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Autore: LeanhaunSidhe    08/02/2011    2 recensioni
"I morti non cercano qualcuno che li vendichi, ma che li ricordi" Con questa frase si dice che una semplice donna riuscì a entrare nel cuore di Death Mask
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Atterrita, la ragazza si guardò attorno. Era circondata. Non aveva via di fuga. Le lacrime abbandonarono i suoi occhi sfuggendo al suo controllo. La bocca era tesa, spezzata tra la rabbia e la disperazione.

“Avevamo un accordo, io e te…”

Sentì le guance fredde, bagnate dal suo stesso pianto. Parlava rivolta a qualcuno più o meno nella sua situazione.

“Non è giusto…”

Poi aveva alzato il viso, verso Kalen.

“Se davvero sei dispiaciuto, lasciami andare. Il mio unico torto è di voler essere libera.”

Si battè la mano sul petto.

“L’unica differenza tra me e te è che io ho il coraggio di scegliere le mie azioni. Scegli anche tu, se lo desideri.”

Indicò una a una le anime attorno a lei.

“Non lasciarti sopraffare dal loro odio. Aiutarli è giusto, soccombere per loro no. Ciò che Cancer ha distrutto, noi possiamo ricrearlo. Siamo vivi, Kalen, liberi di poter ricostruire ciò che è buono e giusto. Io ignoro la colpa di cui si macchiò il nostro signore, i nostri avi, ma qualunque cosa sia, noi possiamo riparare tutto. Mi hanno insegnato che le colpe dei padri non ricadono sui figli, che la speranza può compiere miracoli…”

Il ragazzo negò col capo.

“Tu vaneggi. Non ti accorgi neppure dell’assurdità ciò che dici. Uccidere te è come uccidere un infante, tuttavia, per quanto io non voglia farlo, questo è il mio destino. Non ho altro da aggiungere, se non addio.”

Mentre alzava la mano per colpirla al capo, il cosmo di Cancer esplose in tutta la sua forza. Tutti si bloccarono, per un attimo sbalorditi da tanto potere. Poco prima che il colpo di grazia calasse sulla fanciulla, però, iniziò a manifestarsi un’altra energia.

“Io voglio la mia libertà Kalen. Lotterò come sta facendo ora Cancer, per ottenerla.“

L’ombra della fanciulla, resa visibile dai raggi lunari, iniziò a tremolare, come se fosse creata non dai raggi della’tro celeste ma da una luce traballante, simile a una fiamma.

“Lotterò come deve aver fatto mia madre.”

L’ombra divenne tangibile e la avvolse, come se fosse una barriera. Il cosmo di Cancer esplodeva ancora e la rinvogorì maggiormente. Le anime che cercavano di penetrarla ne erano completamente tagliate fuori. La graffiavano e il rumore delle loro unghie strideva come su di una lavagna.

In quei momenti, la ragazza cercò di calmarsi, di capire. L’unica cosa che le rimbombava in testa è: ci stai riuscendo. Puoi guadagnare tempo, forse anche scappare. Si portò una mano al petto per imporre pace al proprio respiro. Poi portò entrambe le mani alla barriera. Non sapeva perché o come, ma quello era il giusto modo.

La parete d’ombra che aveva creato, dopo pochi istanti, iniziò a crescere. Anche Kalen la sentiva vibrare, ne avvertì la forza. Insieme a tutti gli altri, fu spinto indietro da quell’ammasso d’ombra che cresceva. Si era ritrovato la mano di uno davanti agli occhi e il gomito di un altro nelle costole. Senza contare quello ch gli pestava il piede.

Cercò di divincolarsi, ma era schiacciato da quella piccola folla. Quando riuscì a muoversi che l’ombra stava cedendo, si accorse che Mnemosine era riuscita a scappare via. Ne intravide la chioma spostarsi tra i cespugli. Scosse il capo e risolse di lasciarla andare.

“Scegli pure la morte che preferisci, sorella mia, per mano del nostro signore, insieme alla persona che ami.”

Schioccò le dita e gli spiriti sparirono. Il tepore del sole gli scaldò le membra. Era mattina.

Mnemosine era in affanno. I rumori dello scontro le arrivavano agli orecchi. Sentì una voce imprecare e riconobbe Cancer. Chiuse gli occhi per farsi forza e superò il cancello laterale. Si stavano battendo li vicino. Scorse uno spirito tra le lapidi senza nome e le sterpaglie.

Decise di fermarsi. Riconobbe una ragazza all’incirca della sua età. Le sorrise e le sfiorò la spalla.

“Non vuoi dirmi il tuo nome?”

Ignorò apertamente lo squarcio alla sua gola e le vesti sporche di sangue. Le sollevò il mento.

“Eli, ti chiami così…vero?”

La ragazza annuì.

“Da quanto tempo sei qui?”

“Non lo so. Il tempo per me non ha senso. Come non ha senso che tu sia di fronte a me senza batter ciglio.”

Le sfiorò i capelli.

“Dei! So che non dovrei nominarli, io che sono per loro una traditrice, ma… non avrei mai pensato di rivedere questo viso. Io conoscevo tua madre.”

Qualcosa, in Mnemosine, si accese.

“Mia madre era come me?”

“Sì. Tua madre aveva la tua stessa luce negli occhi. Quando ero in vita, era raro ma non troppo che qualcuno della tua razza passasse per il santuario. Allora, Imuen e i suoi recavano servizio gradito alla dea, dando pace alle anime di quei guerrieri che non la trovavano neppure grazie al Gran Sacerdote o al Cavaliere del Cancro. Allora, anche Imuen aveva quella luce che ora hai tu, mentre ora nessuno della vostra razza è così.”

“Io non appartengo a quella razza. Non sono come gli assassini di mia madre. Ho lo stesso sangue, è vero, ma preferirei morire piuttosto che agire come loro.”

Sfiorò il collo di Eli e la ferita si sanò all’istante. Le sue vesti tornarono delle leggere tinte pastello di cui erano solo quando era in compagnia di colui che amava.

Persino il suo corpo acquistò consistenza. Mnemosine cercò poi di raggiungere i due avversari, che si fronteggiavano poco lontano. Eli la bloccò per il braccio.

“Sei impazzita? Che intenzioni hai?”

“Vado ad aiutare Cancer e lui potrà aiutare me. Sai, abbiamo stretto un patto noi due. Vogliamo essere salvi, entrambi.”

“Contro Imuen? Voi due soli? Non avete speranza! Cancer è già perduto! Tu invece devi scappare lontano, laddove nessuno possa trovarti!”

La sua presa era però poco salda e non la trattenne a lungo. Sorpresa, Mnemosine se la ritrovò al fianco.

“Mi innamorai di lui perché un tempo era come te. Per quel poco che posso, non gli permetterò di farti del male. Il mio più grande desiderio è che lui torni ad essere come te.”

Le sorrise, riconoscente. Insieme, si avviarono al campo di battaglia.

Quando arrivarono, Fish aveva il braccio che gli penzolava inerte lungo il fianco. Era impegnato contro tre energumeni e tre rose bianche erano pronte ad esser scagliate. Cancer aveva il braccio alzato, teso innanzi al viso. Ogni muscolo del suo corpo era teso nel tentativo di opporsi alla forza che lo trascinava verso l’avversario. Imuen, infatti, lo reclamava a sé dopo avergli serrato il polso con la sua frusta. Era concentrato. Tutto il resto del mondo non esisteva, finchè non si accorsero che erano li.

“Eli…”

Allentò solo un secondo la tensione e Death Mask ne approfittò per liberarsi. Si massaggiò il polso, chiedendosi che diavolo fosse preso a quel pazzo, quando le vide.

“Che accidenti ci fai qui? Sei impazzita? Scappa via.”

Si gettò sul demone e lo prese alle spalle.

“Via di qui, matte!”

Un secondo dopo era con la schiena a terra, inerme, mentre il suo nemico avanzava verso quella creatura ormai troppo preziosa per lui.

Il demone le si pose innanzi. Apparentemente calmo e sporco di polvere e lividi, la osservò a lungo.

“Tu hai fatto questo?”

Sfiorò Eli e lei pianse al suo tocco. Sbalordito, portò alla luce le gocce che gli bagnavano le mani.

“Di così tanto sei capace?”

Nello spiazzo vicino al cimitero, Imuen implorò Cancer di tacere. Obbligò i tre fantasmi a cui aveva momentaneamente ridato un corpo a tappare la bocca di Fish.

“Sembri viva, Eli… Non avrei creduto di vivere così a lungo per trovare chi sarebbe stato capace di tanto. Ci vogliono anni di addestramento, capacità che pochi fra noi posseggono. E’… Non è possibile questo.

Nessuno fra i miei ha raggiunto da secoli un tale livello da potere tanto…”

Non prestava neppure attenzione alla sua donna, che si poggiava al suo braccio.

“Anche per questo, lasciala andare.”

Imuen negò.

“Per questo, solo per oggi li lascio andare.”

Si rivolse al suo avversario.

“Death Mask. Questa fanciulla ha un potere tale da sfidare il mio. Se vi attacco ora, le sue forze unite alle tue possono annientarmi. Vi concedo tre giorni. Per sviluppare una strategia, per passarli insieme. Poi ci batteremo ancora, di notte. Sarà la resa dei conti. La mia vita o la vostra.”

Prese poi il braccio di Eli e sparirono in uno sbuffo di fumo bianco.

Aphrodite, all’improvviso libero, battè la fronte sul terreno. Di tutti, era quello che aveva capito meno.

Il prossimo capitolo sarà l'epilogo. Spero ci sia ancora qualcuno che legge. Alla prossima.

   
 
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