Editor fotografico gratuito
Cap 1
“Ma dai
Giada! In fondo tornerò per le vacanze di natale, di pasqua e in estate! Poi se
vuoi, scuola permettendo, potrai venire a trovarmi.” La mia amica piangeva a
dirotto sulla mia spalla. Con lei avevo condiviso tutto sin da quando eravamo bambine.
Avevamo persino fatto un giuramento: non avremmo mai permesso a nessuno
di separarci. Ma quel giuramento fu spezzato. Trasferirono mio padre per lavoro
a Torino e mia madre, un’insegnante, non poté far altro che seguirlo con tutta
la famiglia. Quindi ci aspettava un aereo diretto a Torino. Ricordai quando mio
padre e mia madre ci diedero la triste notizia.
“Ragazzi, so
che sto per dirvi una cosa che nemmeno io mi sarei mai aspettato di dire ma
purtroppo dovremmo trasferirci al Nord.” Io e Marco lo guardammo raggelati a
quella notizia. Deglutì rumorosamente.
“Al Nord?”
Gridammo in coro.
“Si, mi hanno
trasferito a Torino.”
“A Torino?”
“Si,
ragazzi.”
“Ma…ma
papà…come faremo? Qui ci sono i nostri amici, dovremo ambientarci in una nuova
scuola e poi…poi…io non voglio lasciare Catania!” Sbottò Marco adirato.
“Mi
dispiace…mi dispiace davvero…” Papà sembrava davvero dispiaciuto. Nemmeno lui
poteva pensare una cosa del genere a 45 anni. Ricominciare tutto da capo. Una nuova
città, nuovi colleghi. Insomma una nuova vita. Forse lui e la mamma avrebbero
sofferto più di noi. Gli accarezzai la guancia mentre guardava il pavimento
scoraggiato. Alzò lo sguardo quasi in lacrime.
“Bella, tu
mi capisci vero?” E scoppiò in lacrime. Non riuscivo a vederlo così. Anche
Marco si avvicinò, dispiaciuto per quello che aveva detto. Non lo avevamo mai
visto così. In lacrime. E sapevamo che in fondo faceva tutto questo per noi.
“Voglio farvi crescere bene. Voglio che non vi manchi niente! Per non perdere
il lavoro, ho preso questa decisione. Mi dispiace!” E continuava a piangere.
Mamma si avvicinò cercando di confortarlo.
“Dai papà…in
fondo il Nord è sempre Italia, giusto?” Rise con le lacrime agli occhi a quella
mia battuta assurda ma per noi molto veritiera. Qui al sud sapevamo tutti che
noi, i terroni, non eravamo visti di buon occhio lì al Nord. Il profondo Nord.
Quanto ci sembrava lontano ma come ora così vicino.
“Beh…se si
esclude che non esiste la granita con la brioche a colazione, credo che
potremmo stare bene…” Mi guardò con un sorriso melanconico. Dio, quanto mi
sarebbe mancata la mia indiscussa granitina!
“Allora
Giada, siamo d’accordo! Appena arrivo ti telefonerò, stai tranquilla! Poi c’è
anche msn no?” Giada mi faceva di si con il capo ma sapevo che
era veramente triste. La lasciai con un bacio sulla guancia e salutai tutti i
miei compagni con la mano. Era giunto il momento di salire sull’aereo. Non
volevo guardarli perché lacrime amare stavano scendendo lentamente sul mio
viso.
“Andiamo
sorellina.” Marco si apprestò al mio fianco e salimmo insieme mano nella mano.
Torino ci attendeva.
****
“Allora
siete pronti? Non vorrete fare tardi a scuola il primo giorno!” Mia mamma
gridava a squarciagola. Era arrivato il momento di affrontare la scuola
torinese in cui ero scritta. Io al Il liceo classico dove lavorava mamma e Marco
quello scientifico. Ma non ne eravamo molto contenti. Marco scese le scale
sbuffando e imprecando.
“Immagino
chi incontreremo in queste scuole. Buffoni che non faranno altro che prenderci
in giro perché siamo meridionali. Non li sopporto! Sicuramente farò una
strage!”
“Mi
raccomando Marco, datti una calmata e non farti riconoscere subito!” Urlò mia
madre con fare minaccioso. “E ora andiamo!”
Accompagnammo
prima mio fratello e poi arrivò il mio turno. Mi sentivo emozionata. Nuova
scuola, nuovi amici ma anche preoccupata. Sapevo che quello che aveva detto
Marco corrispondeva al vero. Molti persone di Catania che erano state al Nord,
ci avevano sempre parlato male di questa terra. I preconcetti erano duri a
morire ma in fondo molto veritieri.
“Tesoro, sei
pronta?” Mamma mi scrutava, sapeva che quello che diceva Marco aveva molta
influenza su di me. “Non ti preoccupare. Tu non badare a ciò che ti diranno se
mai te lo diranno. Ricordati sempre che tutto il mondo è paese. I cattivi ci
sono qui come ci sono a Catania e viceversa. La cosa importante è quello che
sei e che hai dentro.” Aveva ragione. Ma ero sempre preoccupata.
Dopo aver
sbrigato la varie carte per la scuola, salutai la mamma e mi avviai,
accompagnata, nella mia aula. Diciannove occhi mi scrutavano meravigliati.
Molti bisbigliavano e altri ancora sorridevano. Erano molto diversi dai ragazzi
che conoscevo al sud. Carnagione molto chiara e occhi chiari.
“Buongiorno
signorina e benvenuta. Lei si chiama?”
“Isabella.
Isabella Swan.”
“Benissimo
Isabella. Ma ha un cognome inglese. Come mai?” Con un accento spiccatamente
calabrese, la professoressa d’inglese mi sorrideva.
“Mio padre è
americano ma mia madre è siciliana.”
“Benissimo!
Quindi conosce bene l’inglese?”
“Si, più o
meno.” Andante sul meno.
“Va bene. Si
sieda là, insieme a Rossi.” Una ragazza dai capelli rossi, mi sorrideva mesta e
mi indicò la sedia. Come inizio, non mi sembrava così male. Poi l’insegnante mi
chiese di presentarmi ai compagni. Odiavo questo genere di approccio ma in
questo frangente era la cosa più ovvia da fare. Mi alzai e iniziai a parlare.
“Mi chiamo
Isabella, ho 16 anni e vengo da Catania in Sicilia…”
“Sappiamo
dov’è Catania…” Una voce maschile mi distrasse dal mio monologo. Mi girai e un
ragazzo castano chiaro dagli occhi verdi mi fissava con un ghigno
soddisfatto.
Il suo sguardo sembrava volesse perforarmi. Deglutì pesantemente e
continuai.
“Ehmm…mio padre è un poliziotto e mia madre un ‘insegnante.
Ho un fratello che studia al liceo scientifico e spero di trovarmi bene qui con
voi.” Lacrime silenziose volevano fuoriuscire dai miei occhi ma prontamente
riuscì a fermare.
“Quindi la
famiglia dei terroni è al completo…si sente il tanfo anche da lontano…” Rimasi
di ghiaccio mentre alcuni compagni ridevano. Persi il lume della ragione. Mi
girai di scatto affrontando quel gran maleducato.
“Forse
saranno i tuoi piedi che puzzano amico!” Mi guardò stralunato. Si alzò di
scatto fronteggiandomi.
“Io non sono
tuo amico!”
“Stai
tranquillo, non ci tengo affatto alla tua amicizia!” E lo avrei chiamato
stronzo ma c’era l’insegnante davanti a me.
“Basta
ragazzi! Signor Cullen freni quella lingua e si accomodi!
Vale anche per lei signorina.” Furente si sedette ma si sporse in avanti
mimando un “Non è finita qui!” Non c’era che dire, la giornata era iniziata
davvero bene. Benvenuta al Nord Bella!
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Salve a
tutti! Ci tenevo a dirvi che non voglio creare incomprensioni di qualsiasi
genere né di offendere nessuno, cerco solo di sfatare molti preconcetti che
tutti noi molte volte abbiamo. Quindi non ve la prendete perché ognuno di noi,
è quello che è, non perché abita al sud o al nord. Spero vi piaccia la storia e
fatemi sapere! Un bacione!