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Autore: xlairef    14/02/2011    0 recensioni
Dicembre 2012: da mesi le notti di Delia sono turbate da incubi inspiegabili e sinistri. Poi le cose precipitano, troppe persone si interessano a lei, come Anatol, un amico di cui non ci si può fidare, come Paul, l’affascinante padrone di una vecchissima drogheria, come Anna, la psicologa preferita di Delia…Ma perché Claudia, la sua migliore amica, è scomparsa? E a chi appartiene il gatto mostruoso che ogni notte monta la guardia al balcone di Delia? Qual è il segreto del talismano al collo della ragazza? Tante domande a cui solo quattro esseri vincolati da un inganno e pronti a tutto in cambio della libertà saprebbero rispondere…Ma potrebbe essere troppo tardi per fermare il corso della prossima apocalisse…
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sera della festa d’inverno Delia era sola in casa: sua madre era tornata ad occuparsi dei suoi clienti, come sempre, ma aveva lasciato in frigo un po’ di cena per la figlia, ignara che i programmi per la serata di quest’ultima non prevedevano certo una tranquilla  cena riscaldata davanti alla televisione.
Alle otto e mezza Delia trovò Anatol che l’aspettava sul marciapiede sotto casa.
Lui la squadrò da sotto in su.
 “Beh, dai, potevi fare di peggio.” Delia indossava un paio di jeans neri e un cappotto grigio sopra una felpa senza maniche, anche questa di colore indefinibile. Non l’abbigliamento ideale per una festa, probabilmente.
 “Se non ti vado bene, puoi pure andartene…” replicò la ragazza seccata.
“Ho detto che non sei tanto male, no? Forza, salta su!” e indicò l’auto rossa parcheggiata all’angolo della strada.
Delia non si sforzò nemmeno di domandargli dove l’avesse trovata.
 
Una grande folla di ragazzi di ogni età era ammassata alle porte, impazienti di entrare a scuola per la prima volta nella loro vita: il vecchio arco sull’entrata era stato decorato da luci e carta argentata, il che lo rendeva alquanto curioso, agli occhi di Delia.
Una volta oltrepassato il portone, scoprirono che il chiostro era stato invaso da tavoli e tavolini su cui erano disposte le più varie e strane quantità di cibo, dalla pasta e fagioli agli involtini primavera, passando per la torta di mele e lo sformato di melanzane. Delia riconobbe alcune compagne di scuola, intente a mangiare e a chiacchierare allegramente, ma non si avvicinò: sapeva che l’ombra di Claudia l’accompagnava ancora.
Inoltre Anatol provvedeva a farla avanzare tra i vestiti colorati, tenendola saldamente per mano: sembrava avere una destinazione ben precisa. Superarono il tavolo degli alcolici, sorvegliato da alcuni professori dall’aria un po’ brilla, il tavolo dei dolci e una fila di panche da dove ci si poteva sedere per ammirare gli alberi e le piante del chiostro, fino a che non furono arrivati alla meta: i gradini di pietra smussata dagli anni che davano accesso alle cantine sotterranee del liceo.
“Cosa c’è in cantina?” domandò Delia, vedendo un gran numero di ragazzi scendere di sotto.
“La discoteca, no?” Anatol la guardò come se la risposta fosse stata ovvia. Stavano per avviarsi quando Delia notò una ragazza che parlava ad un uomo in un angolo appartato.La brunetta pareva particolarmente su di giri, e l’uomo le stava permettendo di spingersi un po’ troppo oltre, e fin qui nulla di anormale. Il problema era che l’uomo in questione era Paul. Vestito di nero dalla testa ai piedi, aveva un aspetto talmente…diverso dal solito, che Delia rimase senza parole. Come se avesse sentito lo sguardo di lei penetrargli la nuca, Paul si girò e incrociò il suo sguardo. Il blu dei suoi occhi era spettacolare, e Delia non l’aveva mai notato prima, sembrava più giovane e….
Cosa mi succede? Cosa sto pensando? La ragazza non capiva, le girava la testa, e voleva solo avvicinarsi di più a quegli occhi…
Anatol le artigliò un braccio: “Ma che fai? Si scende di qui!” e la strattonò giù per le scale; per un istante il ragazzo dai capelli fiammeggianti e l’uomo in blu si fissarono, e se Delia non fosse già scesa si sarebbe spaventata per lo sguardo di sfida che i due si stavano lanciando.
Nella cantina, un locale basso e molto ampio, erano state installate casse e luci stroboscopiche: da un palco di fortuna una band formata da studenti dell’istituto cantava i brani dei cantanti più famosi del momento, mentre studenti e ragazzi di altre scuole si dimenavano a ritmo di musica.
“Ti va di ballare?” Anatol non le lasciò il tempo di rifiutare e si diresse verso il centro della sala.
“Ehi aspetta! Non ho mai detto che…”
Una polvere dorata scendeva dal soffitto e volteggiava sopra le teste dei ragazzi che si divertivano nella quasi oscurità della cantina.
A Claudia sarebbe piaciuta, pensò Delia sentendo una morsa al cuore: la polizia non aveva ancora trovato l’amica.
“Non pensare alle cose tristi: balla e divertiti” le sussurrò Anatol mentre si muovevano tra la folla.
La musica stordiva Delia, sentiva tutto il corpo vibrare al ritmo della batteria…e ad un ritmo più lento e più profondo, che proveniva dalla terra sotto le piastrelle di cotto scheggiate e polverose.
Il sangue le pulsava, chiedeva di spillare e sgorgare fuori dalle sue vene, per unirsi alla danza del sottosuolo. “Lo senti anche tu?” chiese ad Anatol, ma il ragazzo aveva già iniziato a ballare. Delia notò però che alcuni ragazzi si muovevano a scatti, come incapaci di scegliere il ritmo secondo il quale muoversi. Ben presto il loro numero aumentò: Delia si era persa tra le gambe e le braccia che si piegavano all’improvviso, non riusciva a vedere dove fosse finito Anatol. Decise di tornare in superficie, ma non vedeva nemmeno l’uscita. Infine il ritmo sotterraneo prese il sopravvento.
Tutti iniziarono a danzare strane coreografie, sensuali eppure inquietanti, porgendosi l’un l’altro le vene del collo e dei polsi con inchini lenti e voluttuosi, del tutto inconsciamente: i loro occhi erano lattei, svuotati di ogni emozione.
Solo Delia sembrava immune a quella frenesia: terrorizzata, la ragazza scorse ad un tratto le scale e cercò di raggiungerle, ma il talismano che aveva al collo sembrava essersi fatto pesante, ad ogni passo pareva che una mano le serrasse il collo impedendole di respirare.
Mentre raggiungeva con fatica il primo gradino delle scale, la danza degenerò: all’improvviso i volti privi di espressione si raggrinzirono, le loro gambe cedettero e portandosi le mani alla testa le loro bocche si spalancarono per emettere un urlo che esprimeva una sofferenza inimmaginabile, un urlo che si mescolò a quello di Delia, che con uno sforzo terribile riuscì ad salire le scale e ad uscire nel chiostro, dove gli altri gruppi di persone la fissarono stupiti dalla sua faccia sconvolta. La ragazza non riuscì ad aprire bocca che il corteo di danzatori stregati fece irruzione dietro di lei: i loro visi erano completamente sfigurati per la paura di qualcosa che solo essi potevano vedere, e si aggredivano l’un l’altro come per difendersi da misteriosi nemici. Alcuni dei sani per lo shock strillavano a squarciagola, altri, riconoscendo amici o fidanzati tra il gruppo impazzito, correvano loro incontro per portarli via, e venivano coinvolti così nella lotta; i più in sé scappavano velocemente verso il portone d’ingresso, ma questo era stato chiuso a chiave.
Delia si era rannicchiata in un angolo del chiostro, dietro ad una colonna, coperta dalle siepi del giardino ornamentale infangato per le continue piogge, e osservava la scena tremando. Si domandava cosa avesse potuto provocare quella follia collettiva: forse la polvere dorata era una droga, ma allora perché lei sembrava essere immune? E perché per quanti sforzi facesse non riusciva a sfilarsi dal collo il talismano, più pesante ad ogni secondo che passava?
“Delia!” Il sussurro la fece sobbalzare, ma alzando la testa vide il viso familiare di Anatol, anche lui a carponi nel giardino. “Presto, vieni con me! Dobbiamo andarcene da qui!”
Quegli occhi… vere calamite per Delia. Tutto sfociava nel nulla: paure, pensieri venivano subito ridotti all’impotenza, perché nulla poteva accaderle in quei momenti. E rivestita di nuova forza, di nuovo coraggio, nessun rischio era troppo elevato, nessun argomento poteva farla desistere.
Ah, quegli occhi…
Sgattaiolando tra le colonne immacolate. Delia seguì Anatol tra i ragazzi impazziti, fino a raggiungere di nuovo le scale delle cantine da cui tutti erano usciti.
“Lo sapevi che da queste cantine” disse Anatol scendendo le scale, “ danno accesso ad una serie di gallerie sotto la città? I monaci le usavano durante le guerre per mettersi al sicuro.”.
Questo cosa c’entra?E tu come hai fatto a saperlo? Pensò Delia, anche se affascinata dalla storia.
“Dalle gallerie si può arrivare sotto ai principali edifici di un tempo: le basiliche, il palazzo di giustizia, il cimitero maggiore… per cui chiunque conosca il modo per entrarvi potrebbe essere arrivato fin qui questa sera a far impazzire i tuoi amici.”
“Ma chi può…chi è in grado di fare una cosa simile, perché?” chiese Delia; Anatol intanto si diresse sulla parete di fondo, coperta dal palco, e armeggiò per pochi istanti con i mattoni rossi del muro.
“La domanda non è chi…ma cosa…” rispose ritraendosi dalla parete: con un cigolio il muro si aprì, mostrando un lungo e buio tunnel scavato nella pietra. “Tu credi ai vampiri?”
“Come?” fece Delia confusa.
“Perché quella che sto per raccontarti è una storia di vampiri.” Il ragazzo prese da chissà dove una torcia elettrica, l’accese, e si inoltrò nella galleria. “Vieni?” domandò tendendo una mano alla ragazza pallidissima, che l’afferrò con forza.
Il talismano pulsò e divenne bollente; Delia cadde nell’oscurità. 
  
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