Il suo corpo trema in modo spasmodico senza controllo. Porta le mani rovinate alla bocca, coprendosela in una vano tentativo di controllare i singhiozzi.

Non c’è più niente da fare. Lui davvero non può uccidere Ciel Phantomhive.

Tanto vale lasciarsi morire, giusto, Jim? L’hai pensato tu stesso…”

Il giovane volta la testa di lato con uno squittio di sorpresa. Alois Trancy è di nuovo là, in quella soffitta. Lo fissa dall’alto dei suoi tacchi in tutta la sua statura, con uno sguardo cattivo. Jim deve ammettere che la pelle delle sue cosce è ancora più lucida e profumata, vista da vicino.

“Come… C-come hai fatto a sapere ciò che penso?” balbetta.

“Alla fin fine noi due siamo facce diverse della stessa moneta, te l’ho detto prima. Siamo due metà facenti parti di un solo corpo, per questo so cosa pensi… E tu sai cosa penso io.

“Ho sentito la tua voce nella mia testa… Tutto il tuo essere sembra fatto di malvagità pura… Non hai un solo pensiero amorevole, niente di niente!”

“Forse…” asserisce ironico “Tu però puzzi di insoddisfazione, di codardia, e avidità… Sei marcio dentro quasi quanto me… Sei solo molto più ingenuo.”

“Perché dici questo? Cosa sai tu che io non so?”

“Io so perché Claude potrebbe preferire Ciel Phantomhive a noi due…

Jim rimane basito. Si chiede come faccia Alois a sapere una cosa del genere, ma non trova una risposta. Tuttavia, è troppo curioso di conoscere la verità, non può aspettare. Potrebbe avere in mano la chiave per capire cosa sia successo a sé stesso e a Claude.

“Ti prego! Dimmelo!” grida disperato, aggrappandosi ai suoi stivaletti, stringendolo, affondando la testa tra le sue ginocchia “Dimmelo, Alois…”

Sollevando il viso sconvolto, osserva un ghigno sul viso di quell’altra metà. Il vero Alois non si fa pregare, per soddisfare la sua curiosità con la disillusione.

“Purtroppo il Conte di Phantomhive ha qualcosa che noi abbiamo perduto e che non possiamo più riprenderci. Lui… Lui, nonostante ciò che gli è successo, malgrado sia stato rapito e venduto, non ha subito il nostro triste destino.

“Non riesco a capire…” singhiozza l’altro con un filo di voce, slegando il forte abbraccio che lo legava a quelle gambe statuarie.

“Oh, Jimmy, lo sterco di capra nel quale vivi deve esserti finito perfino nella scatola cranica…

Si inginocchia accanto a lui, per guardarlo negli occhi… E in quegli occhi azzurri, Jim si perde in un mare nero di cattiveria e sofferenza.

Il viso del nobile si avvicina pian piano al suo, tanto che il profumo di mughetto del suo collo levigato diventa per lui stomachevole. Il suo respiro caldo sul lobo dell’orecchio è un soffio portatore di brividi. La sua voce muta in un sussurro penetrante carico di voluttuoso sadismo. 

“Noi non siamo più puri. L’Anima che abbiamo in comune è meno attraente della sua… Poiché Ciel Phantomhive ha mantenuto intatta la sua verginità, laddove noi siamo stati deflorati da tempo…

Non una parola esce dalle labbra agghiacciate di Jim.

Non c’è nulla che lui possa fare per rimediare a quella perdita fatale. La verginità è una cosa che non si può riavere a nessun prezzo…

Un’angoscia dolorosa gli sale al petto, lacerandolo. Non è giusto, non è stata una sua decisione quella di macchiare la sua innocenza, ma una costrizione.

“Questo v-vuol dire c-che…” singhiozza “Claude non apprezza nessuno di noi d-due?”

“Non ho detto questo. Ho detto che la nostra Anima è solo meno appetibile, e che in ogni caso sei tu che rendi impossibile a Claude di amare il corpo di cui siamo l’essenza.” ribatte Alois mellifluo e venefico allo stesso tempo, accarezzando una sua guancia con la punta dei polpastrelli.

Posa poi quello stesso braccio sulla sua spalla nuda, e solo in quel momento Jim si accorge di qualcosa di estremamente insolito: l’altra mano di Alois è impegnata a reggere una tazza di the. La cosa angosciante è il fatto che la tazzina non gli è sconosciuta, con quel fondo bianco e blu, finemente cesellata in fregi cremisi e oro… Ne è praticamente certo. Somiglia a una di quelle che fanno parte del servizio di porcellana giunto direttamente da Sèvres alla magione del casato di Trancy da circa due mesi. Ogni mattina Claude gli serve la colazione con quel servizio dal valore inestimabile. 

“Oh, Claude non può amarti… E’ una cosa brutta, vero? E’ una cosa che ti fa soffrire, no?”

Jim può solo deglutire il grosso nodo che gli si è formato in gola, tremando come una foglia. Alois allora gli accarezza nuovamente una guancia lacera, sorridendo affabilmente. Sembra quasi premuroso nei suoi confronti … Eppure non esiste affetto o benevolenza per quella metà dello stesso corpo, se non come maschera d’ipocrisia.

“Povero Jim… Soffrire così tanto per colpa del Conte di Phantomhive e non poter fare niente… Ma sai che io ti posso aiutare? Devi lasciare fare a me, e io sistemerò le cose… Posso ucciderlo e non permettere alcuna distrazione a Claude, sai? Anche Luca sarà vendicato in questo modo! Posso fargli provare tutto il dolore che tu hai provato. Strazierò la sua pelle di pesca, gli spezzerò le ginocchia, strapperò via tutti i suoi bei dentini bianchi, e poi gli caverò gli occhi… Devi solo lasciare che io prenda il tuo posto, e farò in modo che Ciel mi preghi per mettere fine alla sua miserabile esistenza…

Le iridi di Jim brillano. Luccicano, ammaliate da quelle parole di vendetta, che intimamente risvegliano la voglia di giustizia. Ciel deve morire a qualunque prezzo, e se muore soffrendo è ancora meglio. Deve pagare per tutto quello che ha fatto…

Un sorriso folle gli illumina il volto segnato dalla privazione. Alza timidamente una mano per lambire quel volto simile al suo. Le dita lasciano tre sottili strisce di fango sulla guancia e sul mento di Alois, ma questi sembra non farci caso, anzi, sorride di rimando, inclinando leggermente la testa per bloccare le dita di Jim tra il mento e la clavicola, contro la stoffa della giacca.

“Ucciderlo a sangue freddo non avrebbe senso. Gli spaccherò le costole una ad una, gli legherò mani e piedi e gli ruberò la dignità e l’innocenza! Pensa, Jim! Il sua candore scomparirà, lo renderò impuro! Gli strapperò la verginità con la forza, come quel vecchio ripugnante ha fatto con te! Lo annienterò nel profondo dell’animo, sopprimerò ogni traccia di onore dal suo corpo!

“Davvero lo farai?”

Ahahah! Stai tranquillo, Jim… Piscerò sui luridi resti di Ciel Phantomhive...

Alois porge in avanti la tazza di the che tiene in mano.

Jim ne scruta in contenuto: il liquido all’interno è di un marrone scuro, tendente quasi al nero, l’odore è apprezzabile, dolciastro, ma con una punta mordace di qualcosa che non riesce a definire. 

“Se sparisci per sempre, avrai la tua vendetta. Un ragazzino schifoso e puzzolente come te non può competere con Ciel, ma io sì… Riporterò Claude da me… Bevi… Bevi la tua ultima tazza di the.

Sì, è decisamente una buona idea. Jim Macken deve sparire una volta per tutte, perché tanto la sua esistenza non ha uno scopo. Meglio lasciare il testimone al vero Alois Trancy, colui che ha tutte le capacità di eliminare Ciel Phantomhive e di riportare Claude a desiderare ciò per cui aveva inizialmente stipulato un contratto demoniaco. In quel modo Jim potrà godersi una fetta di quella torta deliziosa senza sforzi vani… Un piccolo sacrificio per la vittoria dell’intera partita…

Il fine giustifica i mezzi.

Le mani tremanti del giovane afferrano la tazza dalle mani del Conte di Trancy che annuisce soddisfatto.

Drink the cyanide

Now drink the cyanide!

 

Le labbra perfette di Alois Trancy sfiorano quelle screpolate di Jim Macken, prima che quest’ultimo sprofondi in un abisso oscuro illuminato a tratti da barlumi di luce verde.

 


†††

“Claude…”

La voce di Alois Trancy si perde in un’eco per quella sua camera da letto troppo grande.

Fino ad adesso ha osservato il suo maggiordomo chino sui cocci della tazza rovesciata poco prima. Raccoglie i pezzi con sguardo indifferente, ammucchiandoli, senza rivolgere una minima occhiata al suo padrone.

“Ho fatto un sogno orribile questa notte, per questo ho gettato il the contro il muro."

“Se questo può farvi sentire meno turbato, confidatevi con me.”

La figura seduta sul letto sospira profondamente chiudendo le palpebre.

“Forse è meglio di no. Devo solo farti una domanda…”

“Ditemi.”

“Jim Macken… Jim Macken non esiste, vero?”

Claude Faustus si blocca tutto d’un tratto dopo aver sentito il suono di quelle parole. Un ghigno tirato si disegna sulle sue labbra, un ghigno che il Conte non può vedere da quella posizione. Sorride ancora, perché sa. Conosce l’incubo di cui parla perché è stato proprio lui ad indurlo nella mente ottenebrata del biondo ragazzino, non per un motivo differente dalla voglia di divertirsi un po’, per vederlo sconcertato di fronte alla verità che nega con tanto ardore. E’ proprio un povero illuso, questo Conte di Trancy… Il suo cuore è troppo debole, la sua natura troppo impura…

“Certo che non esiste. E’ un nome che non ho mai sentito.”

 

When the dark does what the dark does best, it's Darkness!
Let the dark do what the dark does best, let there be Darkness!

 

Rincuorato, Alois si distende nuovamente sorridendo. Se Claude conferma che Jim non è reale, allora deve essere così di sicuro. Quello è stato solo uno sogno, non voleva dire nulla. Erano solo stupide paure. Si sente già molto meglio nel profondo dell’animo, a dispetto di quella lacerazione sì suturata, ma ancora bruciante e dolente, la quale tormenta senza sosta il suo fianco.

Lui può uccidere Ciel Phantomhive, non c’è dubbio. Lo farà, lo farà di certo con l’aiuto di Claude, che non lo tradirebbe mai. Il loro contratto glielo impedisce.

“Puoi andare adesso. Torna tra un paio d’ore e assicurati che nessuno venga a disturbarmi mentre riposo.

“Certamente, Danna-sama.”

Claude sta per andarsene con il carrello della colazione ornato da pezzi di ceramica sparsi tra tazze, piattini e posate quando viene nuovamente fermato dalla voce androgina del Conte.

“Aspetta, Claude!” ordina stridulo “Devi fare ancora una cosa per me. Baciami. Baciami sulla bocca e poi vattene!”

Il maggiordomo si volta e si riavvicina all’alcova. Non un segno non un’espressione diversa si disegna sul suo volto marmoreo e talmente affilato da risultare serpentino. Nemmeno quando posa delicatamente le sue labbra gelide su quelle accoglienti e tenere del suo padrone tradisce un sentimento di qualche specie.

Alois, nel frattempo, sembra quasi mettersi a piangere. Le emozioni lo assalgono, il trionfo della vittoria turbina nella sua mente ottenebrata. Sente di poter vincere, ora. Jim Macken non è più nemmeno un’ombra, e il Conte di Phantomhive ha i giorni contati dopo l’affronto al suo onore.

Imprigionato dietro la superficie vitrea di uno specchio incorniciato d’oro, una figura familiare osserva la scena che si sta consumando.

Alois Trancy, il vero Alois Trancy, grazioso e crudele nei tratti superbi, sorride compiaciuto. Un rivolo di liquido bruno e semitrasparente cola lentamente dall’angolo della bocca fino al mento latteo. Se quell’immagine avesse potuto provare delle sensazioni l’avrebbe definito bollente.

Dietro di lui, invece, pare quasi di scorgere, come una lieve forma evanescente, il corpo sporco e senza vita di un ragazzo biondo completamente nudo, coperto interamente da un lieve strato di cenere banca.

So face the dark and I'll teach you about fire in the blink of an eye…
Now drink the cyanide!
The worlds collide and you know it's pure filth that I hide…

 

 

 

The End

 

 

 

* Nilgiri Chamraj = Varietà di the nero indiano tipico della zona chiamata “Montagne Blu”.

** Sèvres = Località francese situata nella regione dell’Île-de-France, famosa per la produzione di porcellana sin dal 1756.

*** Banshee = Creatura leggendaria popolare nei miti scozzesi ed irlandesi.

 

 

Note dell'autore: La maggior parte di questa fan fiction è ambientata in un sogno di Alois Trancy. La visione onirica, benché appartenente al Conte è stata però indotta da Claude, per sondare fino a che punto Alois viva in una sfera di illusioni e desideri impossibili, qualche giorno prima che momento in cui deciderà di togliergli effettivamente la vita per concentrarsi sull’Anima di Ciel Phantomhive.

La tazza di the avvelenata è un simbolo di morte che Alois, teme appena svegliato, poiché la sua parte Jim è appena stata eliminata in quel modo. Claude si aspetta quella reazione ovviamente, essendo il creatore di quella situazione.

I colori predominanti negli ambienti dei sogni, la sala da ballo (ovvero il presente di Alois) e la soffitta (il passato dimenticato), sono sicuramente il verde e il nero. Questi colori infatti si associano tradizionalmente al veleno, ovvero al centro della fan fiction. La cenere bianca insistente è appunto la rappresentazione del cianuro utilizzato da Alois, che si presenta normalmente in forma di polvere.

Nella prima parte del sogno Alois si confronta con un presentimento del tradimento di Claude, nonostante egli l’abbia aiutato ad avvelenare tutti gli ospiti per puro divertimento. Il suo bacio (così come quello finale) è da intendersi come un bacio traditore di un Giuda verso un padrone accecato dalla sicurezza della vittoria verso Ciel, colui che crede erroneamente responsabile della morte del fratello Luca.

Nella seconda parte, Alois si trova diviso nelle sue due personalità primordiali che devono confrontarsi e in un certo senso duellare: una è Jim, nudo, sporco ed impaurito, ovvero la parte che conserva l’innocenza e l’infantilità, l’altra è il vero Alois, la parte crudele e perversa. In questa parte Claude non interagisce quasi per nulla, è una figura di sfondo, ciò che le due personalità si contengono. L’apparizione di Ciel è un presagio velato delle intenzioni di Claude che nessuna delle due interpreta correttamente. Eliminando la sua parte Jim, Alois crede di poter riavere con sé in tutto e per tutto il maggiordomo, ma la supposizione si rivelerà ovviamente sbagliata.

  
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