Tony si stava sistemando la giacca addosso con calma. Era un normale e noioso martedì mattina, un altro giorno di solite cose, un altro giorno di lavoro…come gli altri…stupida routine. Le porte dell’ascensore si aprirono davanti a lui che lentamente uscì dalla piccola cabina, dirigendosi al bullpen.
<< Buon
giorno >> disse, fingendo allegria, gli altri due
risposero al saluto mezzi assorti nei loro affari.
Alla sua destra Ziva sedeva completamente
sveglia, probabilmente era li dalle 5:00 del mattino come ogni giorno.
Tony
guardò verso di lei per un po’ mentre i ricordi
del giorno prima correvano
nella sua mente. Le sue scuse lo avevano fatto pensare tutto il giorno
e tutta
la notte e adesso aveva dei segni scuri sotto gli occhi segno della
“ bella ”
nottata passata. Ziva, sentendosi osservata, sollevò la
testa incontrado con lo
sguardo la figura di Tony che si era appena seduto alla sua scrivania.
Lei lo
guardò esattamente come lui aveva fatto poco prima con lei ,
pensando le stesse
cose. Quando la donna aveva alzato la testa prima, lui aveva
velocemente girato
la sua distogliendo lo sguardo e facendo finta di nulla. McGee come Tony era
arrivato da pochi minuti.
Ma Dinozzo non pensava a lui. Risollevò il capo guardando
alla ragazza davanti
a lui. Era una divertente e amara realtà quella che doveva
affrontare ogni
giorno…una verità che in un sacco di anni non
aveva potuto ammettere neanche
con se stesso…o forse è meglio dire che non
voleva ammettere quella verità…ma
poi…perché? Facile..perchè come un
ragazzino di quindici anni lui aveva paura.
L’eterno Peter Pan che era lo bloccava..ma ormai era stanco
di nascondersi. La
verità…la stupida
verità…era che il bacio che lei gli aveva dato il
giorno
prima..lui non lo voleva sulla guancia, ma non era così
uomo, non aveva
abbastanza coraggio per andare e prenderselo dove lo
voleva…dove entrambi
volevano. Eppure era così evidente così palese,
che non erano solo semplici
colleghi…lei lo capiva meglio di chiunque altro, poteva
leggere la sua anima
solo guardando nel profondo dei suoi occhi, e non si era mai fermata al
suo
allegro e infantile modo di fare…sapeva quando stava
soffrendo ed era abile a
capirne anche il motivo. Se qualcosa succedeva nella sua vita lei lo
notava
subito e si preoccupava per lui, sempre. Quindi, perché si
stava facendo
scappare quell’opportunità? Solo per una stupida
paura? Per quello stupido
orgoglio, lo stesso che impediva a lei di essere completamente sincera
con se
stessa e che non le permetteva di lasciarsi andare. Abbassò
di nuovo gli occhi
sullo schermo del pc guardandolo senza vederlo. Quelle due menti
viaggiavano su
binari più simili di quanto entrambi non credessero, la ragazza pur sentendosi
di nuovo osservata
per qualche istante, non sollevò il capo, in lei una guerra
molto più aspra si
dibatteva senza trovare una pace che la portasse a una decisione. O
meglio lei
la decisione l’aveva presa non aveva mai preso in
considerazione l’idea di
vedere Tony come più di un collega eppure, a volte, spesso
ormai per la verità
le sembrava solo di mentirsi spudoratamente, la capacità di
quell’uomo di farle
perdere il controllo ogni tanto la faceva impazzire, perché
poi ogni qual volta
succedeva qualcosa di simile la guerra dentro se si inaspriva.
“ la regola
numero 13, la regola, è la regola ” continuava a
ripetersi cercando di
convincersi “ sarebbe tutto storto tutto sbagliato, siamo e
dobbiamo essere solo
colleghi ” già
ma poi perché? Chi lo
diceva quello? Si sorprese a fare quei pensieri e velocemente
cercò di
liberarsene dalla mente, la infastidiva anche solo il fatto che ci
riflettesse
su, insomma doveva essere così e basta! Loro erano solo
colleghi punto!
Cos’erano tutti questi pensieri. Ma come volendosi vendicare
della brusca
cacciata dalla mente della ragazza quelle riflessioni tornarono in
breve sulle
ali di una frase che parve vibrare nel tempo fino a lei quel giorno.
“ Non posso
vivere senza di te ”. Come ogni volta che le tornavano in
mente, quelle semplici
parole fecero immobilizzare tutto il suo sistema di super controllo
personalità
e sentimenti in perfetto stile Mossad. “ non è
più ritornato sull’argomento in
ogni caso ” cercò di giustificarsi provando a
sbloccare il sistema poco prima
inceppato. In breve quello ricominciò a funzionare facendo
tornare la ferrea
lucidità in Ziva ma, come ogni volta che subiva uno
scossone, ripartiva più
lento e più incerto creando solo altri dubbi nella donna. Ma
in una cosa ancora
serviva bene…all’esterno di lei non traspariva
nulla. Digitava tranquilla i
tasti sulla tastiera come sempre in piena serenità.
Alzò un momento uno sguardo
su Tony
<< Silenzioso oggi? >> fece notando il
lungo silenzio
dell’agente solitamente più rumoroso. Tony
alzò il capo con un sorriso sarcastico
<< Non ho niente da dire >> rispose facendo
spallucce e inarcando le
sopracciglia
<< Tu hai sempre qualcosa da dire >>
rimbeccò la donna
mentre finiva di cancellare le mail inutili dal suo pc. Tony rise poi
approfittando della distrazione della ragazza accartocciò
una pallina di carta
e, con precisione la tirò verso di lei prendendola sul
capo.
<< Ehy >>
sbottò irritata Ziva prendendo “l’arma
del delitto” e
buttandola nel cestino.
<< Visto che ti infastidiva il mio
silenzio >> rispose Dinozzo il solito sorrisetto sul viso
che le faceva
saltare i nervi. Stava per rispondere quando Gibbs entrò a
passi lunghi, veloci
e felpati nel bullpen.
<< Prendete la vostra roba >>. Il team
scattò
su prendendo le loro borse e agendo come fossero un'unica persona, un
unico
corpo. Gibbs senza farsi notare sorrise soddisfatto prendendo anche lui
il suo
giaccone.
<< Una chiamata d’emergenza della figlia di un
marine da un luna
park >> fece avviandosi all’ascensore e
entrandoci seguito a ruota dagli
altri tre
<< Cosa le è capitato? >>
domandò Ziva
<< hanno rapito
il fratello >> fu la risposta secca di Gibbs.
A kilometri di distranza Jen
Parker chiudeva la comunicazione dal suo cellulare, cominciando a
guardarsi
intorno; Kevin era lì proprio accanto a lei, era sempre
stato con lei ma, non
appena aveva voltato le spalle per prendere i biglietti per la giostra
lo aveva
visto allontanarsi, e sparire tra la folla inseguendolo poi aveva fatto
a tempo
a vedere che veniva trascinato via da un uomo alto e corpulento, dai
capelli
scuri sempre di spalle, un’altra corsa forsennata aveva
preceduto la sua
chiamata ma non l’aveva trovato e capendo che aveva bisogno
d’aiuto aveva
chiamato l’NCIS. L’agenzia le aveva detto di stare
dov’era ma lei non ci
pensava proprio, era il suo fratellino, il suo Kevin, avrebbe fatto di
tutto
per trovarlo. Così velocemente riprese a vagare per il luogo
studiando ogni
mossa di quel giorno con la sua memoria…