Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Rota    22/01/2011    5 recensioni
-Levati subito quei dannati occhiali o te li rompo io!-
Era mattina ed era nervoso – terribilmente nervoso. Il fatto che avesse preso la prima scusa disponibile per urlargli contro lo testimoniava.
Semplicemente, Kiba aveva sempre odiato quegli occhiali. Neri, rigidi, fissi sul fiso di Shino, e non li aveva odiati tanto perché gli ricordavano, ogni secondo, che l’Aburame era ancora più cieco di una talpa al sole, ma tanto perché li aveva sempre trovati frustranti: Shino aveva la capacità di barricarsi, nel suo silenzio, divenendo inaccessibile e incredibilmente distante, tanto da essere quasi irraggiungibile; quegli occhiali maledetti erano quel qualcosa che lo allontanava ancora di più da lui, fornendogli un altro muro da mettere tra loro – e Kiba era davvero poco, poco paziente.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kiba Inuzuka, Shino Aburame | Coppie: Shino/Kiba
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
*Autore: margherota
*Titolo: The reason
*Fandom: Naruto
*Personaggi: Shino Aburame/Kiba Inuzuka
*Prompt: "Levati subito quei dannati occhiali o te li rompo io!" "Il tuo è un approccio decisamente poco appropriato, Kiba..."
*Genere: Romantico, Introspettivo
*Avvertimenti: Yaoi, Lime, AU, One shot, What if…?
*Rating: Arancione
*Note: Lyrics: “The reason”, degli Hoobstank
Per il compleanno di Mister Aburame. Avevo bisogno di loro due, ne avevo fisicamente bisogno. Non potete comprendere quanto significhino, per me, questi due personaggi. È qualcosa che viene da dentro (L)
Volevo dedicare questa fan fic ad alcune persone.
A Any Ikisy, perché semplicemente penso sia una persona molto, molto gentile e molto cara e incredibilmente apprezza lo ShinoKiba probabilmente anche grazie a me.
A beat, perché anche se probabilmente oggi non riuscirà a pubblicare qualcosa per il compleanno di Shino lo ama e lo ha amato quanto lo amo e l’ho amato io.
A chiunque si ricordi cosa succeda il 23 Gennaio. Chiunque porti un piccolo Shino Aburame nel proprio cuore. (L)(L)

I'm not a perfect person
There's many things I wish I didn't do
But I continue learning
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know


Era sempre stato così – sempre, da che entrambi conservavano memoria di quel che era stato tra di loro, loro intesi come coppia. A livello psicologico, Kiba dipendeva da Shino – a livello fisico, Shino dipendeva da Kiba: questa realtà toccava ogni singolo aspetto della loro vita. E non che fossero riusciti ad accettare l’evidenza dei fatti come se fosse una cosa naturale e necessaria, come se in realtà tutto funzionasse a meraviglia semplicemente perché ancora, dopo tutti quegli anni di convivenza, erano sopravvissuti l’uno all’altro. A Shino erano serviti anni per ammettere di provare un certo piacere nella passività fisica che viveva in quasi tutti i rapporti sessuali con il patner, mentre a Kiba certo non faceva piacere avere una specie di padrone che lo indirizzasse nelle scelte – cercando di evitare che si strangolasse con le proprie mani o facesse qualche benemerita cazzata colossale – senza riuscire a esserne totalmente dipendente. Per il loro orgoglio quella era stata una prova davvero ardua, qualcosa che avevano accettato a grande costo.
Ma i problemi non erano certi finiti lì.
I caratteri che si ritrovavano non erano per nulla conciliabili l’uno con i difetti dell’altro. Kiba avrebbe sicuramente preferito più partecipazione, quantomeno affettiva, che non lo costringesse a fare l’amore con un palo frigido che ogni tanto si ricordava di dover respirare. Shino, d’altro canto, era largamente stufo di fare da balia a un ventottenne con un’evidente complesso di Peter Pan che non sapeva neanche andare in banca a fare un prelievo senza una scaletta di cose da fare preparata dalle sue mani.
Litigavano spesso e in maniera violenta, senza bisogno di dover alzare la voce o far volare oggetti – ma Kiba amava sbattere la porta e Shino adorava gesti simbolici come schiaffi o versare sopra la testa dell’altro liquidi di ogni genere. Il più delle volte, finiva con lo sfratto istantaneo dell’Inuzuka – l’appartamento apparteneva a Shino, alla fine – che poteva durare anche diversi giorni, con conseguente peregrinare dell’uomo a casa di amici prossimi e nervosismo a palate. La più lunga crisi era durata per quasi una settimana, dopo di che Shino Aburame aveva raggiunto il fidanzato, aveva preso le sue cose dall’appartamento di un certo Uzumaki e senza dire una sola parola di scuse aveva riportato Kiba a casa. La prima cosa che aveva fatto Kiba nell’entrare nuovamente in quell’appartamento maledetto era stata quella di spalmarlo contro il muro, calargli i pantaloni e scoparselo lì, inchiodando i suoi polsi alle mattonelle e sentendo il suo respiro pesante diventare sempre più profondo e roco. La seconda era stata quella di spalmarlo invece sul tavolo della cucina, la terza sul divano, la quarta sul tappeto, la quinta finalmente sul letto della loro stanza.
Anche quello, alla fine, faceva tutto parte dei piani – sicuramente, sarebbe stato molto più difficile affrontarsi ancora una volta sul piano verbale: sicuramente troppo rischioso per l’equilibrio della coppia. Allora la parte razionale, ovvero Shino, semplicemente rinunciava alla propria supremazia, onde evitare che tutto quel poco che ancora teneva su la baracca andasse perduto totalmente. Allora la parte fisica, ovvero Kiba, si rendeva conto delle responsabilità proprie che aveva nel rapporto, a regolare come su una bilancia sentimenti e sensazioni.
Quello era ciò che sempre era stato e sempre era successo.

***************************************************

-Levati subito quei dannati occhiali o te li rompo io!-
Era mattina ed era nervoso – terribilmente nervoso. Il fatto che avesse preso la prima scusa disponibile per urlargli contro lo testimoniava.
Semplicemente, Kiba aveva sempre odiato quegli occhiali. Neri, rigidi, fissi sul fiso di Shino, e non li aveva odiati tanto perché gli ricordavano, ogni secondo, che l’Aburame era ancora più cieco di una talpa al sole, ma tanto perché li aveva sempre trovati frustranti: Shino aveva la capacità di barricarsi, nel suo silenzio, divenendo inaccessibile e incredibilmente distante, tanto da essere quasi irraggiungibile; quegli occhiali maledetti erano quel qualcosa che lo allontanava ancora di più da lui, fornendogli un altro muro da mettere tra loro – e Kiba era davvero poco, poco paziente.
Era mattina ed era nervoso – terribilmente nervoso. Il fatto che avesse preso la prima scusa disponibile per urlargli contro lo testimoniava.
Shino, come al solito, aveva preferito alzarsi e vestirsi in dieci minuti scarsi piuttosto che dargli un singolo bacetto di buon giorno, arrancando la scusa che, se mai glielo avesse concesso, Kiba gli sarebbe saltato addosso per qualcosa di più lungo e lui avrebbe fatto ritardo a lavoro. Erano già cinque giorni di fila che lo faceva, e Kiba questa cosa non la digeriva più di tanto.
Era mattina ed era nervoso – terribilmente nervoso. Il fatto che avesse preso la prima scusa disponibile per urlargli contro lo testimoniava.
Il lavoro lo stava distruggendo, in quei giorni, tanto che non era neanche riuscito a fare la spesa dopo, accasciandosi invece sul divano di casa e vegetando lì, aspettando che l’Aburame rientrasse a sua volta e facesse la spesa, lamentandosi puntualmente che non ci fosse abbastanza per fare un pasto decente ed equilibrato. E anche quella mattina lo aveva fatto, constatando che i cereali che tanto gli piacevano erano finiti e la scatola era stata buttata via – la mattina, tendenzialmente, non aveva abbastanza cattiveria per lamentarsi, e invece quel giorno ci era riuscito.
Era mattina ed era nervoso – terribilmente nervoso. Il fatto che avesse preso la prima scusa disponibile per urlargli contro lo testimoniava.
E sicuramente Shino non lo aiutò, proprio per niente, chiudendosi ancora una volta in sé stesso e lasciandolo solo con la propria frustrazione.
Si sistemò gli occhiali sul naso, alzando un solo sopracciglio.
-Il tuo è un approccio decisamente poco appropriato, Kiba... Cerca quantomeno di non scaricare addosso a me il tuo nervosismo…-
Lo lasciò lì come un baccalà, con il cappotto ancora mezzo aperto e la borsa tra le dita, senza altro che il nervosismo addosso: lui aveva ancora dieci minuti per prepararsi, a differenza sua.
Kiba, nel vederlo allontanarsi, nel vedere le sue spalle composte e rigide dirigersi verso la loro stanza da letto – dove erano stati predisposti giacca, cravatta e gli ultimi indumenti – dapprima restò zitto, quasi incredulo, poi semplicemente si volse verso l’esterno e sbatté la porta con violenza, bestemmiando qualcosa ad alta voce.

Gli uffici dove lavorava Shino gli avevano sempre fatto provare un certo timore. Considerando che era lo stesso luogo dove aveva lavorato anche lui, tempo addietro, non lo aiutava a sentirsi a proprio agio. Era lì che lui e Shino si erano incontrati e conosciuti, ed era fondamentalmente sempre lì che ogni cosa aveva avuto inizio, tra di loro. Proprio quella volta nello sgabuzzino, dove Shino l’aveva trascinato nel tentativo di fargli prendere la scopa e fargli pulire il macello che aveva fatto per colpa di un caffé e di un collega poco disponibile – quella volta nello sgabuzzino, dove aveva capito che non avrebbe mai più baciato altre labbra che le sue.
Eppure, la sensazione di non essere al proprio posto permeava e rimaneva sotto la pelle, sgradevole e insistente.
Con un sospiro, Kiba entrò nell’edificio, con la chiara e inequivocabile intenzione di uscirvi il prima possibile. Alla fine, il suo compito era uno solo e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di prolungare quell’agonia con chiacchiere inutili o altra roba assolutamente non necessaria.
Vide alcuni volti conosciuti, gente che aveva condiviso con lui il reparto e l’ufficio – tirò dritto, senza considerare i lievi sorrisi di scherno che avevano piegato le loro labbra.
Non era lì per loro, anche se gli costava fatica il rinunciare a spaccargli la faccia a suon di craniate.
Prese l’ascensore. Terzo piano, corridoio a sinistra, tre porte a destra: sapeva a memoria il tragitto per arrivare all’ufficio di Shino, era rimasto quello in cinque anni di lavoro. Sperava solamente che, data l’ora inconsueta, non ci fosse poi così tanta gente da fargli da pubblico. L’Aburame amava tardare, finendo anche il lavoro che non gli toccava giornalmente. Diceva che, così facendo, nel caso lui avesse avanzato la richiesta di qualche giorno di riposo in momenti dell’anno assolutamente inconsueti, il suo capo non avrebbe potuto rifiutargli nulla.
Lo zelo per qualche giorno assieme a lui. Lo scherno e l’antipatia dei propri colleghi per qualche ora in sua compagnia.
Ogni tanto Kiba si rendeva dolorosamente conto di essere amato anche in maniera eccessiva.
L’ascensore gli ricordò di essere arrivato al piano desiderato con un trillo poco allegro. Lui con uno sbuffo scese e si incamminò lesto verso la propria meta.
Fu davanti alla porta di legno scuro – lì, dove una bella targhetta con il suo nome inciso faceva la sua sporca figura – che tergiversò per non più di cinque secondi netti. Poi abbassò la maniglia e fu dentro la stanza.
-Aburame! Sei ancora a lavoro?-
Shino ebbe un piccolo balzo di sorpresa nel ritrovarsi di fronte il proprio fidanzato, con un’evidente espressione strafottente in volto. Ma non fu abbastanza veloce da chiedergli la ragione di quella strana visita: Kiba lo anticipò.
-Stamattina eri così nervoso che ti sei scordato la tua sciarpa!-
Penzolante, la sciarpa scura dell’Aburame stava placida tra le dita di Kiba e questi, nel chiudersi la porta alle spalle e nell’avanzare come una furia verso di lui, gliela sbatté praticamente in faccia, fin troppo sicuro di sé.
-E dopo rompi le scatole a me perché sono distratto, quanto tu sei il primo a dimenticarti roba in giro! Ah, ma per fortuna ci sono io! Per fortuna ci sono io!-
Shino guardò a lungo la sciarpa che l’altro aveva depositato malamente sulla sua scrivania, ricordandosi gli eventi di quella mattina. Non sorrise, ma appoggiò quanto aveva in mano sulla superficie orizzontale, senza aggiungere una sola parola in merito.
Quella sciarpa era un regalo di Kiba – uno dei primi in assoluto – e lui l’aveva sempre custodita con estrema gelosia.
Alzò lo sguardo al compagno, serio in volto.
-Sei venuto fin qui solo per ricordarmi di essere sbadato?-
Kiba restò muto per qualche secondo. Ogni spavalderia era stata sgonfiata dal tono asettico e perfettamente asciutto dell’Aburame, quasi la gloria dell’Inuzuka non fosse altro che inezia per le formiche. Shino aveva la perfetta capacità di riportarlo con i piedi per terra, facendolo sentire il misero pezzente che era – e questa era una delle sue caratteristiche più odiose.
Ma Kiba non demorse, troppo sicuro di sé.
-Dopo di questa non potrai più farmi la paternale! Anche tu dimentichi le cose a casa!-
Shino non si smosse dalla sua posizione, guardandolo in faccia quasi fosse impazzito.
-Capita che io sbagli, sono umano anche io. Ma almeno non faccio dell’errore la regola, Kiba, come invece fai tu…-
Kiba alzò la voce, inconsciamente e senza rendersene conto. Era irritato, quel giorno era fin troppo irritato, e Shino non aiutava in nulla, tantomeno a mantenere la calma.
Lui e quella sua maledettissima aria di superiorità stampata in viso. Lo avrebbe riempito di pugni solo per vederlo deformato e vedere qualche altra espressione sulle sue labbra.
-Non sarebbe più semplice ringraziare e basta?-
Shino incrociò le braccia al petto, abbassando ancora di più il tono della propria voce.
-Non puoi bullarti di meriti che non hai, Kiba…-
Si guardarono in cagnesco per diversi secondi, senza dire una sola parola – Kiba respirava pesante mentre Shino sembrava non lo facesse affatto. Ma quando l’Inuzuka si mosse, Shino fece uno scatto sulla sedia e riuscì ad afferrarlo per il polso, pietrificandolo lì.
-Non andare, non abbiamo ancora finito di parlare…-
Shino teneva lo sguardo fisso sulla sua persona, ed era evidente che doveva dirgli qualcosa. Ma Kiba era ancora troppo scosso, aveva ancora troppa rabbia in corpo per guardare queste piccolezze.
-Non penso proprio! Sono stufo di sentirti sparare stronzate, Shino!-
Poi, Shino fece qualcosa che sbollì completamente l’irritazione e la furia dell’altro.
Benché la presa al suo braccio fosse ben più che salda, il tono della voce si fece quasi accondiscendente – quasi dolce, per quanto l’Aburame potesse esserlo di suo.
-Sei venuto davvero fin qui solo per darmi la sciarpa, Kiba?-
Kiba realizzò a quel punto quanto effettivamente fosse stata stupida una simile azione.
Eppure lo aveva preso il panico quando, nel rientrare dal lavoro, aveva visto la sciarpa di Shino ancora appesa al suo posto, lì dove mettevano cuffie e giacche. Aveva pensato a tutte quelle volte che Shino si ricopriva di strati e strati di maglioni, maglie e quant’altro, sembrando così un piccolo bozzolo ambulante. Aveva ricordato alle sue mani fredde d’inverno e alle creme che metteva ogni mattina per la pelle screpolata, profumando di cocco e vaniglia per diverso tempo. Aveva ricordato tutto quello, e gli era venuta l’apprensione – senza pensarci tanto e senza pensare a nulla, era quindi corso da lui.
Ora, però, si vedeva quasi costretto a balbettare, con le carte scoperte e l’orgoglio finito chissà dove.
-Sì, beh… Sì, certamente! Mi pare ovvio! Sei tu quello sempre freddoloso, Shino! Non mi va poi di accudire un malato che tossisce ogni cinque secondi e ha il moccio al naso! Sarebbe disgustoso!-
L’Aburame non disse niente per qualche lungo, interminabile minuto, cosa a lui abituale ma che esasperava fino alla follia Kiba.
Difatti, questi borbottò con ancora più veemenza.
-Sì, ti ho portato la tua maledetta sciarpa! Sono venuto qui solo per la tua stramaledetta sciarpa! Esatto, sono uno scemo! Contento? Hai vinto tu! Ora però dimmi qualcosa!-
Shino continuò a guardarlo in silenzio, senza alleviare la sua pena con qualche concetto astruso sulla psicologia animale e sul significato intrinseco dei suoi malsani comportamenti da decelebrato.
Eppure, all’improvviso, Shino sorrise – un sorriso lievissimo, appena accennato – Shino sorrise e Kiba divenne muto.
-Vieni qui, Kiba…-
Shino lo attirò a sé con un semplice e leggero movimento del polso, e Kiba ubbidì, incapace di dire altro o di pensare ad altro.
Sorrise ebete, ad un certo punto, considerando che da vicino l’Aburame faceva tutto un altro effetto. Era la stessa sensazione – lo stesso groppo allo stomaco – che lo prendeva quando lo guardava la mattina, quando lui era ancora addormentato e Kiba aveva per la testa chissà quali strane cose e quindi non riusciva a riposare. Lì Shino era rilassato, tranquillo, senza nessuna espressione severa sul viso e nessuna parola perfida sulle labbra. Era semplicemente bellissimo.
Gli sorrise, lasciandosi toccare con quel tocco leggero tipico di lui sulle spalle, lasciandosi spogliare della giacca e della cuffia che teneva in testa. Lasciandosi baciare poi sulle labbra, piano e con reverenza, con quell’amore delicato e intenso che Shino sapeva regalargli.
Eppure, ebbe ancora qualcosa da ridire.
-Levati subito quei dannati occhiali o te li rompo io!-
L’Aburame restò muto e fisso per qualche secondo, poi, reprimendo un sogghigno davvero poco pertinente, lo riprese esattamente come aveva fatto poche ore prima.
-Il tuo è un approccio decisamente poco appropriato, Kiba...-
Kiba sorrise, circondandogli la vita con un abbraccio forte e possessivo.
Lontani, gli occhiali colorati vennero buttati via.
-Ma sta zitto, idiota!-

Shino non amava mescolare vita pubblica e vita privata – lavoro e intimità.
Ma quando Kiba lo aveva spinto contro la sua sedia, obbligandolo a sedersi e sedendosi sopra di lui a sua volta, non aveva protestato minimamente. O meglio, non ne aveva avuto il tempo, dacché Kiba si era premunito di tappargli la bocca con le proprie labbra.
Non avrebbe permesso ad altre parole di separarli. La voce di Shino era bella e calda solo quando gemeva – Kiba ne era assolutamente convinto.
L’Aburame gli circondò la vita con le braccia, lasciando che i loro corpi aderissero meglio. Sentì il suo cuore accelerare, sentì il proprio cuore fare lo stesso nel medesimo tempo.
E anche se la sicurezza di una porta chiusa non era propriamente certa, Shino non disse nulla né fece nulla quando Kiba cominciò a sbottonargli la camicia, andando a sentire ancora una volta quanto fosse morbida la sua pelle.
Gli succhiò la lingua, facendolo mugugnare. Venne morso al labbro, e lo guardò davvero male, pieno di rimprovero – ma lui sogghignò riprendendo a baciarlo, con le mani che lo toccavano ovunque.
Gli accarezzò la schiena, come sapeva che gli piacesse tanto, lungo tutta la colonna vertebrale e poi più ampiamente a livello dei reni, facendolo tremare appena.
Aveva gli occhi fissi su di lui, ricambiato con lo stesso sguardo intenso e coinvolto. Venne morso ancora quando infilò le mani nei suoi pantaloni, ma anziché fermarsi lo prese più saldamente e mosse lui e il suo bacino contro di sé, assottigliando lo sguardo come in una minaccia. Poi lo strinse, lasciandosi leccare e mordere e baciare ancora tante volte.
Kiba fu nudo tra le sue braccia ben presto, troppo contento di quel nuovo contatto per ricordarsi cosa fosse il pudore o qualcosa di simile.
Lo baciò sul collo, lo baciò sul petto, sulle braccia e sulle spalle. Gli baciò la pelle, le mani e le dita, il naso e la fronte, senza riuscire a fermarsi. E lui rideva, facendo lo stesso e facendolo altre tre volte.
Shino, quando si prendeva bene durante il sesso, era qualcosa di assolutamente magnifico. Dimenticava per un attimo le sue regole tanto preziose, lasciandosi trascinare dall’impeto di passione così caratteristico di Kiba – ma era perfettamente cosciente di sé e di chi gli stava attorno, dei propri e altrui sentimenti. Questa era una delle cose più meravigliose di lui. Una delle tante ragioni per cui Kiba non avrebbe mai e poi mai rinunciato a lui.
Scese su di lui, baciandogli quanto possibile e facendolo vibrare fin nelle ossa, godendo dello sguardo attento che teneva incollato alla sua persona. E se con la mano si divertiva a stuzzicarlo nella voglia che teneva nascosta nei pantaloni, con le labbra lasciava segni rossi visibili e compromettenti ovunque.
Almeno finché Shino non lo prese di peso e lo fece sdraiare sulla propria scrivania, facendolo ridere come un animale e facendo volare per terra fogli, biro, matite e quant’altro.
Decretando così il vero inizio di tutto.

-Sono riuscito a prenotare una cena…-
A Shino piaceva ostentare calma, dopo i rapporti: sembrava lo facesse stare bene.
Così, mentre Kiba se ne stava ancora sdraiato e sudato – nudo – sopra la sua scrivania, lui era completamente vestito e si sistemava la cravatta al suo posto.
L’Inuzuka, d’altronde, riuscì a dire qualcosa di vagamente sensato ripetendo a eco le sue parole.
Aveva ancora addosso l’odore fortissimo dell’Aburame.
-Una… cena?-
-Sì, per stasera…-
Ci fu una pausa prolungata, nella quale Kiba riuscì persino ad alzarsi a sedere e a guardarlo in faccia. Un poco stralunato, un poco sorpreso.
Poi intuì qualcosa e si rabbuiò, cominciando a sentire sotto le dita il pizzicore dell’irritazione.
-Dimmi che non è per questo che eri così teso in questi giorni o potrei seriamente picchiarti!-
Shino borbottò, guardandolo torvo a sua volta.
-Non sono riuscito per cinque giorni di fila…-
Il desiderio che tutto fosse perfetto. Il desiderio di essere perfetto.
Shino era un uomo dalle grandi pretese, e sicuramente un uomo con una grandissima – smisurata – autostima. E proprio per questo soffriva di crisi isteriche nel momento in cui qualcosa nei suoi perfetti piani malvagi andava storto.
Era probabile che il suo nervosismo fosse dovuto a un ritardo non programmato e per questo davvero fastidioso.
Kiba sospirò quasi rassegnato, immaginando il compagno alle prese con una guida telefonica e un elenco infinito di numeri di ristoranti.
Sorrise, riagganciandosi al suo corpo con braccia e gambe, strofinandogli il muso contro il collo.
-Potevamo farlo assieme, se ci tenevi così tanto…-
Non lo vide fare una smorfia quasi disgustata, nella prospettiva di impiegarci ancora più tempo e dover subire ancora più sconfitte. Ma glissò con molta grazia e molta gentilezza la cosa, rifilandogli la scusa ufficiale.
-Era una sorpresa, in realtà…-
Si sentì stringere con più forza dalle sue mani e indovinò un sorriso sulle sue labbra.
Puro e sincero.
Kiba sapeva che il proprio ragazzo aveva fatto tutto quello per festeggiare assieme quel giorno, ma non poté trattenersi da una promessa quasi rituale, che sanciva chi fosse da festeggiare.
-Domani è il tuo compleanno, giusto? Ti farò un regalo che non potrai dimenticare! Mai e poi mai!-
Shino lo strinse a sua volta, sorridendo lieve.
-Impegnati, Kiba. Hai una notte intera per pensare a cosa farmi…-
A quel punto Kiba sollevò il viso, guardandolo male in volto e con un ghigno che non prometteva esattamente sonno e riposo, per quella notte.

Recando ognuno i propri difetti, non potevano far altro che valorizzare i sentimenti e le piccolezze che li rendevano uniti.
Recando ognuno i propri pregi, non potevano far altro che godere dei sentimenti sinceri che li portavano, ogni volta, a stringersi le mani e a ricercarsi quasi con disperazione..
Quello, alla fine, era il loro modo per essere imperfetti assieme.
E la ragione di tutto quell’affanno era semplicemente che non erano così forti da saper rinunciare l’uno all’altro.

I'm not a perfect person
There's many things I wish I didn't do
But I continue learning
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Rota