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Autore: Doralice    09/01/2011    5 recensioni
Sette scalini tra Claire e Gabriel. Sette gradi di differenza da superare.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Claire Bennet, Peter Petrelli, Sylar
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Note

Siccome sto impazzendo sugli ultimi esami e sulla tesi, e mi sembra di rincretinire da sola come una larva senza via di scampo... la raffica di recensioni di Black Raven (che ringrazio tantissimo, sei mitica!) è stata una vera botta di vita, una manna dal cielo!

E insomma, ho cambiato idea sul proposito di non pensare ancora per un po' di tempo alle mie millemila longfic in sospeso e dedicarmi totalmente allo studio, e ho deciso di aggiornare almeno questa che sta per finire... e così ecco a voi il penultimo capitolo!

NB1 Contrariamente allo stile adottato fino ad ora, questo capitolo è raccontato totalmente dal punto di vista di Claire.

NB2 Esattamente come nel mio solito stile, questo capitolo è uno psicodramma da tagliarsi le vene, epperò con un finale (per chi mi conosce) scontatissimo.







Step Six: Reboot


La terra girò per renderci più vicini.

Girò sul suo asse e su di noi,

finché finalmente ci ricongiunse

in questo sogno.

- 21 Grammi -



Che vuoi Pete? –

Ultimamente sono sempre il benvenuto. –

Peter si sedette affianco a lei sulla panchina e Claire riprese la lettura degli appunti di lezione con un sospiro teatrale.

Non ho voglia di parlare. – dichiarò con aria sostenuta.

Nemmeno dell'incubo di Sylar? – la stuzzicò.

Claire disse “no”, fingendo di non essere minimamente interessata.

Perché c'è una cosa che dovresti sapere, visto che ha che fare con te. –

Non prendermi per il culo, Pete. – sbottò guardandolo furibonda.

L'ho mai fatto? – si difese lui.

C'è sempre una prima volta. – ironizzò.

Be', non è questa. –

Claire alzò gli occhi al cielo, esasperata. Bene, era chiaro che non l'avrebbe lasciata in pace.

Avanti, – lo invitò con aria scettica – sentiamo. –

Peter si fece serio e irrequieto. Si schiarì la voce e cambiò posizione un paio di volte, finché Claire stessa non si trovò contagiata dal suo nervosismo.

Quando eravamo rinchiusi lì insieme, io... gli ho raccontato una cosa... che ho visto... in un futuro alternativo. – spiegò davanti al suo sguardo sempre più allibito – E lui... diciamo che l'ha interpretata a modo suo, ecco. –

Ti rendi conto che non mi stai dicendo niente, vero? – gli fece notare dopo un lungo momento di silenzio.

Sì. – ammise accigliato.

Ah, bene. –

Infatti è meglio che te la spieghi lui, non credi? –

Claire lo guardò inebetita biascicando un vago “eh?”. Peter la ignorò deliberatamente e si alzò dalla panchina, facendole cenno di seguirlo.

L'hai portato qui?! – saltò su.

Sì. –

No! –

Eh, sì. –

Gli corse dietro e un attimo dopo si trovò davanti l'ultima persona che avrebbe voluto vedere.

Il tempo si tese e si fermò. Ogni cosa attorno a loro scomparve. Peter, il parco, la terra sotto i piedi, l'aria nei polmoni. Esisteva solo Gabriel. E il suo cuore che martellava furioso.

Posso lasciarvi da soli? –

Claire si riscosse. Peter li stava guardando tra il preoccupato e il divertito. Annuì senza aver capito bene la domanda.

Quando si trovò da sola con Gabriel, si appuntò mentalmente di rintracciare il suo adorato zio e farlo fuori. Possibilmente in maniera lenta e dolorosa.

Come va? –

Sentire la voce di Gabriel dopo quasi un mese era strano. Si erano detti poche cose, ma tutte erano incise nella memoria di Claire e bastava un niente per far partire il disco.

Sai com'è... cose da fare, gente da vedere... – borbottò vaga – e tu? –

Eh... –

Conversazione brillante. Prevedibilmente calò un imbarazzato silenzio. Camminavano insieme ma non si guardavano. Dall'esterno dovevano essere uno spettacolino davvero deprimente.

D'un tratto Claire trovò insopportabile quel mutismo.

Senti, perché... –

Quando ti ho... –

Scusa, parla tu. –

No, dimmi. –

Parlarsi sopra tutti imbarazzati. Ma chi le scriveva le loro battute, quelli di Friends?

Gabriel le fece un cenno timido.

Ho un sacco di domande. – confessò.

Ok. –

Sono davvero tante. –

Va bene. –

Di nuovo silenzio. Claire si fermò in mezzo al sentiero, Gabriel si voltò a guardarla incuriosito.

Non so da dove cominciare. – confessò stringendosi nelle spalle.

Magari dal principio? – le suggerì.

Non era ironico. Claire deglutì nervosamente.

Il tuo incubo. –

Posso farti un riassunto? –

Si scambiarono un'occhiata fuggevole. Gabriel sorrideva. Era solo un accenno, ma cavoli, si era dimenticata di quanto fosse bello vederlo sorridere...

Cercarono un posto dove stare tranquilli a parlare. Cioè, dove stare a parlare e basta, perché tranquilli non lo erano neanche un po'.

Si sedettero sull'erba, come avevano fatto solo qualche mese prima. Solo che adesso non c'erano più le foglie secche e faceva più freddo. Era quel tipo di freddo secco che ti fa intirizzire il naso e desiderare l'abbraccio di qualcuno. E Gabriel era invitante: ricordava il suo odore e la sensazione delle braccia avvolte intorno a lei, come la facevano sentire protetta. In altre circostanze Claire non si sarebbe fatta problemi a stringersi a lui. In altre circostanze...

Lo osservò attenta mentre lui iniziava a raccontare: – Vado da Parkman per farmi sopprimere i poteri e lui... –

Per via della nostra... uh... chiacchierata? – intervenne, vagamente preoccupata.

Sì. –

Oh. –

Non aveva idea che Gabriel fosse finito in quell'incubo per colpa delle sue parole.

Non sentirti in colpa. – lo sentì mormorare.

Claire alzò lo sguardo su di lui. Pensò che lei doveva avere la sua stessa aria: persa e affamata, come un cane smarrito. Aveva un gran bisogno di coccole – ne avevano bisogno tutti e due, a dire il vero.

Sei andato da lui – lo incalzò riabbassando gli occhi – e...? –

E mi ha rinchiuso nel mio peggiore incubo. –

Restare da solo? –

Sì. – disse piano – Lo sapevi già. –

Claire annuì. Anche lei aveva paura di restare da sola. Quella era forse la cosa che li univa di più e che li rendeva in un certo senso simili. Era un po' patetico, ma era così e basta.

Ci sono rimasto... due, tre anni... non lo so, il tempo scorreva in maniera diversa lì. Poi è arrivato Peter. –

Notò come avesse saltato a piè pari ogni riferimento al periodo trascorso da solo. Non gli avrebbe chiesto niente. Le si stringeva il cuore a immaginare cosa aveva provato, come era riuscito a sopravvivere a sé stesso.

E sono passati un altro paio d'anni, credo. –

Claire batté le palpebre: – Questo non me l'ha detto. –

Già, be', immagino non sia stata l'esperienza più esaltante del mondo. – fece vagamente sarcastico – All'inizio volevamo ammazzarci a vicenda. Poi abbiamo contemplato l'idea di suicidarci ognuno per contro nostro. Cercavamo una via d'uscita, ma semplicemente non c'era. –

Perché? – si sentì dire d'impulso, per poi chiedersi che razza di domanda fosse.

Perché non la volevamo. – disse Gabriel.

Aveva una voce strana. Claire lo guardò: aveva fatto una domanda che non doveva senza saperlo?

Io non credevo di meritarlo e Peter per una volta era d'accordo con me. –

Claire boccheggiò, incredula. Condannarsi a vicenda pur di eliminare Sylar dal mondo... sarebbero davvero arrivati a tanto? Si doveva essere folli solo per contemplare l'idea.

E avrebbe lasciato morire Emma? – disse senza fiato.

Sono quello che gli ha ammazzato il fratello. – le ricordò.

Sono quello che ha ammazzato tuo padre, dicevano i suoi occhi.

E un altro centinaio di persone innocenti, aggiunse lei.

Sylar era stato questo ed altro. “Era”: passato.

Tu non sei più... –

Non dirlo. – la interruppe in tono duro – Sono sempre io, e lo sai. Lo sapeva anche lui. –

Claire strinse le labbra, incapace di replicare. Poteva metterla come voleva, fare giri dialettici degni di un oratore, ma la realtà non cambiava: Sylar – il Sylar che conosceva – era il passato. Il vero dilemma era in che modo se lo fosse lasciato alle spalle.

Cos'è cambiato? – fece con voce malferma.

Peter mi ha detto una cosa. – sospirò esitante – Non so nemmeno se è vera... –

Ma tu ci hai creduto. – insisté – Peter ha detto che riguarda anche me. –

Claire... –

Ecco, anche lui ci si metteva adesso! Aveva capito che doveva essere una cosa tosta, ma insomma era adulta e vaccinata. Perché nessuno voleva mai dirle come stavano le cose? Avevano tutti una tale sfiducia nelle sue capacità di elaborazione dei colpi di scena?

Tutta questa storia è iniziata per questa cosa... io voglio saperla! – proruppe sentendosi una ragazzina petulante – Ne ho il diritto! –

Gabriel alzò le mani in segno di resa.

Mi sembra giusto. – disse, con l'aria di chi in realtà avrebbe voluto fuggire molto lontano da lì.

Quando Peter si è ritrovato in quel futuro alternativo, mi ha visto. Cioè, ha visto il me di quella realtà. Vivevo nella casa dei tuoi, in Texas. E avevo un figlio. Si chiamava Noah. –

Erano delle semplici frasi in inglese corrente. Periodi composti da verbo, soggetto e complementi vari. Niente di che. Allora perché stava tremando da capo a piedi?

I pensieri presero a vorticare.

Se quel racconto non è una balla... perché Peter può essersi inventato tutto, no?

E coinvolgere la sua adorata nipote? Nah...

Cazzo, quindi potrebbe davvero... no no no no no!

Tu hai pensato... –

Lei aveva pensato... chiunque avrebbe pensato...

Quello che ho pensato è che qualcuno era stato così folle da amarmi e fare un bambino con me. Mi sono detto che, se era vero, allora c'era una speranza anche per un fallito come me. –

Se era vero. Ma lo era? A Claire parve di sentire concreta tra loro quella domanda e la risposta scontata.

Ma quella era... –

Un'altra realtà, sì, e quello era un altro me. – disse pacato – E tu eri una vera stronza. –

Claire gli lanciò un'occhiata incenerente.

Non guardarmi così, sono le parole di Peter. – si difese lui.

Claire fece un bel respiro e tentò di fare mentalmente il punto della situazione. Il supercattivo del secolo era rinato dall'inferno perché era venuto a sapere da suo zio che in una realtà parallela si era redento e aveva avuto un figlio, presumibilmente da lei.

Stan Lee ci fa un pippa!

E lei che parte aveva in tutto questo? Cioè, a parte l'averlo spinto verso un'esperienza terribile ma catartica e bla bla bla.

Perché hai cercato me? – gli chiese schietta – Perché proprio io? –

Gabriel alzò le sopracciglia: – E chi altro? –

Un po' se l'era aspettata quella risposta.

Fece una piccola smorfia: – Così suona un po' disperato. –

Disse quella che si è offerta al suo aguzzino. –

Quello era un colpo basso. Anzi, bassissimo. Il colpo più basso della storia dei colpi bassi.

Claire arrossì violentemente e si ritrasse.

Non è divertente. – disse con voce malferma.

Stavo scherzando. – ridacchiò lo stronzo, avvicinandosi appena – Claire... –

Si alzò da lì e si allontanò, ferita. Poteva fare lo splendido quanto voleva: non avrebbe attaccato. Quell'argomento non doveva toccarlo.

Taci, Gabe. – lo ammonì.

Quello che hai fatto... – lo senti dire alle sue spalle.

Ti ho detto... –

Perché te ne vergogni? –

Claire fremette, non sapeva se di rabbia o vergogna o entrambe.

Oh, ma per favore! – biascico in tono stridulo e agitò le mani – È stato così... così... –

Gabriel non sembrava gradire quello che stava dicendo. L'afferrò per un braccio e la strinse contro di sé.

Così cosa? Mhm? –

Il corpo di Claire reagì al suo odore e al suo tocco. Si protesse con le braccia, non per paura di lui ma di sé stessa. Di quello che temeva di sentire.

Non voglio pensarci! –

Io sì. – le soffiò.

Eccolo lì, quello che non voleva sentire. Claire respirava a fatica. Gabriel non la stringeva, eppure lei quasi soffocava. Le era mancato da morire quel calore, e adesso era tutto lì, per lei.

Mi hai rifiutata. – bisbigliò in tono amaro, cercando di restare lucida.

Lo sentì sospirare sui suoi capelli.

E sono stato un coglione. Dovevo prenderti, era quello che volevi. –

Claire avvampò: – Non lo so nemmeno io quello che volevo. –

Lo sapevo io. Lo sentivo. –

Cos'hai sentito? – gli chiese atterrita.

Tutto. Ogni cosa che provavi. – le disse implacabile – Hai idea dell'effetto che mi ha fatto? –

Claire scosse la testa, ammutolita. Gabriel la prese per il mento e le sollevò il viso.

Eri lì. Per me. Con questo al collo e basta. Lo portavi addosso come un sigillo. –

Gabriel le aveva sfiorato il collo, laddove il nastrino si infilava nella scollatura. Claire trasse il ciondolo fuori dalla maglia con mani tremanti. Non era riuscita a disfarsene e se ne vergognava.

Eri disarmante, così pura in mezzo a tutto quel desiderio. – la sua voce si era fatta roca – Ma avevi paura e io sono capace di aggrapparmi a qualsiasi cosa pur di farmi male. –

L'aveva desiderata davvero? Come una donna?

Tu mi volevi? – gli chiese timida.

Sì. – disse semplicemente.

Ho ancora paura di te. – confessò.

Gabriel batté piano le palpebre: – Lo so. Sylar sarà... –

No, non di Sylar. – scosse la testa, sentendo improvvisamente le lacrime riempirle gli occhi – Lui ha solo spezzato la mia vita. Gabriel mi ha spezzato il cuore.* –

Le labbra di Gabriel si incresparono in sorriso amaro.

E non volevi nemmeno leggerlo quel libro. – commentò.

Claire non disse niente. Perché non c'era niente da dire. Posò il capo sul suo petto e se ne rimasero lì, abbracciati in mezzo al prato, incapaci di fare qualsiasi cosa che non fosse respirare vicini.

Dunque, era così che te l'immaginavi? Vi siete detti tutto quello che c'era da dire, e adesso? Che ne sarà di voi due?

Gabriel... –

Non ci provare. – sibilò con voce incrinata – Ho attraversato l'inferno per trovarti. Non credere che rinuncerò facilmente come hai fatto tu. –

Claire si trovò spaccata in due. Era irretita dalle sue parole e incazzata per la sua presunzione. Si ritrasse e lo guardò accigliata.

Io non l'ho mai fatto! Non ci riesco. – si morse il labbro, incapace di contenere le parole – Farai sempre parte di me, in un modo o nell'altro. Ormai me la sono messa via questa cosa. –

Gabriel la guardava con occhi stupiti.

Lo dici come se fosse una condanna. – scherzò.

L'amore è un po' una condanna. –

Pensala pure... che hai detto? –

Che ho detto?

Che ho detto? –

Gabriel sogghignò e Claire si sentì sprofondare. La strinse a sé cantilenando “sei fregata”.

Lei aveva tutta l'intenzione di protestare, ma lui non le lasciò molto margine d'azione. La baciò. Uno di quei baci mozzafiato che sapeva darle lui. Solo che stavolta risentivano di un mese di astinenza e Claire per poco non ci rimase secca. La lasciò con le gambe tremanti e il ventre contratto.

Nonostante questo, trovò la forza di piagnucolare.

Non è giusto... – gemette senza fiato – Io mi sono esposta e invece tu... –

Gli occhi Gabriel si accesero: – Io cosa? –

Tu... –

Sì? – insisté insinuante – Io cosa? –

Se c'era qualcuno che si era esposto, in tutta quella faccenda, era lui. Fin dall'inizio. Cos'era quel calore che tanto l'attirava? Le aveva messo in mano la sua anima. Ma Claire se ne rendeva conto solo in quel momento.

Annaspò alla ricerca di qualcosa – qualsiasi cosa.

Perché mi hai restituito la capacità di provare dolore? –

Gabriel represse un sorrisetto.

Per ripartire da zero. – disse tranquillo.

Lo guardò perplessa: – Io e te? –

Sì. –

Ma dici sul serio? –

Lui annuì con aria convinta.

Siamo due casi disperati. – gli fece notare.

Una volta qualcuno mi ha detto che vale sempre la pena tentare. –

Pare facile! –

Mhm... no, l'amore non è mai facile. –

Claire gelò. E poi si sciolse. Si aggrappò a lui per non cadere e si ordinò di riprendere a respirare, perché si era appena accorta di aver smesso.

Che? – pigolò.

Gabriel tentennò. Aprì la bocca come per dire qualcosa, poi scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. L'afferrò per un braccio e Claire sentì come un risucchio d'aria. Un attimo dopo si erano materializzati nella sua stanza del college.

Claire lo guardò allarmata mentre la spingeva contro il letto e ce la lasciava cadere sopra.

Che intenzioni hai? – balbettò, incapace di reagire.

Gabriel le scivolò sopra senza pesarle, come aveva fatto quella prima notte – come aveva fatto quell'ultima notte.

Riprendere un certo discorso. – mormorò sulle sue labbra.







* Cercava le parole. Gliele fornii mentalmente. ("Lui mi ha spezzato il cuore, tu hai solo spezzato la mia vita"). [Lolita]

   
 
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