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Autore: CP Coulter    04/02/2011    2 recensioni
Spin-off di Glee ambientato dopo Furt. Kurt inizia un nuovo capitolo della sua vita alla Dalton Academy per Ragazzi. Blaine, Wes, David, e i ragazzi di Windsor faranno diventare la sua vita (nel bene e nel male) molto più vivace di quanto non si aspettasse.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve, sono So, la vostra traduttrice. Dopo la mia iniziale eccitazione per la traduzione del primo capitolo, sono arrivati i problemi. L’influenza e lo studio pre-esame mi hanno reso le cose difficili, e non sono molto fiera di come ho affrontato questo capitolo. Mi dispiace, perché io amo profondamente ‘Dalton’, e vorrei trasmettere tutto il mio amore a voi. E vorrei farlo anche in tempi brevi – cosa che non mi riesce quasi mai. Giusto per darvi un’idea, ho avuto problemi anche con il titolo, che nella versione originale è ‘Warbling’. Warbling significa letteralmente ‘cinguettare’, il che ha senso se pensiamo che un warbler è un uccellino. Ma Warbler è anche il nome del Glee Club della Dalton, quindi ‘warbling’ potrebbe essere ‘cantare come un Warbler’ o qualcosa di simile. …e per qualche strana ragione a me ancora sconosciuta, ho deciso di tradurre il titolo con ‘cantando’. Il che mi fa arrabbiare non poco, dato che odio quando i titoli vengono stravolti rispetto all’originale. Dopo questa piccola spiegazione, mi rimane solo da dire che mi riscatterò con il prossimo capitolo – personalmente, uno dei miei preferiti.
Buona lettura.
 

DALTON

Cantando

Sono Kurt. E questa è la Dalton Academy.

Come potreste sapere, mi sono appena trasferito qui per evitare alcune… difficoltà alla McKinley. Mettiamo in chiaro: amo il Glee Club della McKinley – ma la verità è, è arrivata la peggiore delle ipotesi e adesso… eccomi qui. Sono ufficialmente uno studente della Dalton.

Blaine, David, e Wes mi stanno aiutando ad abituarmi a come funzionano le cose qui, ma dopo aver incontrato i gemelli e visitato Windsor, comincio ad essere un po’… preoccupato. E a quanto ho capito, questo è solo l’inizio.
 
Spero solo di capire dove sono finito.


­­
Blaine, guardando il libro che aveva appena tirato fuori dalla pila, girò l’angolo e si scontrò con una figura che stava aspettando il momento giusto per parlargli in privato. Guardò in su, sorpreso, e poi immediatamente roteò gli occhi. “Dwight! Ti ho detto un milione di volte di smetterla di nasconderti tra gli scaffali.”
 
“Blaine,” sibilò il ragazzo appena più alto di lui, decisamente più magro, così pallido da sembrare quasi traslucido, l’unico colore su di lui era quello delle sue labbra (rosse a causa del continuo morderle nervosamente), e di quei capelli corvini che contrastavano intensamente contro il suo pallore. “Devo parlarti!”
 
“Credevo che non fossi più ammesso in biblioteca,” ricordò Blaine. Immaginava che qualcuno che lancia sale sugli scaffali non fosse un incidente che lo staff della biblioteca avrebbe ignorato.
 
Dwight, irritato, fece un gesto con la mano come a dire che erano cose di poco conto. “Si si vabbè, mi serve il mio materiale di ricerca. Sono così vicino all’esorcizzare il campanile una volta per tutte.”
 
“Guarda, Dwight, per quanto interessante questo possa essere…” Blaine roteò gli occhi e diede un’occhiata veloce alla bibliotecaria che stava iniziando a chiedersi da dove venivano tutti quei rumori, “…io devo tornare al mio compito di geografia.”
 
“Devo parlarti del ragazzo nuovo.”
 
“Kurt?” Blaine guardò velocemente Dwight e tornò al banco sul quale stava lavorando. “Cosa c’è?”
 
“Sta per entrare a Windsor, giusto? Non dovresti consultarmi prima di tutto ciò? E se c’è qualcosa di maligno in una delle stanze vuote? Ti ricordi quella volta in cui Reed entrò in uno degli armadi in una stanza vuota e ne uscì urlando?”
 
“Uno, Reed ha la tendenza ad esagerare con qualunque cosa dato che è terribilmente incline al pericolo,” rispose Blaine in tono calmo, annotando dettagliatamente ogni particolare dell’area tropicale che stava studiando. “E due, Reed non entrò in un armadio – entrò in uno dei bagni per prendere dei prodotti per l’igiene che aveva lasciato là, inciampò, e fece cadere su di sé la tenda della doccia. Ovvio che corse fuori urlando.”
 
“Sono ancora convinto che fosse colpa di uno spirito,” borbottò Dwight.
 
“Questo comunque non mi ha ancora fatto capire perché mi vuoi parlare di Kurt.”
 
“È strano…” disse Dwight finalmente. “È preoccupante. Potrebbe essere pericoloso. Quasi sospetto.”
 
Blaine ora concesse a Dwight tutta la sua attenzione, guardandolo con un sopracciglio alzato. “Sul serio. Come hai fatto? Lo hai visto emettere una lucente aura rossa?”
 
Dwight era nervoso, quindi cominciò a grattare con le unghie un angolo del suo libro. “…no, sembrava terribilmente infelice.”
 
Blaine, sentendo ciò, finalmente abbandonò del tutto il suo libro. “In che senso infelice?”
 
“Ok, non del tutto ‘infelice’. Più… perso.” Dwight fece una pausa, poi alzò lo sguardo, i grandi occhi neri colmi di terrore. “Non è posseduto, vero? Non ci servono altri spiriti che vagano nei corridoi!”
 
Blaine scacciò l’accusa irritato, chiamando a sé una pazienza sovrannaturale. “Cosa ti fa dire che è perso?”
 
“Ero nella sua classe di Ecologia e Studi sull’Ambiente. Continuava a fissare i puntolini di polvere galleggiante. Non stava ascoltando il sig.Newman. E solo un vero suicida non ascolta il sig.Newman quando parla dei prossimi esami!”
 
“Ragazzi!”
 
I due saltarono dallo spavento quando la bibliotecaria si materializzò dietro di loro, con un cipiglio di disapprovazione. “Se dovete andare avanti così, dovrete anche uscire e smetterla di disturbare gli altri studenti!”
 
Blaine decise di non dirle che gli unici altri due studenti erano profondamente addormentati nei loro cubicoli. “Ci scusi, sig.ra Abernathy.”
 
“E sig. Houston, cosa sta facendo qui? E di nuovo con quel libro!”
 
Occhi spalancati, Dwight fuggì all’istante, balzando via come un’antilope, la giacca aperta che sventolava come una cappa, e il libro ancora con lui. Blaine afferrò la sua tracolla e se ne andò con un passo meno affrettato, mentre tirava fuori il suo Blackberry. C’era bisogno di un incontro d’emergenza.
 
“Blaine, è qui da un giorno,” disse David, quasi esasperato da sopra tutto quel caffè nero che stava bevendo. “È naturale per lui essere… confuso.”
 
“E dopo essere stato attaccato da questi due…” Wes indicò i gemelli, seduti allo stesso tavolo. Lo finsero di essere stati mortalmente feriti dall’accusa di Wes. “E comunque perché, perché mai dovresti ascoltare Dwight? È il ragazzo che porta con sé una bottiglia d’acqua santa ovunque vada “perché non si sa mai”.”
 
“Dwight osserva, almeno,” protestò Blaine. “Perché sino a quando non è ufficialmente un interno, può cambiare idea sul trasferimento, e non voglio che gli vengano dei dubbi dopo solo ventiquattr’ore dalla sua decisione.”
 
“Guarda che Kurt sarà così tutta oggi e domani, fino a quando non si abituerà,” disse David ragionevolmente, tirando fuori dei fazzoletti di carta e pulendo la sua parte di tavolo. “Quando tu ti trasferisti qui – ”
 
“Shh!” Blaine arrossì violentemente e fece il gesto di lanciargli il caffè addosso, non volendo affrontare ancora quell’argomento.
 
Wes diede una pacca sulla spalla a David, del tipo “ti capisco”. “Lo considerai un momento significativo quando finalmente riuscimmo a farti parlare. Solo per scoprire che avevi una cotta dura a morire per Tom Felton.” Sospirò profondamente, un sospiro lungo e sofferente, come un vecchio veterano di guerra che ricorda le sue battaglie. “Era come se avessimo aperto una diga e non riuscissimo più a richiuderla…”
 
I gemelli si stavano soffocando con i loro frappé, ridendo così forte da non riuscire a deglutire, e dovendosi attaccare l’uno all’altro per rimanere dritti sulla sedia. Blaine aveva uno sguardo truce, intriso di tutta la forza di cui era capace in quell’istante così pieno di sentimenti (ansia, imbarazzo, e l’assoluto bisogno di decapitare uno dei suoi cosiddetti “amici”) e disse, “Noi dobbiamo fare qualcosa per farlo almeno stare meglio.”
 
“Cosa ne dici di qualche gioco…?” chiese Wes, assecondando il loro solista chiaramente innamorato. “Potremmo di nuovo tirare fuori RockBand.”
 
“Non possiamo più giocare a RockBand nella sala comune,” gli ricordò David. “L’incidente con lo spazzolone e la paperella del sig. Tamerlane?” Tutti i ragazzi seduti al tavolo rabbrividirono.
 
“Allora una simulazione di combattimento?” chiesero in coro i gemelli.
 
“No. Non ci è permesso all’interno dell’edificio. Charlie non è nemmeno ancora uscito dall’ospedale.”
 
“Se gli prepariamo una torta?”
 
“Il soffitto della cucina è ancora bruciato.”
 
“Dev’esserci qualcosa che possiamo fare senza danneggiare le proprietà della scuola,” borbottò Blaine in uno di quei momenti in cui gli sarebbe piaciuto vivere in un dormitorio più tranquillo.
 
Per un momento nessuno parlò, tutti erano presi dal pensare a cosa potevano fare per Kurt, o a cosa potevano fare in generale, visto che i loro passatempi sembravano essere stati banditi uno per uno. Ad un tratto i gemelli si riscossero, e sembrava avessero due lampadine gemelle risplendere sulle loro teste. Si guardarono ed annuirono. Poi si rivolsero a Blaine.
 
“Abbiamo un’idea,” disse Ethan.
 
Evan annuì. “Ma dobbiamo iniziare adesso, se vogliamo farcela in tempo per le prove dei Warbler.”
 
Uno degli studenti aveva dato a Kurt il messaggio che un certo sig. Greg Harvey ed una certa sig.ra Sylvia Medel volevano che arrivasse in anticipo nella seconda aula di musica in maniera da poterlo formalmente incontrare per la prima volta. Con la gola secca, Kurt riconobbe quei nomi come quelli del direttore del coro e dell’insegnante di musica a capo dei Warbler, e si ricordò che la seconda aula di musica era anche semi-ufficialmente “la Sala dei Warbler”.
 
Come se non fosse abbastanza, un sms era apparso sul suo iPhone in quegli ultimi minuti:
 
Kurt, è successa una cosa importante nei dormitori. Ma sarò sicuramente all’incontro dei Warbler con te. Ci vediamo là. –Blaine
 
Questo lasciò Kurt in piedi, in una delle sale, abbastanza in ansia e immobile nel fissare il suo telefono, come se così avesse potuto inviare a Blaine il suo bisogno d’averlo lì il più velocemente possibile. Lui non era una persona che di solito si agitava o diventava nervoso per qualcosa del genere (era abbastanza sicuro di, in quanto diva, poter facilmente battere quei ragazzi se doveva) ma aveva visto i Warbler in azione, e lavoravano tanto in sincronia da sembrare un’unica unità.
 
E con le Provinciali in meno di una settimana, se non fosse riuscito a dimostrarsi in grado di adattarsi al loro stile, avrebbero anche potuto pensare di non ammetterlo proprio. Il loro stile era decisamente diverso da quello dei New Directions.
 
E se almeno fosse riuscito ad essere in un Glee Club…
 
Si guardò intorno in quelle larghe, imponenti sale e sospirò. Poteva essersi sentito fuori posto a Lima, ma doveva ancora adattarsi alla Dalton. Non per la prima volta, sentì una dolorosa fitta di dubbio, e poi di colpa. Tutti credevano in lui, e lui era lì, abbattuto. Ridicolo. Questo decisamente non era favoloso.
 
Il suo telefono cominciò a vibrare in tasca, e Kurt lo tirò fuori scoprendo che era per una chiamata.
 
Da Rachel Berry.
 
Beh, questo era una… sorpresa.
 
Kurt si guardò intorno e si nascose in nel vestibolo vicino alle arcate che davano sui giardini. Rispose alla telefonata, avvicinando il telefono all’orecchio, insicuro sul cosa aspettarsi.
 
“Rachel?”
 
“A-hem,” Rachel si schiarì la voce, e sembrava che parlasse da una lieve distanza. Quando parlò, non parlò a lui. Kurt la sentì dire, “Va bene, ha risposto! Voi tutti, un’espressione viva! Andiamo!”
 
Lo stesso tono imperioso di sempre, e sentì, in sottofondo, delle lamentele e dei borbottii – “Non può vederci davvero, Rachel…” – dai ragazzi, e risatine dalle ragazze, e il suono di fogli che venivano mossi. Il cuore di Kurt gli saltò dritto in gola. Nella chiamata era attivo l’altoparlante e l’intero Glee Club della McKinley era là.
 
“Kurt!” lo chiamò Rachel da ovunque si trovasse, con un tono immensamente compiaciuto. “Io –” Finn tossì e Rachel fece un suono impaziente, “Intendevo – noi abbiamo qualcosa per te.”
 
“Cosa?” Kurt quasi rise, non credendo alle sue orecchie.
 
“Speriamo che ti piaccia!” disse Tina felice, si poteva sentire il sorriso dalla sua voce.
 
Lui faticava a crederci. “Cosa state – ? ”
 
La musica partì, lenta e delicata. Kurt ascoltava, il telefono incollato all’orecchio. Il flash di riconoscimento arrivò quando riconobbe la melodia, e il Glee Club iniziò a cantare.
 

I've heard it said
 
That people come into our lives for a reason
 
Bringing something we must learn
 
And we are led to those who help us most to grow
 
If we let them, and we help them in return
 
Well, I don't know if I believe that's true
 
But I know I'm who I am today
 
Because I knew you…

 
Stavano cantando una versione modificata di “For Good”, da Wicked. Poteva sentire la voce potente di Rachel torreggiante sulle altre, con un ottimo controllo, la voce ardente di Mercedes, i toni puri di Tina, Quinn, Santana e Brittany alzare le loro voci. Ogni ragazza aveva a turno una parte, e per sua sorpresa i ragazzi facevano da voci di sfondo, sulle le note di Artie che si distinguevano senza sforzo.
 

Like a comet pulled from orbit as it passes a sun
 
Like a stream that meets a boulder halfway through the wood
 
Who can say if I've been changed for the better?
 
But because I knew you
 
I have been changed for good…

 
Anche solo cosí, Kurt poteva immaginarsi vicino al pianoforte nell’aula del Glee Club alla McKinley, a guardare i suoi amici di fronte a lui, mentre loro gli dedicavano una canzone. Poteva praticamente vederli mentre gli sorridevano affezionatamente, le loro voci che lo avvolgevano con un solo chiaro messaggio:
 
Non importava cosa succedesse, dopo tutte le avversità affrontate insieme, Kurt ed il Glee Club si erano migliorati reciprocamente, e con le mani unite, sarebbero sempre stati insieme, aiutandosi, in un modo o nell’altro. Cambiare scuola non significava dimenticare, e non significava realmente andarsene. Erano ancora insieme.
 

And just to clear the air, I ask forgiveness
 
For the things I've done you blame me for
 
But then, I guess we know there's blame to share
 
And none of it seems to matter anymore…

 
Kurt non sapeva quando aveva iniziato a piangere, ma le lacrime stavano scendendo tanto copiosamente che fu una lotta riuscire a scacciarle. Attaccato da centinaia di ricordi dei momenti nel Glee Club – dai giorni frustranti a quelli gloriosi; dall’essere totalmente ignorati nel bel mezzo del cortile, agli applausi sul palcoscenico – Kurt si aggrappò al loro sostegno in quel momento.
 

Who can say if I've been changed for the better?
 
I do believe I have been changed for the better
 
And because I knew you...
 
Because I knew you...
 
Because I knew you...
 
I have been changed for good…

 
Quando la canzone lentamente terminò, con Rachel e Mercedes che lasciavano andare le ultime note e la melodia che andava scomparendo, Kurt poteva a malapena parlare, sentendosi come se il cuore gli stesse per esplodere.
 
“Uh, sei ancora lì, Kurt?” sentì chiedere Sam dopo quasi un minuto di silenzio dalla fine.
 
Kurt alzò il viso, soffocando un singhiozzo che era sicuro avessero comunque sentito (perché le ragazze fecero lievi esclamazioni di sgomento), e finalmente riuscì a ridere per poter placare le loro preoccupazioni. “Ragazzi – cos’era quello? Siete davvero – siete davvero riusciti a far superare i Journey al sig. Shue?”
 
Ci fu una risata delicata dall’altra parte, sembravano sollevati. “Ci abbiamo pensato ieri… più o meno alle spalle di Shue, dato che ci vuole concentrati solo sulle Provinciali,” ammise Finn in tono imbarazzato. “È stata una cosa improvvisa.”
 
“Di chi è stata l’idea?” chiese Kurt, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. “Mercedes?”
 
“Veramente è stata di tutti,” disse Mercedes, ridendo un pochino. “Volevamo fare qualcosa per te, ma Rachel voleva usare Wicked – perché non avresti accettato nient’altro. Volevamo solo farti sapere che siamo tutti qui per te, Kurt.” Una pausa. “Oh, e non provare a trattenerti alle Provinciali! Dacci dentro.”
 
“Oh è guerra aperta,” rispose Kurt, divertito. “Appena mi unirò a loro ufficialmente, potrete aspettarvi d’essere schiacciati. Sul serio, piangerete per tutto il viaggio di ritorno.”
 
Ci fu una presa in giro da parte della solista femminile, ma sembrava divertita. Una pausa, poi Puck disse in tono basso, quasi colpevole, “Hey Kurt. Se uno qualunque di quei ragazzi ti crea problemi, dimmelo, ok? Non so nulla riguardo politica anti-bullismo o roba del genere, ma non fanno casini contro di te, chiaro?”
 
“Già, sì,” intervennero Sam, Mike e Artie.
 
“Non provare a tirarti indietro adesso,” disse Rachel minacciosamente. “Non osare. Ci aspettiamo di vederti tra gli avversari, alle Provinciali. E…” il suo tono si addolcì leggermente “Siamo orgogliosi di te. Cioè, vi batteremo sicuramente, certo, ma siamo fieri di te.”
 
Kurt sorrise. Si ricordò di quando Rachel gli chiese di duettare con lei, e sentì che questo momento era come quello, e che si stavano dicendo che tutto sarebbe andato per il meglio. Immaginò che se tra tutte le persone possibili era Rachel Berry a ricordargli ciò, allora doveva davvero evitare di buttarli giù con il suo atteggiamento.
 
“Vorrei potervi cantare anch’io qualcosa,” ammise Kurt. “Ma al momento non riesco a pensare a nulla.”
 
“Andiamo, certo che puoi!” esclamò Tina. “Qualcosa! Qualunque cosa!”
 
“Come Happy Birthday…” disse Brittany sottovoce. La sentì mormorare a qualcuno, probabilmente Santana, “Lo stiamo facendo perché è il compleanno di Kurt, giusto…?” E ricevette solo un sospiro in risposta.
 
“Uh, qualcosa che vorresti davvero davvero cantare prima di non poterlo fare più,” suggerì Artie, probabilmente dopo un’occhiata furtiva alla sua ragazza.
 
Ma Kurt riusciva a pensare ad una sola canzone. Si guardò intorno, scoprì di essere ancora da solo, e sorrise. “Bene.”
 
E cominciò.
 
“…e Blaine dice che sarebbe un buon acquisto,” disse una donna alta e molto bella, in una camicetta nero di ottima fattura che contrastava con la lunga e fluida gonna che le sfiorava le caviglie mentre camminava, i passi che riecheggiavano tra i corridoi. Portava con sé un fascio di spartiti, i capelli biondo platino erano tagliati in un caschetto molto corto, ed aveva un paio di occhiali da vista dalla montatura argentata. “Il Glee Club della McKinley ha vinto le Provinciali dell’anno scorso ed è arrivato alle Regionali.”
 
“Hm…” l’uomo più alto di lei che le stava a fianco, vestito con un completo in tre pezzi molto ordinato e dotato di occhiali dalla montatura nera, guardò alla cartellina dello studente che aveva fra le mani. Si portò una mano alla testa per un momento, la penna fra le dita, e disse, “Di certo sembra abbastanza promettente… se viene da un altro Club, il suo repertorio dovrebbe essere esteso, ma vedremo. Gli altri ragazzi hanno qualche opinione, Sylvia?”
 
Sylvia Medel scrollò le spalle lievemente. “Sembrano tutti abbastanza curiosi. Non lo conoscono molto. So attraverso Todd che starà in convitto a Windsor, comunque.”
 
“Ah…” Gregory Harvey ora sorrise, sia con l’aria di chi la sa lunga, sia in maniera affettuosa, gli occhi marroni pieni di comprensione. “Un altro ragazzo di Windsor. Se accettiamo questo ragazzo, gli Stuart potrebbero cominciare a protestare per favoritismo.” Ed improvvisamente si fermò, alzando lo sguardo.
 
“Non lo faranno se si guadagna il posto,” disse saggiamente Sylvia, guardando i suoi spartiti. “Sinceramente non ho la più pallida idea di quale possa essere l’estensione vocale di questo ragazzo, quella registrazione dell’anno scorso è solo su – Cosa? Greg, che c’è?” Fissò l’uomo più anziano mentre lui la zittiva frettolosamente.
 
“Shh…” Greg si mise all’angolo del muro in cui si incontravano due sale, intento nell’ascolto.
 
Si trovavano vicini alla Sala dei Warbler e, per un momento, Sylvia pensò che qualcuno stesse suonando della musica all’interno. Ma ascoltando più attentamente, realizzò che la canzone che stava sentendo proveniva dalla sala adiacente, dove si trovavano le grandi arcate.
 
Ed era un tipo di voce che non avevano mai sentito tra le sale della Dalton prima d’allora.
 

It won't be easy, you'll think it strange
 
When I try to explain how I feel
 
That I still need your love after all that I've done…
 

I due insegnanti di musica si guardarono sorpresi e sbirciarono nella sala. Vi era un ragazzo minuto, che teneva un telefono attaccato all’orecchio, i commossi occhi blu che guardavano il giardino illuminato dalla luce del sole, e quella voce – quella voce impossibile! – veniva da lui.
 
Stava cantando una canzone di Evita al telefono.
 

I had to let it happen, I had to change…
 
Couldn't stay all my life down at heel…
 
Looking out of the window, staying out of the sun…

 
Sylvia era immobile, lo fissava affascinata, chiedendosi vagamente se fosse una di quelle apparizioni di cui Dwight Houston parlava spesso. Greg guardò la cartellina dello studente che teneva tra le mani, poi di nuovo al ragazzo. Immediatamente, cominciò a sorridere ed entrò nella sala.


“È lei Kurt Hummel?”
 
Kurt fece un salto di quasi mezzo metro, smettendo bruscamente di cantare, e si girò verso quella voce profonda che lo aveva appena chiamato per nome. Un insegnante gli stava di fronte, sorridendogli gentilmente.
 
“Kurt?”chiese Mercedes al telefono, preoccupata. “Cos’è successo?”
 
Agitato e confuso, Kurt balbettò al professore, “Si – sono – sono Kurt Hummel.”
 
“Kurt, con chi stai parlando?”chiese la voce di Rachel dal telefono.
 
L’insegnante alzò le mani come a dire a Kurt che andava tutto bene. Ogni suo movimento era calmo e calcolato. Disse chiaramente, per farsi capire anche da chi lo ascoltava senza essere lì, “sig. Hummel, credo che quella canzone sarebbe molto meglio con un accompagnamento musicale… Le dispiacerebbe unirsi a me ed alla sig.ra Medel nella Sala, così che lei possa accompagnarla al pianoforte?” Indicò il telefono. “Sono sicuro che chiunque la stia ascoltando ne godrebbe di più in questo modo.”
 
Kurt lo stava fissando, scioccato da questa reazione del tutto inaspettata. Guardò al telefono, e poi di nuovo al professore sorridente. Un po’ più lontana c’era una signora vestita elegantemente – quella gonna doveva essere un Valentino, disse la parte modaiola del suo cervello – ed anche lei stava sorridendo.
 
“Dì di sì, Kurt,”suggerì Brittany in aiuto, probabilmente senza sapere davvero cosa stava succedendo.
 
Kurt deglutì ed annuì. “S-sicuro. Ragazzi… datemi un secondo…”
 
“Davvero, non vedo l’ora di vedere l’espressione sulla sua faccia quando lo vedrà!” esclamò David mentre lui e gli altri Warbler camminavano in corridoio, diretti alla Sala. “Dev’essere un record, anche per noi.”
 
“Non c’è nulla che i ragazzi di Windsor non possono fare se è per uno dei loro”, sorrise Wes, camminandogli a fianco. “Beh, anche per un futuro Windsor. Ma diamo il merito a chi spetta…” guardò i gemelli. “E non avevo idea che avessimo tutta quella roba.”
 
“Non era esattamente nostra…” ghignò Ethan. “Potrebbe essere dell’anno scorso…”
 
“O prima…” considerò Evan.
 
“O potrebbe essere tutta antica,” disse Ethan con una scrollata di spalle.
 
“Ma dicono che c’è del fascino nelle antichità!”
 
“Decisamente.”
 
“Se Dwight scopre che avete preso della roba dalla soffitta ‘infestata’, aspettatevi di essere mutilati ed esorcizzati,” replicò Blaine, “e non voglio immaginare in che ordine.”
 
“Hey guardate.” David fece fermare gli altri ragazzi, indicando l’ingresso della Sala. “Che sta succedendo?”
 
C’era un numeroso gruppo di Warbler accalcati all’entrata, ma nessuno di loro stava entrando. Erano tutti schiacciati alle porte socchiuse, intenti ad ascoltare ed attenti a non fare rumore. Si accorsero a malapena degli altri Warbler che stavano arrivando.
 
“Che succede?” chiese Blaine quando arrivarono, ed all’unisono, tutti i ragazzi che stavano ascoltando gli dissero di tacere o fecero il gesto che universalmente sta per “Taci!”, ascoltando.
 
“Che c’è?” sussurrò Wes, guardandoli incredulo.
 
“Shh…” disse Evan, alzando lo sguardo mentre cercava di vedere dentro la Sala.
 
“Ascoltate…” Ethan, essendo abbastanza alto, poteva sbirciare all’interno.
 

So I chose freedom…
 
Running around, trying everything new
 
But nothing impressed me at all…
 
I never expected it to…

 
La musica che usciva dalla Sala era il suono di un accompagnamento musicale ad una canzone che non avrebbero mai immaginato di sentire cantata nell’aula di un coro interamente maschile, dato che nessuno di loro sarebbe mai stato in grado di cantarla. E mentre la musica cresceva, una voce cresceva con essa dall’interno della stanza, riempiendola con note che salivano sempre più e che trapelavano fuori dalla porta, lasciando i ragazzi ammaliati.
 

Don't cry for me Argentina…
 
The truth is I never left you
 
All through my wild days, my mad existence
 
I kept my promise…
 
Don't keep your distance…

 
“Chi cavolo è quello?” sussurrò Wes, immobile.
 
“Non lo sappiamo,” mormorò uno degli altri Warbler. “Quando siamo arrivati, Harvey e Medel erano già dentro con lui.”
 
“C’è un ragazzo lì dentro?” chiese David, atterrito.
 
“Mm…” Evan, in punta di piedi, concordò da dove stava sbirciando nella stanza. “Si, riesco a vedere la giacca.”
 

They are illusions…
 
They are not the solutions they promised to be
 
The answer was here all the time
 
I love you and hope you love me
 
Don't cry for me Argentina…

 
Mentre la voce e la musica continuavano, Blaine alzò lo sguardo realizzando, gli occhi spalancati ed arretrando come se gli avessero sparato. “Whoa, credo – è quello – ?”
 
“Ragazzi, ragazzi!” sussurrò Ethan, saltando su e giù sulle punte dei piedi, eccitato. “È Alice! È Alice a cantare lì dentro!”
 
“Credevo avessi detto che era un ragazzo? Chi diavolo è Alice?” chiese un altro Warbler.
 
“No – non Alice,” chiarì Blaine, facendosi strada fra gli altri per riuscire a vedere meglio. “Kurt! È Kurt Hummel a cantare.”
 
“Sul serio? Il ragazzo nuovo?” i ragazzi si affollarono ancora di più sulla porta, ed il loro peso la aprì ancora un po’.
 
Greg, dalla sua postazione all’interno di fianco alla porta, si stava divertendo nel vedere i ragazzi che spingevano la porta e l’aprivano lentamente man mano che s’ammassavano sempre più e la spinta aumentava. Quando spuntò l’intera testa di David, l’insegnante si avvicinò e disse tranquillamente, “Vi andrebbe d’entrare?”
 
I Warbler guardarono sorpresi il loro direttore, il quale fece un largo sorriso. Imbarazzati, i ragazzi si raddrizzarono, si sistemarono le giacche e riacquistarono compostezza. Aprirono lentamente la porta, entrarono, e presero posto nella stanza.
 
Nel punto più lontano della sala, Sylvia stava suonando il piano, incapace di smettere di sorridere mentre Kurt, che dava le spalle ai ragazzi, continuava a cantare. Sembrava felice di ricevere le silenziose lodi della donna, e stava cantando con tutto se stesso, incurante delle persone che lo stavano guardando. Sul pianoforte vi era il suo iPhone.
 
Mentre la canzone terminava, uno scroscio di applausi venne dal telefono.
 
“Vai così, Kurt! Yeah! Questo è il nostro ragazzo!”grida e fischi accompagnavano gli applausi del club della McKinley.
 
Kurt rise di sollievo e gioia pura, qualcosa che non provava da lungo tempo. Gli sembrava d’essersi liberato d’un grosso peso. Raccolse il telefono e sorrise. “…grazie, ragazzi. E non preoccupatevi. Sto bene.”
 
Dal telefono stava arrivando un misto di felicità e confusione. “Sei stato fantastico! Era – oddio ragazzi, arriva Schuester! – oddio! – veloci, mettetelo via! – Kurt, sei stato fantastico! – Puck, andiamo, muoviti! – svelti! – Ti vogliamo bene, Kurt! Ci vediamo alle Provinciali! Ciao! Ciao, Kurt!”
 
“Ciao,” Kurt rise, e riattaccò. Mentre lo faceva, lasciò andare un gran sospiro di sollievo.
 
E l’intera Sala dei Warbler scoppiò in applausi ed acclamazioni.
 
Kurt si voltò, occhi spalancati, per vedere i Warbler sorridergli ed applaudirlo. “Sì!” gridò David, sorridendo. “Era stupendo!”
 
“Non posso credere che fossi tu!” disse Wes, applaudendo mentre scuoteva la testa incredulo. Anche i gemelli battevano le mani, e con loro tutto il resto della Sala. Anche gli ultimi Warbler arrivati, che avevano potuto sentire solo parte della canzone.
 
Kurt li guardò, scioccato ma comunque contento. I suoi occhi si fermarono su quelli caldi di Blaine, e sorrise di rimando al sorriso di Blaine, che stava applaudendo con un’espressione consapevole, come se avesse sempre saputo che Kurt avrebbe affascinato i Warbler.
 
Sopra al frastuono, Greg si schiarì la voce e richiamò l’attenzione. “Ok, va bene, va bene…” stava sorridendo ai ragazzi. “Calmatevi, calmatevi…”
 
“Devo dire, è stato rinfrescante,” disse Sylvia, scuotendo la mano di Kurt con un sorriso mentre i ragazzi si sistemavano nella stanza, prendendo posto sulle poltrone e sui divani. “Non ci sono stati molti controtenori nella storia dei Warbler, sig. Hummel – l’ultimo risale a vent’anni fa. Stavo perdendo la speranza di incrociarne uno, figuriamoci uno con una voce come la sua.”
 
“A-aspetti…” Kurt guardò lei, poi Greg, poi di nuovo lei. “Cioè… questa era la mia audizione?”
 
“Saremmo felici di sentirne un’altra, se questa non lo era,” disse un ragazzo nel gruppo, ed il resto dei Warbler sembrava essere d’accordo.
 
“Ora, non credo ce ne sia bisogno…” Greg sorrise al gruppo mentre portava Kurt, ancora incredulo, accanto a sé. “Chiaramente avete sentito le capacità di Kurt…”
 
“Direi, alla grande!” esclamò un altro ragazzo – seguirono altri fischi ed acclamazioni, messi subito a tacere dal direttore. Greg continuò, “Buoni, buoni. Ora siamo seri.” Ma gli brillavano gli occhi. “Dobbiamo votare. Tutti coloro in favore dell’ingresso di Kurt tra i Warbler, alzino la mano.”
 
Una foresta di mani – i gemelli sollevarono entrambe le loro – si alzò. Sylvia rise. “E come decretato dal gruppo…” guardò Kurt e sorrise. “Benvenuto tra i Warbler, sig. Hummel.”
 
Ed in un’unica ondata esultante, i ragazzi corsero dalle loro poltrone a Kurt, dandogli pacche sulle spalle e congratulandosi prima di lanciare le loro giacche su di lui, com’era ormai tradizione. Kurt, ridendo più forte di quanto non avesse fatto in settimane, poteva a malapena stare in piedi, per il peso sia delle loro attenzioni sia dei vestiti che gli erano stati gettati addosso.
 
Una mano afferrò la sua, e quando alzò lo sguardo incontrò di nuovo gli occhi di Blaine.
 
“Ti senti meglio?” gli chiese Blaine compiaciuto.
 
Kurt sorrise. “Non puoi immaginare quanto.”
 
“È una vergogna che tu non possa cantare da solista alle Provinciali,” disse David profondamente deluso mentre i ragazzi tornavano a Windsor House. “Ma quando Harvey sceglie le canzoni, è fatta. Scolpite nella pietra.”
 
“Non importa, davvero,” rispose Kurt, sorridendo mentre stringeva la tracolla. “Voglio dire, le Provinciali sono tra una settimana. Sarà un miracolo se imparerò a fare qualunque addestramento militare facciate per essere così perfettamente sincronizzati l’uno con l’altro.”
 
“Sì, abbi paura di Harvey,” disse Wes con un ghigno.
 
“Sembra a posto però,” rispose Kurt.
 
“Sì, lo è,” annuì Wes. “Ma c’è un motivo se è riuscito a condurre vari Glee Club alle Nazionali per anni. La Dalton lo ha ingaggiato per portare anche noi alle Nazionali.”
 
“Ma starà sicuramente pensando di metterti sotto i riflettori,” disse Blaine, annuendo. “Voglio dire… non abbiamo mai avuto un controtenore prima d’oggi. Le possibilità sono infinite.”
 
“Di sicuro Blaine,” ridacchiò Wes, “lo sono per voi. Se Kurt si distinguerà, sarai tu quello che più probabilmente canterà con lui.” Wes guardò il suo amico con un’occhiata alla “e l’idea ti piace…”.
 
Blaine ricambiò lo sguardo, anche se il suo diceva più “ti odio” che altro, e poi guardò Kurt con un sorriso malizioso. “Dì un po’ Kurt – tu stai sicuramente in convitto a Windsor, giusto?”
 
Perplesso, Kurt annuì. “Sì. È quello che ho detto ad Howard, e lo farò. E fra l’altro, state tutti là – qualcuno deve tenervi d’occhio.” Poi sospirò. “Portare il mio intero guardaroba alla Dalton sarà come Atlante che sorregge il globo. Penso che potrei prendere solo un paio di cose… ma non riesco a sopportare il pensiero di lasciare papà, Carole, e Finn con i miei vestiti. Probabilmente non sanno nemmeno quali vanno lavati a secco.”
 
Blaine lo guardò come se fosse partecipe delle sue preoccupazioni. Poi alzò lo sguardo e disse, “Hey, prima di tornare a casa, stai un po’ con noi in dormitorio. Scegli la camera che vuoi avere.”
 
“Adesso?” chiese Kurt.
 
“Non c’è tempo migliore del presente,” ghignò David afferrando la mano di Kurt prima che Blaine ne avesse l’occasione. Tirò il nuovo Warbler verso Windsor, correndo, lasciando uno scandalizzato Blaine in coda al gruppo, Wes che ridacchiava mentre li seguiva.
 
“Cos’è questo?” rise David mentre tirava su da terra un volantino. Gli diede un’occhiata, e perse subito interesse. “Ugh. Di nuovo quel periodo dell’anno.” Lo passò a Blaine che si limitò a sospirare e portare una mano alla testa.
 
“Cos’è?” chiese Kurt.
 
“Ah – il Festival Autunnale di Musica,” spiegò Blaine. “Un evento scolastico, come un talent show. Come la maggior parte degli eventi scolastici, i dormitori manderanno sul palco i loro ragazzi migliori. Se uno studente giornaliero vince, quello studente ha più giorni di vacanza o roba simile. Se invece vince un ragazzo interno, lui ed il suo dormitorio hanno privilegi speciali, come coprifuoco più tardi e gite fuori dal campus o quello che è.”
 
“Oh…” Kurt guardò il volantino. “Non sembrate felici.”
 
“È un Festival di Musica. I dormitori metteranno in campo i loro Warbler,” disse David facendo una smorfia. “Si aggiunge lavoro a quello vero e proprio che i Warbler devono fare, dato che l’intero gruppo si esibisce per l’intera scuola – è un sacco di lavoro. Ed è mentre aspettiamo gli esami e le scadenze che ci sono prima delle vacanze natalizie.”
 
“A quanto pare essere rockstar ha i suoi svantaggi,” Kurt fece un sorriso veloce a Blaine. In risposta ottenne un pugno scherzoso sul braccio e il braccio di Blaine attorno alle sue spalle mentre andavano verso la sala comune.
 
Aveva a malapena avuto il tempo di godersi il gesto che non appena entrati in sala, di fronte a loro si materializzarono i gemelli, di nuovo con il loro sorriso da Stregatto.
 
“Ciao, Alice!” cinguettarono. “Congratulazioni per l’essere diventato un Warbler.”
 
“Uh, grazie?” Kurt li guardò sospettoso – non si fidava di quei sorrisi, e del fatto che Blaine, Wes e David li avevano identici.
 
“Abbiamo qualcosa da mostrarti,” disse Evan.
 
“E siamo quasi sicuramente certi che ti piacerà,” disse Ethan.
 
“Non sono munito di pistole giocattolo, perché lo sappiate,” li informò Kurt.
 
I gemelli risero. “No, no,” disse Evan. “Niente del genere. Vieni con noi.”
 
“Andiamo,” Wes afferrò il gomito di Kurt e seguì la coppia di biondi su per le scale. Con la stretta rassicurante di Blaine su una spalla, Kurt seguì il gruppo al piano superiore.
 
I dormitori sembravano sorprendentemente vuoti per quell’ora del giorno, come poté notare Kurt mentre il gruppo si faceva strada fra i corridoi, nella zona in cui si trovava la camera di Blaine. In effetti, si fermarono davanti alla porta che stava proprio di fronte alla camera di Blaine. “Siamo arrivati!”
 
“Ho questa camera?” chiese Kurt, guardandoli.
 
“Avete scelto quella di fronte alla mia?” Blaine si girò verso i suoi amici, sconcertato. Quando stavano pianificando, se n’era dovuto andare per cercare alcune delle cose che servivano – non aveva quindi preso parte nella scelta della stanza.
 
“Chiamalo un patto,” gli sussurrò David. “Ti saremo eternamente grati se la smetterai di provare a descrivere quanto meravigliosi sono i suoi occhi, grazie.”
 
Blaine si morse la lingua per evitare di rispondere, e tornò con l’attenzione ai gemelli che ora guardavano Kurt con sorrisi affettuosi. “Benvenuto a Windsor.”
 
Poi aprirono la porta.
 
Kurt entrò nella stanza e si fermò quasi subito, scioccato. Lo sfarzo vecchio stile di Windsor era ancor più amplificato dal ricco arredamento d’antiquariato. La nuova camera di Kurt era stata vestita elegantemente in stile sia antico che contemporaneo: le cornici dorate erano per poster di vari musical e non per dipinti su tela, e lo stereo nero corvino era chiaramente moderno, ma tutti i mobili erano stati scelti in maniera da non rompere l’armonia della vecchia stanza.
 
Anche il tappeto ed il letto erano di materiali pregiati, e Kurt in tutta la sua vita non si era mai disteso su lenzuola e cuscini di una tale finezza. La scrivania in ciliegio vedeva già su di sé una bella lampada, con accanto una pila – alta quasi quanto la lampada – di nuove riviste di moda ancora fresche di stampa. Gli scaffali erano pieni dei libri di scuola di Kurt.
 
Ethan seguì lo sguardo fisso di Kurt e disse, “Abbiamo dovuto aprire l’armadietto alla tua vecchia scuola per prenderli, ma giuriamo di non aver toccato nient’altro.”
 
“Stai rovinando l’atmosfera,” lo ammonì Evan. Poi rivolse a Kurt, “E di certo non abbiamo notato che hai una foto di Blaine ed un mini-collage di ‘coraggio’. Cos’è, una specie di codice?”
 
Kurt nascose il viso fra le mani, sperando che il lucido pavimento si aprisse e lo inghiottisse. Blaine si limitò a sorridere e disse, “Andiamo, chiunque ha foto dei propri amici negli armadietti. Io ne ho un sacco sulla bacheca vicino alla scrivania.”
 
“E come mai non hai mai fatto mini-collage per noi, Blaine?” disse David fingendo di piagnucolare. “Ne farai anche per noi, Kurt?”
 
“Ok, basta,” gli rispose Blaine prima di rivolgersi a Kurt, “Cosa ne pensi?”
 
“Cioè voi… avete fatto tutto questo…?” chiese Kurt guardandosi attorno.
 
“È solo un pensiero da parte nostra,” disse Wes, sorridendo. “Blaine ci ha detto che sembrava che avessi dei problemi… ed abbiamo pensato che l’unico modo per farti sentire a casa fosse creare qualcosa di simile.”
 
Kurt li guardò, senza parole. “Non… non so cosa dire.”
 
“La tua espressione scioccata è abbastanza gratificante – vorremmo vederla più spesso,” disse Evan. Ethan spinse Blaine verso Kurt ed aggiunse, “Adesso sii una brava Alice e gioca con Blaine mentre io ed Evan distruggiamo Wes e David a Halo.”
 
Blaine e Kurt si scontrarono ed arrossirono, evitando di guardarsi. I gemelli sembravano soddisfatti ed uscirono dalla stanza insieme a Wes e David.
 
“Li lasciamo da soli?” chiese David.
 
“Purtroppo non credo succederà nulla,” disse Wes roteando gli occhi. “Al massimo finiranno in camera di Blaine per guardare qualcosa della Disney sul maxischermo prima che il nostro gentiluomo riporti Alice a casa.”
 
David sospirò. Ma Wes sorrise, “Hey, guardando il lato positivo – non dovremo più sentire Blaine che ascolta Teenage Dream all’infinito.”

 
Nel prossimo episodio: Vivere in un dormitorio è diverso in maniera radicale rispetto al vivere a casa. E vivere in un dormitorio della Dalton è diverso dal vivere in un dormitorio qualunque. E vivere nella Windsor House è diverso dal vivere in ogni altro dormitorio della Dalton. Mentre Kurt prova a dare un senso alla vita di dormitorio e alle tacite regole sociali della Dalton, Blaine scopre che per quanto possa essere fiero delle opportunità che Kurt ha per brillare, ciò comporta l’arrivo della competizione. Non solo canora.
 
 
  
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