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Autore: Bellis    12/01/2011    1 recensioni
Una casuale uscita serale di Sherlock Holmes all'Old Vic, in compagnia del dottor Watson e della sua amata consorte, vede il dramma rappresentato trasformarsi in una terribile realtà: riuscirà l'investigatore a venire a capo dei misteriosi ed intricati eventi? Quali nuovi pericoli saranno risvegliati da una vicenda tanto oscura?
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da quanto tempo, ormai, latito, non osando più mostrarmi nel fandom? Mi risponderò da sola: troppo. Scrivere è un'attività che mi è troppo cara, perchè io possa abbandonarla senza risentirne gravemente. Ho ancora molto in sospeso, (oggi è la giornata nazionale degli eufemismi...) ma, col permesso dei Lettori, vorrei concentrarmi su ciò che possa impegnare la mia mente e rinnovare la sua ormai sopìta fantasia. Gli aggiornamenti saranno potenzialmente lentissimi, le frasi tratte direttamente dal Romeo e Giulietta sono una mia personale traduzione.

Buona Lettura. Le ipotesi - come ben sa chi mi conosca - sono più che benvenute.


Il doloroso enigma della Compagnia Teatrale Prologo

"Perchè non vi fu mai storia più dolorosa di quella di Giulietta e del suo Romeo."
Escalo, principe di Verona (William Shakespeare, Romeo e Giulietta, Atto V, Scena III)


Se mai un luogo può farsi oceano e terra perchè tutti coloro che son lì raccolti possano vivere il tramestìo delle onde e godere poi della solida calma propria del bruno suolo, quello è il teatro. Mille anime sospirano all'unisono, ed in un momento il medesimo respiro aggrava e allevia i cuori rapiti con un dolce fardello. Il palcoscenico è l'incanto, e gli artisti son gli incantatori. Gli occhi fissano la scena, le menti si librano al di sopra delle gallerie e raggiungono d'un balzo, senza neppure avvedersi del magico tragitto compiuto, il pesante sipario.

Le stesse cortine scure hanno suggellato i monologhi d'Amleto straziato dal dubbio, la follia di Ofelia dopo la morte del padre, il dolore di Macbeth, la cui sorte maligna imponeva tragedia, e l'onesta promessa notturna che la casta Giulietta ed il suo Romeo si scambiarono.

Ed in quel giorno, proprio il giovane Montecchi viveva sulla scena, perduto e insieme salvato dall'amore per il suo unico odio: la bella figlia del rivale Capuleti. Viveva, ma era prossimo alla morte, l'afflitto: giacchè l'ovale adornato del nero del lutto e del rosso delle rose non era che un sepolcro, e Giulietta giaceva accanto al valoroso cugino Tebaldo, nella perfetta sembianza d'una composta morte, e nel sonno profondo di un mai rivelato inganno.

"Oh, amor mio, mia sposa." sospirò il ragazzo, gli occhi colmi di lagrime ed il petto sconvolto dal turbamento: ahimè, le parole di Baltassarre erano verità; non aveva egli subito l'influsso di un incubo grottesco, ma aveva realmente veduto il suo fiore, adornato da altri che al solo paragone sùbito appassivano, mentre veniva condotto, esanime, nella tomba della sua famiglia, per giacervi per sempre.

"La Morte, nel suggere il miele del tuo respiro, non ha trionfato sulla tua bellezza. Non ti ha potuta conquistare. L'insegna della Beltà è ancora vermiglia sulle tue labbra e sulle tue gote, ed il cinereo stendardo della Morte non è ancora disceso su di esse. Tebaldo!"

Romeo s'avvicinò all'azzurro velo che copriva il sembiante deturpato del parente la cui linfa vitale egli stesso aveva spanto.
"Sei tu a giacere là, nel tuo sudario insanguinato? Oh, qual migliore omaggio potrei renderti che quello di troncare la giovinezza di colui che ti fu nemico con la stessa mano che spezzò la tua? Perdonami, cugino!"

Ma le gemme che scure scintillavano in quel viso giovane eppur vecchio, liscio eppur segnato dai tanti affanni dell'amore, dell'assassinio, dell'esilio e della perdita, non potevano brillare, se non erano rivolte verso la fonte di luce che splendeva per lui, il suo splendido sole che mai sarebbe tramontato, seppur immobile, senza vita, raccolto in un posto così buio.

"Ah, cara Giulietta, perchè sei ancora così bella?" egli così rimpiangeva il doversi allontanare da lei, seppur con la promessa di rivederla, ove potessero uniti godere di una felicità celeste, "Debbo forse credere che la Morte immateriale ti tenga qui, nell'oscurità, per fare di te la sua amante? Per timore di ciò io rimarrò al tuo fianco, e non partirò più da questo palazzo di tetra notte. Qui, qui rimarrò, con i vermi, tuoi servitori. Oh, qui preparerò il mio eterno riposo e scuoterò il giogo delle funeste stelle da questa carne stanca del mondo."

Le si avvicinò, e le sue mani cercarono quelle fredde della sua sposa come palma aveva baciato palma, in quella gioiosa ma terribile serata di festa.

"Occhi, un ultimo sguardo."
E percorse il suo viso candido come se volesse incidere in quelle pupille ogni dettaglio e scolpire in una memoria indelebile ogni minimo particolare di quell'amata forma.
"Braccia, è l'ultimo abbraccio! E labbra, oh, voi, porte del respiro, suggellate con un virtuoso bacio l'eterno patto con l'insaziabile Morte."

La strinse a sè, piegandosi sul suo corpo, su di esso piangendo ed infine riappoggiandolo con infinita gentilezza, come una madre che culli l'adorato bambino sino a che il sonno discende sulle sue palpebre, rendendole pesanti, e la serenità regni nei suoi pensieri.

Il cupo accento dell'ombra invase il suo sguardo, ed una mano affondò nella sacca dove egli teneva il letale preparato che il povero erborista gli aveva venduto per pochi denari. Sollevò la boccetta stringendola tra le dita tremanti.

"Vieni, duro capitano, vieni, ripugnante guida! E tu, nocchiero disperato, dirigi d'un tratto la tua barca esausta e tormentata dal mare sulle rocce aguzze!"

Tolse all'ampolla cera e tappo e rimase a fissarla; era impietrito, come per un attimo scioccato od ammaliato da un improvviso pensiero. Per un istante, la maschera calò, e sotto a Romeo, comparve la Sorpresa, facendo capolino e poi ritornando a nascondersi vergognosa dietro alle gonne di Disciplina. Le iridi guizzarono verso la platea e verso il palco, per poi soffermarsi su Giulietta, o sul simulacro che quella rappresentazione aveva creato per lei.

Un'amarezza improvvisa si dipinse su quel volto, ed un sorriso melanconico minacciò di farsi strada in esso distruggendo ogni parvenza di autocontrollo.
Le mani tremavano davvero.

"Bevo... al mio amore."

Esitò ancora, e non era più Romeo, mentre tentennava nell'atto di seguir la sua diletta sposa dove nessuno avrebbe più osato separarli.
Si riscosse, infine, e in un sorso vuotò la fiala, che cadde a terra infrangendosi. La fronte s'imperlò presto di sudore ed il viso si fece pallido e contorto; coi lineamenti che fremevano, la mascella serrata, in un inutile tentativo di dissimulare l'agonia, l'uomo trovò il modo di trascinarsi verso il letto di pietra dove l'ignara giaceva: triste loro talamo nuziale per un riposo senza fine in un modo devastato dall'odio.

"Onesto speziale!... La tua mistura è... rapida." ansimò, in un bisbiglio, e carezzando il viso della sua innamorata, cadde in ginocchio, poggiando la fronte sul freddo marmo e ad esso esalando la sua ultima ed accorata preghiera.
"Così, con un bacio - io muoio."

Lasciò andare il suo respiro; ma Giulietta, o meglio, colei che dietro alla sua persona si celava, dal suo sonno tanto più lieve di quanto coloro che assistevano avrebbero potuto pensare, lo sentì distintamente sussurrare, mentre le membra convulsamente si accostavano al corpo ed egli s'accasciava al suolo, tremando ed artigliando con entrambe le mani la gola ed il petto: "Sia come tu vuoi. Servo tuo rimango... Per sempre."

Il capo si adagiò di lato sul caldo legno del pavimento illuminato, come vinto dalla stanchezza, finalmente libero dal dolore; pochi minuti dopo, un grande cuore cessò di battere.


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Orbene, quale teatral scena. Speriamo che i molti punti oscuri siano presto approfonditi, non Ti pare?

Ah, sì... I'm back. *sogghigna*



   
 
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