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Autore: Egle    06/01/2006    8 recensioni
Sana si è trasferita a New York per studiare recitazione, lasciando gli amici e Heric. Ora è giunto il momento del ritorno...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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19 maggio   Cara mamma

Falling Rain

 

19 maggio


Cara mamma,

questa potrebbe essere la mia ultima lettera da New York e non è improbabile che io stessa arrivi a casa ancor prima che tu l’abbia ricevuta.

Sono seduta in una tavola calda davanti all’Accademia dell’Arte Drammatica e non faccio altro che leggere e rileggere l’attestato che mi hanno consegnato: sono ufficialmente un’attrice.

Non che mi servisse un pezzo di carta per saperlo…fin da ragazzina la mia strada era stata ben delineata davanti a me e ora che solide basi teoriche supportano la mia vocazione non c’è motivo per cui io stia ancora lontano dal mio paese.

Amo New York con la sua frenesia e il suo turbinio di lingue e colori, ma la mia casa è sempre rimasta lì…e sebbene il pensiero di riabbracciare te, Robbie e tutti gli altri mi riempia il cuore di gioia, non posso fare a meno di domandarmi se la nuova Sana sarà benvoluta come la vecchia…sì perché sono cambiata, mamma. Non so se in meglio, ma di sicuro cambiata. Ho ventun anni, ma ho già vissuto così tante esperienze da riempire chilometri e chilometri di pellicola, se vogliamo sempre parlare in termini cinematografici, e temo che questo mi allontani dagli amici di sempre. In fondo non sono neppure sicura che si ricordino di me e che abbiano piacere di rivedermi.

Comunque è inutile preoccuparsi! Quel che deve succedere succederà.

Ritorno nel dormitorio perché devo ancora preparare i bagagli…senza contare che devo salutare la mia compagna di stanza Emily. Credo di averti già parlato molto di lei e quindi non mi soffermo oltre… Sento un dolore sordo opprimermi il petto al pensiero di separarmi da colei che più di tutti è riuscita a sostenermi in questi mesi difficili. Sai quanto ho sofferto, vero? Ed è in parte merito suo se sono riuscita a superare non solo gli esami…ma soprattutto la solitudine…

Ma basta deprimersi! Quello che conta è che sto finalmente tornando!

Lascio un dollaro sul tavolo e mi preparo a uscire.

Se chiudo gli occhi e se riesco a concentrarmi posso già percepire il profumo dei ciliegi in fiore, ma poi ricordo che non sono a casa…ma che ci sarò presto.

Con affetto,

Sana


La signora Kurata ripiegò con cura la lettera e la infilò in tasca.

Un tenue raggio di sole penetrava dalle tende leggere disegnando il contorno della finestra sul pavimento. La signora Kurata sorseggiò la sua tazza di tè, socchiudendo gli occhi, mentre la porta del salotto si apriva.

"Ciao mamma"

"Bentornata a casa, Sana"

Mi fa uno strano effetto essere distesa sul letto dove ho dormito per tante notti e sentire quel buon profumo di lavanda sulle coperte. La signora Patricia ha sempre riempito dei piccoli sacchettini di petali di lavanda per profumare la biancheria negli armadi e io rimanevo per ore a guardarla mentre li chiudeva con nastri colorati e talvolta vi ricamava sopra una faccina o le mie iniziali. E’ strano come il tempo possa cambiare le persone e come possa lasciare le cose inalterate. L’aver ritrovato la mia casa esattamente come l’avevo lasciata…con tutto l’amore e la comprensione, che le persone a me care mi hanno dato, mi ha trasmesso una consolante sicurezza.

Qualcuno ha suonato il campanello.

Dev’essere Robbie, che è uscito una ventina di minuti fa per comprare dei pasticcini.

Scendo di sotto e lo vedo davanti alla porta in giacca e cravatta come sempre.

Lo saluto allegramente e lui mi dice che ha passato in rassegna tre diverse pasticcerie per trovare le paste con le fragole come piacciono a me…se lo ricorda ancora…

Ho sempre sostenuto che l’affetto si dimostra con le piccole cose, che possono sembrare irrilevanti, ma se le guardi bene ti svelano i sentimenti delle persone che ti stanno intorno…

Ci sediamo a tavola e io racconto delle mie lezioni e del mio accordo con la professoressa McGillins per terminare gli studi in anticipo. Mi dilungo sulla mia passione per le lezioni di danza e di dizione. Non ometto neppure un particolare… neanche le brutte figure che hanno suscitato l’ilarità dei miei compagni e dei presenti attorno a questo tavolo…

Dico loro delle proposte di lavoro che mi sono arrivate e del mio rifiuto categorico, senza neppure consultare Robbie…io volevo tornare a casa.

Io devo essere qui perché tra pochi giorni ci sarà un nuovo provino per "Falling rain"… tre anni fa non erano riusciti a scovare un’attrice che fosse congeniale all’autore e non ne avevano fatto più niente …

Nessun sacrificio mi è sembrato tanto insopportabile…

Nessun esame tanto difficile da preparare pur di essere qui in tempo …

Pur di essere Lizzie …

Loro capiscono e non mi sgridano. Chiedo a mamma del suo nuovo libro e a quel punto lei glissa sull’argomento infilandosi nella sua automobilina rossa e sfrecciando per tutta casa con Maro attaccato a uno dei nastri del suo cappellino con delle margherite. Mi offro di aiutare Patricia a riordinare, ma lei insiste affinché mi riposi. Effettivamente il cambiamento di fuso orario si fa sentire, ma la voglia di godermi la mia città è così tanta che non riesco a impedirmi di fare una passeggiata. Fa caldo ed esco senza giacca. I lampioni accesi attirano delle falene notturne che volteggiano nell’alone di luce con movimenti aggraziati. Non so dove sto andando.

Permetto a me stessa di non pensare a niente…

A nessuno…

E sbarro la porta ai ricordi che tentano di farsi strada nella mia mente…

Socchiudo leggermente gli occhi e respiro la fragranza dell’aria a me familiare.

Proseguo per la strada deserta finché non mi ritrovò nel parco.

Mi siedo su un’altalena e mi dondolo lentamente con le gambe.

Una brezza primaverile mi scompiglia i capelli sciolti. E mi sento sola. Vorrei che Charles fosse qui e che mi prendesse tra le braccia…e che mi dicesse come tutto si risolverà nel migliore dei modi … stile e vissero per sempre felici e contenti …

Quando imparerò a non dar sempre retta a Charles e al suo inguaribile ottimismo?

Anche tre anni fa quando sulla scaletta dell’aereo mi ero voltata indietro e un’irresistibile forza mi spingeva a mandare al diavolo i miei sogni per lui, Charles aveva trovato le parole giuste per farmi ragionare…

Non mi sono mai pentita di essere partita per New York. Ho ritrovato la mia strada laggiù e la possibilità di far venire alla luce capacità, che mai avevo pensato di possedere…e per la prima volta nella mia vita ho dovuto contare esclusivamente sulle mie forze : nessuna mamma, nessun Charles, nessun Robbie e… nessun Heric

Ora mi sento completa come persona prima che come attrice, ma a che prezzo?

Mi sembra di sentire la sua voce accusarmi di non amarlo…

Di considerarlo solo come un diversivo tra un ciak e l’altro…

Dio…mi sembra che come allora i miei occhi si riempiano di lacrime…

Forse perché anche adesso vedo tutto appannato e sulle mie mani cadono gocce di pioggia…

Che strano! Eppure ero sicura che il cielo fosse sereno quando sono uscita di casa…

La mia mente comincia a farmi brutti scherzi…

Eccolo che mi sembra di averlo davanti…

E tutto mi sembra incantevole come allora…

Lo guardo stringersi la cintura nera intorno alla vita mentre mi sorride…

Mi aveva promesso di parlarmi se ce l’avesse fatta…

E anch’io dovevo dirgli qualcosa…

Ma in quel momento le parole sembravano soltanto uno stupido artefatto per obliare quello che il cuore grida a gran voce…

Mi afferra per un braccio…

Io mi arrabbio un po’ urlandogli di non tirarmi a quel modo perché mi avrebbe fatta inciampare e cadere…

Ma non posso più gridargli contro di tutto quando mi prende tra le braccia e mi bacia…

Sento il calore delle sue labbra sulle mie e il respiro mi si mozza in gola. Accarezzo delicatamente la sua guancia imberbe e lui si stacca da me fissandomi con i suoi occhi profondi.

"Sana, io volevo dirti che…"

Gli chiudo le labbra con un dito e scuoto la testa.

"Lo so" gli dico.

Lo prendo per mano e da quel momento sono di nuovo solo Sana.

Non la star.

Non l’attrice.

Ma solo Sana, una ragazzina con compiti in classe e interrogazioni da preparare e permetto a me stessa di scivolare fuori dal palcoscenico per un po’.

Per dedicarmi a me…

A lui…

Agli amici…

Alla scuola…

A essere solo Sana…

Robbie non ne è entusiasta ma dice che rispetta la mia scelta. So che il mio amico fedele , quasi un fratello molto maggiore per me, mi aspetterà. La verità è che mi sembrava di aver già dato tutto quello che avevo da dare come attrice…come se dentro di me non ci fossero più emozioni abbastanza vive da essere trasmesse…

Come se la fiction avesse assorbito come un parassita la vera Sana…

Come se Sana avesse perso sé stessa…

Gli anni della mia adolescenza passano tra gli alti e bassi comuni alle mie coetanee, tra tragedie provocate da un brufolo sul naso e catastrofi per l’ennesimo due in matematica… e naturalmente c’è lui …

Solido e incrollabile punto di riferimento per le mie tempeste emotive.

Era una mattina di fine luglio quando Robbie bussa alla mia porta e segna un nuovo cruciale cambiamento nella mia vita …

Io stavo finendo di leggere un noiosissimo libro sulla rivoluzione francese che la professoressa aveva assegnato come compito per le vacanze, quando una pagina scritta al computer ricopre il discorso di Robespierre che stavo leggendo.

"Che cos’è?" gli chiedo.

"Sei tu" risponde.

Scorro velocemente le parole e il mio cuore manca un battito.

Mi alzo in piedi e mi appoggio al davanzale della finestra aperta.

Non voglio che si accorga che sono commossa…

"E’ una storia di una ragazza inglese di nome Lizzie che parte come infermiera volontaria nella Seconda Guerra Mondiale. Suo fratello è disperso al fronte e lei spera in questo modo di ritrovarlo. Sua madre è morta e lui è tutta la sua famiglia. Qui subisce le pesanti avance di un medico, ma lei lo respinge. Anche un giovane e arrogante ufficiale prova qualcosa per lei, sebbene lui continui a stuzzicarla e a farla arrabbiare per mascherare i suoi sentimenti. Il ragazzo si chiama Jean. L’esercito tedesco invade la Francia, dove lei presta servizio, e non le resta che scappare. Arriva in Italia e si unisce alla resistenza. I combattimenti sono violenti e ogni giorno lei vede qualcuno morirle tra le braccia. Ha bisogno del sostegno di qualcuno che l’ami, ma intorno a sé non vede che morte e disperazione…finché non ritrova suo fratello morente. Chinata al suo capezzale piange lacrime amare mentre James spira tra i lamenti. Presa dalla disperazione non si accorge nemmeno di invocare il nome di Jean, ma lui è lì al suo fianco. Quando lei lo vede si accorge di amarlo profondamente. Ma Jean è costretto a partire di nuovo e la lascia sola, promettendole che tornerà da lei non appena tutto sarà finito. È il 1945. La guerra termina e Lizzie deve rimettere insieme i pezzi della sua vita. Si trasferisce a Parigi e continua a fare l’infermiera, aspettando fiduciosa il ritorno del suo grande amore. La scena termina con Lizzie che guarda fuori dalla finestra e dice che sta cominciando a piovere e che le è sempre piaciuta la pioggia. A questo è dovuto il titolo. Questa è solo la trama molto schematizzata. Nel libro e quindi anche nel film Lizzie si eleva da ragazza comune a giovane donna forte e coraggiosa. Lei sembra risplendere di una luce propria mentre il mondo è intriso di sangue. È un angelo che passa tra le barelle dove la gente muore tra i tormenti. Ha sempre una parola gentile, un sorriso, un pensiero per i pazienti, nonostante questo è una figura altamente tragica. Il lutto per la madre, i sentimenti per l’enigmatico Jean, la preoccupazione per il fratello a cui era profondamente legata…tutto questo la fa soffrire immensamente…" mi spiega pazientemente.

"A che ora è il provino?" gli chiedo.

Lizzie poteva far rinascere l’attrice che è in me…

Poteva prestarmi i suoi sentimenti per far volare i miei atrofizzati…

Io potevo dare un corpo e una voce a Lizzie e lei avrebbe potuto darmi le ali…

"No. Non potrai mai essere la mia Lizzie"

Il regista e il produttore sono entusiasti della mia interpretazione e mi sembra di aver ottenuto la parte finché quell’uomo dai capelli rossi leggermente brizzolati non ha posto il suo insormontabile veto. Ha spento la sigaretta con un gesto secco e mi ha guardata come se fossi una bambina che si dà arie da star…quanto lontano è andato dalla verità?

"Ma signor Cadoudal. La signorina Kurata è la migliore attrice che abbia fatto il provino. Questa parte le sembra cucita addosso…"

"Davvero? Se fosse uno stupido telefilm per teen agers sarei d’accordo con voi, ma qui si sta parlando di un film tratto dal mio libro... piuttosto che affidare la parte a lei, sono pronto a mandare tutto a monte".

Come può trattarmi in quel modo? Non mi ha fatto pronunciare che un paio di battute! Desidero quella parte. La desidero con tutte le mie forze. Non mi hanno consegnato che un paio di fogli con un lungo monologo della protagonista, ma solo quelle poche frasi sono state sufficienti a farmi perdutamente innamorare della parte. Io sono Lizzie. Io so cosa vuol dire soffrire ed essere costretta a mostrare il mio irrinunciabile sorriso. Io so cosa vuol dire perdere una persona cara…io so di poter essere una Lizzie vera e pulsante…

"Ho molta esperienza alle mie spalle e posso rendere il personaggio diverso…più somigliante al copione se lei…" dico con aria battagliera

"E’ la luce che manca" risponde l’autore del libro da cui deve essere tratto il film.

"La luce?" chiedo incredula

"Nei tuoi occhi. Non c’è la luce della mia Lizzie. Lei ha combattuto per amore. Lei ha visto gli orrori della guerra ed riuscita a uscirne conservando la sua freschezza e la sua innocenza. Lei è forte. Davanti a me non vedo altro che una ragazzina, che può girare solo qualche stupido programma televisivo come "Evviva l’allegria"" sibila prima di andarsene.

Ha detto quelle parole con un tale disgusto che io non riesco a replicare…

Mi siedo su una panchina nel parco e piango a lungo, finché una mano amica non si posa sulla mia spalla.

Charles…

"Devo trovare la luce…" gli dico.

Due giorni dopo sono partita per l’America.

Sono andata fino a New York per cercare la luce di Lizzie e ancora adesso non sono sicura di averla trovata…

Mi passo i palmi delle mani sugli occhi e la sua figura è ancora lì.

Mi guarda con un’espressione indecifrabile sul viso.

Non avevo previsto di rivederlo proprio questa sera…

Soltanto dopo poche ore dal mio arrivo.

Ma il destino a volte gioca dei brutti scherzi.

Restiamo a guardarci per quella che sembra un’eternità senza dire niente finché lui non mi volta le spalle per andarsene.

Mi alzò frettolosamente dall’altalena e lo chiamo per nome.

Lui non mi guarda in viso…

È sempre voltato dall’altra parte, ma almeno si è fermato.

Il mio cuore sembra impazzito nel petto.

I sentimenti che per questi lunghi mesi ho tentato di soffocare mi stanno sopraffacendo e il desiderio che le sue braccia mi avvolgano nell’abbraccio che tanto ho amato mi fa vacillare.

"Non mi saluti neanche?" gli chiedo

"Non sapevo che fossi tornata" mi dice a mezza voce.

E come potrebbe?

Non ha risposto alle mie telefonate, alle mie e-mail, alle mie lettere…

Assolutamente niente per quasi tre anni…

Funny mi ha scritto che si è iscritto alla facoltà di giurisprudenza e che sporadicamente partecipa a dei tornei di karatè.

Non so nient’altro di lui.

Non so se riconosco ancora il mio Heric nell’uomo davanti a me.

"sono arrivata solo questo pomeriggio" rispondo ostentando un’allegria che sono ben lungi dal provare.

"Capisco. Beh ci vediamo" mi dice di rimando prima di correre via.

"Aspetta Heric" grido tendendo una mano verso di lui nel vano tentativo di fermarlo.

Ma lui è già lontano.

Rimango ad osservare il vialetto deserto sperando di udire i suoi passi ritornare verso di me…ma non accade nulla.

Guardo le stelle e mi accorgo che non stava piovendo.

Probabilmente stavo piangendo senza neppure accorgermene.

Mi capita di tanto in tanto.

Mi incammino verso casa prendendo svogliatamente a calci una lattina.

Il suo rumore mi tiene compagnia e m’illude di essere meno sola.

Non mi ha perdonata.

Crede ancora che io sia fuggita via da lui.

Non capisce che io avevo il bisogno di ritrovare me stessa… la passione per la recitazione… il fuoco che mi scalda quando sento il calore dell’occhio di bue seguirmi sul palcoscenico…e poi l’emozione degli applausi e il momento in cui permetti alle tue gambe di tremare perché lo spettacolo è finito…

E l’attimo in cui vedi il sipario calare e l’atmosfera svanire , ma odi ancora le acclamazioni nella tua testa, come se si fosse trasformata improvvisamente in una conchiglia che ha catturato il soffio del mare.

Non so per quanto tempo sono rimasta fuori.

Forse un paio d’ore, forse di più.

Sento le dita di mia madre battere furiosamente sulla tastiera del computer. Sta lavorando e decido di non disturbarla, anche se avrei voglia di parlare un po’ con lei e di trascinarla in cucina a ingozzarci di biscotti, mentre le racconto come l’amore per Heric non sia mai diminuito. Neppure per un singolo istante. Neppure quando ha giurato di odiarmi per il resto della sua vita. E’ accaduto stasera? No. Non mi pare. I ricordi di tanti anni fa si mescolano con il presente e io non so più che cosa devo fare.

Ma sento che lui non mi odia.

Magari non ha capito perché me ne sono andata.

Magari non ha capito che questa città mi stava troppo stretta … che la mia vita mi stava troppo stretta … che la vera Sana non poteva staccarsi dal palcoscenico, ma che non sapeva come fare a ritornare a calcare le scene di nuovo.

Non sapevo più come far piangere o ridere la gente perché la mia fiamma si stava spegnendo …

Ma l’amore per lui non è mai venuto meno. Mai.

Mi spoglio nel buio e mi metto a letto.

Rimango ad osservare il soffitto ricordando il suo viso serio e il ciuffo di capelli ribelli che gli ricade sulla fronte.

Ho perso il conto di quante volte gliel’ho scostato seduta sulle ginocchia…

E’ di nuovo mattina.

Sono abituata ad alzarmi presto per fare jogging, una delle tante abitudini che ho appreso dagli americani, ma qui non c’è Central Park e le lancette dell’orologio segnano quasi le undici. Colpa del fuso orario.

Prendo in mano un portaritratti.

Guardo la foto e sorrido. Siamo io, Emily e Charles sotto la Statua della Libertà.

Le dita di lui sono intrecciate con quelle della mia ex compagna di stanza…

Mi ero accorta da subito che fossero fatti l’uno per l’altra e sostengo che sia soprattutto per lei che Charles ha accettato un contratto esclusivo che lo lega a una casa di produzione statunitense per altri due anni.

Sono contenta per loro.

Emily è stata per me come un Charles al maschile : un’amica sincera e una fidata spalla su cui piangere quando la nostalgia di Heric si faceva così forte che mi sembrava di essere sul punto di svenire.

Heric…

Chissà se ha una ragazza?

Il solo pensiero che lui possa essersi innamorato di un’altra mi stringe il cuore in una morsa talmente stretta che temo che possa esplodere…

Ho scritto spesso a Funny, ma lei si ostina a non volermi rivelare nulla.

Ho letto le parole "come al solito" o "sta bene" sulle sue lettere almeno un migliaio di volte. Probabilmente non voleva farmi soffrire , ma non essere a conoscenza della verità forse è anche peggio. Corro di sotto e le telefono. E’ sabato e lei dovrebbe essere a casa dall’università. Fa medicina e io sono convinta che possa diventare un ottimo medico. Mi ricordo ancora il suo numero di telefono a memoria.

E’ libero…

"Pronto?"

"Funny?"

"Sì? chi parla?"

"Ciao, sono Sana!"

Silenzio. Mi sembra che stia trattenendo il respiro.

"Ciao Sana. Non ti avevo riconosciuta. Come stai?" risponde
"Bene! Sono appena tornata dall’America"

"Lo so."

"Beh, hai voglia di andare a pranzo insieme? Ho così tante cose da raccontarti…"

"Certo. Vediamoci al ristorantino dove abbiamo festeggiato i miei 18 anni. Ti ricordi qual è?"

"Naturalmente. Allora ci vediamo lì per l’una! Ciao"

Riattacco il telefono e resto per un attimo a fissarlo quasi che questo stupido apparecchio possa rivelarmi le parole che Funny non mi ha detto.

Non sembrava molto felice di sapere che sono di nuovo in Giappone…

Un momento! Lei ha detto che lo sapeva già…e l’unica persona che può averglielo detto è … "Heric" . Non mi accorgo neanche di aver detto il suo nome ad alta voce finché non vedo Robbie di fianco a me che mi chiede se era lui al telefono.

"Nonono! Era Funny! Vado a pranzo con lei ed è meglio che vada a prepararmi se non voglio arrivare tardi all’appuntamento!" rispondo

"Non gli permetterò di farti ancora soffrire" mi dice

"non ce n’è bisogno! Io sto bene! davvero! Non devi preoccuparti!" mento con voce allegra. Bella fortuna avere doti da attrice, ma mi accorgo che Robbie non mi crede. Ciononostante fa finta di niente e non aggiunge altro.

Mi butto sotto la doccia e lascio che l’acqua scorra sul mio corpo.

Passo una mano sullo specchio appannato e guardo il mio viso pallido e contratto riflesso. Mi ero mai accorta che i miei occhi fossero tanto tristi?

Sì, credo di sì. Li ho visti spesso ultimamente velarsi di dolore. Spero solo che gli altri non lo capiscano…spero che vedano solo la Sana piena di energie e un po’ pazzerella…

Indosso un paio di jeans e una camicia rosa.

Mi trucco appena, mi sistemo un pullover bianco sulle spalle ed esco di casa.

Il cielo è nuvoloso e minaccia di piovere.

Fortunatamente ho dato retta alla mamma e ho preso l’ombrello.

E’ bello avere qualcuno che si preoccupa per te .

Salgo sull’autobus e mi siedo vicino al finestrino. La città è esattamente come me la ricordavo: brulicante di vita e insolitamente rassicurante. Scendo dopo una manciata di fermate e mi dirigo verso il ristorante. Una ragazza dai capelli castani lunghi fino alle spalle è in piedi vicino all’entrata. La riconosco e la saluto allegramente mentre corro verso di lei. Un sorriso forzato mi accoglie.

Dov’è finita la magica complicità tra le amiche che eravamo?

Mi abbraccia e mi invita a entrare.

Prendiamo posto accanto alla finestra.

Do una rapida occhiata al menù commentando che sembra tutto buonissimo…in realtà non faccio caso alla lista dei piatti. Voglio solo sapere che cosa sta succedendo! Voglio solo sapere perché quella che da sempre è stata la mia migliore amica mi tratta come un’estranea.

Le chiedo come va l’università e lei mi parla dei suoi corsi e dei suoi esami, tuttavia senza dirmi nulla di personale. Stringo i pugni celati dalla tovaglia a quadrettini e le chiedo di Jeremy.

"Noi ci siamo lasciati" risponde chinando il capo.

"Mi dispiace. Sembravate fatti apposta l’uno per l’altra"

"A volte l’amore non basta. E tu dovresti saperlo" mi dice con voce tagliente.

I suoi occhi lampeggiano, ma non ho modo di replicare perché arriva il cameriere per prendere le ordinazioni. Quando se ne va Funny sta guardando fuori dalla finestra per evitare il mio sguardo. Rimaniamo in silenzio per un po’. Torna il cameriere con gli antipasti e lei si volta e comincia a mangiare. Mi sforzo di toccare cibo, ma un nodo mi serra la gola…

Le chiedo notizie di Terence e di Alyssa, ma lei mi guarda con uno sguardo glaciale.

"Non è di loro che dovrei parlarti, o sbaglio?"

Sono mortificata dal veleno della sua voce.

Perché Funny mi tratta così?

Che cosa ho fatto per farmi odiare a tal punto?

"Perché magari potrebbe interessarti sapere che per superare il dolore della tua partenza il tuo Heric si è distratto con me per poi scaricarmi appena si è accorto che io non ero brava come te a letto…"

Queste parole mi trafiggono il petto come mille lame.

Heric e Funny…

Un’immagine di loro due mi attraversa la mente e le tempie cominciano a pulsarmi dolorosamente…

"Sai che ti dico, santarellina? Che per me potevi anche restarci in America a farti sbattere dal tuo caro amico Charles! Heric non ti vuole e io farò tutto ciò che posso per riconquistarlo! Sono stata chiara?"

Guardo le mie mani contratte sui jeans e mi accorgo che stranamente anche qui sta piovendo sui miei pantaloni…

Che strano…eppure mi sembrava che fossimo al coperto…

Lascio dei soldi sul tavolo e augurandole ogni bene esco di corsa dal ristorante…

Le lacrime mi inzuppano i vestiti …

Anche il cielo sta piangendo forse anch’esso consapevole della mia disperazione …

Heric e Funny a letto insieme…

Non so dove sto andando.

Non mi curo di sbattere contro i passanti che mi maledicono. Anch’io maledico me stessa per aver lasciato Heric…ho frapposto migliaia di chilometri da noi, senza mai smettere di pensare a lui…ma se fossi rimasta qui io non avrei mai potuto ritrovare me stessa…ma che importa? Avrei avuto Heric…Avrei avuto Heric…

Qualcuno ferma la mia corsa sfrenata…

E mi gira con forza verso …

Due occhi scuri incatenano i miei e respirare mi è impossibile…

"Heric" mi esce in un soffio.

"Che cosa ti ha detto?" mi chiede serio.

Non voglio che mi veda piangere.

Non voglio che mi veda debole e fragile.

Ma sorridere mi è impossibile e così lascio che lui scavi nella mia anima indifesa …

"spero che siate felici insieme" mormoro prima di liberarmi della sua stretta e di correre via… correre via da lui …

Mi perdo tra la folla e anche se sento la sua voce chiamarmi non mi volto indietro…

So che se lo facessi non riuscirei a non pregarlo di perdonarmi…

E così scappo da vigliacca quale sono…

Non so per quanto tempo vago per le strada della città incurante della direzione che prendo finché non mi ritrovo davanti al cimitero. Non c’è nessuno. Cammino tra le lapidi tutte uguali alzando il viso verso il cielo. Sta veramente piovendo.

Mi siedo incurante del fango accanto a una lapide e vi appoggio contro la testa.

"Ciao Taddeus" dico e poi tutto diventa buio.

Mi sveglio tra le coperte calde.

Sono in camera mia.

Mi fa male terribilmente la testa .

Mi siedo e sprofondo nei cuscini alle mie spalle.

Robbie entra di soppiatto nella stanza e vede che sono sveglia.

Mi sgrida perché li ho fatti stare in pensiero.

"Mi dispiace" rispondo con voce rauca.

Mi porge una scodella di brodo e io lo sorseggio piano piano per non scottarmi le labbra. Lui si siede su una sedia accanto a me e rimaniamo in silenzio. Voglio molto bene a Robbie, ma parlare dei miei problemi di cuore con lui è impensabile. Mi tolgo il termometro e gli comunico che non ho la febbre.

Robbie mi dice che ho dormito febbricitante per tutta la notte.

E’ domenica… e martedì ci sarà l’audizione.

Non mi serve ripassare le battute. In questi anni le ho imparate a memoria come una specie di credo o come una sorta di preghiera portafortuna. Rimango a letto tutto il giorno coccolata dalla signora Patricia e da Robbie. E da mamma naturalmente, che per l’occasione ha indossato un cappellino da infermiera. Accendo la tv. C’è una replica di "Evviva l’allegria"

Rido delle mie stesse gag…non rammentavo che Gerald fosse così buffo…

Mi sono imposta di non pensare a quello che è successo ieri.

Ma è difficile…dannatamente difficile …

E’ scesa la sera e io mi sento di nuovo debole. La febbre sta salendo.

Non posso stare male…

Dopodomani c’è il provino …

Qualcuno suona il campanello.

Perché nessuno si degna di andare ad aprire?

Per fortuna sto decisamente meglio e, dopo aver infilato una vestaglia, scendo di sotto. Apro al porta e…

"Funny?"

"Ciao Sana. Posso entrare?"

"Certo"

Mi scosto e la lascio passare.

La faccio accomodare in salotto.

Mi siedo su una poltrona aspettando che sia lei a parlare.

Non riesco a comprendere appieno i miei sentimenti : anche se ieri mi ha aggredita, non posso essere arrabbiata con lei …lei è pur sempre Funny, la mia migliore amica…

"Sono passata anche ieri, ma Robbie mi ha detto che eri malata e ho preferito non disturbarti…perdonami, Sana" esclama prima di nascondere il viso tra le mani.

"non c’è bisogno…" intervengo io.

"Sì invece! Ti ho detto delle cose orribili solo per farti volutamente del male! La verità è che tra me ed Heric non è mai e ripeto mai successo niente, Sana. Io mi ero invaghita di lui perché lui è stato così gentile con me quando Jeremy mi ha lasciata, ma lui non ha mai smesso di amarti e me lo ha fatto capire chiaramente, ciononostante non volevo darmi per vinta …".

Sento un enorme sollievo invadermi come una dolce onda in un torrido pomeriggio estivo. Mi avvicino a lei e l’abbraccio forte.

E alla fine siamo di nuovo amiche …

Si ferma a pranzo e parliamo per il resto del pomeriggio. Le mostro le foto di Charles ed Emily e le racconto della mia vita a New York, delle lezioni difficili e delle mie nuove amicizie. E infine le dico del provino per domani e di quanto sia importante per me avere la parte di Lizzie. Lei mi ascolta attentamente e mi consiglia con il suo inesauribile buon senso. Mi sembra quasi che il tempo sia tornato indietro …

Mi sembra di essere di nuovo una ragazzina dai lunghi codini castani e non una giovane donna …

Dopo cena decide di tornare a casa.

Rimango a guardala camminare sul vialetto di casa e poi in strada finché non si ferma e mi saluta con la mano prima di scomparire dalla mia vista.

Vado a letto presto per essere in gran forma domani.

Il viso di Heric è sempre impresso a fuoco nella mia mente, mentre un sorriso di speranza m’increspa le labbra…

E’ lunedì.

Oggi è il gran giorno.

Presa dalla più terrificante crisi di panico nella storia del cinema, mi sveglio all’alba.

Comincio a camminare nervosamente per la casa tentando invano di scaricare la tensione. Mi sorprendo di non provocare un solco nel pavimento. Mancano più di quattro ore al provino, ma decido di prepararmi.

Dopo una lunghissima doccia, mi dedico alla scelta dell’abito.

Il mio armadio sembra deciso a non voler collaborare nell’operazione…

Tutti i vestiti più belli sono scomparsi…

O forse sono talmente agitata da non riuscire a vederli.

Robbie entra in camera mia senza bussare…

Non sa che ho solo un asciugamano addosso…

Caccio un urlo e gli tiro la prima cosa che mi capita sotto mano…

Sfortunatamente per lui si tratta di una scarpa col tacco…

Ma quando capirà che non sono più una bambina?

Cade nel corridoio mortificato e richiude rapidamente la porta …

Alla fine opto per una gonna lunga a fiorellini rossa e panna e per un golfino color crema. Applico un velo di ombretto chiaro sopra agli occhi e un po’ di fard.

Vorrei mettermi anche del mascara ma la mano mi trema talmente tanto che ho paura di rendermi orba…non mi sembra proprio il caso.

Faccio quattro scalini per volta e davanti alla faccia attonita di Robbie punto trionfalmente un dito verso il cielo urlando "All’arrembaggio!!!"

"Sì! fagli vedere chi sei!" si unisce a me la mamma.

Esco di casa come una furia trascinandomi dietro il mio povero manager, anche se l’audizione non è che tra due ore. Raggiungiamo gli studios con largo anticipo. Il custode mi riconosce e mi lascia entrare dopo avermi strappato un autografo. Camminiamo tra i corridoi ben noti e ci imbattiamo in Gerald.

Stenta a credere che sono davvero io…davvero la sua piccola Sana…ne è passato del tempo da quando giravamo insieme "Evviva l’allegria" …ma poi mi abbraccia con gioia…lanciando una languida occhiata al mio seno…sporco maiale…gli appioppo un pugno sulla testa dicendogli di non farsi venire in mente strane idee, ma non sono arrabbiata con lui e mi metto a ridere.

Mi siedo fuori dalla stanza numero cinque e aspetto.

Gli studi si stanno riempiendo di ragazze che vogliono fare il provino. Qualcuna mi riconosce ed esclama che è entusiasta di gareggiare con me per avere la parte. Qualcuna invece dice malignamente che non vede l’ora di battere la famosa Rossana.

Non ho voglia di rispondere. Probabilmente poco tempo fa avrei dato in escandescenza, ma ciò che m’interessa ora è impersonare Lizzie. Tutto il resto è irrilevante. Robbie si offre di andarmi a prendere un caffè e io lo ringrazio sentitamente.

Quest’attesa è snervante.

Non appena si allontana un brusio cresce nel corridoio.

Stanno arrivando il regista e il produttore e dietro di loro, potrei riconoscerlo tra mille, l’autore del libro. Mi scocca un’occhiata metallica prima di entrare nella sala dove si terrà la selezione. Dopo pochi minuti esce un ometto dalla pelle olivastra e dai grandi occhiali rotondi che ci comunica che saremo fatte entrare una per volta.

"Auriko" chiama e io mi accascio sulla sedia…

Le lettere si susseguono mentre la tensione mi divora.

Passo da una finestra all’altra.

Si è rannuvolato.

"Kurata"

Prendo un respiro profondo, guardo Robbie ancora una volta ed entro con passo deciso.

I miei tacchi risuonano nello stanzone mentre salgo sul piccolo palco.

"Nome, prego"

"Sana Kurata" dico con voce ferma.

Il signor Cadoudal si accende una sigaretta e a me sembra di essere ritornata indietro nel tempo… ho davvero trovato la luce a New York?

"Può tenere il copione se lo desidera" mi dice il regista.

"Non ne ho bisogno" rispondo , sotto il peso della mia sicurezza che vacilla.

"Cominci pure quando vuole"

So cosa devo dire.

Ho imparato la parte alla perfezione e l’ho ripetuta almeno un centinaio di volte con Emily, ma le parole non voglio essere pronunciate. Apro a bocca sperando che la mia lingua si decida a muoversi verso il palato , ma questa rimane paralizzata…io sono paralizzata…perché io non sono Lizzie…io sono solo Sana…io non sono un’eroina…io non sarei in grado di sopportare tutto l’orrore che i suoi occhi hanno visto … io sono Sana…solo Sana …

L’autore mi guarda e sogghigna malignamente …

Chino la testa sopraffatta dall’amarezza di questo momento…

Sconfitta. Umiliata. Sono pronta ad scendere dal palco quando una forza arcana guida il mio sguardo sul fondo in penombra della sala…

E là…come un miraggio…come una zattera di salvezza per il naufrago … una testa bionda e due occhi penetranti fissi su di me …

E allora il miracolo si compie…

Ripenso alle mie lunghe passeggiate in totale solitudine tra le affollate strade di New York …

Alle mie lacrime disperate mentre mi abbracciavo le ginocchia in un angolo nell’aula di recitazione quando le lezioni erano terminate…

Alla nostalgia di casa e della mia famiglia…

E a Heric…

Ai nostri battibecchi e alle nostre litigate furiose…

Alle sue labbra su di me e alla sua voce leggermente roca quando pronunciava il mio nome…

Al pomeriggio di febbraio di quattro anni fa quando gli ho donato la mia verginità…

A Heric…

A Heric…

A Jean…

E io sono davvero Lizzie …

E le sue parole escono dalla mie labbra …

E il mio corpo si muove aggraziatamente come se fosse il suo …

Mi servo delle sue parole per confessare al ragazzo appoggiato al muro là in fondo quanto io lo ami e quanto bisogno abbia di lui …

Sono parole d’amore e di speranza …

Sono parole che ho fatto mie …

E alla fine taccio…

E vedo l’autore che è a pochi passi da me …

Non mi sono nemmeno accorta che si sia avvicinato.

Ma il mio stupore cresce ancora di più quando vedo le lacrime scendere dai suoi occhi verdi… mi prende la mano e mi dice che io…solo io…posso essere la sua Lizzie…

Rimango impietrita per un momento con la mano imprigionata tra le sue, quando un pensiero si fa strada nelle mia mente in subbuglio : Heric…

Gli grido di mettersi d’accordo con il mio agente mentre mi precipito fuori dalla sala…

Heric non c’è più…

Corro disperatamente per i corridoi chiamandolo …ancora e ancora…

E alla fine lo vedo.

Apro la portafinestra ed esco sul terrazzo.

"Hai trovato la luce a New York?" mi chiede restando voltato di spalle.

"solo le tenebre…ma sono loro che mi hanno permesso di individuare con più facilità la luce"

"davvero?"

So che il suo tono vorrebbe essere cinico, ma non lo è…

"sei tu la mia luce, Heric" dico con voce rotta.

Lui si gira.

Quando riuscirò a capire quello che prova dall’espressione del suo viso?

Quando riuscirò a perforare quella glaciale freddezza?

Si avvicina e il mio cuore batte sempre più forte…

Mi prende tra le braccia e mi schiaccia contro il suo petto tanto da farmi male…

Tanto da impedirmi di respirare…

"Non lasciarmi mai più " sussurra

"Te lo giuro" rispondo non riuscendo a contenere le lacrime.

Mai! Non lo lascerò mai!

Non ora che ho trovato la mia luce.

"sta piovendo" mi dice.

Mi scosto leggermente da lui e lo guardo in faccia sorridendogli…

"Mi piace la pioggia" .

FINE

 

Ma Buona Epifania a tutti. Mentre ero qui che non facevo un tubo (i negozi sono tutti chiusi e non posso andare a comprarmi Harry Potter)  mi è venuto in mente di rileggermi il bellissimo manga Kodocha (il titolo per intero non lo ricordo assolutamente) e mi sono detta: oh ridanno anche il cartone in Tv magari qualcuno legge questa fanfic che avevo scritto...bah almeno due o tre anni fa. - come passa il tempo!- L'avevo pubblicata su altri siti, magari l'avete già letta (io ho dovuto rileggerla perchè non me la ricordavo più!)

Beh spero che vi sia piaciuta, anche se come stile non è proprio il massimo!

Un bacione

Egle

   
 
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