Titolo: Tra il sonno e la veglia, la
rabbia Fandom: Final Fantasy X Personaggio/Coppia: Tidus, Auron Prompt:A place between sleep
and awake; end of innocence, unending masquerade @
50lyricsff_ita Rating: verde (per tutti) Genere: generale, malinconico Avvertimenti: flashfiction Conteggio Parole: 505(calcolatore) Disclaimer: i personaggi appartengono a
Square Enix (che il cielo fulmini l'intero team per quella cosa
chiamata X-2) e a chi ne detiene i diritti legali. Questa storia non ha
nessuno scopo di lucro. Riassunto: “Avete perso per
colpa tua” Note: Se non ricordo male, e potrebbe
benissimo essere, la situazione era presente in un filmato. Non saprei
esattamente in quale punto, ma mi sembra di ricordare un dialogo simile
nel gioco.
Le luci delle vie si riflettevano sul mare, appena increspato dalle
onde leggere. Come ogni settimana alla radio due cronisti commentavano
le più importanti partite di blitzball della serata.
“La partita di stasera è stata un
disastro.”
Tidus calciò ancora una volta il pallone, mandandolo a
sbattere contro il parapetto della chiatta. Colpiva lo stesso punto da
ore, se avesse continuato così avrebbe scavato un foro su
quella parete.
Auron scosse la testa a quel gesto, tornando poi a concentrarsi sulla
voce dei cronisti. Quante notti avevano passato insieme su quel ponte
ascoltando i commenti e le lodi del post partita, ma quella, lo sapeva,
sarebbe stata diversa; l'aria stessa sarebbe stata diversa.
“Già, un risultato pessimo per una
squadra tanto promettente.” continuò il
secondo commentatore. Il pallone rimbalzò nuovamente contro
il parapetto, stavolta con maggiore violenza. “Mi
chiedo a cosa pensassero i giocatori.”
“Io mi chiedo a cosa pensasse l'attaccante.”
lo interruppe con veemenza il primo cronista. Un nuovo colpo contro il
metallo del parapetto. “Speriamo che sia stata
solamente una serata no.”
“Avete perso per colpa tua.”
Il monaco fermò il pallone prima che lo colpisse dritto in
faccia. Probabilmente aveva esagerato, ma era difficile stabilirlo:
quel ragazzino aveva lo stesso carattere del padre, due teste calde.
Soffocò a fatica una risata e portò lo sguardo
fisso davanti a sé. Tidus lo fissava furente, i pugni
stretti abbandonati lungo i fianchi, non era sicuro di essere la causa
della sua ira, non la sola almeno.
Le voci concitate degli ultimi tifosi rimasti per le vie di Zanarkand
arrivarono sulla chiatta, seguite poi dall'ultimo commento dei due
cronisti.
“Se ci fosse stato suo padre...”
Auron non seppe mai come si fosse conclusa quella supposizione: dopo
questa geniale uscita vide il pallone colpire la radio e spedirla in
acqua, interrompendo brutalmente la discussione tra i due giornalisti.
Sbuffando riportò lo sguardo sul giovane giocatore, il
ragazzo digrignava i denti e stringeva il pugno destro con cui aveva
scagliato il pallone; decisamente padre e figlio avevano lo stesso
carattere.
Rimasero a fissarsi così, in completo silenzio, lasciando
che quella frase entrasse fra loro, interponendovi nuovamente la
presenza di quell'uomo, quell'uomo che si era sempre erto tra Tidus e
il mondo come una parete invalicabile.
“Sono ormai dieci anni.” disse Auron, tenendo lo
sguardo sul ragazzo. Non avevano bisogno di specificare, entrambi
sapevano a cosa alludeva.
Tidus abbassò la testa, portandosi poi verso il parapetto.
“Non mi interessa.” mormorò, fissando il
mare, lo stesso mare che sembrava aver inghiottito il corpo di
quell'uomo per risputarne il ricordo, ingigantito dalla misteriosa
scomparsa.
Auron distolse lo sguardo. “Non ti interessa, ma hai perso la
partita.” affermò, portandosi alle labbra la
borraccia. Il tempo di un sorso e Tidus era sparito in casa, sbattendo
la porta. Si era aspettato una reazione simile.
Rimasto solo, il monaco fissò il cielo stellato. L'aria
leggera che caratterizzava quella città, quel sogno di luci
e tecnologia, stava diventando pesante e presto sarebbe diventata
opprimente come quella della sua Spira: il momento era quasi giunto,
presto Jecht avrebbe fatto la propria comparsa in grande stile.