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Autore: Ruri    07/02/2011    10 recensioni
Dal lontano Elisio il Cosmo di Athena si espande, andando a richiamare per l'ultima volta i suoi guerrieri dorati. Un ultimo incontro davanti al Muro del Pianto, prima di essere insieme per l'eternità.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Aries Shion, Libra Dohko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Per l’ultima volta

 

 

Dalla lontana Era Mitologica il Cosmo di Hades avvolgeva l’Inferno. 

Non si trattava di un semplice luogo a lui consacrato, come potevano apparire le lontane terre dei Cimmeri, ma di una creazione stessa del Signore dell’Oltretomba, parte di lui come potevano esserlo le braccia e le gambe.

Per questo, sotto il cielo violetto e crudele dell’Inferno, risplendeva e si dipanava il potere illimitato del Dio Infero.

Chi si fosse messo ad analizzarlo l’avrebbe trovato ricolmo di tenebra splendente, brillante della stessa luce malefica delle sue Stelle, eppure triste in un certo qual modo. C’era amore nel Cosmo di Hades, per quanto in pochi riuscissero a percepirlo. Un amore tanto forte da essersi tramutato in rancore, in delusione profonda.

Soffiava il vento della Valle Nera, accarezzava i rami rachitici nella Selva dei Suicidi, attizzava le fiamme nelle tombe degli Eretici, gelava il cuore immoto del Cocito.

Ma, improvvisamente, nell’Inferno non ci fu più solo Hades.

Qualcos’altro apparve, un altro potere che giungeva da lontano, di una nemica mitologica dal Cosmo dorato e rifulgente di Amore e Giustizia.

Confrontandolo con il potere di Hades, il Cosmo di Athena era debole: nient’altro che un filo sottile che si dipanava fra gl’Inferi.

Ma un filo che era impossibile spezzare.

 

Scendeva nelle profondità di quella Terra dei Morti, accarezzando con tocco gentile spiriti e cadaveri di uomini che avevano già dato tutto, e più di tutto, alla sua causa.

 

Perdonatemi…

Una voce che giungeva dall’Elisio, stanca e triste, ma sempre pervasa di serenità e dolcezza, sfiorò la mente e i corpi di coloro che erano rinchiusi nel Cocito. 

Milo riaprì gli occhi, scrollandosi di dosso il ghiaccio che lo imprigionava, ritrovandosi vivo, di nuovo.

Allungò una mano, aiutando Aiolia a rialzarsi, mentre poco lontano Mu si ergeva, Ariete Dorato, e la loro luminosità fu la prima particella di Sole che gli Inferi videro mai.

 

Ancora una volta…

I suoi occhi non vedevano da moltissimo tempo. 

Da una notte crudele ed infausta in cui aveva perduto tutto, e la vita era stata il sacrificio minore, per amore di una Dea Infante.

Era solo spirito ormai, ma Aiolos sentì il richiamo. Non aveva mai smesso di combattere per la Dea, di sostenerla in ogni modo possibile malgrado fosse ormai separato da lei e dai suoi compagni a causa di una morte ingiusta.

Era morto giovane ed era morto da eroe, Aiolos. Non si era mai tirato indietro davanti a tutte le avversità che quei tempi oscuri gli avevano fatto affrontare: non lo fece neanche quest’ultima volta.

Quando si svegliò trovò il viso sereno di Aldebaran ad aspettarlo, che gli tendeva la mano. 

Anche il Toro d’oro aveva risposto al richiamo, nella sua gentilezza avanzava verso l’ultimo sacrificio.

 

Devo chiamarvi a me…

Cinque Gold Saints.

Cinque traditori.

Erano morti la prima volta combattendo per la parte sbagliata. Chi convinto di poter governare il mondo solo con la forza; chi disilluso da quell’umanità che sembrava aver corrotto persino il più splendente fra loro; chi amaro e con l’animo pieno di spettri e di paura; chi rinchiuso in una gabbia di spine e veleno; chi aveva tentato, inutilmente, di ridurre il proprio animo ad un singolo, tagliente, blocco di ghiaccio.

Erano tornati, tutti e cinque. Con il peso del tradimento sulle spalle, con un’armatura nera e recitando la parte di chi aveva abbandonato ogni speranza.

Shura si portò la mano al petto, rasserenato dalla presenza sottile di Athena che lo confortava, richiamandolo a sé. Saga aveva il volto rigato di lacrime, che sentiva suo fratello, il suo gemello, ancora in vita e colmo di spirito combattivo: era una redenzione per entrambi quella. Aphrodite aiutò DeathMask a sollevarsi, traditori entrambi nella cui buona fede nessuno aveva creduto. La cosa non li toccava poi più di tanto, la sicurezza del loro animo e dei loro principi non era mai stata scalfita dalle opinioni altrui.

Camus sorrideva. Un sorriso leggero e pacato, come sempre sono stati i sorrisi di Aquarius, ma pieno di gioia. Perché sì, quello era l’ultimo sacrificio, totale. Ma era anche l’ultima occasione per essere al fianco di persone care.

Per l’Amore e la Giustizia sulla Terra.

 

Anche Sion si svegliò. Non era stato chiamato, non in prima persona.

Il suo compito era esaurito da tempo ma la sua anima non ne voleva sapere di riposare. La terra nera dei Morti non poteva trattenerlo.

Non aveva un corpo, neanche quello effimero donatogli da Hades.

Non aveva un cloth dove concentrare le sue forze: da tempo ormai non era più il Gold Saint dell’Ariete.

Era solo un’anima effimera, inquieta. Uno spirito vagante. Desideroso nonostante tutto di essere presente all’ultimo atto di quella tragedia cominciata tredici anni prima.

I dannati lo vedevano, lo avrebbero visto anche gli Spectre mentre avanzava per gl’Inferi, ma erano stati sconfitti quasi tutti.

 

Dove vai, anima errante? 

Gli chiesero i dannati, curiosi della vita altrui perché privi della propria.

A compiere il mio dovere. 

Rispose il Sacerdote, severo, senza il minimo dubbio.

 

Resta con noi, anima errante. Siamo morti, il nostro dovere è già stato compiuto. 

Lo chiamavano i dannati, tendendo le mani.

Era a loro incomprensibile la volontà di quello spirito, così desideroso di essere ancora in vita.

Il mio non ha avuto ancora termine.

Ma Sion non si fermò, non diede la minima importanza ai lamenti dei dannati, simili al canto delle Sirene.

 

Ogni dovere ha termine con la morte. Ogni legame, ogni affetto.

Urlavano. Desideravano credere in questo, perché sarebbe stato troppo doloroso ricordare legami di una vita troncata molto tempo fa.

La Giustizia e l’Amore sopravvivono alla morte. Ora tacete, dannati Infernali! La vostra rassegnazione è stata la vostra dannazione.

E il Sacerdote continuò ad attraversare l’Inferno.

 

Davanti al Muro del Pianto lo scorsero in due.

Perché solo in due in realtà lo stavano cercando. 

Mu sorrise leggermente, con quel sorriso pieno di serenità che aveva imparato proprio dal suo Maestro. Era felice di rivederlo lì, insieme nell’ultima battaglia.

Era molto più di quanto avesse mai desiderato da quel giorno lontano di tredici anni fa, in cui aveva sentito la vita di Sion spegnersi violentemente per colpa di Saga.

Dhoko non sorrideva invece. Non c’erano più lacrime o sorrisi fra lui e Sion, si conoscevano troppo bene e da troppo tempo per averne ancora bisogno.

Sentì la mano spettrale appoggiarsi sulla sua spalla e alzò lo sguardo, incontrando quello profondo del Sacerdote. 

“Sei solo uno spettro, Sion, eppure sei tornato per morire con noi?”

Pensavi che ti avrei lasciato fare tutto da solo? 

Dhoko percepì la risata leggera dello spettro. Scherzava Sion davanti al Muro del Pianto. Anche se non poteva più fare niente, era comunque lì a sostenere i suoi ideali e le persone a lui care.

“Non sono mai stato bravo a fare le cose da solo, in effetti.”

E’ per questo che hai bisogno di me.

Libra alzò lo sguardo sul Muro del Pianto, che si ergeva impietoso su di loro.

“Sto per mantenere la mia parola sai. Sto per arrivare da te.”

Abbiamo tante cose di cui parlare. Non ti annoierai, vedrai. Ho aspettato per tanto tempo...

La mano di Sion si ritrasse, sfiorando un’ultima volta il cloth dorato della Bilancia. 

E mentre un raggio potente di Sole illuminava il Mondo dei Morti, Dhoko chiuse gli occhi, stancamente. Aveva assistito impotente alla morte dei suoi compagni, più di duecento anni fa. Alla morte di Sion, alla sofferenza che aveva sconvolto il Santuario.

Dhoko di Libra era stanco.

E quando il Sole lo bruciò, lasciando il suo cloth colmo solo di cenere e di un leggero barlume di Cosmo, Dhoko sorrise.

“Eccomi, Sion.”

   
 
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