Fanfic su attori > Johnny Depp
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Autore: BlackPearl    14/02/2011    11 recensioni
Quando avevo letto il cognome del mio datore di lavoro, l'avevo scambiata per una coincidenza.
Quando avevo parlato con lui, non avevo cambiato opinione.
Poi però mi sono stabilita a casa sua, e ho dovuto accettare il fatto che Daniel è il fratello di Johnny Depp.
Ma sì, m'ero convinta che dovevo rimuovere quel microscopico particolare dalla mia testa. E ce l'avevo fatta -va bene, con grande sforzo-.
Ma che ne potevo sapere io che suo fratello avrebbe innescato una serie di sfortunati eventi che mi avrebbero portato a... sì, anche a desiderare di essere una pennetta?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fourth
Capitolo quattordici
 Come what may;






Vianne's POV

«Sto facendo più esercizio fisico adesso che da giovane» Commentò Johnny, dopo la quarta performance in un giorno. Ridemmo e mi strinsi a lui, che mi coprì col lenzuolo fino al seno.
«Tu ci credi che abbiamo passato quasi due mesi insieme, giorno dopo giorno... e alla fine ci siamo innamorati? E tutto è partito da Daniel... Dio, quanto vorrei che fosse ancora qui per ringraziarlo...» Mormorai in un momento di tristezza. Lui mi accarezzò la spalla.
«Anch'io...» Non parlavamo quasi mai di Danny. La cosa non era un tabù, certo, ma cercavamo di lasciarci il passato alle spalle, anche se davvero avrei voluto - e dovuto - abbracciarlo e ringraziarlo per il resto della mia vita. Un altro argomento era tabù, invece. Ci siete arrivati? Bravi. Di lei non parlavamo proprio mai. Io non riuscivo a chiedergli niente e lui non ne faceva mai argomento di conversazione. Facevamo finta di niente, aggiungendo una fetta di prosciutto sugli occhi giorno dopo giorno.
*Il mio radar anti-dentone si è attivato. Ti conviene tenere gli occhi aperti*
Lo sapevo già, grazie tante.
*Ma perché sei sempre così acida? Dopo tutto questo sesso, poi...*
Ma che ne vuoi sapere, tu?! Vai a tormentare qualcun'altro!
Insomma, ero un po' tesa.
«Credo che qualche paparazzo ci abbia beccato alla cena con Ashley e il crucco. Mia sorella Christie mi ha chiamato e ha saputo che a breve uscirà qualche giornale... non credo di essere ancora in tempo a fermarli, ma se me lo chiedessi potrei provarci, se ti dà fastidio...» Il solito tesoro adorabile. Si preoccupava di tutto.
«Non ti preoccupare. Che il mondo ci veda pure.» E che Vanessa ci veda pure, soprattutto. Così potrà anche dire "Ah! Avevo ragione!"
Era proprio il momento perfetto per tirare in ballo l'argomento. Mi sarebbero bastate due paroline, proprio due, per chiedergli se avrebbe rilasciato qualche dichiarazione in proposito, o per dire semplicemente "E Vanessa lo sa?". Ce l'avevo proprio sulla punta della lingua, ma proprio lì...
«E' il mio telefono?» Johnny aggrottò la fronte sentendo la musichetta che gli avevo messo per suoneria. Annuii e mi si annodò lo stomaco e pure gli intestini e magari anche il fegato e il pancreas. Johnny sbuffò e si buttò addosso a me. «Mi scoccio di alzarmi.» Strofinò la testa sul mio seno stringendomi per la vita e io gli tirai i capelli per farlo allontanare. Rise e mi diede un morso, poi si alzò. Nudo come Santa Betty Sue l'aveva fatto. Lo fissai e sorrisi maliziosa.
«Mi stai violentando, smettila» Esclamò mentre si infilava i pantaloni della tuta. Io ridacchiai e mi sporsi a baciarlo. Intanto il telefono squillava sempre, e avrei voluto proprio scaraventarlo dalla finestra. Johnny andò in camera sua a recuperarlo e si fermò in corridoio per rispondere.
«Salve. Sì. Sì, certo. Va benissimo. Sì, sì. A presto.» Queste le poche parole che disse e che riuscii a carpire tendendo l'orecchio verso la porta. Quando tornò in camera mia sorrise e posò il cellulare sul comodino.
«Chi era?» Stavolta non potei fare a meno di chiederglielo. Di certo non mi sarei messa a controllare le chiamate ricevute, non ero il tipo... piuttosto sarei morta di ulcera.
«Mmm... nessuno» Mi baciò con trasporto e impiegai parecchio tempo per allontanarlo.
«Come nessuno?» Sfuggii alla sua bocca per quattro volte, poi lui mi bloccò sul letto e confermò quello che aveva detto. «Nessuno. Roba di lavoro. Pallosissima roba di lavoro.» E si appropriò nuovamente delle mie labbra, facendomi sconcentrare. Quella canaglia! Sapeva che impazzivo coi suoi baci, sapeva che erano il modo migliore per distrarmi.
«Se mi stai nascondendo qualcosa, io-mmh..» Mugugnai contro le sue labbra, cercando di opporre un minimo di resistenza.
«Fidati di me, Vianne.» Mi guardò serio e io mi persi nel suo sguardo. Annuii e sospirai.
«Ho bisogno di una doccia.» Disse e fece per alzarsi. Lo afferrai per l'elastico della tuta. «E mi lasci così? Dopo quei baci tu hai il coraggio di lasciarmi così?!» Gli chiesi fintamente arrabbiata. Lui rise e ammiccò. «Il tempo di ricaricarmi un po' e poi ti assicuro che non uscirai da questa stanza per molto tempo...»

Sembrava di stare in un centralino.
Il cellulare di Johnny era diventato rosso fuoco ed emetteva fumo dagli altoparlanti.
«Ma che cavolo...» Sibilai, all'ennesimo squillo.
Johnny sbuffò, controllò il numero e per una volta riattaccò. Tornò da me in cucina e si mise il grembiule coi fiori.
«Allora, dicevi? Tre uova?»
Stavamo provando a fare le crepes.
«Sì. Sbatti le uova e mettici un pizzico di sale. Così, vedi, con la forchetta.» Iniziai a girare la forchetta velocemente e lui prese il mio posto. Presi la farina e il latte e li versai nel contenitore. «Bisogna amalgamare il tutto in modo da non formare grumi.»
«Sarà fatto, grande chef.» Dichiarò solenne. Effettivamente lo fece, e lo fece anche bene. Misi a scaldare la crepiera e la unsi con un po' d'olio.
«Comincia a prendere la ciocc-ooohhhh, ma non si può!» Guardai verso il tavolo dove il telefono aveva iniziato di nuovo a trillare. 
«Sto per prendere il blackberry e passarci sopra con un camion.» Sfiatai, spazientita. Johnny mi schioccò un bacio sulla guancia e andò a rispondere.
«Pronto? Ohilà, sei vivo allora!» Il neurone si mosse da solo e capii al volo con chi stava parlando. Lasciai perdere le crepes e raggiunsi Johnny sul divano.
Quando mi sedetti lui scoppiò a ridere. Ma quanto era bello, quanto era cuccioloso quando rideva così?
*Hai la faccia da ebete. Svegliati!*
Ma tu non la senti la sua risata? Che diamine, anche la coscienza è donna! O tu fai eccezione?
*Certo che sono donna, idiota! Purtroppo non posso fare commenti smielati né erotici su Johnny altrimenti mi mandi nella camera a gas, ricordi?*
Ah, hai ragione. E allora perché mi scatafasci i cosiddetti?
*Per ripicca, ovvio.*
«Sì, l'ha visto. Cioè, insomma...» Mi guardò trattenendo una risata. «Non abbiamo finito di vederlo...» Disse, vago. Ci mancava solo che si mettesse a fischiettare. Tim lo conosceva troppo bene, e capì subito. Johnny mise il vivavoce.
«Aspetta, devo prenderla come un'offesa? Il film faceva talmente schifo che avete avuto bisogno di fare altro per passare la serata? No, perché ribadisco che la Disney voleva accopparmi, non so se mi spiego! Aveva il mio scalpo tra le mani!» Mi faceva male la pancia dal ridere. Quell'uomo era un mito.
«No, Tim. Il film è bellissimo, ma Johnny mi ha impedito di vederlo tutto.» Intervenni, per difenderlo.
«Birbantello.» Commentò, e io gli diedi ragione. «Ascolta, Vianne, dovrei parlare di alcune cose di lavoro con Johnny. Sono robe prolisse e assolutamente noiose, oltre a essere top secret, quindi...»
«Va bene, capita l'antifona. Me ne vado.» Tornai ai fornelli con un sorriso che si spense subito. Riflettei.
Quando mai Tim Burton aveva diretto un film prolisso e noioso? Mai. Ergo, prima balla colossale.
Ruando mai Johnny non mi aveva descritto ogni particolare dei suoi nuovi lavori? Top secret?! Seconda balla colossale.
La cosa puzzava enormemente.
*Guarda che hai bruciato la crepe. E' quella che puzza.*
Non è bruciata! E'... bionda!
*Bionda? A me sembra mora con riflessi mogano*
Risi da sola per la disperazione.
No, seriamente. Johnny mi sta nascondendo qualcosa. Tutte quelle telefonate? I numeri che ho trovato sulla scrivania? Tu non ti insospettiresti?
*Non sembra essere la dentona, se è questo che credi. Magari è un'altra delle sue sorprese*
Sarà, ma io ho un brutto presentimento.
«Allora, come vanno le crepes?» A parte quella bruciata, ne avevo cotte due e vi stavo spalmando la cioccolata sopra. Dall'odore sembravano ottime.
«Bene, tieni.» Gli porsi la prima e presi un altro mestolo di composto che versai nella crepiera.
«Mmm...» Johnny iniziò a mugolare con approvazione. «Sto per svenire» 
Sorrisi al complimento e cercai di scacciare tutti i pensieri negativi su quella cavolo di telefonata con Tim. Certo, magari voleva discutere dei suoi problemi col suo migliore amico... ne aveva tutto il diritto; ma perché camuffare il tutto parlando di "cose di lavoro"?
*SMETTILADIFARTILESEGHEMENTALI!*
Ermy! Ma tu non capisci!
*Ermy? ERMY?! Aspetta, chiamo la neuro.*
«E questa? Si è suicidata?» Chiese divertito Johnny indicando la crepe bruciata. Non potei fare a meno di ridere e alzai le spalle. «No, ero distratta.» Lo guardai eloquente e cercai di trasmettergli mentalmente che doveva sputare il rospo al più presto. Santa Vianne mi dovevano chiamare...
«Ho delle novità.» Eravamo telepatici e non me n'ero accorta? Mi preparai alla grande rivelazione.
«Dica, dica.» Cercai di restare calma, mentre in realtà fremevo dalla voglia di sapere che cavolo voleva Vanessa e che cosa stava tramando lui.
«Domani ho un servizio fotografico. Se vuoi venire...» Lascio cadere la frase addentando un'altra crepe.
«Certo che voglio venire! Che domande!» Replicai senza pensarci due volte. Era quella la sorpresa? Le diecimila chiamate erano tutte per il servizio fotografico? No, non ci credevo.
«E poi dovrò rilasciare una dichiarazione a People
Il mestolo mi sfuggì di mano e cadde a terra, macchiando il pavimento. Nessuno dei due si mosse a raccoglierlo, né tantomeno si accorse che una seconda crepe si preparava al suicidio.
«Su.. su noi due?» Balbettai, incerta se svenire o fuggire a gambe levate. Johnny annuì e sorrise. «Vanessa ha già parlato, con un giornale meno importante. Era anche ora, viste le migliaia di foto con il nuovo compagno...»
La prima cosa che mi colpì fu la frase "con un giornale meno importante". Certo, adesso che non era più nessuno mica poteva permettersi di chiamare OK! o People per dire quattro scemenze. Ero proprio curiosa di sapere cosa aveva detto, come aveva giustificato il sacrilegio che aveva compiuto.
Poi pensai al resto della frase. Voleva dire che le nostre foto erano già uscite?
«Ma.. solo stamattina mi hai detto delle foto, non capisco...»
«Sono uscite online. Ora lo sa già tutto il mondo... quindi, prima che pensino chissà che, voglio spiegare.»
«Parlerai anche di Danny?» Lui annuì.
Wow. Era abbastanza scioccante.
Pensai ai miei genitori, per primi. Avrei dovuto chiamarli, assolutamente. Pensai ad Ash e Ryan, che sarebbero divenuti i migliori amici di una persona famosa. Pensai a me, che sarei diventata... la ragazza di Johnny Depp? Non sapevo nemmeno come ci avrebbe definiti, lui, e avevo paura di chiederglielo.
«Devo... scusami...» Mi sfilai il grembiule e mi chiusi in camera. Dovevo pensare. Da sola.
La cosa mi era piombata addosso all'improvviso. Dopo quasi due mesi di vita tranquilla - cioè, dopo trentadue anni di vita tranquilla e gli ultimi due mesi di vita tranquilla con Johnny Depp - la mia faccia sarebbe stata su tutti i giornali finché sarebbe durata la mia storia con lui. Deglutii. Non era una cosa che accadeva tutti i giorni, né una cosa da prendere alla leggera. Ecco, stavo andando nel panico. Presi il cordless e composi il numero di Ashley, col cuore che batteva a mille.
«Hopaurahopaurahopaura. JohnnydiràdinoiaPeopledomani. DiventeròfamosacomeMichelleObama. Sìhaicapitobene.» Dissi tutto d'un fiato.
Dopo un attimo di pausa in cui Ash dovette metabolizzare il colpo, parlò. «Calmati. Per favore, calmati.»
«Non ci riesco, Ash.»
«Vianne, ascoltami. Tu ami Johnny, vero?»
«Certo che sì.»
«E allora questo basta. Sei consapevole che se solo glielo chiedessi lui si ritirerebbe in cima a una montagna nel Burundi e vivrebbe da solo con te per il resto della sua vita, vero?»
Ci pensai su e giunsi alla conclusione che sì, avrebbe fatto di tutto per proteggermi dalla vita mondana, se avessi voluto.
«Devi solo abituarti all'idea, tesoro mio. Johnny non è uno che sta sulle copertine dei giornali tutti i giorni. Purtroppo per noi, aggiungerei. Voglio dire, a meno che non andiate a fare bungee-jumping sull'Himalaya o vi droghiate come Bob Marley nessuno parlerà di voi, passato il primo periodo...»
«Credo tu abbia ragione.» Ammisi, alla fine. Mi ero calmata e stavo già molto meglio.
«Ho sempre ragione, cara. E poi scusa, non ti ha già rassicurato lui?»
«Non gliene ho dato il tempo. Sono fuggita in camera appena me l'ha detto.»
«Oddio, Vianne. Ma sei tremenda! Ma.. ma.. ora si starà mangiando le mani a morsi, per colpa tua! Salva questo scempio, ti prego! Scendi giù immediatamente!» Ordinò perentoria. Io ubbidii. La salutai e presi un bel respiro.
Quando aprii la porta me lo trovai davanti. Stava fumando e batteva il piede a terra, nervosamente.
«Va bene, cancella tutto. Non rilascio nessuna dichiarazione. Scegli un paese e ce ne andiamo a vivere lì.» Mi disse appena mi vide. Io risi e lo abbracciai.
«Scusami, ho reagito come una stupida. Non ti preoccupare, amore mio. Starò benissimo. Finché saremo insieme starò bene, che sia in casa o alla premiere di un film.»
«Sei sicura?» Mi sfiorò la guancia con il pollice, scrutando attentamente la mia espressione. Gli sorrisi e lo baciai. «Sono sicura.»

«Eccolo, finalmente. Si fa sempre attendere, il grande Johnny Depp!» Esclamò una voce familiare quando entrammo nello studio fotografico.
«Non per niente mi chiamo Johnny Depp» Ribatté senza fare una piega lui, abbracciando Tim.
«E' stata colpa mia, veramente. Non trovavo le scarpe.» Ammisi con un sorriso imbarazzato. Tim abbracciò anche me e mi presentò il miliardo di tizi che avrebbero contribuito alla riuscita di questo servizio fotografico.
«Cavolo, tutta questa gente?» Osservai sbigottita. C'era davvero un sacco di gente. Tante donne.
«Non è un servizio come un altro. Vedrai.» Tim mi strizzò l'occhio e mi fece sedere in un angolo. Il fotografo e gli assistenti iniziarono a provare le luci e i vari teli colorati, e Johnny ogni tanto mi scoccava un'occhiata esasperata. Quando ebbero trovato la sistemazione perfetta, lo fecero sedere e iniziarono a tirargli indietro i capelli.
Aggrottai la fronte. Che stavano facendo? Due ragazze gli misero del gel nei capelli e li stirarono per bene, fermandoli con delle pinzette. Poi venne un tizio e iniziò a spruzzargli in faccia della roba che lo fece diventare bianco come un cadavere. Una donna giapponese iniziò a truccargli gli occhi e gli zigomi di viola, e a quel punto il neurone si ritirò per deliberare. Quando gli misero delle sopracciglia enormi color rosso carota, capii. Con grande sgomento.
Lo stavano trasformando nel Cappellaio Matto.
Una punta di fastidio mi fece arricciare il naso quando lo fecero spogliare - ovviamente non del tutto - per mettergli i vestiti di scena. Tim mi mise il cappello enorme in testa e chiese al fotografo di farmi una foto con lui. Sorrisi divertita e mi misi in posa. Il flash forte mi accecò per un momento. Sbattei le palpebre un paio di volte e quando rimisi bene a fuoco mi trovai Johnny davanti e mi spaventai.
«Gesù quanto sei brutto!» Esclamai, suscitando le risate di tutti. Faceva proprio impressione! Una cosa era vederlo sullo schermo dove si sa, c'è di tutto... ma dal vivo faceva quasi paura. Quelle lentine verdi erano davvero inquietanti.
«Se non vi dispiace, il mio cappello.» Lo indicò con un cenno del capo e tese la mano con un gesto buffo. Glielo misi in testa e lui si sporse per baciarmi.
«No, ti prego, altrimenti me lo sogno stanotte.» Indietreggiai e lui rise.
«Me ne ricorderò, stanotte...»
«Qualcuno divida i due piccioncini! Io sono il suo migliore amico, non potrei mai...» Tim ci interruppe e si mise in posizione davanti all'obiettivo. Johnny - o meglio, il Cappellaio - lo raggiunse e insieme sorrisero per il successivo triliardo di flash accecanti. Sempre nella stessa posa, poi. Sai che strazio.
Quando furono finalmente soddisfatti, ne fecero un'altra con Johnny che guardava sorridente Tim. Ecco, quella foto faceva proprio impressione. Figuriamoci Edward mani di forbice quanto era spaventoso! Rabbrividii al solo pensiero.
«Benissimo, abbiamo finito!» Gridò finalmente il fotografo, e tutti tirammo un sospiro di sollievo. Johnny si venne a sedere accanto a me, sempre infagottato nei panni del Mad Hatter, solo senza lentine. Almeno quello.
«La prossima volta mi porti a quello di Jack Sparrow. Lì sì che ti bacerò, altroché!» Sorrisi a tremila denti e lui alzò gli occhi al cielo.
«Ma come, se fossi così brutto non mi ameresti comunque?»
Io storsi il naso.
«Non so se potrei sopportare il sopracciglio.» Lui si tolse il cappello e me lo mise in faccia. Era talmente grosso che quasi quasi ci entrava tutta la testa, dentro. «E' pure viziata, la signorina...» Mormorò facendomi ridere. Le risate rimbombarono nel cappello. Quando me lo tolse ripresi fiato e feci una smorfia.
«Dio santo, fatti struccare, non ce la faccio a guardarti» Mi morsi la guancia per non ridere.
«Ehi voi, qualcuno faccia tornare Johnny, vi prego!» Agitai le braccia e la crew rise, mentre ci raggiungeva. Fecero il loro lavoro e potemmo abbandonare lo studio.
Prima di tornare a casa, ci fermammo a bere un caffè con Tim.
«Io prendo un caffè alla vaniglia, grazie.» Sorrisi al cameriere che si congedò con un cenno del capo.
«Allora, piccioncini. Le cose vanno a gonfie vele, vedo.» Tim si sfilò le lenti azzurre e le pulì col bordo della maglia.
Guardai Johnny e sorrisi. 
«Già.»
«Il mondo sa.» Continuò, annuendo tra sé.
«Già. Quasi.» Mormorai, riferendomi all'intervista con dichiarazione che Johnny avrebbe dovuto rilasciare di lì a poco. «Ma non è detto che tutto il mondo legga People, comunque...» Cercai di convincermi, ancora un po' terrorizzata all'idea.
«Ogni dubbio sarà sciolto alla premiere, senz'altro.»
Momento di silenzio. Johnny guardò Tim. Tim guardò Johnny. Poi guardò me, imbarazzato.
«Non gliel'avevi detto?»
«Non ancora.»
«Bene.»
«Bene.»
«Cazzo.» 

Erme POV

Salve.
Qualcuno mi conosce, forse no.
Io sono presente in ognuno di voi.
Qualcuno mi ascolta, qualcuno no.
Qualcuno mi dà un nome, qualcuno no.
Vianne mi chiama Ermengarda.
E soffro di manie di protagonismo, sì. Che volete? Io posso.
Visto che Johnny sta dichiarando al mondo intero di aver lasciato Vanessa e di stare con Vianne, e visto che Vianne si sta facendo fin troppe pippe mentali per tutte le telefonate e cose varie, insisto per prendere la parola. Almeno per salvarvi dalle pippe di Vianne, di cui vi sarete davvero stufati.
Adesso, spostiamo la telecamera dalla mia faccia e puntiamola su quella di Vianne. Siamo a casa, dopo il caffè con Tim. Lei sta spulciando i vari siti di gossip alla ricerca delle foto incriminate, quando suona il campanello.


Vianne alzò gli occhi dallo schermo del computer e li sgranò leggermente. Aggrottò le sopracciglia, pensando a quanto fosse stata veloce quell'intervista. Scese le scale di corsa, pronta a sapere tutte le novità, e aprì la porta, piena di speranza. Quando si trovò davanti un uomo - ma non quello che amava - lo guardò spaesata.
«S-salve... desidera?» Teneva aperta la porta quanto bastava per vederlo. Era sempre molto previdente - o paranoica - in questo genere di cose, forse più del necessario.
«Sono Mike Harris, sono qui per conto dell'agenzia immobiliare House&House» Dichiarò quello, lisciandosi la cravatta. Vianne alzò un sopracciglio.
«Ehm, credo che abbiate sbagliato casa...» Azzardò, pronta a chiudere la porta. Il tizio scosse la testa.
«No, no. Mi ha chiamato il signor Depp.» Quasi si strozzò con la sua stessa saliva, Vianne, sentendo quella frase.
Le venne da ridere. «E' sicuro? Scusi, posso vedere un documento? Non è un paparazzo o robe del genere?» Iniziò a insospettirsi. Quel tizio poteva essere chiunque. Una valigetta e un bel completo scuro non garantivano che fosse chi dicesse di essere. Lui non si scalfì nemmeno un po'. Prese il suo distintivo, col marchio House&House di cui Vianne aveva già sentito parlare, e glielo mostrò. Lei si trovò costretta ad annuire lentamente.
Il tizio, un po' imbarazzato, vedendo che Vianne non accennava un sorriso né tantomeno voleva farlo entrare, si schiarì la voce e provò a balbettare qualcosa. «Forse il signor Depp non gliene ha parlato, ma noi abbiamo preso un appuntamento... è già passato un quarto d'ora, lui...»

«Lui non c'è, e non so quando tornerà. Ha avuto un impegno imprevisto.» La mente di Vianne rimuginava febbrile sugli ultimi avvenimenti. Tanti pensieri cozzavano tra loro senza riuscire a incastrarsi.
Non sto qui a raccontarvi le pippe mentali, che ne avete passate già troppe. Purtroppo io sono la sua vocina interiore e devo sorbirmele tutte.
«Ho capito, allora gli dica che lo richiamo. Arrivederci.» Vianne pensò di essere stata un po' scorbutica, con quel tizio, ma la verità era che non sapeva cosa pensare.
Io lo so cosa pensava, e ripeto che desidero risparmiarvi l'impiccagione. Vedete come sono brava? Poi Vianne dice il contrario.
Il tempismo non è mai stato il forte degli esseri umani, vero? Johnny bussò alla porta esattamente dieci minuti dopo che Vianne l'ebbe chiusa alle spalle di Mike Harris.
«Finalmente a casa. Ciao amore mio.» Johnny chiuse la porta con un calcio e prese Vianne per la vita, attirandola a sé. Si scambiarono un bacio che lei interruppe praticamente subito. Era troppo tesa, ma non lo diede a vedere, almeno all'inizio.
«Allora? Non mi dici niente?» Gli sorrise, cercando di controllare il respiro.
«Allora è andato tutto bene. La signorina che mi ha intervistato è stata gentile, non invadente, ha promesso di scrivere solo quello che ho detto e mi ha pure detto di essere contenta per me.» Spiegò lui, felice.
«Sono contenta anch'io» Lo baciò e poi inspirò profondamente, allontanandosi verso il tavolo della cucina. «Ah, prima è venuto a cercarti uno... Mike qualcosa, non ricordo...» Buttò lì, mentre sfogliava distrattamente le pagine di un giornale. Johnny deglutì.
E la sua vocina interiore gli suggerì una risposta immediata.

«Oh, no! Ancora? Quel giornalista mi perseguita... da quando è successa la cosa di Vanessa non mi lascia un secondo in pace... cose assurde, pure qui è venuto?» Scosse la testa con fare melodrammatico. Vianne serrò le labbra.
Altro che pippe mentali. Ora corrono paroloni.
«Ahhh... capisco. Sul cartellino non c'era scritto "giornalista stalker", però...» Si chiese cosa avrebbe inventato ancora. Lo guardò dritto negli occhi e lui si finse spaesato.
«Oh. Allora forse non è quel Mike... avrà sbagliato casa.»
Vianne sorrise.
«In effetti questa via è piena di Johnny Depp...»
Gli si avvicinò e puntò le mani sui fianchi. Johnny trattenne una risata, ormai palesemente scoperto.
«Hai esaurito le scuse?» Pigolò lei, avvicinandosi lentamente. Non sembrava arrabbiata, però. Forse stanca.
La verità è che nessuno lascerebbe Johnny Depp. Mai. Ecco. Diciamo le cose come stanno.
Tranne Vanessa, ovviamente. Ma lei è un caso a parte. Un caso PATOLOGICO a parte.
Johnny la prese per mano, si sedette sulla poltrona e la fece sedere su di lui. Mentre parlava, non smise di accarezzarle le mani, se le portava alla bocca, intrecciava le dita con le sue. «Sto cercando casa, per noi due.» Scrutò l'espressione di Vianne per un momento e lesse la sorpresa nei suoi occhi, poi riprese a parlare.
«Forse l'avrai già intuito, o forse no... cavolo, mi era riuscita quasi bene questa. Doveva essere una sorpresa, ma ho dimenticato di dire a Mike di tacere. Che coglione.» A Vianne scappò un sorriso e si rilassò.
«Ne avevo vista una, l'altro ieri, quando sono andato a fare la spesa... mi è piaciuta subito e volevo conoscere i vari dettagli. Ecco spiegate le chiamate e la visita di Mike.» Si fermò di nuovo, per accarezzarle la guancia col pollice. «Una casa tutta per noi. Più ci penso e più vorrei mettermi a inventare una macchina del tempo per tornare indietro e proporti di venire a vivere con me nel modo in cui l'avevo pensato... portarti nella casa, magari bendata, in una stanza vuota con un solo tavolo al centro, tutto apparecchiato e con due candele a forma di cuore...» Vianne iniziò a piangere senza rendersene conto. Qualche lacrima rotolava giù dalla sua guancia senza che lei potesse controllarla. Johnny le asciugava con la punta delle dita, continuando a parlare. «E poi avremmo fatto l'amore davanti al camino, sul tappeto persiano, e ti avrei ripetuto che ti amo fino all'alba.» Vianne non resistette. Lo baciò cercando di trasmettergli tutto quello che stava provando, tutto l'amore che sembrava sconvolgerla tanto era forte.
«Mi dispiace tanto, ho rovinato tutto...» Disse Johnny quando si separarono.

«E' come se l'avessi fatto.» Lo rassicurò lei, con uno sguardo e uno sorriso che non lasciavano spazi a dubbi o rimpianti.

Lo so, lo so. Mi sono lasciata prendere la mano. Di solito non sono così sdolcinata, né così obiettiva.
Ma Johnny Depp fa sempre un certo effetto.


Vianne's POV

Sono praticamente a un passo dal diventare una star mondiale.
Sono praticamente a un passo dal diventare la ragazza più odiata del pianeta.
Sono praticamente a un passo da... David?
«Dolcezza!» Lo incrociai sul marciapiede, con il braccio teso a chiamare un taxi.
«Ho come un deja-vu.» Sorrisi e lo salutai con un bacio. Sempre più bello, eh?
«Come va?» Mi chiese, aiutandomi a caricare le buste della spesa sul taxi.
A parte il fatto che tra qualche giorno mi vedrai sui giornali e addirittura in televisione, va tutto benissimo.
«Bene. A te come va?»
«Non mi lamento.» Mi regalò uno dei suoi sorrisi da svenimento istantaneo. «Col fidanzato? E' ancora lì a fare da terzo incomodo in questa nostra potenziale bellissima storia d'amore?»
Risi e annuii.
«Sì, è sempre lì, fermo più che mai.»
«Mi fa piacere.» Mi fece l'occhiolino, sinceramente contento.
«Oh. Il cellulare.» Presi la borsa e aprii la tasca interna, agguantando l'aggeggio che trillava impazzito.
«Deve avere dei poteri soprannaturali, il tuo lui.» Ridacchiai e scossi la testa. Era Ashley.
«Ash?»
«Tu non hai IDEA del vestito che ti ho trovato. Cioè, tu... tu, davvero... io sono troppo un genio! Costa più di me e te messe insieme, ma credo che Johnny se lo possa permettere...»
Sì, avevo affidato alla mia migliore amica schizzata il compito di scegliermi l'abito per la premiere.
«Non sarà una cosa alla Lady Gaga, vero?» Chiesi preoccupata.
«No, no. Niente pezzi di carne
«Mh.» Il taxi volò e presto giungemmo alla mia fermata. Gli dissi di lasciarmi all'ingresso del viale, così da non far perdere tempo a David.
«Tesoro, ti devo lasciare. Ti richiamo dopo.» Attaccai e salutai il mio accompagnatore con un abbraccio.
Mi incamminai nel viale con le buste tra le braccia e mille pensieri in testa. Chissà che strana roba mi avrebbe fatto indossare Ashley. Era sempre dell'idea che a un evento del genere non bisogna passare inosservati, quindi fatevi un po' i conti.
Ero talmente sovrappensiero che quasi non feci caso al taxi fermo fuori casa.
Quando lo vidi e me ne resi conto, mi bloccai sul posto. Non osavo muovere un solo passo in avanti. Chi poteva essere?
Col respiro corto e un bruttissimo presentimento, mi decisi ad avvicinarmi. L'autista stava leggendo il giornale. Mi sembrava stupido chiedergli chi avesse accompagnato, ma ero troppo curiosa e non volevo affrontare la situazione totalmente impreparata.
«Qualche problema?» Feci un salto all'indietro, colta di sorpresa. Il tassista mi guardò strano.
«No, no.» Col cuore in gola, salii i tre gradini per arrivare alla porta e infilai la chiave nella toppa.
«Dica alla signora che sto morendo di fame! Aveva detto che si sarebbe sbrigata...» Borbottò il tizio scuotendo la testa.
Fu come essere presi in pieno da un secchio d'acqua gelata.
Dica alla signora. Si sarebbe sbrigata.. perché, doveva approfittare della mia assenza?
Dio, ti prego, fa che non sia lei.
Considerai la possibilità di comprare un fucile, ma poi il tassista avrebbe sentito lo sparo. Anche avvolgendola con un piumone? Sì, penso di sì.
Okay, okay. Restiamo calmi.
La porta si aprì con un 'clac', e feci in tempo a sentire delle voci provenienti dal salotto, che però si zittirono subito.
Due passi in avanti, e il cuore che si ferma.
Lui e lei. Seduti a tavola, l'uno di fronte all'altra. La mano di lei su quella di lui.
Un brivido mi attraversò la schiena da cima a fondo, regalandomi uno spiacevole senso di nausea.
Vanessa mi sorrise, e compresi esattamente come ci si sente quando ti cade il mondo addosso.
Sfoderando la mia migliore espressione impassibile, posai borsa e chiavi e li raggiunsi, presentandomi come la governante. Lei non fece una piega.
Che grande presa in giro. Lo sapeva tutto il mondo che Johnny e io stavamo insieme, perché lei faceva finta di niente?
*Stanotte avrò gli incubi. Hai visto che faccia? No, ma dico, hai visto che faccia?!*
«E così ti vedo, finalmente.» Vanessa mi strinse la mano continuando a sorridere. Non ricambiai.
Con la scusa di portare le buste della spesa in cucina mi defilai, chiudendo la porta alle mie spalle.
Li sentii ridacchiare, ma non riuscii a capire di cosa parlavano. Mi sentivo umiliata come non mai.
*Va bene. Ora ti calmi, prendi un bicchiere, avvicini l'orecchio alla porta e cerchi di capire.*
Potrei prenderti in parola.
*Vai, Perry Mason dei poveri!*
Evitai di prendere il bicchiere e mi avvicinai alla porta, cercando di calmare me stessa e soprattutto il mio cuore, il cui battito mi rimbombava fastidiosamente nelle orecchie.
La conversazione riprese da Johnny. «Allora, facciamo lunedì?»
«Non lo so... dovrei riuscire a liberarmi... nel caso va bene anche mercoledì?»
«Sì, certo. Non c'è problema.»
«Lei è d'accordo?»
«Ehm... sì»
«Non gliene hai parlato, vero?»
Oh, non ce la facevo più. Quante cose non mi aveva detto Johnny, quante? Quante sorprese mi aspettavano ancora? E di che cazzo stavano parlando?!
*Calmati. Calmati. Ci dovrebbe essere del vino, in frigo.*
Vai a cogliere tu!
Non capii la risposta di Johnny, o forse non ci fu bisogno di rispondere.
«Perché non gliel'hai detto?»
«Una cosa per volta, già ha avuto tante notizie da assimilare...»
«E quando hai intenzione di parlarne?»
«Non mi sembra chissà che notizia sconvolgente, Vane...»
Avrei tanto voluto avere una bomba per gettarla in salotto e fare fuori tutti quanti. Non so con quale forza mi stavo trattenendo dal trasformarmi in una belva, fiondarmi di là e chiedere di che cavolo stessero parlando.
«Hai ragione. Peccato che ora starà sicuramente per sbroccare, credendo chissà cosa, dietro quella porta... me ne vado, così potete chiarire in pace.» Sentii lo schiocco di un bacio e poi il rumore dei tacchi sul pavimento.
Johnny aprì la porta e mi vide, seduta sul ripiano di marmo, con le gambe penzoloni e un bicchiere di vino rosso tra le mani. Ancora pieno.
«Non so cosa tu stia pensando, ma non è niente di tragico.» Mi tolse il bicchiere dalla mano e mi baciò.
«Mi fai una sorpresa al minuto, ormai. Potrei aspettarmi di tutto.» Commentai, inespressiva.
«Stavamo prendendo accordi per l'affidamento dei bambini.»
Ah.
Mi diedi della stupida per aver temuto il peggio. «Giusto.»
«Faremo a turno... due settimane ciascuno. Capiterà anche che dovremo stare tutti insieme, forse... volevo parlartene ma non mi sembrava il momento adatto...»
«Non ti preoccupare. Lo capisco.» Erano cose in cui io non c'entravo nulla, dopotutto. Era una situazione così strana...
«Vivo col terrore che tu mi possa lasciare da un momento all'altro. Sto per impazzire.» Disse, stringendomi a sé.
«Sapessi io...» Mormorai, passandogli le braccia attorno alla vita.
«Amore mio... so che non saranno sempre rose e fiori, che stare con uno come me non è facile... sia per la fama sia per il carattere che mi ritrovo. Però ti prometto che sarai felice. Saremo felici, insieme.»
Con un groppo alla gola gli sorrisi, senza riuscire a rispondergli in modo adeguato.
Mi prese la testa tra le mani e iniziò ad accarezzarmi i capelli.
«La nostra nuova casa ci aspetta. Verrai a vivere con me, Vianne?»













Finalmente ce l'ho fatta. Non so come scusarmi. Dovevo aggiornare alla fine di gennaio, e invece... mi dispiace tantissimo. Purtroppo non ho scritto più una virgola dalle risposte alle recensioni ed è stato un caso che abbia terminato il capitolo, ieri sera. L'ispirazione va e viene... anzi, sarebbe il caso di dire che va e basta, ultimamente. Il periodo non è dei più felici ma insomma, non voglio accampare scuse né tediarvi coi miei problemi inutili. 
Cavolo, è proprio finita.
Voi ci credete? Sembra di averla iniziata una vita fa... e ora è giunta alla conclusione.
Inutile dire che sono super affezionata a questi due testoni. Lei è la mia copia - quella bella - e lui è il mio sogno erot... ehm, il mio sogno.
Ermengarda è Ermengarda ed è anche lei un mio alter-ego, quello bastardo. Mi mancherà tantissimo.
Che dire.
Ci sarà un epilogo, ovviamente, come promesso. Non so quando lo pubblicherò... non voglio dirvi date tanto poi non le rispetto quasi mai (l'avrete notato) e lo stesso vale per la nuova storia. Non credo che vi avvertirò singolarmente o robe simili (a meno che non lo chiediate espressamente)... mi fa strano e sarebbe un po' come costringervi a leggere... magari c'è chi vuole liberarsi di me e non vede l'ora XD
Voi date un'occhiata ogni tanto al mio profilo, e se c'è una nuova storia... beh, è quella.
Vi lascio con due spoiler e tanti baci.
Un grazie infinito a chi ha letto, commentato, chi ha sorriso e chi si è emozionato leggendomi.
A voi va ogni parola di questa storia.


Spoiler dall'epilogo:

«Vieni qui amore mio, vieni!» Allargai le braccia e accolsi il corpicino dell'ometto che sgambettava verso di me.
«Ma quanto è bello? Quanto è bello questo patato qui? Eh?» Christie gli prese la manina e iniziò a fare delle smorfie buffe per farlo ridere.
Qualche metro più in là, Johnny e Debbie ci osservavano sorridenti.
«Ci sa proprio fare coi bambini, Vianne» Commentò lei, scompigliando i capelli a Jack, che passava di lì con una palla tra le mani.

Spoiler dalla nuova storia... o meglio, il prologo:

La mia vita non faceva poi così schifo.
Un ritmo ordinario, degli amici ordinari, ero ordinariamente felice.
Poi, la catastrofe.
I litigi dei miei genitori, la separazione, il divorzio. Io scelsi di stare con papà, con la speranza che un giorno le cose sarebbero tornate come prima.
La vita tornò quasi normale, col ritmo normale, amici normali.
Fino all'arrivo della nuova compagna di papà, Betty Sue, e di suo figlio, Johnny.

Lots of love
,
Sara.

   
 
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