Capitolo due: Pierce right through
me
“Words like
violence
Break the silence
Come crashing in
Into my little world
Painful to me
Pierce right through me
Can't you understand
Oh my little girl”
(Enjoy the
silence- Depeche Mode)
Glielo
dobbiamo Damon, glielo devi.
Questa
era nuova. Lui, un vampiro di
cinquecento anni, che aveva mietuto decine di vittime senza mai un
rimorso,
senza mai un tentennamento, lui doveva qualcosa a una semplice umana,
che per
altro non vedeva da anni.
Non
è una semplice umana, è Sissi. Ti piaceva Sissi,
ricordi?
Se
esisteva una cosa peggiore di
avere Stefan sempre intorno che cercava di redimerlo, era sentire la
sua
maledetta voce anche quando lui non c’era.
La
cosa assumeva sfumature
allarmanti, una volta acquisita la consapevolezza che quello non era
Stefan che
gli stava parlando con il pensiero, bensì la sua stessa
mente che, per qualche
ragione ignota, aveva scelto di vestire i panni di suo fratello minore
per
comunicargli quei messaggi assolutamente irritanti.
Sì,
Sissi gli era piaciuta. Un tempo,
quando era ancora una bambina, innocente e ingenua che si era convinta
di
vedere in lui il suo eroe.
Lo
stesso eroe che le scacciava i
mostri da sotto il letto, che le aveva insegnato ad andare a cavallo e
che di
notte attendeva, senza farsi vedere da Stefan o da Zach, che lei si
addormentasse prima di lasciare la sua stanza.
Quell’eroe
che, dopo essersi
accertato che lei dormisse profondamente, se ne usciva di casa, in
cerca di
giovani vergini, cui succhiare il sangue, per poi ucciderle del tutto o
soggiogarle e divertirsi con loro.
Sissi
aveva una visione totalmente
distorta di lui, ma era proprio questo che Damon apprezzava della sua
compagnia. Era per quella sua dolcezza e spontaneità che si
era rifiutato di
usare i suoi Poteri su di lei, che aveva ordinato a Zach di non
rivelarle mai
la sua vera identità o quella di Stefan.
Insomma
era realmente arduo
resistere ai suoi grandi occhi castani che lo guardavano come se fosse
stato la
persona più importante che avesse al mondo. Era una
sensazione che condivideva
anche con Stefan e Zach e loro, con quell’enorme cuore
d’oro che si
ritrovavano, dovevano sicuramente sentirla più di lui, ma il
fatto di provarne
una piccola parte era già di per sé sconvolgente.
Chi
era quella piccolina per
spiazzarlo con un’occhiata? Chi era per crepare, anche se
solo
superficialmente, la pietra che, da tanto ormai, si era stabilita
dentro di lui,
dura e compatta e( almeno così credeva) indistruttibile?
Questo,
però, accadeva otto anni
prima, quando lei aveva solo dieci anni, viveva ancora al Pensionato e
giurava
che da grande avrebbe sposato zio Damon.
Questo
accadeva prima che lei lo tradisse,
complice di quel miserabile di
Zach.
Non
ti ha tradito, Damon, ha solo undici anni, cosa poteva fare?
Queste
erano le vere parole di
Stefan, dette in un vano tentativo di calmarlo, dopo che aveva saputo
la
brillante novità.
Facile
nascondere le colpe dietro una
mera questione di età. Sissi era ancora una bambina,
adorabile e spesso
accondiscendente, ma quando si impuntava su una cosa, diveniva caparbia
e
decisa.
Avrebbe
potuto opporsi, rifiutarsi
di partire, così di punto in bianco, per l’Italia
senza avvertire nessuno (lui), senza
lasciare un indirizzo, un
recapito, senza farsi sentire per anni, avrebbe potuto dire
semplicemente no.
La
tua presenza non le faceva bene, ho dovuto allontanarla per il suo
bene. Mia
sorella non deve finire nei tuoi casini.
Che
scusa patetica! Lui non
l’avrebbe mai toccata con un dito, nemmeno una volta
cresciuta e divenuta una donna.
Non le avrebbe fatto del male. Mai.
Ora
però le cose erano cambiate, ora
anche l’immagine di una Sissi diciottenne si mischiava a
quella di tante altre
ragazze che avrebbe sedotto volentieri per il proprio piacere. Se mai
se la
fosse ritrovata davanti, adesso, e ne era certo, l’avrebbe
usata senza
ripensamenti, avrebbe infilato i canini in quel collo che, se non
ricordava
male, era già allora candido e invitante, e
l’avrebbe guardata morire come
tutte le altre. Nessuna pietà, nessun pentimento, nessun
dispiacere, neanche un
piccolo, stupido e inutile sentimento umano.
Perché
lui era un vampiro.
Perché
lui faceva certe cose per
istinto.
Perché
era cattivo.
Perché
non gliene importava.
Perché
lui non doveva niente a
nessuno.
Specialmente
a Bonnie Salvatore.
Immobile
come una statua di cera.
Ecco cosa avrebbero pensato i passanti vedendola lì, ferma
in mezzo alla
strada, con un borsone a tracolla, una valigia a fianco, posata
sull’asfalto e
un’altra borsa in spalla.
Una
statua di cera.
Ipotesi avvalorata dalla sua pelle bianca, translucida, quasi
trasparente che
sembrava, a momenti, riflettere i raggi del sole.
Bonnie
si era imbarcata in quel
viaggio completamente insensato e improvviso, senza neanche pensare
realmente a
quello che stava facendo.
Facile
muoversi spinti
dall’adrenalina, dalla voglia di rompere gli schemi, dalla
consapevolezza di
un’azione inaspettata e imprevedibile.
Solo
in quel momento, scesa da
pullman che l’aveva condotta a Fell’s Church
dall’aeroporto di Atlanta, si era
veramente resa conto di ciò che era successo.
Era
fuggita dal suo collegio in
Italia, infrangendo una decina di regole della scuola ( cosa per cui
sarebbe
stata minimo sospesa), aveva preso il primo volo diretto in uno stato
che non
era il suo, per quanto fosse comunque vicino, e aveva sbagliato tre
volte
pullman prima di trovare quello giusto.
Per
cosa poi?
Presentarsi
in casa sua e scoprire
che Zach stava bene e che, semplicemente, non aveva avuto il tempo o la
voglia
di chiamarla?
Perché
se da un lato era preoccupata
che gli fosse accaduto qualcosa di male, dall’altro era
terrorizzata di avere
un’ulteriore conferma che a suo fratello, di lei, gliene
frega poco o niente.
Era
proprio quella la conclusione
cui era arrivata, duranti i suoi anni in Italia.
Per
quale altro motivo l’avrebbe
mandata in un collegio all’estero se non per disfarsi di lei?
C’erano altre
ragioni per cui un fratello si separerebbe dalla propria sorella, con
così poco
preavviso e in maniera così definitiva?
D’altronde
Zach si era occupato di
lei fin da quando i loro genitori erano morti, aveva sacrificato molto
per
starle accanto e forse era solo stufo di ricoprire il ruolo del tutore
responsabile. Era una cosa umanamente comprensibile.
Ma
Bonnie non riusciva a darsi pace:
sentirsi un peso, un ostacolo, un qualcosa in più, era un
fardello troppo
pesante da sopportare per una ragazza emotiva come lei. Non pretendeva
molto
dopo tutto: solo vederlo un po’ più spesso di
persona e non attraverso una
web-cam, solo parlargli come quando era piccola e non quelle scarne e
aride
conversazioni cui si era abituata negli ultimi tempi.
Avrebbe
voluto poter tornare a casa
ogni tanto, ma Zach non glielo aveva mai permesso. Un paio di volte
l’aveva
raggiunta per passare l’estate in qualche capitale europea*,
ma durante gli
ultimi tre anni non era più successo.
Bonnie
si era ritrovata a girare,
durante le vacanze estive, da sola per il vecchio continente, con
qualche amica
che avrebbe dato di tutto per stare il più lontano possibile
dalla famiglia. Come sei fortunata, Bonnie.
Le dicevano
sempre.
Strano,
lei pensava la stessa cosa
di loro. Loro che erano tartassate dalle chiamate dei genitori, loro
che a
Natale erano costrette a tornare a casa, loro che avrebbero voluto
avere quella
libertà che Bonnie avrebbe volentieri gettato via.
Erano
sette anni che non metteva più
piede a Fell’s Church e non sapeva se essere più
felice o spaventata.
Compose
velocemente il numero di
Zach, mentre fermava un taxi.
Rispose
ancora la segreteria
telefonica.
“Ehi
Zach, sono ancora io, Bonnie,
tua sorella, hai presente? Quella che hai spedito in Italia a studiare
e che
non vedi da un bel pezzo. Sarà il cinquantesimo messaggio
che ti lascio in
dodici ore: sono tornata, sono qui a Fell’s Church e sto
venendo a casa in
questo momento. Richiamami o fingiti almeno un po’ felice
quando sarò lì”.
Chiuse la chiamata con tono amareggiato.
Sapeva
che c’era la probabilità che
Zach avesse avuto qualche problema, magari di salute, ma non poteva
fare a meno
di essere arrabbiata.
“Dove
ti porto?” le chiese il
tassista, dopo che ebbe caricato i bagagli.
“Solo
un secondo” rispose Bonnie
aprendo il portafoglio, dove aveva riposto un foglietto su cui aveva
appuntato
l’indirizzo.
Pazzesco
non ricordarsi nemmeno la
via di casa propria! Ma era troppo tempo che non tornava e aveva dovuto
scriverla per non dimenticarsela.
Mentre
estraeva il biglietto,
l’angolo di quello che pareva un cartoncino bianco
spuntò dal lato destro del
portafoglio.
Lesse
al tassista l’indirizzo e si
concentrò su quella sua “scoperta”. Non
era un semplice pezzo di carta, ma una
fotografia; ritraeva lei su un cavallo.
Rammentava
bene quando era stata
fatta: un anno prima della sua partenza, al maneggio di
Fell’s Church e
ricordava altrettanto bene chi gliel’ aveva scattata.
Suo
zio Damon, alias un’altra
persona che era scomparsa dalla sua vita come una nuvola di fumo.
Nemmeno un
messaggio in sette anni. Altro brutto colpo per Bonnie, che gli si era
affezionata in modo quasi innaturale.
Zach
e Damon non andavano affatto
d’accordo e Bonnie, seppur piccola, aveva capito fin da
subito che era lei il
motivo per cui Damon ritornava così spesso in
città. Era una sensazione
piacevole, senza contare poi il fatto che la bambina si era presa una
bella
cotta per il ragazzo. Fantasticava su un loro futuro insieme, come
quando le
bambine si convincono che da grandi sposeranno il proprio
papà.
Solo
che Bonnie il papà non ce
l’aveva più.
Una
volta l’aveva perfino confessato
a Zach, facendogli quasi venire un infarto.
Sai,
io e Damon un giorno ci sposeremo.
Era
stato proprio quest’ultimo,
udendola, a rispondere qualcosa sul fatto che la sua confessione
sarebbe stata
troppo lunga per una vita umana. Non aveva mai capito che cosa volesse
dire
quella frase, ma capitava spesso che se ne uscisse con tali perle
criptiche.
Anche se Zach l’aveva intesa fin troppo bene.
Era
un bell’uomo, suo Zio Damon.
Probabilmente lo era anche ora. Chissà, magari si era
sposato davvero, aveva
avuto dei figli.
Sorrise
con malinconia ripensando
anche al fratello minore di Damon, Stefan. Il dolce Stefan. Premuroso,
gentile,
buono, affettuoso, che a volte si era dimostrato molto più
adatto di Zach ad
prendersi cura di lei.
Non
perdeva mai la calma, era
rassicurante averlo intorno, la faceva sentire al sicuro, come se mai
avesse
potuto accadere qualcosa di male in sua presenza.
Zach
era molto più tranquillo quando
lui era nei paraggi; forse perché lo credeva capace di
tenere a bada il
fratello maggiore.
Per
quale motivo, poi, Damon dovesse
essere tenuto a bada, era un mistero per la piccola Bonnie, che non
riusciva
proprio a vedere nulla di cattivo in lui.
Avvertì
che il taxi si era fermato.
Guardò fuori dal finestrino e si stupì di essere
già arrivata a destinazione.
Si era talmente persa nei ricordi da non accorgersi nemmeno che avevano
oltrepassato i cancelli del Pensionato dei Salvatore.
Pagò
l’autista e recuperò le sue
valigie. Attese che la macchina se ne andasse, prima di voltarsi infine
verso
l’enorme villa. Respirò a fondo, senza riuscire a
trattenere un sorriso.
Sono
a casa.
Strizzò
le ultime gocce di sangue,
rimaste nella sacca di plastica, in un bicchiere. Aveva sentito che una
macchina aveva parcheggiato nel suo cortile, ma non le diede troppo
peso.
Doveva essere Stefan di ritorno dal suo allenamento di football. Tornato a casa con la sua Elena.
Fece
una smorfia e aprì un cassetto
in cerca di una camicia da mettere per l’incontro con il
Consiglio. Frugò con
una mano, mentre con l’altra continuava a sorreggere il
bicchiere con il
sangue.
Spinse
la mano in fondo al cassetto,
sicuro di afferrarne una a righe nere, alcune più scure,
altre più chiare, ma
si ritrovò a sfiorare con la punta delle dita qualcosa di
completamente
diverso. Un foglio, sembrava al tatto.
Lo
prese e lo portò alla luce: era
una fotografia.
La
strinse un po’ più del dovuto,
ricordandosi quando l’aveva scattata e a chi.
Dopo la sua partenza, aveva fatto in modo che Zach facesse sparire ogni
traccia
della sua esistenza. Quella era
l’unica foto sopravvissuta. L’aveva nascosta in
quel cassetto tempo addietro e
poi se n’era scordato.
La
fissò per qualche secondo e poi
ce la ributtò dentro, con uno scatto di rabbia.
Serbava
troppo rancore per intenerirsi
per una semplice immagine. Lei era come tutti gli altri e non si
sarebbe fatto
scrupoli ad assaggiarla, magari ad
ucciderla.
“Zach
… c’è nessuno?
Zach ci sei?”.
Una
voce proveniente da sotto.
Cercava Zach. Chi poteva cerca Zach? Non aveva mai avuto una gran vita
sociale;
lui stesso si era ben premurato di renderglielo impossibile.
Lasciò
la sua stanza e scese le due
rampe di scale che lo separavano dal piano terra.
All’ingresso, circondata da
valigie, c’era una ragazza. Capelli rossi, lisci, legati in
una coda alta,
francesine di pelle marrone, Jeans aderenti, una t-shirt bianca e un
gilet
marrone. Bel fisico
nel complesso. Bel
lato B; non poté appurare se lo stesso valesse per il
“davanti”, dato che lei
gli dava le spalle.
Gongolò
sentendo che quella giornata
poteva trasformarsi in qualcosa di davvero piacevole e dolce,
mentre tutto il fastidio di poco prima scemava in una
aspettativa
di pieno godimento.
Almeno
finché la ragazza non si
voltò, rivelando due grandi occhi castani che si allargarono
ancora di più nel
riconoscerlo.
“Damon …”.
“They tell
you a good girl is quiet
That you should never ask why
Cause it only makes it harder to fit in
You should be happy, excited
Even if you're just invited
‘Cause the winners need someone to clap for them”
(Here I am-
da “Camp Rock”)
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Eccoci
qua con il secondo capitolo. Lo so che potrebbe risultare noioso, in
effetti
non succede nulla di eclatante, è ancora una parte
dell’introduzione, ma
ritenevo fosse importante inquadrare i sentimenti dei due protagonisti
in
relazione a questa parte del loro passato che ritorna prepotentemente
nelle
loro vite.
Rimandato
quindi in loro incontro al prossimo capitolo, sperando di non avervi
tediato
troppo con questo =)
Solo
una precisazione: nel primo capitolo avevo scritto che Zach non si era
mai allontanato
da Fell’s Church; quello era solo il pensiero di Stefan.
In
realtà, come afferma qui Bonnie, l’uomo
è andato a trovare la sorella qualche
volta, senza ovviamente farlo sapere ai due vampiri, soprattutto
perché non
voleva rischiare di essere seguito e quindi svelare l’esatta
“ubicazione” della
ragazza.
Ringrazio
tanto chi ha recensito e/o chi ha messo la storia tra le preferite e/o
seguite.
Giuro, non m’immaginavo che avesse così tanto
successo.
A
settimana prossima!
Fran.