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Autore: Sophie Isabella Nikolaevna    27/02/2011    0 recensioni
Due cugini e due cugine, in tempi diversi, ma nello stesso luogo.
In mezzo ai campi dove il Sole tramonta color del fuoco. Fantasmi e antiche amicizie, ricordi nella musica e giornate di nebbia dimenticate.
Estati e autunni scanditi da presenze nascoste. Memorie di vecchie case.
NB: questa è una RACCOLTA. I capitoli NON seguono un ordine logico. Guardate i titoli e leggete semplicemente quello che vi ispira di più.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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La seconda parte di “Il guardiano nero del tramonto” la pubblicherò più avanti. *Si scusa umilmente* spero che questo capitolo, che è sempre sulle due protagoniste dello scorso, sia ugualmente di vostro gradimento :) l’ho scritto quasi due anni fa. Baci :)

 

 

DI NOTTE

 

Avevo preso l’abitudine di uscire di notte.

Era proibito, ma così affascinante! Di notte tutto era diverso, dai suoni alla forma degli alberi del giardino.

Di notte era strano camminare sulla stradina asfaltata perché la si sentiva rovente sotto ai piedi anche se non c’era più il Sole.

Di notte tutto era più accattivante, perché le cose erano rivestite da un velo di oscurità e ci si potevano immaginare che fossero qualcos’altro, fino a prendersi un bello spavento.

Di notte non si pativa il caldo delle giornate di agosto, di notte si stava bene.

Ogni sera aspettavo che tutti si fossero addormentati. Allora sgattaiolavo silenziosamente fuori dalla mia stanza, scendevo le scale in punta di piedi, aprivo la porta di servizio che stava in cucina e andavo in giro.

Percorrevo il giardino in lungo e in largo. Mi sdraiavo sull’erba ispida del campo dei noci, che di notte sembrava morbida, andavo in altalena, e di notte sembrava davvero di volare, entravo nel giardino degli zii e mi sedevo sulla riva dello stagno, ad ascoltare le rane che gracidavano e che di notte mi sembrava quasi di capire.

Perché di notte tutto è blu o nero, non ci sono tutti quei colori fastidiosi che tengono impegnati gli occhi tutto il giorno, ed è così che di notte si possono vedere i colori veri; perché di notte tutto è silenzioso e il solo rumore che si sente è quello della vita sommessa delle creature notturne, e le nostre orecchie non sono impegnate da tutti quei suoni che devono sentire di giorno, ed è così che di notte si possono sentire i rumori veri.

Ed è così che solamente la notte riuscivo a pensare e a vivere veramente.

La mia famiglia però voleva che, nottetempo, dormissi, e me ne andassi in giro in altri momenti. Loro non capivano.

 

Una sera, mentre ero nella casa di mia zia e giocavo con mia cugina, le proposi di venire con me quella notte.

“Devi credermi, è bellissimo!”, dissi, “non ci scopriranno”, la rassicurai poi, “io esco ogni notte. So come fare”.

Così, ci mettemmo d’accordo: avremmo aspettato, ognuna nella sua casa, che le nostre famiglie si fossero addormentate, poi ci saremmo trovate al cancello che separava i nostri giardini.

Così fu. Ci trovammo davanti al cancello, e notai con stupore che Olly indossava un sontuosissimo vestito di broccato chiaro con ricami blu e argento. Sembrava una contessina. O almeno lo sembrava alla luce della Luna: di giorno sarebbe parsa solo una ragazza travestita.

“E quello dove lo hai preso?”, chiesi, riferendomi all’abito.

“L’ho avuto da mia madre che lo ha avuto dalla sua e così via.”, rispose lei, “penso che appartenesse ad una contessa.”

Notai che teneva in mano un altro vestito: questo era scuro con corpetto di velluto blu e gonna di seta, molto austero ma nobile.

“E questo è per te.”, fece allungandomelo. “Vai in casa e mettitelo.”

“Perchè?”, mi incuriosii. Olly si strinse nelle spalle:

“Sai, mi vergognavo a farteli vedere perchè ormai siamo grandi per giocare ai travestimenti. Ma di notte non sembreremmo travestite, ma delle vere dame d’altri tempi... mi sembrava carino andare in giro con questi, ecco.”

“La trovo una buona idea!”, acconsentii prendendo l’abito e tornando in casa.

Avevo bisogno di uno specchio per vedere come stavo, così salii di corsa le scale per andare in bagno. Dopo aver constatato che il vestito non era blu bensì verde scuro ma mi donava ugualmente, spensi la luce del bagno e aprii la finestra, per avvisare Olly che stavo arrivando.

Olly purtroppo era fuori dal mio campo visivo. Proprio davanti a me arrivò invece, in volo, una strana lucina color azzurro. Era piccola e luminescente, sembrava una lucciola ma non poteva esserlo: di solito sono verdi e lampeggiano, mentre quella sorta di lumicino era celeste e non si spegneva mai. Sembrava essere comunque una forma di vita, perchè quando sembrò accorgersi che lo fissavo, si allontanò alla svelta.

Rapita, lo… seguii. Fu semplice: staccai i piedi dal pavimento, allungai le braccia come per nuotare e oltrepassai la finestra.

Stavo volando.

Il giardino era ad almeno dieci metri sotto di me. Ero talmente eccitata ed euforica che mi dimenticai di Olly e mi misi a fare le capriole. Descrivevo ampi cerchi nell’aria, scendevo giù in picchiata per poi risalire.

“OLLY!”, gridai poi, lasciando perdere tutte le persone che dormivano beate in casa, “Olly, guarda cosa so fare!”

Quando però raggiunsi il cancello, notai che non c’era nessuno. Vidi invece illuminata la finestra della camera di mia cugina, al primo piano. Vi voltai e mi affacciai: la vidi che si stava preparando per andare a letto.

Evidentemente pensava che le avessi fatto uno scherzo e che me ne fossi tornata a dormire e si era offesa.

 

Così, tornai in camera anche io. Che senso aveva volare nella notte se mia cugina era arrabbiata con me?

 

Mi svegliai alle nove e mezza, avevo ancora il vestito.

Per prima cosa corsi in bagno e provai a volare di nuovo, ma avevo paura di staccare i piedi, sapevo che sarei caduta.

Avevo sognato! Come si fa ad essere così stupidi?, pensai. Gli uomini non possono volare! Non abbiamo mica le ali.

Eppure, quando andai a cercare Olly, lei non si presentò.

Allora era davvero arrabbiata! Non capivo più cos’era reale e cosa no.

Avevo il diritto di sapere. Appena calò il Sole, senza aspettare che tutti si addormentassero, mi rimisi il vestito e andai in bagno.

Funzionò. Il mio corpo era di nuovo leggero. Allora non era stato un sogno, potevo sul serio volare nella notte! E questa volta Olly non mi sarebbe sfuggita.

Andai da lei e mi affacciai alla sua finestra al primo piano:

“Olly!”, chiamai, “scusami per ieri! Ti prego, vieni! Ti devo insegnare una cosa!”.

“Sono dietro di te!”, disse la sua voce alle mie spalle.

Mi girai e vidi che Olly, con il vestito di broccato, era in volo dietro di me.

“Sai...”, balbettai incredula, “sai volare anche tu...?”.

“So volare da molto tempo. Anche io uscivo durante la notte, cosa credi?”.

Rimasi a bocca aperta. Perchè non me l’aveva mai detto?

“Perchè pensavo che non mi avresti creduto”, mi rispose.

“Ma perchè non ci siamo mai incontrate, in queste  notti?”.
“Io uscivo da molto prima di quando hai iniziato te, di conseguenza ho imparato a volare da settimane. E non ci incontravamo perchè tu eri per terra e io nel cielo”.

Ero stupefatta. Dunque qualcuno che amava la notte quanto me e che la conosceva anche meglio di me c’era!

“Beh...”, riprese Olly. “Ora che sai volare anche tu, perchè non facciamo un giro?”.

Ci prendemmo per mano e partimmo velocissime, superando lo stagno, lungo la stradina asfaltata, volando attorno alla casa abbandonata, facendoci beffe della ferrovia dell’alta velocità, che appariva enorme da terra mentre dal nostro livello era poco più che un moscerino.

E così volavamo, tenendoci per mano, sempre più lontano, verso l’orizzonte.

   
 
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