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Autore: Bellis    10/02/2011    3 recensioni
La favola di un giovine Merlo che si innamorò della splendida Rosa: nonostante le raccomandazioni del Musico, a lei volle cantar l'Estate perchè il gelido Inverno non sfiorasse la sua bellezza; scritta in ingenue, semplici rime.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione, Lettore: se proseguirai, incontrerai qualcosa di tremendamente infantile, ingenuo e retorico/moralistico: in una sola parola, Bellisico.
Sei avvertito.

Per la mia sorellina.



L'Artista, il Merlo e la Rosa


Un Merlo fischiava nell'aria frizzante,
la voce ascoltava del Vento incostante.

"Ier sera ho veduto, quand'ero là, al prato,
.un petal caduto da un fiore strappato."

Il Merlo fremeva, con l'animo inquieto:
la morte temeva del suo viver lieto.

Infatti, tra i fiori, la Rosa spiccava
pei vivi colori che al mondo mostrava.

Il Merlo amava la sua voce leggiadra:
la Noia ingannava, che di Vita è ladra.

"Il Bianco non voglio, chè il Bianco è del gelo,
.Natura ha orgoglio del suo unico velo,"

giungeva il preludio, e il Merlo, commosso,
cantava il tripudio del suo amato Rosso.

"Non sceglierò certo un tiepido Giallo,
.ho un manto coperto di gemme e corallo."

Perduto ascoltava, il Merlo adorante,
la tinta elogiava del suo bel sembiante.

"L'Azzurro è del mare che tuona, lontano,
.sta il Cielo a specchiare nel suo color vano."

Il Merlo nel canto poneva gran cura,
esso era suo vanto e sua maggior paura.

Pensò che, a priori, la Rosa vedeva:
di tutti i colori uno solo sceglieva.

Eppur non notava, la splendida Rosa,
ciò ch'egli cantava, melodìa graziosa.

"Se anche non m'odi," il Merlo pensava,
"Farò le tue lodi." E ancora cantava.

Il Musico disse, con tono sincero,
"Ella non visse pel tuo amor vero,

.E' solo una Rosa, di effimera beltà,
.creatura vezzosa che scomparirà.

.Or vieni con me, sii il mio diletto,
.diverrai un re, io te lo prometto."

"Non credo al danaro, ma alla Natura,
.un uomo sì avaro non avrà la mia abiura."

Così disse il Merlo, dal ramo fuggendo,
a chi volle averlo, e corse insistendo:

"Ma non per denaro: pel genere umano!
.A me tu sei caro, e ciò non è strano:

.La voce dell'Arte il tuo canto è:
.te ne ho messo a parte; sù, vieni con me!"

"Non ho proprio cuore di abbandonar la Rosa!"
"Capisco il tuo amore: è molto graziosa.

.Ma pensa all'Inverno, che presto verrà
.e il tuo sempiterno amor ucciderà."

"Solevo cantare una volta alle nubi,
.vedendo addensare i lor neri connubi,

.che Pioggia calasse leggiadra e gentile
.e i campi irrorasse d'un pianto sottile.

.Solevo implorare le Stelle brillanti,
.vedendole alzare le palpebre pesanti,

.che sempre guardassero, liete, la gente,
.che mi sorvegliassero dal Cielo splendente.

.Se il gelo minaccia il mio dolce tesoro,
.che gioia procaccia assai più dell'oro,

.fischierò l'Estate, che di gioia risplende:
.sinfonìe delicate alla Neve che scende.

.Autunno qui giunga: il freddo s'affaccia,
.La notte si allunga, siam tra le sue braccia."

Le foglie cadevano, lente e gioconde,
fluttuando coprivano terre feconde.

Un bel cervo agile nel gelo correva,
il Merlo da un fragile nido si ergeva.

La neve poggiava s'un tiepido manto,
ancor proseguiva il giulivo canto.

D'un tratto cessò: Inverno trionfava;
poi l'aria gelò, mentre il tempo passava.

Il Platano intorno chiese, frusciando,
perchè mai quel giorno non stesse cantando.

Il Merlo impietrito, lo spirto già perso,
guardava, avvizzito, un fiore riverso.

E dal suo cor sorse un alto lamento:
i bei bocci scorse, disfatti dal Vento.

Il dolore assalì il suo petto, feroce;
nella gola languì, annientata, la voce.

L'Artista passava s'un lungo sentiero,
il Merlo cercava, accorato davvero.

Lo vide cadere, stringendo una cosa
che non potè vedere: la sua cara Rosa;

lo vide posare il capo ormai stanco,
del suolo abbracciare il gelido bianco.

Restò inginocchiato accanto al morente,
sotto il Cielo sferzato dalla brezza tagliente:

"Il tuo amaro fato, lo sai che mi duole."
Percepì, costernato, mormorate parole:

"Non posso ancora abbandonar la Rosa,
.sarà mia dimora dov'ella riposa."

Lo udì sospirare, un placido suono
che lo fece tremare, al pari del tuono.

Guardò, in abbandono, le ali vibrare,
chiedendo il perdono lo sentì spirare.

Gridò, molto scosso, al solo vederlo,
quel macabro rosso sul petto del Merlo.


---

Metrica: coppie di senari in dodecasillabi (più o meno - a volte sono settenari in versi di tredici o quattordici sillabe).
Chiedo perdono per le numerose cadute di stile e per le rime piuttosto banali: avevo bisogno di scriverla, e confesso di essermi divertita assai a comporla.
(Per la gioia del povero Merlo, dell'effimera Rosa e dell'affranto Musico, come puoi immaginare.)
Au revoir.
Miss Bellis



   
 
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